Mancano
18 giorni al 20 maggio, data in cui nel Parlamento europeo verrà
discusso il testo del regolamento che disciplina l’importazione dei
minerali provenienti da regioni in guerra. Saranno 18 giorni di
frenetica attività per le organizzazioni della società civile che da
anni si battono per un blocco o una forte limitazione dell’impiego da
parte dell’industria dei minerali cosiddetti «insanguinati». Cercheranno
di fare pressioni sui parlamentari europei affinché la normativa sia
stringente e non lasci spazio a manovre elusive.
Di tale normativa si parla da anni. Le resistenze da parte delle
lobby industriali, sostenute dalle frange più conservatrici del
Parlamento, hanno sempre fatto forti pressioni per evitare
l’approvazione di una legge in questa materia. L’obiezione che veniva (e
viene ancora) posta era (ed è) che una simile normativa aumenterebbe i
costi per le imprese europee (già in difficoltà per la crisi economica) e
le porrebbe fuori dal mercato. Nel 2010, però, gli Stati Uniti hanno
approvato la legge Dodd Frank che impone alle aziende statunitensi
quotate in Borsa e che utilizzano stagno, tantalio, tungsteno e oro
nelle loro produzioni di certificare che questi minerali non provengono
dalla Repubblica Democratica del Congo e dai Paesi confinanti. La legge
americana si basa su un approccio di tipo vincolante per tutte le
compagnie quotate, fissa aree geografiche definite e stabilisce con
precisione a quali minerali si rivolge.
L’esempio degli Stati Uniti ha convinto anche l’Europa a prendere
provvedimenti in questo comparto. Così nel marzo 2014, la Commissione
europea ha presentato una proposta di regolamento che prevede un sistema
di autocertificazione per gli importatori di stagno, tantalio,
tungsteno e oro. L’importatore può cioè autocertificarsi come
importatore responsabile, ma non ne ha l’obbligo. Di fronte a questa
normativa è insorta la società civile chiedendo di introdurre requisiti
«obbligatori» di certificazione, di includere una gamma più ampia di
imprese (tutta la filiera, non solo gli importatori), di aumentare il
numero di minerali interessati.
All’inizio di quest’anno, il regolamento proposto dalla Commissione
europea è stato vagliato dalla Commissione per lo sviluppo e da quella
del commercio internazionale del Parlamento europeo. La norma è stata
modificata. La certificazione è stata resa obbligatoria, ma solo per le
fonderie e le raffinerie dell’Unione europea (tutti gli altri attori
sono stati esclusi) e anche la lista dei minerali è rimasta limitata a
stagno, tantalio, tungsteno e oro. Il 20 maggio questo testo arriverà in
Parlamento che lo discuterà in seduta plenaria. La società civile ha
quindi ancora 18 giorni per fare pressioni sugli eurodeputati affinché
migliorino la legge.
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