mercoledì 30 marzo 2011

L'undicesimo comandamento: diamo la nostra voce per i profughi eritrei prigionieri sul Sinai!

(da NOIRPINK MODELLO PANDEMONIUM – del 29-11-2010)

Dal Sinai le vedi, quelle terre che fanno tanto parlare tutto il mondo. Dal Sinai le vedi, le terre di Israele e di Gaza, quell'inferno in terra di straordinaria bellezza. Un turista arrivato sul Sinai, dopo una lunga scarpinata, con i piedi gonfi e la faccia sudata, sicuramente esclamerebbe: "Ne valeva la pena!". Però noi no, non diciamo niente.
Il viaggio è stato tremendo. E carissimo: 2mila euro per partire dalla capitale libica, Tripoli, costeggiare il golfo della Sirte, attraversare il grande mare di sabbia di Calanscio, superare clandestinamente il confine egiziano, affrontare la depressione di Qattara, e poi il Nilo, il canale di Suez... Il viaggio è stato tremendo e la stanchezza ci ha tolto la voce.
E' stato un viaggio lungo, faticoso, iniziato non a Tripoli, ma molto prima e molto più lontano. Siamo fuggiti dall'Eritrea, dalle sue violenze e dalle sue minacce. Per arrivare qui e vedere, accarezzare con le dita e con lo sguardo, l'immagine della santa terra di Israele, della beata terra di Palestina, quell'inferno le cui pene sono almeno raccontate da qualcuno. Qui invece, solo silenzio.
Parlano solo i nostri trafficanti, i nostri traditori. Proprio quando la terra di Israele ci ha riempito gli sguardi - e quasi la sentivamo sotto i nostri polpastrelli - quegli uomini ci hanno incatenato mani e piedi, "il viaggio finisce qui", ci hanno detto, "dateci altri 8mila euro e vi lasciamo liberi di correre verso la terra promessa", ci ripetono. Noi taciamo, sussurriamo solo qualche supplica quando ci permettono di telefonare ai nostri parenti in Europa, "fate una colletta, vi prego".
Il cibo è scarso, una manciata di terra per riempire il fosso della fame. L'acqua è ancora più scarsa. E' acqua di mare, salata, cattiva, ti brucia dentro, ma non ne sprechiamo una goccia. Come non sprechiamo le lacrime: io, l'ultima volta che ho pianto, è stato quando mi hanno marchiata a fuoco, come una bestia. Ho urlato tutta la mia voce, allora, in un grido tutte le mie parole.
Oggi so solo perdermi nei miei silenzi. Non ho detto una parola neppure quando hanno sparato in testa a tre di noi. "Farete tutti questa fine se non arrivano i soldi", ci hanno detto. E noi abbiamo taciuto: ci hanno strappato di bocca ogni suono umano.
E' tempo che iniziate a parlare voi, genti al di là di questo piccolo mare in cui ogni distanza diventa infinita. E' tempo che iniziate ad unire le vostre voci a quelle di chi tra voi già cerca di raccontare la nostra storia, è tempo che formiate un coro, che fermiate l'indifferenza vostra, dei vostri governi e del governo egiziano, che mobilitiate il mondo ed i suoi popoli. Da qui sono giunti i vostri dieci comandamenti ed io vi affido l'undicesimo: parlate voi a nome mio.

Little Prince(ss)

lunedì 28 marzo 2011

La verità è radioattiva

Sarò io la male informata, ma la sensazione è quella che le informazioni sulla radioattività in giro per il mondo siano più o meno quelle che ci si aspetterebbe negli anni '20.
Gli italiani, al di là di vaghe rassicurazioni, hanno come unica opzione quella di collegarsi con un cortile di Bologna per vedere in azione un contatore Geiger che offre dati in tempo reale. Tutto a posto, finora, ma dobbiamo lasciare l'informazione "in diretta" a dei volenterosi venditori di contatori Geiger? (Che, tra l'altro, hanno esaurito il prodotto in magazzino).
Nel resto del mondo non va molto meglio. Ci si informa grazie al solito passaparola su Internet: è stato trovato lo iodio 131 nella pioggia in Massachusetts, a Las Vegas, in Oregon e persino a Washington; minime radiazioni in Sud Corea; radiazioni nel nordest della Cina; tracce radioattive in Germania; mezzo mondo, dalla Russia a Singapore, mette lo stop alle importazioni di cibo dal Giappone.
Non esistono, o almeno non hanno ampio spazio in TV come ci si aspetterebbe, apposite istituzioni atte a monitorare e soprattutto a mantenere informata la popolazione minuto per minuto. Come accade per i terremoti, ad esempio. All'incertezza si aggiunge la confusione sulle unità di misura: milliSievert, microSievert, Bequerel, Joule per kilo, Curie, Cpm, ciascuna di esse ha un significato ma vengono buttate lì da fonti diverse e diventa impossibile per il cittadino capirci qualcosa.
Il risultato di questa miseranda informazione, è che il disastro di Fukushima è regolarmente relegato al decimo posto delle notizie dopo il bunga bunga e il calcio, e soprattutto la convinzione, sempre più radicata, che sia una faccenda che riguarda i malcapitati giapponesi e basta. Chi se ne frega infine della centrale nucleare, quando "qui non si arriva a fine mese"?
Il CRIIRAD, Commission de Recherche et d'Information Indépendantes sur la Radioactivité, francese, ha pubblicato un documento dall'eloquente titolo "Collera ed indignazione", in cui gli scienziati denunciano il silenzio dei governi sulla situazione della radioattività nel mondo in seguito a Fukushima.
Il CRIIRAD ribadisce il suo invito a mobilitarsi in modo che tutte le analisi dei risultati Rete CTBTO siano rese pubbliche. Gli Stati che si oppongono devono essere identificati. Questo è per esempio il caso della Francia . Ogni cittadino deve conoscere l' identità di coloro che li derubano di informazioni affidabili sul livello di radioattività nell' aria che respira .
Aleggia in taluni il sospetto che tanta segretezza sia in realtà legata agli interessi dell'industria nucleare. Minimizzare, minimizzare, proprio per proteggere tali interessi. Ma c'è anche un'altra verità, forse ancora più drammatica: per la radioattività proprio non si può far nulla. Non esiste protezione, se non la fuga. Gli stranieri sono fuggiti a gambe levate dal Giappone, mentre gli abitanti di Tokio continuano tranquilli la loro vita e il governo dice loro che l'acqua è bevibile. D'altronde, dove si potrebbero trasferire 13 milioni di abitanti? La radioattività in Europa è ancora a livelli quasi nulli; ma se anche accadesse il peggio, cosa ci si potrebbe aspettare dai governi? Nulla più di quel che è stato fatto in occasione di Chernobyl: non abbiamo mangiato insalata e bevuto latte per qualche mese, tanto per cullarci nell'illusione di stare prendendo provvedimenti. La scelta di tacere e minimizzare diventa allora nient'altro che una caritatevole bugia.(Debora Billi )

http://crisis.blogosfere.it/

mercoledì 16 marzo 2011

Parte la Campagna delle Chiavi per liberare i profughi nel Sinai


Roma, 16 marzo 2011. L'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani e il Parlamento europeo hanno invitato ufficialmente le autorità egiziane ad agire per liberare i prigionieri nel Sinai e a perseguire i trafficanti.
La rete di ong per i diritti umani ha presentato denuncia internazionale contro gli schiavisti del nostro tempo, colpevoli di rapimento, estorsione, stupri, sevizie, torture, traffico di organi umani e omicidi.
Nonostante lo sdegno e la riprovazione del mondo civile, però, le autorità egiziane continuano a tollerare il traffico di esseri umani e non fanno nulla per liberare gli ostaggi africani nel Sinai, anche se sanno dove si trovano e chi li ha rapiti.
Per chiedere giustizia, il Gruppo EveryOne, il Gruppo Facebook "Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai" e l'Agenzia Habeshia lanciano la Campagna delle Chiavi.
Come partecipare a questa campagna per liberare i prigionieri nel Sinai? Cerchiamo in casa una chiave che non ci serve più e inviamola in busta chiusa al seguente indirizzo:
Ambasciata della Repubblica Araba d'Egitto in Italia, Via Salaria, 267 - 00199 Roma.
Insieme alla chiave, accludiamo il seguente messaggio firmato:
"Free Prisoners in Northern Sinai"
Se molti messaggi e molte chiavi raggiungeranno l'Ambasciata, le autorità egiziane sentiranno ancora più chiaramente le nostre voci - e le loro - che chiedono giustizia.
Parte_la_Campagna_delle_Chiavi_per_liberare_i_profughi_nel_Sinai.html

domenica 13 marzo 2011

Liberazione: Editoriale di Alfiero Grandi

Terremoto e Tsunami in Giappone destano sgomento. Le reazioni non possono essere che di solidarietà e sostegno al popolo giapponese colpito da questa tragedia.
In questa tragedia c'è un evento che parla direttamente all'Italia: si tratta delle conseguenze degli incidenti nelle centrali nucleari. Ancora non sono chiare tutte le conseguenze, anche per le reticenze del Governo. E' un fatto che gli incidenti si sono rivelati, ora dopo ora, sempre più gravi, fino all'evacuazione di decine di migliaia di persone e al rilascio di radioattività di cui per ora non conosciamo la gravità esatta.
Il Governo italiano che ha fatto ricorso al voto di fiducia per reintrodurre il nucleare in Italia dovrebbe riflettere alla luce degli avvenimenti giapponesi.
Il Governo italiano dovrebbe decidere di sospendere il progetto nucleare, o almeno di bloccarne l'attuazione fino all'effettuazione del prossimo referendum che punta a cancellare la legge 99/2009, aspettando il responso degli elettori.
Fino ad ora il Governo ha dimostrato di avere paura del referendum abrogativo e preferisce buttare dalla finestra 300 milioni di euro pur di evitare un successo dei referendum. Infatti basterebbe fare coincidere le elezioni amministrative con i referendum per risparmiare 300 milioni, ma l'Esecutivo sa che il nucleare è stato approvato dal parlamento solo imponendolo con il voto di fiducia e che la maggioranza dei cittadini è tuttora contraria. La scelta nucleare è stata fatta su pressione della lobby affaristica italiana ed internazionale che punta sul grande affare nucleare, in spregio all'esito dei referendum del 1987, che con percentuali fino all'80% si pronunciarono per l'uscita dal nucleare.
C'è anzitutto una questione democratica. Può un parlamento come questo, per di più ricattato dal voto di fiducia, capovolgere il voto dei cittadini ?
A questo, punto la scadenza dei prossimi referendum abrogativi deve essere utilizzata per bloccare la folle scelta del Governo di tornare alle centrali nucleari in Italia e di dissipare un bene pubblico come l'acqua. C'è un'evidente sinergia tra il referendum per garantire che l'acqua resti bene pubblico e quello per bloccare la scelta nucleare.
Arrivare al quorum nei referendum è la difficoltà maggiore da superare, per questo il Governo ha scelto di fatto il boicottaggio del voto.
Partecipare al voto e contribuire a realizzare il quorum è un buon antidoto contro la disaffezione elettorale che da due decenni sta colpendo il nostro Paese.
Perché il nucleare va bloccato ? Anzitutto per ragioni di costo. L'Enel ha cercato di dimostrare che il nucleare conviene, ma per farlo ha raccontato balle sui veri costi di costruzione delle nuove centrali. Nel 2009 Enel sosteneva che una nuova centrale Epr sarebbe costata tre miliardi di euro. Di fronte all'esplosione dei costi dei prototipi finlandese e francese ha dovuto alzare la cifra a quattro miliardi. In realtà il costo reale è ormai di otto miliardi di euro a centrale. Con questi costi non esiste la possibilità di produrre energia elettrica a prezzi inferiori alle fonti attuali, anzi questi saranno maggiori.
Non è vero neppure che l'Italia sarebbe energeticamente più autonoma, perché dovremmo importare quasi tutto, certamente le tecnologie più sofisticate e il combustibile. Inoltre, il combustibile nucleare è disponibile per alcuni decenni, esattamente come il petrolio e gli altri combustibili fossili. Come hanno detto 200 imprenditori, prima firma Pasquale Pistorio, investire oltre 30 miliardi nel nucleare per le prime 4 centrali vorrebbe dire bloccare di fatto gli investimenti nel risparmio energetico e nelle rinnovabili. L'Italia non ha le risorse per fare tutto. Lo conferma Enel che ha venduto parte delle sue energie rinnovabili per diminuire il suo debito e poi gettarsi nella costosissima avventura nucleare .
Le centrali nucleari sono enormi concentrazioni di investimenti e quindi di affari, con tutte le preoccupazioni conseguenti. Mentre il risparmio energetico e le energie rinnovabili si spandono su migliaia di investimenti e di operatori diffusi.
Il nucleare è pericoloso. Lo smaltimento delle scorie radioattive non è stato risolto in alcun paese al mondo. Si aggiunga il problema delle scorie accumulatea dalle centrali dismesse e quello dei siti in cui sono costruite.
Ci sono scorie che rilasceranno radiazioni per decine di migliaia di anni, alcune tipologie per centinaia di migliaia. Costruendo le centrali condanneremmo le future generazioni a convivere con i pericoli e le conseguenze di queste scelte per tempi maggiori di quelli della storia umana conosciuta.
Questo è il peggior regalo che le attuali generazioni possono fare a quelle che verranno.
Dopo Three miles Island e Chernobyl ora c'è il grave incidente in Giappone. Per non parlare di tanti altri incidenti, per fortuna meno gravi, le cui notizie vengono nascoste. Ad esempio, in Francia si sono avuti 19 incidenti nei primi due mesi dell'anno.
I pericoli non sono rappresentati solo dagli incidenti. Le centrali rilasciano radiazioni anche durante il loro funzionamento normale, come hanno dimostrato diverse indagini. L'ultima ricerca è stata svolta in Germania e ha rilevato, nelle aree più vicine alle centrali nucleari, un aumento delle leucemie di 2.2 volte nei bambini.
Approfittando della crisi libica e dell'aumento dei prezzi del petrolio i nuclearisti sono tornati all'attacco, omettendo di dire che le centrali nucleari non sono la soluzione, perchè anche il più ottimista tra loro ammette che prima del 2020 non entreranno in funzione. Fino al 2020 che facciamo ?
In realtà la soluzione dei problemi energetici è data risparmio energetico e dalle fonti rinnovabili perchè non dipendono da vicende internazionali, perchè possono essere introdotte in tempi brevi, con investimenti più limitati e con risultati occupazionali 15/20 volte maggiori del nucleare. Il Governo, come è noto, sta facendo il contrario, rischiando così di compromettere lo sviluppo delle rinnovabili per favorire l'avventura nucleare. Solo puntando su risparmio energetico e rinnovabili potremmo essere pronti per gli appuntamenti del 20/20/20 concordati con l'Europa.
Se il Governo, come è probabile, ignorerà ogni principio di precauzione, occorrerà occorrerà intensificare la mobilitazione per arrivare al quorum e vincere il referendum sul nucleare, oltre che quello sull'acqua bene pubblico.
Alfiero Grandi
in data:13/03/2011