Ho iniziato da poco ad approfondire la mia conoscenza sulla terapia con cellule staminali mesenchimali del prof. Davide Vannoni. Mai visto tanto accanimento contro questa associazione ONLUS (Il Sito ufficiale della fondazione è www.staminafoundation.org.); chiunque scriva qualcosa su questo argomento viene attaccato in maniera a dir poco maniacale e sempre portando ad esempio i soliti discorsi ormai obsoleti, passati, vecchi.
Possibile che
le persone siano così poco intelligenti da basarsi su articoli e fatti
di anni fa e non si preoccupano invece di controllare l’evolversi degli
avvenimenti negli anni seguenti? Anche i bambini sanno che una terapia
innovativa come questa, tra l’altro ostacolata in ogni modo da tutti, ha
bisogno di tempi, autorizzazioni, esperimenti, ma di tempo non ce ne è a
sufficienza perché ogni giorno perso costa la vita a tante persone
malate tra cui tantissimi bambini.
Malati che non
hanno a disposizione nessuna cura già testata per cui vengono lasciati
morire da soli, senza nessun tipo di assistenza da parte di nessuna
struttura medica. Nessuno sente il loro grido di AIUTO, neanche le
Istituzioni, nonostante che, da oltre due mesi, alcuni malati terminali
presidiano davanti al Parlamento. Nessun telegiornale e nessun giornale
parla di loro, se non qualche giornalista libero che pubblica brevi
interviste nel web e questa è una vergogna vera per uno Stato che si
ritenga “civile”. Per sensibilizzare tutti, compresi coloro che
imperterriti continuano a fare commenti negativi su questo problema,
voglio raccontare alcune storie VERE, storie che toccheranno il cuore e
la sensibilità di tutti e inizierò dalla storia di Ludovica Franchi.
Ludovica nata a
Roma l‘8 giugno del 2006, una bellissima bambina nata apparentemente
sana perché la malattia genetica nata con lei non si manifesta subito. I
suoi primi due anni di vita procedono normali ; riconosceva le lettere
dell’alfabeto, sapeva contare e distingueva i colori, per cui a livello
cognitivo niente faceva percepire che avesse una malattia devastante.
Purtroppo la
mamma si accorse presto che qualcosa non andava; la piccola faticava a
salire le scale, a sedersi, la sua manualità era limitata, ma quello che
preoccupava di più era che ogni volta che beveva, qualsiasi liquido, le
andava di traverso. Da qui iniziò il calvario, i genitori la portarono
da alcuni specialisti che non riscontrarono in lei nulla di strano fino a
quando i genitori, con la loro insistenza, non fecero notare alcuni
comportamenti anomali della piccola. Uno di loro si insospettì e
prescrisse una risonanza magnetica “senza urgenza”, fissata quattro mesi
dopo. Purtroppo la piccola iniziò ad avere crisi epilettiche e fu
portata di corsa al San Camillo. Dopo i controlli di routine e dopo
elettroencefalogramma e risonanza magnetica negativi fu dimessa in
quanto ritenevano che la bimba fingesse e che la mamma fosse troppo
apprensiva e stressata.
Dimessa,
nonostante la piccola Ludovica avesse una decina di crisi epilettiche
giornaliere prescrivendole solo una cura inadeguata come dosaggio
necessario a bloccare queste crisi. La dimisero rassicurando i genitori
che tutto sarebbe passato con il tempo. Le crisi della piccola invece di
diminuire aumentarono di frequenza e la piccola fu portata di urgenza
al Bambin Gesù di Roma in uno stato di male epilettico e la salvarono
per miracolo. Finalmente i medici si resero conto che la piccola
probabilmente avesse una malattia seria metabolica, ma dato che la mamma
era fisioterapista e al nono mese di gravidanza, cercarono di
minimizzare il problema.
La bimba fu
ricoverata per una serie di accertamenti e dopo tre lunghi mesi
finalmente arrivò la diagnosi: “Malattia di Tay Sachs giovanile”,
malattia incurabile, letale e talmente rara che in Italia ne sono state
colpite solo Ludovica e un’altra bambina di nome Sveva. Responso: un
anno di vita, al massimo due! Chi ha dei figli potrà comprendere quale
dolore lancinante potessero provare i genitori in quel momento, un
dolore che ti fa perdere i sensi e il lume della ragione. Una
disperazione che non trova consolazione. La guardarono, era lì, di
fronte a loro , ancora viva e li vedeva piangere e forse si domandava
cosa avessero fatto i genitori, cosa li avesse resi così tristi da
piangere con tanta disperazione. L’amore per questa creatura non li
abbandonò, anzi, decisero “basta lacrime” e iniziarono a festeggiare
ogni giorno di vita di Ludovica e iniziarono a fare l’impossibile
affinchè la piccola passasse il tempo che gli rimaneva da vivere nella
maniera più confortevole possibile. La mamma lasciò il suo lavoro e
iniziò a studiare la malattia, contattò altre famiglie di piccoli angeli
e una associazione americana: la NTSD che
si occupava di ricercare una cura per questo tipo di malattia e
similari. Come sovente accade, ricevettero tantissima solidarietà da
persone mai conosciute prima, ma molta meno da alcuni amici di vecchia
data che trovavano difficile portar loro una parola di conforto per la
tragedia che stavano vivendo.
Durante le loro
affannose ricerche vennero a conoscenza di un farmaco che avrebbe
potuto rallentare il decorso della malattia e dopo svariate lotte
riuscirono ad averlo. Questo farmaco però non ebbe i risultati sperati e
la mutazione genetica di Ludovica progredì rapidamente, nel giro di sei
mesi perse la parola e non camminò più. Dopo un anno divenne cieca e
non riusciva più a deglutire e i genitori furono costretti a metterle la PEG (La PEG è una tecnica che consente la nutrizione enterale. La PEG viene
solitamente posizionata nei pazienti che necessitano di una nutrizione
enterale per un lungo periodo. A differenza del sondino naso-gastrico
risulta maggiormente tollerata ma da recenti studi è emerso che non
determina un significativo miglioramento della qualità della vita né una
riduzione delle complicanze ad esempio: rigurgiti ed aspirazione,
pertanto il suo utilizzo va riservato solo in pazienti selezionati e
comunque con una aspettativa di vita maggiore di 6 mesi). Ludovica perse
il sorriso e non comunicò più in alcun modo. I genitori vedevano la
bambina spegnersi giorno dopo giorno ma non si davano per vinti e
continuarono la loro lotta contro il tempo e la morte.
Volando ad
Israele da un professore Russo-Ucraino che, avendo studiato la dopamina
(neurotrasmettitore) scoprì che la carenza di dopamina nelle patologie
neurodegenartive ne causava la paralisi, così iniziarono la cura a base
di “idopa”. Questa cura fatta per 4 volte costò 20.000,00 € a ciclo e
Ludovica stabilizzò il decorso della sua malattia subendo effetti
straordinari: migliorò la sua partecipazione ambientale recuperando
anche il ritmo sonno-veglia e non ebbe più crisi epilettiche, le uniche
crisi “riflesse” erano causate da rumori improvvisi comunque
controllabili farmacologicamente. Nonostante il miglioramento di vita di
Ludovica i genitori non si fermarono, continuarono a cercare con la
speranza di trovare qualcosa che migliorasse ancora di più la vita della
propria figlia. Anche con questi miglioramenti Ludovica rimaneva
paralizzata, senza movimenti volontari, l’unico barlume di luce che
faceva comprendere che percepiva quello che le accadeva attorno era il
suo sorriso “sociale”.
Durante il
periodo della cura idopa, vennero a conoscenza che a Brescia si
praticava una terapia con cellule staminali su patologie
neurodegenerative come quelle di Ludovica. In un primo momento esclusero
di far fare alla figlia questa terapia in quanto avevano letto che
alcuni bambini in AMERICA , trattati con cellule “embrionali” erano
deceduti. Il tempo passò e sempre con maggiore frequenza sentirono
parlare della cura con cellule staminali mesenchimali del Prof. Vannoni
così decidettero di informarsi più a fondo e iniziarono ad avere
rapporti epistolari sia con il Prof. Vannoni che con il Dott. Andolina,
dopo di chè iniziarono l’iter per accedere alle cure “compassionevoli”
trovando per la prima volta, nel loro lungo CALVARIO, un giudice che
diede il suo consenso ad accedere alla cura delle cellule stamininali
mesenchimali perchè era a conoscenza della vicenda e a favore di questo
tipo di cura. In tempi brevissimi ricevettero l’ordinanza
dell’autorizzazione al prelevamento delle cellule ad uno dei genitori:
il così detto “carotaggio osseo”, successivamente fu fissata l’udienza
tra loro e gli SPEDALI CIVILI DI BRESCIA i quali si presero una
settimana per decidere, ma nella stessa notte arrivò una PEC al loro
avvocato con l’ordinanza a poter procedere alla cura staminale
mesenchimale.
Ludovica
ricevette la sua prima infusione i primi di luglio 2013 e la seconda nel
mese di agosto. Ludovica apparirà subito più serena e disponibile,
molto più attiva, recuperando anche la peristalsi intestinale non avendo
più bisogno di lassativi o clisteri per evacuare. Iniziò a vocalizzare
sempre più e recuperò attività motoria a livello della spalla sinistra.
Iniziò a girarsi su un fianco da sola accendendo tante di quelle lucine
che la sua orrenda malattia stava inesorabilmente spegnendo.
Ludovica ora
sta molto meglio e anche se i genitori sono coscienti che la malattia
della figlia è in uno stato avanzato, accetteranno di buon grado ogni
miglioramento positivo che ne verrà da questa nuova terapia. Ringrazio
la mamma di Ludovica, Francesca Atzeni per avermi dato la possibilità di
far conoscere la loro storia e con questo di far sperare altre famiglie
che stanno subendo il loro stesso dramma e calvario.
di: Emanuela Rocca
Nessun commento:
Posta un commento