venerdì 29 luglio 2016

La Francia in guerra civile

Comunità sempre più frammentata. Soral: 'Ormai, nessuno vuole una riconciliazione nazionale'
attentati francia

Se si considerano i non pochi attentati avvenuti negli ultimi mesi in Francia, ci si rende conto che la comunità sta diventando sempre più frammentata. Mai, il territorio francese si era mostrato così propizio a tali atti. Ormai basta una scintilla ad accendere lo stato d’animo della gente. Ma la Francia potrà mai entrare in guerra civile coinvolgendo tutte le sue comunità? Potrebbe mai accadere che la violenza, nella sua scalata incontrollata e incontrollabile, spinga la gente ad ‘armarsi e partire’? Insomma, Daesh sarà mai capace di portare la guerra oltre le frontiere del Califfato?
La sconfitta di alcune comunità deriva da uno sradicamento culturale. Attualmente, la maggior parte dei nostri connazionali pensa che «non si vive più come un tempo, in Francia», secondo quanto dichiarato da uno studio Ipsos. Una cifra che coinvolge il 98% degli elettori del FN e il 73% dei Repubblicani, e nel mirino ci sono i flussi migratori che minacciano la cultura del Paese, dove si avvicina sempre più l’idea della teoria della sostituzione, portata dai movimenti di estrema destra.  O «noi o loro». Questa è la visione attuale della società francese, che non lascia certamente spazio alla coesistenza. Il razzismo ha ormai la meglio e si è imposto e i primi ad ammetterlo sono proprio loro, i francesi. Più di due terzi crede che questo fenomeno sia ormai inculcato nella società e si punta la gente di origine straniera, oltre che «gli appartenenti al ceppo francese».
Una buona fetta della popolazione francese non distingue più tra Islam e Islamismo.  Il 37% degli elettori del FN, vale a dire un quinto dei nostri connazionali, crede di essere in guerra, e non solo indicano gli jihadisti, ma anche l’Islam, stando ai dati Ipsos.
Alain Soral, scrittore francese, spiega che «Ormai, nessuno vuole una riconciliazione nazionale. Si tratta di rabbia, anche data dal fatto che nel nostro Paese c’è un alto tasso di alti tradimenti sociali, cosa che sembra addirittura legittimare gli ultimi conflitti sociali». «Ci si vorrebbe opporre alle élite in Francia», continua Soral. «Ma questa rivolta si trasformerà presto in guerra di religione, oltre che guerra di popoli. Una guerra vede sempre due fazioni opposte. Bisognerò scegliere tra musulmani e giudeo cristiani civilizzati. La definizione di guerra e la nozione di guerra sono sempre più presenti tra noi; ne parlano i media, quasi a volerci preparare e renderci consapevoli. E se davvero così fosse, la guerra costerebbe molto cara alla Francia: una piaga sempre più vicina ai nostri occhi».

Alain Soral spiega che «i politici non hanno alcun potere contro la crisi economica a fronte di un sistema bancario ormai obsoleto. La loro posizione, oggi, è quella che rimanda alla teoria e strategia del caos, vale a dire far arrivare immigrati e trasformarli in delinquenti e ‘diavoli scatenati’. Si tende a fare la differenza tra la massa e i musulmani, così da instaurare un odio crescente nei francesi e uno sfogo nei musulmani, che si vedono definiti delinquenti».
Lo scrittore puntualizza che «si tratta di una collera che fa il gioco del sistema. Una vera polveriera, la cosa peggiore che possa capitare a un Paese, e solo i peggior nemici della Francia o dei folli, per dirla tutta, potrebbero volere la guerra civile».
Secondo il pensiero del filosofo Michel Onfray «non serve la Legge del Taglione. Si lascia marcire la società». «Ci attende la guerra», secondo Keny Arkana, militante internazionalista, e autrice del documentario del 2006, La Rabbia del popolo. Un altro mondo è possibile, girato dopo i suoi viaggi in Brasile, Mali, Messico e Francia. Secondo l’ex poliziotto Stan Maillaud «In Francia ci sono cellule dormiente di islamisti. E questo accade sin dal 1991, con la caduta del muro di Berlino e la guerra dei Balcani, quando le armate sovietiche hanno invaso il territorio francese. Tutto è pronto per dichiarare la Guerra Santa».
Esiste, di fondo, questo senso di inquetudine nel Paese. Questa battaglia è stata vinta da Daech, e non c’è dubbio. Ormai la paura e il timore dilagano come virus, così come gli attentati stessi. Tutti gli studi di ricerca portano a una direzione e buona parte dei francesi, oggi, vive nell’angoscia quotidiana per se stessi e per i propri cari. Insomma, un clima che ha portato un quarto dei francesi a cambiare le proprie abitudini, che ha limitato le uscite nei bar, nei locali e nei ristoranti, così come nei musei, che hanno registrato una diminuzione notevole del numero di turisti visitatori. Gli indicatori corroborano purtroppo il sentimento prevalente di pesantezza che si respira in città, quel sospetto onnipresente che porta ciascuno a vedere nell’altro una minaccia potenziale.
Questo è il ritratto che viene fuori, di una società scossa e fratturata, che l’estremismo islamico proverà a colpire con la sua guerra. Kenny Arkana spiega che dopo il nostro 11 Settembre francese, tutti temono che qualcosa possa accadere, si cercano colpevoli in ogni dove, si vive nella rabbia. Si arriva a progettare pensieri fatti di violenza, in tanti vorrebbero la pena di morte, oggi come oggi! Ma come si fa se si è rappresentati da Sarko o Valls, essi stessi violenti e di basso profilo… Forse è questo che ci si merita, ma forse si sta (de)candendo in un oscurantismo crescente. Secondo me, bisogna tornare a porsi giusti quesiti, per canalizzare questa violenza e ritrovare un po’ di pace perduta. Tutto ciò che serve è battersi per raggiungere un po’ di benevolenza, altrimenti non sarà rivoluzione, ma guerra civile».
Traduzione di Silvia Velardi