Adulto
è colui che ha preso in carico il bambino che è stato, ne è diventato il padre
e la madre.
Adulto
è colui che ha curato le ferite della propria infanzia, riaprendole per vedere
se ci sono cancrene in atto, guardandole in faccia, non nascondendo il bambino
ferito che è stato, ma rispettandolo profondamente riconoscendone la verità dei
sentimenti passati, che se non ascoltati diventano presenti, futuri, eterni.
Adulto
è colui che smette di cercare i propri genitori ovunque, e ciò che loro non
hanno saputo o potuto dare.
È
qualcuno che non cerca compiacimento, rapporti privilegiati, amore
incondizionato, senso per la propria esistenza nel partner, nei figli, nei
colleghi, negli amici.
Adulto
è colui che non crea transfert costanti, vivendo in un perpetuo e doloroso
gioco di ruolo in cui cerca di portare dentro gli altri, a volte trascinandoli
per i capelli.
Adulto
è chi si assume le proprie responsabilità, ma non quelle come timbrare il
cartellino, pagare le bollette o rifare le lavatrici. Ma le responsabilità
delle proprie scelte, delle proprie azioni, delle proprie paure e delle proprie
fragilità.
Responsabile
è chi prende la propria vita in carico, senza più attribuire colpe alla crisi,
al governo ladro, al sindaco che scalda la poltrona, alla società malata, ai
piccioni che portano le malattie e all’insegnante delle elementari che era
frustrata.
Sembrano
adulti, ma non lo sono affatto.
Chi
da bambino è stato umiliato, chi ha pensato di non esser stato amato
abbastanza, chi ha vissuto l’abbandono e ne rivive costantemente la paura, chi
ha incontrato la rabbia e la violenza, chi si è sentito eccessivamente
responsabilizzato, chi ha urlato senza voce, chi la voce ce l’aveva ma non
c’era nessuno con orecchie per sentire, chi ha atteso invano mani, chi ha
temuto le mani: per tutti questi “chi”, se non c’è stato un momento di profonda
rielaborazione, se non si è avuto ancora il coraggio di accettare il dolore
vissuto, se non si è pronti per dire addio a quel bambino, allora “l’adultità”
è un’illusione.
Io
ho paura di questi bambini feriti travestiti da adulti, perché se un bambino
ferito urla e scalcia, un adulto che nega le proprie emozioni è pronto a fare
qualsiasi cosa.
Un
bambino ferito travestito da adulto è una bomba ad orologeria.
Ciò
che separa il bambino dall’adulto, è la consapevolezza.
Ciò
che separa l’illusione dalla consapevolezza è la capacità di sostenere l’onda
d’urto della deflagrazione del dolore accumulato.
Ciò
che rimane dopo che il dolore è uscito è amore, empatia, accettazione e
leggerezza.
Non
si giunge alla felicità attraverso la menzogna.
Non
si può fingere di non aver vissuto la propria infanzia.
Non
si può essere adulti se nessuno ha visto il bambino che siamo stati, noi per
primi.
Adulto
è colui che ha preso in carico il bambino che è stato e ne è diventato il padre
e la madre.
Janusz
Korczak
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