venerdì 28 giugno 2024

Per un nuovo spirito religioso

Essere religiosi deve significare per forza credere in un Dio? Come è giusto e ovvio che sia ognuno trarrà le proprie conclusioni. Così io traggo le mie. 

Tutti sappiamo che la religione è innanzitutto un istituto fideistico e teologico, all'interno del quale non può che imperare un'entità teistica, nonché, per così dire un'intera enciclopedia di precetti valoriali ad essa connessi: eticità, moralità, ideologie, ecc.

Dico subito che dal punto di vista teologico e fideistico non sono affatto religioso, ma nemmeno da un punto di vista più "laico". Per carità! Spesso la laicità è il falsismo ideologico di un moralista religioso davanti alla porta di un sincero ateo. Me ne tengo a debita distanza. 

Tuttavia sento profondamente, magmaticamente fluida scorrere nel mio Essere una sconosciuta e intensa "religiosità", che non percepisco come semplice "spiritualità", ma piuttosto come istintualità. È per me davvero difficile cercar di descrivere siffatto sentore interiore istintuale e spirituale, quasi "demico", poiché lo percepisco simile a una continua "policentrica espansione geografica dell'Essere", e mi pare di essere in balìa di un eterno ritorno nel quale continuamente ho bisogno di mozzare la testa di un serpente per perdermi in un qualche infinito! Nel frattempo mi pare altresì che l'io-in-me, anzi il super-io, si diverta a plasmare tale materiale ctonio e magmatico, mutando costantemente l'opera che ha tra le mani: la mia anima sempre inquieta, in costante movimento, così come l'artista muta costantemente la materia plastica che manipola e la trasforma man mano, cosicché non riesco mai a comprendere del tutto cosa accade dentro di me! Sono ateo... e non sono più ateo! Nel senso che se l'ateismo deve diventare per me una sorta di gabbia, di fede-prigione per distinguermi dai credenti, no: non voglio più esserlo! 

Qualcuno a me caro diceva che se si crede in se stessi non si è mai veramente atei, posto che si riesca a frapporre tra sè e gli dèi il proprio io - e mutare il proprio io in un Zeus-Titano e l'Essere in un Olimpo!

Io penso che se l'uomo è qualcosa che deve essere superato, come insegna Zarathustra, beh, l'ateismo allora non deve diventare per l'uomo che và oltre se stesso (detto chiaramente, l'oltreuomo) una prigione, una catena, una palla al piede, una "fede" indissolubile, una coerenza idiota, poiché anch'essa ideologica e, non di rado, intrisa di ipocrita laicismo. Ora credo in un nuovo umanesimo in cui non è affatto necessario un dio; un umanesimo che sia capace di superare il significato stesso di "classicismo teologico" e spiritual-religioso, dove possa trovar diritto di cittadinanza una nuova coscienza per l'individuo consapevole di se stesso e una nuova concezione di amore per la vita: la "religiosità" dell'oltreuomo, o amor fati che dir si voglia; religiosità la quale possa prescindere appunto da un'entità teistica e che possa creare una nuova etica post ideologica ateistica e che sia capace di porre nuovi valori atti a dar credito preminentemente  alla natura, alla vita, al corpo, alla terra; che possa condurre l'uomo (come individualità e collettività - dicasi popoli -) verso una nuova consapevolezza e presa totale di coscienza gnoseologica e filosofica, dove questa sorta di super spiritualità sia in grado di creare l'individuo-dio universale. Insomma, se siamo stati capaci di uccidere Dio, cosa ci impedisce ora di concepire una nuova formula di "spirito religioso", non più come tempio ontologico, teologico e fideistico ove risieda Dio e similari entità, bensì come il tempio-corpo ove risiede l'io-dio? Per ciò non abbiamo, noi atei per istinto, più che mai bisogno di religiosità? Oppure dobbiamo diventare "atei" persino dinanzi all'io, la vita, il corpo, la terra? Cioè freddi e immani esecutori del materialismo a-spirituale fino all'assurdo, succubi del razionalismo socratico più apollineo che ci sia, poiché impenitenti assassini dell'eterno serpente che risiede nella nostra atavica (se non ancestrale) coscienza? E in perenne attesa! In attesa e immobili in un solo istante in un tempo che non ritornerà mai più a se stesso? L'Essere è "spazio" e l'io ha solo bisogno del divenire. Ma il divenire è nel gesto di colui che è capace di cambiare se stesso, cambiando lo stato ordinario e straordinario della propria realtà. L'esser "spiritualmente atei" non può dunque precluderci di essere religiosi e nel contempo di uccidere Dio e di abbattere l'ultima colonna di quella vecchia coscienza-tempio. Perocchè l'uomo torni alla sua primigenia natura e traduca in filosofia classica la sua creatività artistica, cioè quella di essere creatore di dèi e di Titani ma, come dicevo, con una nuova coscienza: cioè che Dio è l'uomo e l'io il custode del Titano? (Giovanni Provvidenti)


La morte di Ipazia

 Oggi 27 giugno la Chiesa festeggia S. Cirillo (370 - 444), assassino di Ipazia, per mezzo di 500 monaci da lui aizzati. Lo storico contemporaneo Socrate ci dice che il vescovo Cirillo la fece ammazzare per far accettare la beatificazione del monaco teppista Ammonio, che il prefetto di Alessandria, Oreste, fece giustiziare. La filosofa e scienziata Ipazia, sosteneva nella Alessandria cristianizzata, la cultura greco romana, mentre ebrei e cristiani lottavano tra loro per predominare sugli ultimi pagani tollerati, distruggendone i libri e i templi o convertendoli come propri edifici di culto. Ipazia aveva molto ascendente su Oreste; fu mandata una squadra di monaci teppisti detti «parabolani» capeggiati dal lector Pietro (ἀναγνώστης: dunque non un analfabeta) che costituivano, per Cirillo, una specie di «guardia del corpo»: Ipazia fu catturata per la strada, denudata, lapidata, fatta a pezzi e bruciata. Cirillo fu santificato per coprire il massacro e dare un'aura mistica all'assassinio. Gli storici cristiani tentano di screditare il racconto di Socrate attraverso una grossolana falsificazione, quella di essere nato un secolo dopo. Per papa Ratzinger Cirillo fu un “instancabile e fermo” testimone di Gesù Cristo, “Verbo di Dio incarnato” e il 3 ottobre 2007 dedicò alla “grande figura” di uno dei Padri della Chiesa un'intera udienza generale. La data della sua festa è stata più volte cambiata.

Dal web


Tutte le reazion

giovedì 27 giugno 2024

Concetto di aristocrazia in Nietzsche

 Non è raro che molti lettori dei libri di Nietzsche cadino in un equivoco di fondo nel valutarne le parole, per esempio il concetto di "aristocrazia". Questo concetto deve essere inteso esclusivamente come un atteggiamento di dignità, di eticità, di nobiltà dei sentimenti, di pathos della distanza; non si tratta affatto di un atteggiamento prevaricante, dispotico o cose simili, quindi l'umanesimo Nietzscheano, prevalentemente di tradizione aristocratica, in un certo senso è pop, nel senso che ad alcun individuo viene preclusa la via per giungere a una libertà spirituale superiore (lo spirito libero). Nietzsche infatti parla di nobiltà d'animo, nobiltà dei sentimenti, ecc.

Naturalmente non trascura il fatto che ci debbano essere delle guide, ma non certo dei tiranni! "Ogni elevazione del tipo umano è sempre avvenuta in una società aristocratica", egli dice, ma cos'è una società aristocratica? Di che tipo dev'essere intesa oggi se non come computo di quell'apprendimento di quei valori che dall'individuo si riversano nella collettività per far sì che le masse diventino popoli? Da troppi secoli ci sono marasma di genti ammassate intorno a qualche ideologia culturale, politica o religiosa, oppure qualcos'altro che trasforma le società in veri e propri ovili, dove vengono assembrati, come in una sorta di ingranaggio industriale, accozzaglia di idee e di valori che rendono ognuno un infimo soggetto estraniato dal contesto umano chiamato "io", seppure si tratta di un soggetto che ha il potere di comandare. Siffatto marasma e accozzaglia di idee e infimi soggetti trasformati in meri oggetti (ora consumatori, ora elettori, ora contribuenti, ora cittadini - a patto che si sentano soggetti-oggetti che comprano, eleggono i loro "democratici tiranni" ed accettano di pagare esose somme di denaro -) viene chiamiato democrazia, in realtà si tratta di un despotismo recondito nel cui interno il concetto giuridico di libertà spinge gli individui ad una bassa quanto deleteria lotta tra i diversi ceti sociali, non di rado tra uguali ceti sociali (la cosiddetta guerra tra poveri).

"Gli uomini non sono uguali", dice Nietzsche: bisogna partire da tale "assunto aristocratico" perché ci sia la giusta distanza tra individui in grado di convivere in queste moderne società senza capo ne coda. 

Infine, l'oltreuomo non è un soggetto appannaggio di una élite: persino un ultimo uomo può aspirare di diventarlo, anzi non è raro che proprio un ultimo uomo diventi un oltreuomo, appunto perché è stato capace di andare oltre se stesso, oltre il marasma di cui sopra. (Giovanni Provvidenti)


venerdì 21 giugno 2024

I SUMERI NON FURONO I PRIMI ...

Fino a circa 20 anni fa, si riteneva che la "civiltà" avesse avuto origine con i Sumeri circa 7000 anni fa. Poi furono scoperti Göbekli Tepe e gli insediamenti vicini, al confine tra Siria e Turchia. Da allora, tutto è cambiato.

...I resti più antichi di Göbekli Tepe risalgono ad almeno 12.000 anni fa. Ma alcuni dei monoliti trovati nelle rovine mostrano persone vestite solo con un perizoma. Tuttavia, 12.000 anni fa eravamo nel bel mezzo dello Younger Dryas (una mini era glaciale). Pertanto, è impossibile che le persone andassero in giro vestite solo con il perizoma. Per poter andare in giro vestiti così, le temperature dovevano essere miti. Ma l'ultimo periodo "mite" prima della Young Dryas è terminato intorno al 110.000 a.C., quando è iniziata l'ultima era glaciale. È vero che ci potrebbero essere stati dei climi locali più miti. Resta di fatto che quella è l’unica scultura risalente ad oltre 12.000 anni fa che raffigura esseri umani in perizoma. Pertanto, almeno alcune parti di Göbekli Tepe potrebbero risalire a prima dello Younger Dryas.

...A Göbekli Tepe sono stati incisi ideogrammi, ossia sculture che non rappresentano né animali né cose, ma concetti astratti. Potrebbero essere il più antico esempio di scrittura umana, almeno 5.000 anni più antica di quella dei Sumeri. Gli edifici di Göbekli Tepe non sono fatti di legno o di paglia, ma di pietra calcarea. Alcuni pilastri pesano quasi 20 tonnellate. Gli abitanti di Göbekli Tepe furono in grado di costruire case e villaggi in pietra migliaia di anni prima dei Sumeri.

...

Su una lastra di pietra chiamata 'Stele della Gru', i saggi di Göbekli Tepe raccontano di un incontro tra loro e 'esseri esterni' che vennero dal cielo quando una cometa attraversò il cielo. Inoltre, la narrazione incisa si riferisce a un periodo in cui, circa 12.000 anni f; un bombardamento di comete ha causato una tremenda distruzione sulla Terra. Questo bombardamento è stato confermato recentemente dagli astrofisici. Circa 12.000 anni fa una o più comete sono esplose nelle vicinanze della nostra atmosfera, e i loro frammenti ci hanno “bombardato a tappeto”. Ma allora, anche il resto della storia incisa a Göbekli Tepe è vera?

L’articolo continua sul libro:

HOMO RELOADED – 75.000 ANNI DI STORIA NASCOSTA




Da dove veniamo? Dove andiamo?

 E così mi chiedo altresì: ma se non ci fosse l'uomo con la sua intelligenza, con la sua curiosità, la sua voglia di esplorare l'ignoto mondo delle domande, la vita umana avrebbe un senso? Certo, gli animali vivono la loro naturalità e non si pongono domande esistenziali, ma l'uomo? L'uomo è diverso, al di sopra dell'animale ed ha bisogno di porsi domande per dare un senso alla vita. Ha fame di sapere. Sapere... sapere, e di volere persino al di sopra delle sue possibilità, al di là di ogni confine dello scibile e di tutti i limiti posti alla libertà filosofica e scientifica da parte della "casualità"... o dagli "dèi"... Gli dèi! E non è per fare un dispetto agli dèi che noi esploriamo l'ignoto? Che ci evolviamo attraversando l'oscuro sentiero del caso per ritrovarci sempre là dove un limite cognitivo pone un confine, un ostacolo, e noi esseri umani, dispettosi e impenitenti e coraggiosi spiriti esploratori, la facciamo in barba agli dèi, al mito, al metafisico ente platonico? Ma che dico: aristotelico! (?) Infatti è proprio questo il "logos universale": è l'humus peculiare donde s'origina il noos, il pensiero. Il pensiero o l'intelletto che ci dà l'aire, l'afflato per divenire dei ricercatori filosofici e scientifici, il mistico quid che ci ha resi "imprenditori del destino": il destino Infatti è un bazar: il bazar della coscienza!... - - Dunque, se non ci fosse l'uomo, l'universo perché dovrebbe esserci? Esserci per esserci? Nè un'intelligenza, nè un fine? Nulla per nulla? E non è l'esistenza umana, l'essenza cognitiva umana che fa sì il "Nulla" sia pieno del "Tutto"? E se l'universo, invece, avesse una sua intelligenza? Persino una sua anima, un suo istinto di sopravvivenza, nondimeno una sua dualistica natura egoistica ed altruistica? Fino al punto da volere con inimmaginabile, inintelligibile volontà di potenza?! Fino al punto da distruggere stelle e galassie poiché da tale immane distruzione avvenga il miracolo della creazione dell'uomo? Cioè una creatura a sua immagine e somiglianza? Giacché l'universo aveva ed ha bisogno di essere rappresentato da una intelligenza, per ciò soltanto giuocato, commediato esplorato, vissuto, compreso. Così plasmò a sua immagine e  somiglianza materia una creatura (un microcosmo), una coscienza che si evolvesse insieme al "suo corpo" (il macrocosmo), che si espandesse come un Essere che in sè possedesse l'energia e la materia oscura che tiene il tutto saldamente unito mentre d'intorno lo spazio diviene e diviene fino all'eterno ritorno dell'Uno: come un Dio che crea continuamente il big bang della ragione per non soccombere sprofondando nella noia dell'attesa. Così creò il caos cui ogni cosa potesse divenire, cioè nascere, morire e rinascere, finché l'esistenza sia sempre il divenire di una gioia, di un dilettevole gioco nelle mani di un fanciullo, ora creatore, ora il distruttore, ora il gaudente "filosofo" sulla cuspide di un sogno che cavalca i tempi: per evitare che l'eternità non si muti appunto in noia. Terribile sarebbe l'eternità se non ci fossero distruzione e creazione! Perciò l'universo ha creato l'uomo: il fanciullo creatore e distruttore! L'uomo ora "deve osservare" l'ironica maschera cosmica, ne deve comprendere la multidimensionalità per comprendere se stesso, e deve imparare ad agire di conseguenza - ed agire! Ovvero distruggere e creare con la mano divina che manipola la materia universale per non far mancare il dilettevole trastullo al suo Padre Celeste. Siamo creature violente, tanto quanto è violento l'universo, e pur capaci di riflessione e d'immenso amore. Ed è questo "istinto di sopravvivenza" che chiamiamo amore e che ci mostra quanto siamo connessi col logos universale e con lo straordinario "strano cosmogonico".

Da dove veniamo? Dall'universo! Siamo il suo corpo e la sua anima, perciò anche noi E=MC2.

Dove andiamo? Sempre incontro alla volontà di potenza del nostro Padre Celeste: l'universo! (Giovanni Provvidenti)



giovedì 20 giugno 2024

Un buco nero grande 1 milione di volte la massa del sole si è improvvisamente risvegliato

 Nella galassia, nel nucleo del sistema stellare si è risvegliato un gigantesco buco nero 1 milione di volte più massiccio del Sole. Decenni di osservazioni non hanno trovato nulla di straordinario nella lontana galassia nella costellazione della Vergine, ma le cose sono cambiate alla fine del 2019, quando gli astronomi hanno notato un significativo aumento della sua luminosità che persiste ancora oggi.


I ricercatori credono di essere testimoni di cambiamenti mai visti prima, con il buco nero al centro della galassia che mette in scena uno spettacolo di luci cosmiche mentre grandi quantità di materiale cadono al suo interno.


“Abbiamo scoperto questa sorgente nel momento in cui ha iniziato a mostrare queste variazioni di luminosità“, ha affermato la Dottoressa Paula Sánchez-Sáez, astronoma presso la sede dell’Osservatorio europeo meridionale a Garching, in Germania: “È la prima volta che lo vediamo in tempo reale”.


La galassia, che ha il nome in codice SDSS1335+0728 e si trova a 300 metri di distanza, è stata segnalata agli astronomi nel dicembre 2019 quando un osservatorio in California chiamato Zwicky Transient Facility ha registrato un improvviso aumento della sua luminosità.


L’allarme ha provocato numerose nuove osservazioni e diversi controlli delle misurazioni archiviate dai telescopi terrestri e spaziali per comprendere meglio la galassia e il suo comportamento passato.


Gli scienziati hanno scoperto che la luminosità della galassia è recentemente raddoppiata nella lunghezza d’onda del medio infrarosso, è diventata quattro volte più luminosa nell’ultravioletto e almeno 10 volte più luminosa nella gamma dei raggi X.

Quello che ha innescato l’improvviso splendore non è chiaro, ma nello studio pubblicato su Astronomy and Astrophysics, i ricercatori hanno affermato che la spiegazione più probabile è la creazione di un “nucleo galattico attivo” in cui un vasto buco nero al centro di una galassia ha iniziato a consumare attivamente il materiale attorno ad esso.


I nuclei galattici attivi emettono un ampio spettro di luce mentre il gas attorno al buco nero si riscalda e si illumina, e le particelle di polvere circostanti assorbono alcune lunghezze d’onda e ne irradiano altre.


Non è però l’unica possibilità. Il team non ha escluso una forma esotica di “evento di perturbazione mareale”, una frase molto sobria per descrivere una stella che viene fatta a pezzi dopo essersi avvicinata troppo a un buco nero.


Conclusioni

Gli eventi di perturbazione delle maree tendono ad essere brevi, illuminando una galassia per non più di poche centinaia di giorni, ma sono necessarie più misurazioni per escludere il processo: “Con i dati di cui disponiamo al momento, è impossibile distinguere quale di questi scenari sia reale”, ha concluso Sánchez-Sáez: “Dobbiamo continuare a monitorare la fonte”.

Fonte:Pagina di Reccom Magazine


lunedì 17 giugno 2024

Una piccola pietra


Se ne sta lì, sospesa, da chissà quanti milioni di anni. Una piccola pietra, in equilibrio su un blocco di arenaria marziana.

Sulla Terra è quotidiano vedere rocce sparse un po' ovunque e in situazioni improbabili, basti pensare alle creste delle montagne più alte, ma è una conseguenza della violenza e vitalità delle forze erosive sul nostro pianeta. Alcuni ghiacciai hanno spostato intere montagne in poche migliaia di anni, pensate a morene come la Serra di Ivrea.

Su Marte è tutto più lento, antico e immobile. C'è erosione, certo, ma l'atmosfera è sottile e il vento debole come un alito. Sufficiente a sollevare la polvere, ma non a spostare pietre come quella.

Eppure lei è lì, immobile, da tempo immemore, forse il lascito di un'epoca marziana molto più dinamica e agitata di quella attuale. Un semplice ciottolo, in equilibrio tra le arenarie spesse, stratificate, erose e spezzate del delta nel cratere Jezero. Forse lasciata lì da un'antica piena, forse da un ghiacciaio, forse da un vento ora scomparso. Sembra quasi di sentirlo ancora soffiare.

Tutto su Marte è antico, lento e statico. Un pianeta congelato da miliardi di anni, un deserto riarso e gelido. Eppure, Marte ricorda. Le sue rocce ricordano. Un tempo di fiumi, laghi e oceani. Pioggia e neve, ghiaccio e vulcani.

E noi siamo sulle tracce di quel passato.

-Lorenzo( Gruppo FB: Chi ha paura del buio)

Fotografia del 12 giugno 2022 (sol 466 della missione di Perseverance)

Rielaborazione di Thomas Appéré




venerdì 14 giugno 2024

RUMI and spiritual quotes


Non è importante la tua bravura personale nel combattimento, è quello che hai dentro che fa la differenza. Esiste un'energia interna e un'energia esterna, e nella vita non si deve sviluppare solo la propria energia esterna, fatta di forza e destrezza, ma anche la propria energia interna, che è una forza ancora più difficile da dominare. A volte la chiamiamo: coscienza di sé, nel tempo, nello spazio, negli altri.

Questa semplice ma profonda affermazione la dice lunga sulla tua forza, resilienza e forza d'animo interiore. È una testimonianza della tua capacità di sopportare e superare le sfide, anche quando sembrava che nessuno capisse veramente la profondità delle tue lotte. Oggi prendiamoci un momento per riflettere su questo viaggio e trovare incoraggiamento nella forza che hai dimostrato.

C'è qualcosa di unicamente potente nella capacità di sopportare le difficoltà in silenzio. Richiede un immenso coraggio per affrontare i propri momenti più bui da soli, per affrontare paure e incertezze senza il supporto esterno su cui spesso gli altri fanno affidamento. Hai camminato attraverso il fuoco e sei emerso più forte dall'altra parte, ed è un risultato che vale la pena festeggiare.

Il mondo intorno a te potrebbe aver visto un individuo composto e resistente, ignaro delle battaglie che stavi combattendo. Questa capacità di proiettare forza alle prese con lotte interne dimostra un incredibile livello di maturità emotiva e resilienza. Dimostra che hai le risorse interiori per affrontare qualsiasi cosa la vita ti riservi, anche quando sembra travolgente.

È importante riconoscere e onorare il proprio percorso. Hai navigato attraverso il dolore, la solitudine e forse momenti di dubbio, eppure hai persistito. Questa resistenza è una testimonianza del tuo carattere. Dimostra che hai il potere di elevarti al di sopra delle avversità, di andare avanti anche quando il cammino davanti è poco chiaro. Il tuo viaggio è un faro di speranza e ispirazione, non solo per te stesso, ma per altri che potrebbero percorrere una strada simile.

In questi momenti solitari, potresti aver scoperto forze e capacità che non sapevi di possedere. Potresti aver trovato un senso più profondo di te stesso, una comprensione più chiara del tuo valore e potenziale. Queste esperienze ti hanno plasmato, modellandoti in una persona di profonda profondità e resilienza. Questa forza interiore è ora parte di te, una risorsa a cui puoi attingere ogni volta che affronti nuove sfide.

Mentre hai passato i tuoi momenti più duri da solo, ti ricorda anche che non sei mai veramente solo. C'è un mondo di persone che come te hanno affrontato le proprie battaglie silenziose. La tua storia può essere fonte di conforto e incoraggiamento per gli altri. Condividendo il tuo percorso, puoi aiutare gli altri a capire che va bene lottare, che va bene non stare sempre bene.

Andando avanti, ricordatevi che va bene anche cercare supporto. Mentre la tua capacità di resistere da sola è una testimonianza della tua forza, permettere agli altri di sostenerti può portare nuove dimensioni di guarigione e crescita. La vulnerabilità non è un segno di debolezza, ma un atto coraggioso di aprirsi a connessioni e sostegno più profondi.

Oggi, sii orgoglioso del tuo viaggio. Celebra la forza e la resilienza che ti hanno portato nei tuoi momenti più difficili. Sei una testimonianza vivente del potere della perseveranza, e la tua storia è un faro di speranza per gli altri. Ricorda, sei più forte di quanto pensi, più coraggioso di quanto ti senti e più amato di quanto tu possa immaginare. Abbraccia il tuo viaggio, continua ad andare avanti con coraggio e sappi che non sei mai veramente solo.


giovedì 13 giugno 2024

Gilgamesh incontra Utnapishtim.


 In che modo Gilgamesh è collegato al mito del Diluvio Universale?

Durante la saga di Gilgamesh l'eroe si mette in cerca del segreto dell'immortalità e per questo incontra un personaggio di nome Utnapishtim.

Utnapishtim è l'equivalente di Noè nella mitologia mesopotamica: è un uomo immortale che è sopravvissuto al Diluvio Universale, che mette alla prova Gilgamesh e gli spiega che in fondo al mare si trova una pianta sacra che potrà renderlo immortale.

Tuttavia vuole anche che Gilgamesh diffonda la storia del diluvio e la racconta all'eroe. Ed è interessante perché il mito mesopotamico e quello biblico del Diluvio si somigliano un molto.

In questa versione gli dèi decidono di mandare il diluvio perché la Terra è sovrappopolata tanto che le voci degli umani disturbano il loro sonno. Il dio Enki però decide di risparmiare la vita a Utnapishtim, che era il re di una città chiamata Shuruppak, perché è un uomo devoto e quindi gli affida l'incarico di ripopolare il mondo dopo il ritiro delle acque.

Utnapishtim quindi, proprio come Noè, costruisce una nave per salvare sé stesso e i suoi sudditi, caricando anche del bestiame e delle sementi. Vi è anche il dettaglio di alcuni uccelli che vengono liberati per vedere se ci sono terre emerse.

Una volta sceso a terra Utnapishtim onora gli dèi con grandi offerte, così decidono di ricompensarlo rendendo lui e sua moglie immortali.

(Giovanni Provvidenti)



mercoledì 12 giugno 2024

 Gli ostacoli

Alle volte incontriamo persone nella nostra vita e subito ci rendiamo conto che loro dovevano essere lì....per percorrere con noi un tratto del nostro cammino.

Noi non sappiamo mai chi potrebbero essere queste persone, ma quando i nostri occhi si incontrano con i loro occhi, in quel momento siamo certi che esse avranno un effetto molto profondo nella nostra esistenza .

E alle volte ci succedono cose tremende, dolorose e ingiuste, ma se ci riflettiamo, comprendiamo che se non avessimo superato quegli ostacoli, non avremmo potuto dar valore alla nostra forza, alla volontà ed al cuore.

Niente capita per caso: malattie, amori, momenti perduti di grandezza o di stupidità accadono per provare i limiti della nostra anima. Senza queste prove, la vita sarebbe una strada lineare, piatta e liscia verso nessuna meta. Sarebbe sicura e confortevole, ma noiosa e senza uno scopo. I successi e i fallimenti provano chi siamo e le esperienze negative hanno sempre qualcosa da insegnarci, probabilmente sono le più importanti.

Per questo perdoniamo a chi ci ha fatto del male, perchè ci ha aiutato a capire che dobbiamo stare attenti quando apriamo il nostro cuore a qualcuno. E amiamo incondizionatamente chi ci ama perchè ci insegna ad amare e a guardare le piccole cose, ad apprezzare ogni momento perchè non si ripeterà mai più.

Crediamo ,quindi, in noi stessi e ripetiamoci che siamo "una grande persona", perchè se noi non crediamo in noi stessi, nessuno crederà in noi. Crediamo nella nostra vita e soprattutto corriamo a viverla!!!(Angela Baldi)




lunedì 10 giugno 2024

Attimo fuggente e felicità

La felicità sta racchiusa nell'attimo fuggente. Questo è vero. Ma cos'è l'attimo fuggente? O meglio: cosa ognuno considera che sia? Da ciò che ho imparato io ognuno lo ritiene un frangente della vita (o del tempo) che è difficile cogliere perché troppo effimero, fugace e persino mistico, e se lo si riesce a cogliere, è per un fortunato capriccio del caso. Così quasi nessuno lo coglie e quasi nessuno riconosce, di conseguenza, la felicità. 

In realtà la vita è un susseguirsi di attimi fuggenti, ma essendoci abituati a vivere il presente come un riverbero del tempo en passant, non ce ne accorgiamo e la povera felicità diventa anch'essa un riverbero en passant. La cosa più assurda è che si è imparato persino a negare che la felicità esista, appunto perché difficile coglierla all'interno dell'attimo effimero e sfuggente, perocchè ci si rassegna all'irreversibilità del fato. 

Ma a furia di negarla la felicità la si è resa davvero inesistente, o un mistico riverbero del fato. Ciò conforta i fatalisti, coloro che sono legati a questa tradizione... e guai a smentire le tradizioni!

L'attimo fuggente sta nelle nostre mani e nelle nostre mani danza il fato, ma se ci affidiamo a mondi dietro il mondo, a realtà dietro la realtà o al falso libero arbitrio che nega la volontà di potenza, allora non riusciremo mai a plasmare la nostra felicità inanellata nell'attimo che non passa mai, perché l'attimo è l'unica epoca storica che noi viviamo dalla culla alla tomba; a cambiare non è il tempo nell'attimo che viviamo, il tempo è illusione, cambiano le età poiché mentre viviamo il fiume della vita diviene, tuttavia l'attimo rimane costante, eterno, reale. E così la felicità. 

Adesso vi dirò qualcosa che d'acchito potrà sembrare paradossale: sofferenza e dolore sono riflessi della felicità, poiché in tale pathos risiede la volontà di potenza, e la volontà di potenza vuole sempre il piacere - il piacere è la felicità! (Giovanni Provvidenti)



Chi è il vero inventore del personal computer?

Vi racconto una storia italiana che ha cambiato il mondo. Quella dei veri inventori del personal computer.

È il 1962 e siamo ad Ivrea, in provincia di Torino, il capoluogo dli provincia del Piemonte. Il genio visionario ADRIANO OLIVETTI è già morto e la successione dell'azienda viene affidata a suo figlio Roberto. Nell'azienda c'è un ingegnere di nome Pier Giorgio Perotto, che ha un’idea geniale, degna del grande Adriano: costruire una macchina per elaborare dati che offra autonomia funzionale e che quindi abbia dimensioni ridotte in modo da poter stare in ogni ufficio. Una macchina programmabile, dotata di memoria, flessibile e semplice da usare.

Perotto mette su un team di giovani ingegneri: sono Giovanni De Sandre, Gastone Garziera, Giancarlo Toppiche. I quattro lavorano su questo progetto che qualcuno definisce "impossibile" per l'epoca (tra i cui un certo Andreotti), considerando che fino a quel momento i computer erano grandi come stanze e utilizzabili solo da esperti programmatori.

Un anno dopo il team è riuscito a sviluppare un primo rudimentale prototipo che chiamano "Perottina". Purtroppo la Olivetti sprofonda in una crisi finanziaria profondissima, entrano nuovi soci e non capendo le potenzialità enormi che aveva il reparto Elettronico dell'azienda, lo svendono all'americana General Electric con tutti i brevetti. Secondo loro nessuna azienda europea può entrare nel mercato dell'elettronica. Dicono che non fa per loro, che non sono in grado e per questo genere di progetti ci sono gli americani. Una visione decisamente miope e masochista.

Perotto, tuttavia, riesce a evitare il trasferimento e prosegue, dimenticato dal resto dell'azienda che oramai si occupa d'altro, con il suo progetto visionario, facendo progettare il design della macchina a Mario Bellini, un famoso designer dell'epoca.

È il 1965 e siamo a New York. Il prototipo definitivo della "Programma 101" è finalmente pronto e in occasione del BEMA, ovvero il Salone delle Macchine per l’Automazione dell’Ufficio, la fiera più importante dell'epoca, viene presentato al grande pubblico. Questo primo PC ebbe un successo pazzesco e stavolta, a giudicarlo, non erano pià i capi d'azienda, che ben poco capivano di elettronica, ma le persone comuni. Tutti si chiedevano dove fosse il cavo che collegasse quella bellissima macchina a un "vero computer": nessuno poteva credere che era quello il computer stesso.

Il costo passò da 100.000 dollari dell'epoca di un computer tradizionale a poco più di 3.200 dollari. Tutti ne volevano uno e anche la NASA ne acquistò diversi esemplari.

Purtroppo però in Olivetti, a parte il gruppetto di Perotto, non c'erano più i tecnici e gli ingegneri elettronici indispensabili sia per progettare ulteriori sviluppi del prodotto, sia per organizzare una rete commerciale in grado di vendere un prodotto ben diverso dalle macchine per scrivere o da calcolo.

L’Olivetti cercò di richiamare tecnici e ingegneri che erano finiti alla OGE, ovvero alla General Electric, dove lavorano per gli americani, ma ci voleva tempo per ricostruire le competenze andate perdute, e l’industria americana, che aveva colto l’importanza delle novità introdotte dalla P101, non perse tempo per imboccare la stessa strada.

Il resto è storia.





domenica 9 giugno 2024

PESSOA

 Esiste una stanchezza dell'intelligenza astratta, che è la più spaventosa delle stanchezze.Non pesa come la stanchezza del corpo, nè inquieta come la stanchezza della conoscenza emotiva.E' un peso della coscienza del mondo, un non poter respirare con l'anima. Allora-come se il vento si abbattesse su di esse,come su delle nuvole-tutte le idee in cui abbiamo sentito la vita, tutte le ambizioni e i disegni su cui abbiamo fondato la speranza del nostro domani, si squarciano, si aprono, si allontanano, divenute ceneri di nebbia, stracci di ciò che non è stato nè avrebbe potuto essere. E dietro la sconfitta sorge, pura, la solitudine nera e implacabile del cielo deserto e stellato.(Fernando Pessoa)


sabato 1 giugno 2024

Luca Scarano

 Comunque, io una querelle tosta con voi cattolici vorrei farla.

Ma il fatto di avere un'anima vi fa mettere in secondo piano coscienza e onestà intellettuale?

E magari anche "terzo" piano?

Questa violenza contro l'omosessualità era già medievale, se rimaniamo in ambito europeo. In medioriente, la persecuzione dell'omosessualità non ha tempo. Nella Russia ortodossa, siamo al livello della "sharia". In Europa, abbiamo solo smesso di ucciderli e picchiarli, l'evoluzione civile del popolo cattolico è tutta qua. Per il resto, ancora li condannate.

Vi faccio una domanda stereotipo. Ma davvero credete di non avere niente di più importante a cui pensare?

Quando ero bambino, alla domenica in chiesa di Santa Margherita a Salerno dovevi arrivare venti minuti prima, altrimenti restavi in piedi. Oggi è già tanto se si arriva a cento persone, ma perché costringi i bimbi che si stanno preparando in catechismo. Se no, siete meno di cinquanta.

Il pilastro terreno della vostra fede è la famiglia. Ma davvero vi dobbiamo dire noi che verminai nascondete dietro i contratti di matrimonio e un ricevimento di ostia? Davvero vi dobbiamo ancora dire a quale scempio assistono in casa, quegli stessi giovani figli che cercate di raccogliere nell'azione cattolica?

Parlate di omosessuali e non di pedofili. Parlate dell'attrazione verso lo stesso sesso, ma siete omertosi e ipocriti di fronte all'attrazione verso il sesso opposto in tradimento di patti valori principi e in assenza del più elementare rispetto degli altri. Le famiglie sono ridotte a teatrini.

Davvero non avete ancora capito? Quando mai l'assenza di lavoro e di soldi avevano scoraggiato matrimoni e gravidanze?! È l'assenza di una coscienza familiare e personale, è l'assenza di un qualunque valore dato alle parole, che oggi sta provocando la contrazione inarrestabile di nascite cui assistiamo da anni.

E voi guardate le donne che si baciano?

Il pilastro spirituale della vostra fede sono i comandamenti. Eppure, dite più spesso "omosessualità" che "moralità". Se Manzoni ci aveva presentato un cavalier Ludovico che diventa Fra Cristoforo pentito dopo un omicidio a duello, oggi assistiamo a saluti cerimoniali al mafioso e inchini di circostanza. I confessionali non confessano, ammiccano. Si chiude un occhio, due occhi e pure la bocca quando un marito picchia, quando il sesso è il padrone di un'esistenza senza senso. Però puntate occhi e dita se un uomo dice di un altro "mio marito".

Non avete proprio altro da dire?

Una comunità dovrebbe radunare una comunità di intenti e una coerenza di visione.

Lo dicono anche i primi due passi indicati da Buddha per far morire la sofferenza, prima di tutto retta visione e retta intenzione.

Ai cattolici cosa è rimasto? Impedire l'aborto e limitare frocerie?

Per essere un retaggio di duemila anni di pratica in almeno un terzo dell'intero pianeta, scusate ma sembra davvero poco. Luca Scarano