domenica 7 aprile 2024

Chi è l'oltreuomo ?

 Chi è l'oltreuomo di cui parla Nietzsche, soprattutto nello Zarathustra? È la conseguenza di alcune riflessioni che devono prima essere introdotte per comprendere il concetto di Ubermensch (oltreuomo).

In Così parlò Zarathustra, Nietzsche narra del Profeta Zarathustra, saggio Eremita che, dopo essersi ritirato per dieci anni, scende dalla montagna in cui viveva per dispensare la sua saggezza. Questo profeta scende e porta con se "il grande annuncio": la morte di Dio (di cui aveva già parlato nella Gaia Scienza).

"Morti sono tutti gli dèi: ora vogliamo che l'oltreuomo viva" "questa sia un giorno, nel grande meriggio, la nostra ultima volontà!" (Così parlò Zarathustra).

Alla già enigmatica affermazione della morte di Dio, egli aggiunge che sono stati proprio gli uomini ad ucciderlo:

"Dio è morto! Dio resta morto! E noi l'abbiamo ucciso!" (Ecce homo). Perché Nietzsche ci accusa e accusa se stesso di essere gli assassini di Dio? Perché Nietzsche non vuole tanto provare la non-esistenza di Dio, quanto affermare che la fede cristiana non è più la guida etica delle persone. Sono le persone che stanno mano a mano diventando atee e così facendo hanno ucciso Dio. Nietzsche fu così lucido da vedere i germi del secolarismo e da capire che esso sarebbe avanzato e rimasto. In questo senso, l'annuncio della morte di Dio è l'annuncio della fine dei valori religiosi come pilastro della nostra società.

Ma non è tutto.

Dio rappresenta la più antica delle bugie che gli uomini si raccontano per non affrontare la vita. Ci rassicuriamo al pensiero che la vita sia ordinata, sensata e che ci sarà una ricompensa per le buone azioni. Dio è la speranza che il mondo abbia un perché, ma purtroppo è solo una nostra invenzione.

Pensa l'uomo: d'altra parte, la sofferenza deve pur avere un senso. Perché dovrei alzarmi ogni mattina per mungere la vacca, sennò? Che senso avrebbe mettere al mondo - un mondo pieno di sofferenza - un figlio? E poi, tutti i miei cari che non sono più quì con me, saranno pur da qualche parte ad aspettarmi. In un bel posto, una realtà metafisica, una realtà altra, diversa da questo mondo imperfetto. Un paradiso, pieno di luce e senza dolore, governato da Dio. No, queste sono solo bugie. Menzogne che ci diciamo da sempre, calunnie che ci servono a sopportare le difficoltà della vita. Gli uomini, ritrovandosi in un mondo pieno di incertezze, si sono rifugiati in esse. La differenza tra l'oltreumo e l'uomo consiste proprio nel coraggioso rifiuto delle menzogne millenarie.

Ma questa verità non può essere accettata da tutti, scrive Nietzsche. Di sicuro non dal gregge (il popolino). Il Gregge ha assorbito acriticamente la cultura in cui si trova. Il Gregge non si chiede neanche perché giudica una certa cosa buona o cattiva. Semplicemente segue quello che gli è stato insegnato, la religione, la tradizione e la cultura di cui è impregnato. La morale dell'Occidente (quella Cristiana) è una morale "anti-naturale", la quale va contro l'istinto vitale, contro lo spirito di chi può affermare la propria Volontà di Potenza. Secondo Nietzsche, come abbiamo detto, questa moralità cristiana sta declinando, ma questo non significa che si imporrà quella dei Signori (morale di un'ipotetica Aristocrazia, basata su valori vitali). Anzi, Nietzsche capì che che si sarebbe comunque imposta una morale del Gregge: "il pericolo dei pericoli", secondo lui, è la vittoria della morale dei deboli, di quelli guidati dal ressentiment verso chi riesce a imporsi nella vita, verso chi affronta la vita con coraggio. La morale del gregge impedisce agli individui di sviluppare i propri talenti, considera tutti uguali e non riconosce il merito dell'impegno e che, così facendo, spinge tutti gli individui con il potenziale di elevarsi sopra le masse a diventare: "un più piccolo, quasi ridicolo, animale del gregge, un qualcosa facile da compiacere, malaticcio, e mediocre" (Al di là del bene e del male).

Anche dovesse cadere l'apparato valoriale cristiano, il gregge continuerà ad odiare chi si mette in gioco, chi dedica ogni sua energia ad uno scopo e passa la vita alla ricerca di un obiettivo più alto. Una delle più belle descrizioni del comportamento del popolino nei confronti di chi si riesce ad elevare al di sopra della mediocrità è data dalla figura del funambolo. Il funambolo diventa simbolo dell'uomo che tenta di superare se stesso. Un funambolo prende la vita coraggiosamente. Il suo non è un mestiere in cui si possa fingere. Egli si è messo in gioco veramente: o riesce ad attraversare la corda o cade e si spezza l'osso del collo. La corda del funambolo diventa simbolo del percorso tra uomo e oltreuomo, tra l'inerzia e il sì alla vita: "L'uomo è una corda annodata fra l'animale e l'oltreuomo, una corda tesa sopra un abisso (Così parlò Zarathustra).

Nonostante il funambolo cada e fallisca, Zarathustra lo loda. Il popolo però non capisce le sue parole e ride.

Quando Zarathustra ebbe pronunciate queste parole, guardò di nuovo gli uomini e tacque. "Eccoli - disse al suo cuore - essi ridono: essi non mi comprendono, io non sono bocca per queste orecchie".

Perché questa è la punizione che riservano gli altri a chi cerca di elevarsi al di sopra della massa, a chi cerca di essere diverso, di non accettare il mos maiorum: la derisione. Come a dire: tu sei solo un poveraccio, che cosa ti eri messo in mente di fare? Nessuno può uscire dal gregge, nessuno può pensare di essere autonomo, libero dal passato e dal pensiero comune.

Ma come si fa, volendolo, ad uscire dal gregge? Nietzsche lo spiega attraverso tre figure: quella del cammello, del leone e del fanciullo.

Il primo simbolo di reazione verso la cultura tramandata (senso di colpa e pregiudizi, religione e morale popolare) è quella del cammello. Il cammello è colui che nutre ancora timore reverenziale nei confronti di Dio. Questa persona affronta a suo modo la vita, addossandosi carichi pesanti, prendendosi le responsabilità e chinando la testa. C'è un non so che di dignitoso nel suo addossarsi le difficoltà. Il problema è che non lo fa per sé, ma per paura di una futura punizione divina.

La figura del leone si avvicina a quella dell'oltreuomo. Il leone rifugge la morale che gli è stata imposta. "Quale è questo drago immane che lo spirito non vuole più oltre chiamar suo padrone e suo Dio? Si chiama egli: "Tu devi". Ma contro di lui lo spirito del leone avventa le parole: "Io voglio" (Così parlò Zarathustra).

Il "drago" di cui parla è la seduzione della facile scelta di seguire ciò che ci impone la tradizione. Ma questo drago è forte e avversario temibile. Sa i suoi punti di forza e ribatta che tutti i valori sono già stati creati. "Ogni valore fu già creato; e io tutti li rappresento. L' "io voglio" non deve più esistere". (Così parlò Zarathustra).

Il leone può solo limitarsi a dire il suo "sacro no" ai valori tramandati, ma la parte destruens non basta. È la figura dello spirito che vuole la sua propria volontà. Se il leone era la figura della "libertà da…", il fanciullo è "libertà di…". Perché il fanciullo è l'innocenza, è l'oblio: un ricominciare, un gioco, una ruota che gira per sè stessa, un primo movimento, una santa affermazione.

Il fanciullo è appena nato, non ha i preconcetti degli adulti. Quello che Nietzsche aveva in mente era un individuo libero dal peso delle norme sociali, dei costumi e dogmi della società. Ma non solo: il bambino è anche pieno di gioia per la vita, si meraviglia per le scoperte e ama creare cose nuove. È quello che Nietzsche chiama il "sacro sì" alla vita.(Giovanni Provvidenti)










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