sabato 27 aprile 2024

C'era una volta un mare.

Un grande mare poco profondo e caldo, che occupava un'ampia zona del moderno Alaska. Siamo nel medio Miocene, circa 16 milioni di anni fa. Nelle sue acque prospera la vita, e sul suo fondale si accumulano, strato dopo strato, millennio dopo millennio, grandi quantità di sabbia e calcare dal colore candido.

Ma il pianeta è in perenne evoluzione e mutamento. Le condizioni climatiche cambiano, e da qualche parte nel globo si forma un sacco di ghiaccio. Il livello del mare scende, e la baia diventa prima una laguna e poi una palude. Sul fondo delle sue acque salmastre e prive di ossigeno si deposita molta materia organica che non riesce a decomporsi. E lì rimane, intrappolata. Nero carbon fossile.

Poi le acque tornano a salire, vuoi perché si fonde il ghiaccio o perché il terreno sta sprofondando per il variare delle spinte tettoniche. La palude perde la sua lotta e l'oceano torna a dominare la zona. Riprende quindi la deposizione delle bianche rocce sedimentarie, ma non dura. Ancora una volta, il terreno si solleva (o il mare scende) e l'acqua cede il passo alla palude. Il carbone torna ad accumularsi, sempre più spesso. Strato dopo strato, epoca geologica dopo epoca geologica, il processo si ripete, molte volte, accumulando pagine e pagine di roccia bianca e carbone nero.

A un certo punto però il mare deve mollare definitivamente la presa. Il terreno sta salendo sempre di più sotto alle spinte tettoniche che stanno erigendo già da milioni di anni il massiccio del Monte Denali. Il fondale marino viene coperto da spessi sedimenti lacustri e fluviali, sempre più in alto, finché non diventa un altopiano a centinaia di metri di quota. E qui la cospirazione tra acqua e gravità prende il sopravvento, perché inizia l'inarrestabile lavorio dei fiumi. Il grande deposito viene inciso profondamente e la sua struttura interna rimane esposta.

Una struttura che ora possiamo leggere come un antico libro, lì, di fronte ai nostri occhi.

-Lorenzo -Gruppo FB Chi ha paura del buio

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