venerdì 1 dicembre 2023

L'io: volontà di vita e di morte


 

Chi non sa modellare la propria esistenza ad immagine e somiglianza del proprio io, e come se morisse ogni giorno, perché ogni giorno ci si trova in balìa di una depressione evidente o latente. L'io cioè ha bisogno di continui stimoli, interni ed esterni, di interventi fisiologici e a-fisiologici per rimanere attaccato alla vita, di desiderare insomma. Ma questa potrebbe apparire come semplice retorica filosofica. Sarò più esplicito.

Mettiamo che una persona decide di togliersi la vita, perché lo fa? è perché dentro di essa l'io non introverte più stimoli, gli è venuto meno il desiderio positivo, non di amare se stesso, bensì di amore per la vita, che ora vede come un'acerrima nemica, un ostacolo alla liberazione del suo spirito. Il desiderio di vivere non è semplicemente lo stimolo di esistere di per sè, bensì è desiderio di conoscenza, curiosità per il piacere fine a se stesso e di per se stesso: è il "piacere" del dolore, poiché persino il dolore procura in un certo senso piacere, ossia stimoli psicofisici, adrenalina: piacere e dolore sono le due facce della volontà di potenza. Quando la volontà di potenza viene meno allora affiora la volontà di impotenza ed è come se l'io si stesse spegnendo o fosse moribondo, poiché ha perduto la sua forza vitale. Se l'io non è più in grado di generare sogni, istinto, sentimenti, emozioni, pathos, non è più in grado di generare linfa vitale, di gestire l'Essere, ed è come se l'esistenza dell'intero universo gli pesasse addosso, lo schiacciasse continuamente, allora cerca di sopprimere se stesso, giacché così agendo annienterebbe ogni ostacolo tra sè e la "felicità", si libererebbe di ogni fardello esistenzale. 

Si verifica ciò che io chiamo la "depressione dell'io", ed è questa che induce l'io a sopprimere se stesso o attraverso il suicidio fisico o il suicidio metafisico. Non sottovalutiamolo questo aspetto dell'io.

Per esempio: se una persona sa di essere malata terminale e cerca di lottare con tutte le sue forze per vivere, ad un certo punto, rendendosi conto che è una lotta inutile, una corsa inutile verso la vita, si lascia andare alla depressione e il suo io non produce più gli enti necessari per farle desiderare di vivere, allora si arrende e desidera solo di morire ed inizia la sua corsa verso la morte, che è una ricerca della felicità: la felicità di essersi liberata del proprio male fisico, del proprio dolore fisico. Questo desiderio di morte può sembrare un riflesso o un impeto della volontà di potenza, ma in realtà, essendo un desiderio negativo o nichilistico, è pura volontà di impotenza. 

Oppure se una persona si trova come fosse in forte stato di dipendenza di qualcosa o di qualcuno e questo qualcosa o qualcuno ora gli viene a mancare, il suo io và subito in stato depressivo e perde ogni interesse per la vita; capita alle persone che hanno costruito la loro esistenza intorno a un amore (o presunto tale); capita a quelle persone carcerate che sanno di dover affrontare una lunga esistenza privati della libertà fisica. 

Capita a volte senza un apparente motivo, capita cioè ad un certo punto, capita e basta. Chi può sapere una volta per tutte dei misteri della psiche e delle sue labirintiche intenzioni?

Giovanni Provvidenti

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