LA
MONDIALITA’ E’ UN SOGNO?
Viviamo
nella società delle differenze, ma con una cultura dell’identità, abitiamo
"sull’arancia blu" ma con una coscienza dello spicchio.
Non
v’è dubbio che riceviamo ogni giorno una overdose di informazioni ma questo sta
provocando in molti lo stress da villaggio globale, una patologia
particolarmente pericolosa che produce fenomeni di egoismo collettivo,
xenofobia e bisogno di capro espiatorio.
Abbiamo di fronte la minaccia di problemi per
loro natura planetari ma non abbiamo un governo mondiale: non esistono
istituzioni internazionali veramente democratiche e all’altezza del momento storico.
In breve l’irruzione dei mille volti dell’altro sta ingenerando nell’opinione
pubblica una situazione di disagio, insicurezza, inquietudine, perdita del
centro e bisogno di un nuovo radicamento.
Alla
luce di tutto questo, il ritorno parallelo dei localismi e dei fondamentalismi
appare come il tentativo di rimettere al centro se stessi, di ripartire dalla
propria terra, dal proprio gruppo etnico, culturale, religioso, rifiutando quel
senso di parzialità e di relativismo che
la nuova situazione storica di globalità e di meticciamento impone di
accettare.
Il
significato della parola mondialità non è immediato. Appare generico, nebuloso,
astratto e, se non viene precisato, non consente di progettare un serio cammino. Troppo spesso questo
concetto è stato trattato in maniera confusa
e anche contradditoria: la mondialità è un modo di sentirsi nel mondo,
un modo di vedere il mondo e un modo di vivere in questo mondo.
Il
significato più profondo sta nel modo in cui una persona sente di essere parte,
gioiosamente è parte di un Tutto, un tutto umano, un tutto cosmico,
un’antropologia non dell’individuo ma della persona comunitaria, meglio della
reciprocità, dell’interconnessione sistemica fra le parti.
La
mondialità è una visione del mondo, della famiglia umana globale come una
comunità di popoli, è un modo di vivere il presente con la coscienza di essere
responsabili del futuro del mondo.
Mondialità
è tutelare il diritto al futuro e in concreto promuovere gesti, stili di vita e
modelli di consumo non autoriferiti, ma aperti al futuro dell’uomo e della
natura, secondo un modello di sviluppo sostenibile che consente di soddisfare i
bisogni delle generazioni presenti senza pregiudicare il soddisfacimento delle
generazioni future, in sintesi secondo il principio-responsabilità.(Angela)
Nessun commento:
Posta un commento