Nietzsche non si è posto il problema del mistero della vita come se lo sono posto gli antichi, per esempio di archè non si è mai occupato (se non di riflesso, poiché si è occupato degli antichi dal punto di vista filologico). È stato certamente un mistico. Di tanto in tanto ha trovato piacevole fare il sofista, ma non fu mai un esoterico. Per lui, percorrere in modo strutturato, cioè filosofico, il sentiero del mistero della vita, sarebbe stato, probabilmente, un lasciarsi andare troppo a tematiche teoretiche, esoteriche, teologiche e metafisiche, oppure avrebbe dovuto ideare un nuovo metodo scientifico che superasse d'un balzo il principio dell'atomo taletiano, o la concezione dell'infinito spiegato nell'àperion, ma soprattutto il principio archetipico della concezione anassimenèa; così ha prediletto l'esegetica e l'analisi filologica per guardare lontano; lontano certamente nel passato ma soprattutto nel futuro: più lontano di quanto fecero i presocratici.
È stato certamente
un antropofilosofo e un antropsicologo, tuttavia non per occuparsi del mistero
della vita, dell'humus vitae, la "scintilla" insomma che ha
letteralmente acceso la vita. A Nietzsche interessò esclusivamente dare un
senso alla vita: la ricerca continua del "senso della vita". Per il
filosofo era innanzitutto - se non totalmente - il corpo.
Il corpo non è un
semplice involucro fatto di semplice "materia terrea", di per sè
vuoto e privo di spiritualismo e di universalità, perocché contenitore di
memoria materiale e spirituale, poiché contenente l'anima, l'io. Il corpo,
invero, è la stessa anima, esso è l'io, fa da io! Il corpo è pensiero, sogno,
"cosmo" (in questo ha concordato certamente con gli antichi milesi e
con Eraclito, di contro come poteva concordare con Platone?).
Nietzsche, per
insegnare il senso della vita e del corpo si ispirò alle sue dottrine di
volontà di potenza, eterno ritorno e amor fati, tutte dottrine che conducono
l'essere al senso della terra. L'oltreuomo (Zarathustra) ne è l'espressione più
alta, l'incarnazione materiale e spirituale del corpo-terra, poiché il corpo è
la terra: terra e corpo sono tutt'uno, una sola entità e volontà di potenza
antropologica e cosmologica.
Come dicevo, per
Nietzsche, finché si possa dare un senso pieno alla vita, è importante la
dottrina dell'amor fati, che il filosofo considerava espressione della volontà
di potenza, la volontà di vivere per antonomasia.
Amor fati è
un'espressione legata alla filosofia stoica, letteralmente "amore per il
fato", l'amare il fato. Tuttavia non è una semplice accettazione del
destino o del fato, il rassegnarsi a ciò che succede, o ancora peggio,
rassegnarsi a un destino che si suppone assegnato anzitempo ad ognun individuo
da una entità superiore (per esempio Dio). Amor fati è più profondamente
l'amare incondizionatamente il proprio fato dopo essersi impegnati in scelte e
percorsi personali, cercando la strada verso la propria verità, la propria
personale e unica strada nel mondo. L'amor fati non è il "fatalismo"
in senso stretto, semmai è l'antidoto al fatalismo: sforzarsi il più possibile
di agire - pur accettando che la vita ci pone dinanzi a molte vicissitudini, anche
di sofferenza, ciò non significa che dobbiamo rassegnarci alla sua
ineluttabilità, ma accettare il giogo giostrale della vita.
GIOVANNI PROVVIDENTI
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