La felicità non è una meta, nè un possesso, bensì uno stato d'essere che sfugge alla cattura materiale e s'annida negli interstizi invisibili dell'esistenza. Essa è la silente armonia tra il mondo interiore e l'esteriore, un accordo segreto che si manifesta solo quando l'individuo abbandona l'ansia del domani e si immerge nell'assoluto dell'istante.
Felicità è il riverbero del significato profondo, che non si palesa nelle vane vette del successo o nei fugaci trionfi dell'ego, bensì nel riconoscimento della propria transitorietà. Come la farfalla che vive un solo giorno, ma quel giorno lo abita pienamente, così l'essere felice è colui che, nel breve istante che gli è concesso, danza al ritmo della vita senza resistervi, nè piegarla al proprio volere. L'anima, libera dai gravami delle aspettative mondane, si specchia nella bellezza del mondo, non per possederla, ma per contemplarla. La felicità, allora, non è il fuoco che brucia, ma il tiepido calore del sole che sfiora l'orizzonte al tramonto; non è il fragore del temporale, ma il sommesso canto del ruscello che scorre nel cuore del bosco.
Essa
si rivela nel contatto profondo col sè più autentico, quando l'uomo, spogliato
delle maschere imposte dal vivere sociale, percepisce di essere parte di un
tutto più vasto, un riverbero dell'infinito. La felicità, dunque, non è tanto
nel possesso, quanto nell'arte del lasciare andare, nel sublime abbandono di
ciò che non si può trattenere. È una sinfonia che si compone dei suoni più
lievi, un'equazione che sfugge alla logica ma che, con una sorta di divina
ironia, si svela soltanto a coloro che cessano di cercarla con affanno. In tal
modo, la felicità è una verità segreta, un'epifania che abita l'animo di chi ha
saputo farsi piccolo dinanzi all'universo, e grande nell'amore per ciò che non
si può possedere, nè comprendere appieno.
Giovanni
Provvidenti
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