martedì 26 novembre 2024

I curdi non sono solo le guerriere dell’YPJ.

 Quelle sono solo la punta dell’iceberg.

I curdi sono Il Rojava, sono l’idea che i popoli possano autodeterminarsi ed autodefinirsi andando oltre il concetto di “Stato/Nazione”.

I curdi sono per la parità dei generi, sono per la pacifica convivenza tra le religioni, sono per un’idea di comunità che, forse, è ciò che di più vicino all’utopia libertaria si sia mai messo in pratica nella storia recente.

Il popolo curdo è quello che ha cacciato l’isis combattendo isolato per isolato, palazzo per palazzo, appartamento per appartamento.

Donne, uomini, sunniti, sciiti, yazidi, iracheni, turchi e siriani, tutti assieme.

Senza distinzioni.

Il Rojava è lì a dimostrarci che non è un confine a fare un popolo, che non è una linea tracciata su un atlante a costruire un’identità.

Forse è per questo che i curdi spaventano così tanto i nazionalisti: perché dimostrano che l’autodeterminazione, la condivisione, il comunitarismo, possono rappresentare effettivamente i valori fondanti e fondamentali di una società futura.

Forse è per questo che li stanno abbandonando tutti.

Anche quelli che, come gli USA, fino a ieri li hanno utilizzati in funzione anti-isis.

Fanno paura perché sono liberi, nonostante lì si voglia ingabbiare, circoscrivere, o addirittura eliminare, da sempre.

La lotta del popolo curdo dev’essere la lotta di chiunque abbia a cuore i valori dell’uguaglianza, ogni genere di uguaglianza.

Nessuno Stato, nessun Califfato, nessun grado, nessuna gerarchia, nessuna differenza di sesso, razza, lingua, cultura, religione.

Chi combatte al tuo fianco è solo un hevalê: un amico.

Paura, eh?

Emiliano Rubbi

 

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