Quelle sono solo la punta dell’iceberg.
I
curdi sono Il Rojava, sono l’idea che i popoli possano autodeterminarsi ed
autodefinirsi andando oltre il concetto di “Stato/Nazione”.
I
curdi sono per la parità dei generi, sono per la pacifica convivenza tra le
religioni, sono per un’idea di comunità che, forse, è ciò che di più vicino
all’utopia libertaria si sia mai messo in pratica nella storia recente.
Il
popolo curdo è quello che ha cacciato l’isis combattendo isolato per isolato,
palazzo per palazzo, appartamento per appartamento.
Donne,
uomini, sunniti, sciiti, yazidi, iracheni, turchi e siriani, tutti assieme.
Senza
distinzioni.
Il
Rojava è lì a dimostrarci che non è un confine a fare un popolo, che non è una
linea tracciata su un atlante a costruire un’identità.
Forse
è per questo che i curdi spaventano così tanto i nazionalisti: perché
dimostrano che l’autodeterminazione, la condivisione, il comunitarismo, possono
rappresentare effettivamente i valori fondanti e fondamentali di una società
futura.
Forse
è per questo che li stanno abbandonando tutti.
Anche
quelli che, come gli USA, fino a ieri li hanno utilizzati in funzione
anti-isis.
Fanno
paura perché sono liberi, nonostante lì si voglia ingabbiare, circoscrivere, o
addirittura eliminare, da sempre.
La
lotta del popolo curdo dev’essere la lotta di chiunque abbia a cuore i valori
dell’uguaglianza, ogni genere di uguaglianza.
Nessuno
Stato, nessun Califfato, nessun grado, nessuna gerarchia, nessuna differenza di
sesso, razza, lingua, cultura, religione.
Chi
combatte al tuo fianco è solo un hevalê: un amico.
Paura,
eh?
Emiliano
Rubbi
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