"Il sacro non si può comprare. 𝗦𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗹𝗮𝘀𝗰𝗶 𝗹𝗮 𝘇𝗮𝘃𝗼𝗿𝗿𝗮, 𝗶𝗻 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗲 𝘇𝗼𝗻𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗶. Più in alto vai, più la materia si fa leggera, più hai la percezione di mondi delicati e sottili. Devi lasciare fuori le grossolanità e un certo genere di pensieri. Alcune sensazioni, un litigio, una guerra, ti contaminano e i tuoi sentimenti sono tirati giù, verso il basso. Invidie e gelosie sono mondi che, se non si riescono a eliminare, almeno si deve cercare di controllare. Paul Valéry ha scritto una pagina di indimenticabile bellezza sulla competizione tra gli uomini: il competitivo ha bisogno dell’altro, da solo non è nessuno. [...]
martedì 26 novembre 2024
I curdi non sono solo le guerriere dell’YPJ.
Quelle sono solo la punta dell’iceberg.
I
curdi sono Il Rojava, sono l’idea che i popoli possano autodeterminarsi ed
autodefinirsi andando oltre il concetto di “Stato/Nazione”.
I
curdi sono per la parità dei generi, sono per la pacifica convivenza tra le
religioni, sono per un’idea di comunità che, forse, è ciò che di più vicino
all’utopia libertaria si sia mai messo in pratica nella storia recente.
Il
popolo curdo è quello che ha cacciato l’isis combattendo isolato per isolato,
palazzo per palazzo, appartamento per appartamento.
Donne,
uomini, sunniti, sciiti, yazidi, iracheni, turchi e siriani, tutti assieme.
Senza
distinzioni.
Il
Rojava è lì a dimostrarci che non è un confine a fare un popolo, che non è una
linea tracciata su un atlante a costruire un’identità.
Forse
è per questo che i curdi spaventano così tanto i nazionalisti: perché
dimostrano che l’autodeterminazione, la condivisione, il comunitarismo, possono
rappresentare effettivamente i valori fondanti e fondamentali di una società
futura.
Forse
è per questo che li stanno abbandonando tutti.
Anche
quelli che, come gli USA, fino a ieri li hanno utilizzati in funzione
anti-isis.
Fanno
paura perché sono liberi, nonostante lì si voglia ingabbiare, circoscrivere, o
addirittura eliminare, da sempre.
La
lotta del popolo curdo dev’essere la lotta di chiunque abbia a cuore i valori
dell’uguaglianza, ogni genere di uguaglianza.
Nessuno
Stato, nessun Califfato, nessun grado, nessuna gerarchia, nessuna differenza di
sesso, razza, lingua, cultura, religione.
Chi
combatte al tuo fianco è solo un hevalê: un amico.
Paura,
eh?
Emiliano
Rubbi
lunedì 25 novembre 2024
Nietzsche: il senso della vita e amor fati.
Nietzsche non si è posto il problema del mistero della vita come se lo sono posto gli antichi, per esempio di archè non si è mai occupato (se non di riflesso, poiché si è occupato degli antichi dal punto di vista filologico). È stato certamente un mistico. Di tanto in tanto ha trovato piacevole fare il sofista, ma non fu mai un esoterico. Per lui, percorrere in modo strutturato, cioè filosofico, il sentiero del mistero della vita, sarebbe stato, probabilmente, un lasciarsi andare troppo a tematiche teoretiche, esoteriche, teologiche e metafisiche, oppure avrebbe dovuto ideare un nuovo metodo scientifico che superasse d'un balzo il principio dell'atomo taletiano, o la concezione dell'infinito spiegato nell'àperion, ma soprattutto il principio archetipico della concezione anassimenèa; così ha prediletto l'esegetica e l'analisi filologica per guardare lontano; lontano certamente nel passato ma soprattutto nel futuro: più lontano di quanto fecero i presocratici.
È stato certamente
un antropofilosofo e un antropsicologo, tuttavia non per occuparsi del mistero
della vita, dell'humus vitae, la "scintilla" insomma che ha
letteralmente acceso la vita. A Nietzsche interessò esclusivamente dare un
senso alla vita: la ricerca continua del "senso della vita". Per il
filosofo era innanzitutto - se non totalmente - il corpo.
Il corpo non è un
semplice involucro fatto di semplice "materia terrea", di per sè
vuoto e privo di spiritualismo e di universalità, perocché contenitore di
memoria materiale e spirituale, poiché contenente l'anima, l'io. Il corpo,
invero, è la stessa anima, esso è l'io, fa da io! Il corpo è pensiero, sogno,
"cosmo" (in questo ha concordato certamente con gli antichi milesi e
con Eraclito, di contro come poteva concordare con Platone?).
Nietzsche, per
insegnare il senso della vita e del corpo si ispirò alle sue dottrine di
volontà di potenza, eterno ritorno e amor fati, tutte dottrine che conducono
l'essere al senso della terra. L'oltreuomo (Zarathustra) ne è l'espressione più
alta, l'incarnazione materiale e spirituale del corpo-terra, poiché il corpo è
la terra: terra e corpo sono tutt'uno, una sola entità e volontà di potenza
antropologica e cosmologica.
Come dicevo, per
Nietzsche, finché si possa dare un senso pieno alla vita, è importante la
dottrina dell'amor fati, che il filosofo considerava espressione della volontà
di potenza, la volontà di vivere per antonomasia.
Amor fati è
un'espressione legata alla filosofia stoica, letteralmente "amore per il
fato", l'amare il fato. Tuttavia non è una semplice accettazione del
destino o del fato, il rassegnarsi a ciò che succede, o ancora peggio,
rassegnarsi a un destino che si suppone assegnato anzitempo ad ognun individuo
da una entità superiore (per esempio Dio). Amor fati è più profondamente
l'amare incondizionatamente il proprio fato dopo essersi impegnati in scelte e
percorsi personali, cercando la strada verso la propria verità, la propria
personale e unica strada nel mondo. L'amor fati non è il "fatalismo"
in senso stretto, semmai è l'antidoto al fatalismo: sforzarsi il più possibile
di agire - pur accettando che la vita ci pone dinanzi a molte vicissitudini, anche
di sofferenza, ciò non significa che dobbiamo rassegnarci alla sua
ineluttabilità, ma accettare il giogo giostrale della vita.
GIOVANNI PROVVIDENTI
lunedì 11 novembre 2024
LE LINEE DELLA NAZCA.
La storia incredibile dietro l'enigma. Quanto ne sai di
loro?
Le
linee Nazca sono uno degli enigmi archeologici più affascinanti e misteriosi
del mondo antico. Situate nel deserto di Nazca, sulla costa meridionale del
Perù, queste linee sono geoglifi giganti incisi sulla terra, che formano una
varietà di figure geometriche, animali e forme astratte. La sua scoperta
moderna avvenne nel 1927, quando l'archeologo peruviano Toribio Mejía Xesspe
volò sulla regione su un piccolo aereo e rimase sorpreso di osservare le figure
gigantesche dall'alto.
Queste
figure sono molto varie per dimensioni e complessità, alcune raggiungono
centinaia di metri di lunghezza e sono visibili solo da una grande altezza. Le
linee sono formate da scanalature poco profonde che rivelano il terreno più
limpido sotto la superficie scura, creando un netto contrasto con il paesaggio
deserto circostante.
Le
figure raffigurano animali come uccelli, ragni, pesci e mammiferi, nonché
esseri umani, forme geometriche e oggetti astratti. Si crede che siano stati
creati tra il 500 a.C. e il 500 d.C. dall'antica cultura nazcaniana, anche se
alcune prove suggeriscono che alcune linee potrebbero essere ancora più
antiche.
Una
delle caratteristiche più intriganti delle linee Nazca è la precisione e la
scala monumentale di alcune figure, che ha portato a speculazioni su come e
perché sono state create. Diverse teorie sono state proposte per spiegare il
loro scopo, che vanno dai riti religiosi e calendari astronomici ai segnali
cerimoniali o simboli di acqua e fertilità in un ambiente deserto.
Il
mistero delle linee Nazca ha attirato l'attenzione di ricercatori, scienziati,
archeologi e turisti provenienti da tutto il mondo. Tuttavia, nonostante
decenni di studi, lo scopo esatto di queste cifre rimane oggetto di dibattito e
speculazione. Inoltre, la conservazione delle linee affronta sfide dovute
all'erosione naturale, al turismo incontrollato e all'attività umana nella
regione.
In
breve, le linee Nazca rappresentano uno dei più grandi enigmi archeologici
dell'umanità, un'antica eredità che continua a sfidare la nostra comprensione e
a risvegliare la nostra immaginazione sulle civiltà passate e il loro rapporto
con il mondo che le circonda.
L'enigma
persiste. Alcuni si avvicinano a scoprire il loro significato, mentre altri
accettano che forse questi misteri non saranno mai completamente svelati.
Tuttavia, ciò che rimane innegabile è la magnificenza e il mistero che
racchiude le Linee Nazca, testimonianza perenne dell'ingegno e della creatività
di un'antica civiltà, i cui segreti sfidano ancora il passare del tempo.
domenica 10 novembre 2024
UNA CITTA’ DELL’ERA GLACIALE? ...
È possibile che una civiltà scomparsa abbia costruito una città durante l’era glaciale, prima del disgelo? Questa è la sorprendente conclusione a cui si arriva analizzando le rovine della ‘Venezia del Pacifico’, la città semi-sommersa di Nan Madol. Come mai si arriva a questa conclusione?
…
Diciamo
subito che Nan Madol, come Venezia, è costruita su di un centinaio di isolotti.
La città si trova nell’Oceano Pacifico, a più di 1.000 km dalla costa più
vicina, annessa all’isola di Temwen. Le prime indagini effettuate sembravano
dirci che i costruttori di questa città furono i Saudeleurs, circa 800 anni fa.
Ma successive indagini hanno rivelato che le cose stanno diversamente. Da cosa
possiamo capirlo?
..
Nei
nostri giorni dall’acqua emergono solo alcune rovine, visto che il mare ha
quasi completamene ricoperto la città. Le mura di Nan Madol iniziano a
sollevarsi da sotto il livello del mare. Alcuni dei blocchi utilizzati pesano
fino a 40 tonnellate. È impossibile costruire le mura da sotto il mare.
Pertanto, la città di Nan Madol, quando venne costruita, doveva essere situata
in una posizione più alta del livello del mare. Come mai adesso si trova in
parte sotto il livello del mare? È forse sprofondata? No! Secondo i geologi,
gli isolotti su cui si trova Nan Madol non sono mai sprofondati sotto il mare a
causa di fenomeni geologici come il bradisismo.
...
Se
gli isolotti su cui si trova la città non sono sprofondati sotto il livello del
mare, questo vuol dire che è stato il mare ad alzare il suo livello, inondando
la città. Nan Madol, come abbiamo detto, si trova nel mezzo dell'Oceano
Pacifico. Quando è accaduto l’ultima volta che l’Oceano Pacifico si è
innalzato? L'ultima volta che l'Oceano Pacifico si è alzato in modo
apprezzabile (oltre 100 metri) è stato dopo l'ultimo disgelo, 14.000 anni fa,
quando i ghiacci che ricoprivano la maggior parte del Nord Europa e del Nord
America si sono sciolti. Lo scioglimento di ghiacci grandi come interi
continenti ha fornito agli oceani, compreso l’Oceano Pacifico, la massa d'acqua
necessaria per sollevarsi.
…
Per
essere parzialmente sommersa dall’Oceano Pacifico, quindi, la città di Nan
Madol doveva già essere stata costruita in quel tempo. Ma affermare questo
equivarrebbe a dire che Nan Madol è più vecchia di circa 14.000 anni. Vorrebbe
dire che è la prima città ad essere mai stata costruita. Per molti questo è
semplicemente inaccettabile, ed è per questo che su Wikipedia si legge che Nan
Madol fu costruita nel II secolo d.C. dai Saudeleurs. Ma questa è solo la data
dei più antichi resti umani trovati sull'isola, non della sua costruzione.
...
Come
hanno fatto i costruttori a trasportare le oltre 100.000 tonnellate di roccia
vulcanica "attraverso il mare" per costruire i circa 100 isolotti su
cui sorge Nan Madol? In effetti, Nan Madol non è costruita sulla terraferma, ma
nel mare, come Venezia. Tutta la roccia di cui è fatta Nan Madol è "roccia
magnetica". Se si avvicina una bussola alla roccia, questa impazzisce. Il
magnetismo della roccia ha qualcosa a che fare con i metodi di trasporto
utilizzati per Nan Madol?
lunedì 4 novembre 2024
Cos'è la felicità?
La felicità non è una meta, nè un possesso, bensì uno stato d'essere che sfugge alla cattura materiale e s'annida negli interstizi invisibili dell'esistenza. Essa è la silente armonia tra il mondo interiore e l'esteriore, un accordo segreto che si manifesta solo quando l'individuo abbandona l'ansia del domani e si immerge nell'assoluto dell'istante.
Felicità è il riverbero del significato profondo, che non si palesa nelle vane vette del successo o nei fugaci trionfi dell'ego, bensì nel riconoscimento della propria transitorietà. Come la farfalla che vive un solo giorno, ma quel giorno lo abita pienamente, così l'essere felice è colui che, nel breve istante che gli è concesso, danza al ritmo della vita senza resistervi, nè piegarla al proprio volere. L'anima, libera dai gravami delle aspettative mondane, si specchia nella bellezza del mondo, non per possederla, ma per contemplarla. La felicità, allora, non è il fuoco che brucia, ma il tiepido calore del sole che sfiora l'orizzonte al tramonto; non è il fragore del temporale, ma il sommesso canto del ruscello che scorre nel cuore del bosco.
Essa
si rivela nel contatto profondo col sè più autentico, quando l'uomo, spogliato
delle maschere imposte dal vivere sociale, percepisce di essere parte di un
tutto più vasto, un riverbero dell'infinito. La felicità, dunque, non è tanto
nel possesso, quanto nell'arte del lasciare andare, nel sublime abbandono di
ciò che non si può trattenere. È una sinfonia che si compone dei suoni più
lievi, un'equazione che sfugge alla logica ma che, con una sorta di divina
ironia, si svela soltanto a coloro che cessano di cercarla con affanno. In tal
modo, la felicità è una verità segreta, un'epifania che abita l'animo di chi ha
saputo farsi piccolo dinanzi all'universo, e grande nell'amore per ciò che non
si può possedere, nè comprendere appieno.
Giovanni
Provvidenti