venerdì 13 settembre 2024

L'ultimo uomo

 

L'ultimo uomo! L'infimo scarto dell'umanità, il residuo di una specie umana ormai esausta, decadente, avvolto nell'ombra della mediocrità. L'ultimo uomo non sogna, non crea, non aspira a nulla di sublime; si compiace del proprio torpore, adorando la sicurezza e il conforto come idoli di una fede ormai spenta. Ha spento in sè ogni scintilla di grandezza, schivando il dolore, il rischio, il sublime abisso dell'esistenza. Per lui, ogni cosa è uguale, nulla ha più valore. Si accontenta di un'esistenza piatta, dove non c'è più alcuna lotta, alcuna passione, alcuna vertigine.

L'ultimo uomo è un animale che non sa più soffrire, nè sognare al di là di sè. Ride di coloro che aspirano al cielo, definendoli folli, mentre lui, meschino, si rifugia nella comodità del momento, nel piacere immediato e superficiale. Dice: "Una volta eravamo grandi, ma ora abbiamo imparato a vivere con meno." Ha abolito i suoi dèi, ma non per innalzare l'oltreuomo, bensì per affogare in un'apatia sterile.

Oh, come è pavido! L'ultimo uomo non vuole cambiamento, non desidera evolvere, ma solo rimanere immobile, protetto dal caos, rinunciando all'ebbrezza dell'avventura umana. In lui, la volontà di potenza si è spenta come una fiamma dimenticata, e il suo cuore non conosce più il battito del desiderio ardente. Non cerca nè gloria, nè verità, nè libertà; si accontenta della sua piccola esistenza insignificante, persa nel nulla. E così, il mondo diventa grigio, uniforme, privo di estasi e di orrore. Non c'è più alcun eroe, nessun saggio, nessun visionario. L'ultimo uomo domina come una maschera vuota su una terra senza più tempeste. E di fronte a lui, il cielo si oscura, come se anche il Sole avesse smesso di brillare per tale creatura misera, incapace di elevarsi, di superarsi, di volere ancora!

Povera umanità!

Giovanni Provvidenti

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