martedì 12 settembre 2023

Il concetto di aristocrazia in Nietzsche

 Vi è un equivoco di fondo da parte di molti lettori nel loro valutare le parole di Nietzsche; per esempio il suo concetto di aristocrazia. Questo deve essere inteso esclusivamente come un atteggiamento di dignità, di eticità, di nobiltà dei sentimenti, di pathos della distanza; non è affatto un atteggiamento prevaricatore, dispotico e cose simili, quindi il suo umanesimo, per così dire aristocratico, in un certo senso è pop; naturalmente non trascura il fatto che ci debbano essere delle guide, ma non certo dei tiranni! "Ogni elevazione del tipo umano è sempre avvenuta in una società aristocratica", egli dice, ma cos'è una società aristocratica se non l'apprendimento di quei valori che dall'individuo si riversano nella collettività per far sì che le masse diventino popoli? Da troppi secoli ci sono (specie in occidente) marasma di genti ammassate intorno a qualche ideologia o politica o religiosa, oppure qualcos'altro che trasforma le società in ovilismo; accozzaglia di idee e di valori che rendono ognuno un infimo soggetto, seppure si tratta di un soggetto che ha il potere di comandare. Siffatto marasma e accozzaglia di idee e infimi soggetti la chiamiamo democrazia, in realtà si tratta di un despotismo recondito nel cui interno il concetto giuridico di libertà spinge gli individui ad una bassa quanto deleteria lotta tra i diversi ceti sociali, non di rado tra uguali ceti sociali. 

"Gli uomini non sono uguali", dice ancora Nietzsche: bisogna partire da tale "sunto aristocratico" perché ci sia la giusta distanza tra individui in grado di convivere in queste moderne società senza capo ne coda. 

Infine, l'oltreuomo non è un soggetto appannaggio di una élite: persino un ultimo uomo può aspirare di diventarlo, anzi non è raro che proprio un ultimo uomo sia diventato un oltreuomo, appunto perché è stato capace di andare oltre se stesso. 

Giovanni Provvidenti


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