mani

Quale sarà il destino della normativa europea sui minerali provenienti dalle aree di conflitto? Ce lo chiediamo a due mesi di distanza dal voto del Parlamento europeo che, il 20 maggio scorso, ha approvato – in prima lettura – alcuni emendamenti alla risoluzione presentata dalla Commissione che introducono l’obbligo della “Due Diligence” (diligenza dovuta) per le 800.000 imprese dell’UE che utilizzano stagno, tungsteno, tantalio e oro nella fabbricazione di prodotti di consumo.
In pratica, se la risoluzione dovesse essere approvata anche dal Consiglio dell’Unione europea, diventando a tutti gli effetti legge dell’UE, le compagnie che utilizzano minerali provenienti da zone di conflitto saranno obbligate a dimostrare – ottenendo un’apposita certificazione – il rispetto della responsabilità nella propria catena di approvvigionamento secondo le linee guida dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
Per saperne di più in vista del pronunciamento del Consiglio dell’Ue Africaeuropa ne ha parlato con Frédéric Triest, vice segretario esecutivo di EurAc, una rete di 41 ONG impegnate in Africa centrale.

Quali saranno i prossimi passaggi dell’iter legislativo?
“All’interno dell’Unione europea gli atti legislativi ordinari vengono approvati mediante la procedura di Codecisione che prevede l’approvazione di un atto, presentato dalla Commissione, nella stessa forma da parte del Parlamento UE e del Consiglio dell’UE. Nel marzo del 2014 la Commissione ha presentato una proposta di risoluzione al Parlamento europeo che il 20 maggio l’ha votata introducendo alcuni emendamenti che rendono obbligatoria e non facoltativa la “Due Diligence” per le compagnie. Ora si attende il pronunciamento del Consiglio che rappresenta le posizioni dei 28 Paesi membri. Il Consiglio potrà approvare il testo emendato dal Parlamento rendendolo di fatto esecutivo oppure rimandando al Parlamento per una seconda lettura dopo averlo a sua volta emendato. A quel punto il Parlamento potrà votare la proposta del Consiglio o modificarlo un’altra volta prima di rimandarlo al Consiglio. Si può procedere così fino ad una terza lettura”.
ep-1-960x637 

C’è speranza che il Consiglio approvi gli emendamenti del Parlamento?
“Credo il Consiglio sia in generale più allineato con la proposta della Commissione che prevedeva la possibilità per le compagnie di essere iscritte – volontariamente – in un registro di imprese virtuose e restringeva il campo alle fonderie e raffinerie dell’Unione europea escludendo tutte quelle aziende che utilizzano prodotti semilavorati (ovvero la maggior parte di chi usa questo tipo di minerali). Sarà importante capire soprattutto come si muoveranno i grandi Paesi, come ad esempio Italia e Germania,  che sembrano orientati verso il meccanismo volontario”.
C’è il rischio di un passo indietro dunque rispetto al voto dell’Europarlamento?
“Certamente! Per quanto sappiamo al momento il Consiglio ha affrontato solo questioni tecniche legate alla proposta ricevuta dalla Commissione. Si attendono ora prese di posizioni politiche”.
Quale ruolo potrà giocare l’opinione pubblica?
“Quanto successo al Parlamento europeo, con modifiche non solo rispetto alla proposta della Commissione europea ma anche al testo approvato dalla Commissione per il commercio internazionale dello stesso Parlamento, dimostra come la mobilitazione dell’opinione pubblica possa avere un impatto sulle decisioni che vengono prese a livello europeo”.
Denis Mukwege vincitore del Premio Sakharov 2014
Denis Mukwege vincitore del Premio Sakharov 2014
Come vi siete spiegati questo cambiamento nel voto della plenaria?
“Prima di tutto bisogna ricordare il ruolo giocato dal dott. Denis Mukwege, medico congolese, che nell’novembre 2014 ha ricevuto a Strasburgo il premio Sakharov per la libertà di pensiero. Lui si è speso molto per questa causa e il suo coinvolgimento  è stato molto influente. Penso poi alla lettera scritta da più di 115 vescovi di tutto il mondo per chiedere una normativa più restrittiva e, in generale, la pressione di moltissimi cittadini ed organizzazioni. Anche i principali media europei se ne sono occupati dedicando al tema articoli e approfondimenti”.
Ora che la palla passa ai singoli stati europei come pensate di continuare la mobilitazione?
“Come EurAc abbiamo contatti diretti con le rappresentanze dei singoli Paesi europei a Bruxelles e nelle sedi delle istituzioni comunitarie. Saranno le ONG che fanno parte della nostra rete (41 in dodici paesi UE) a muoversi a livello nazionale per cercare di adottare iniziative che possano sensibilizzare i singoli governi. Ci troviamo di fronte ad una decisione che è politica: noi crediamo che il rispetto obbligatorio delle regole OCSE e il controllo della catena di approvvigionamento dei minerali abbia dei costi limitati per le imprese nel breve periodo, mentre nel medio e lungo termine possa avere vantaggi per le stesse compagnie. Andiamo avanti sostenendo le nostre ragioni”.
Alcune organizzazioni di imprese hanno paventato il rischio che questa normativa possa avere ripercussioni danneggiandole con possibili ricadute occupazionali in Europa. Come rispondete a queste critiche?
“Partiamo da una premessa: sono convinto che la crescita dell’economia europea e la creazioni di posti di lavoro nell’UE non giustifichi mai il perdurare di conflitti in altre parti del mondo. Detto questo siamo i primi a cercare il supporto degli investitori sul fronte della trasparenza e vogliamo richiamare il mondo delle imprese alla propria responsabilità. Questo non significa, comunque, che l’impegno europeo sul fronte dei conflitti legati ai minerali possa ridursi ad una normativa sulla trasparenza nell’approvvigionamento dei minerali”.
Quale impegni servirebbero?
“L’Europa deve affrontare anche gli altri fattori che alimentano i conflitti. Se pensiamo alla crisi dell’est della R.D. del Congo che viene presa spesso ad esempio, non possiamo prescindere da un dialogo politico con i Paesi della regione: Ruanda, Uganda, Burundi e con lo stesso governo congolese. Bisogna sostenere le capacità locali, sostenere i progetti di cooperazione e appoggiare la società civile guardando ai singoli contesti locali”.
11051216_761594453957784_3626911039016752176_nCrede che alla fine gli emendamenti del Parlamento potranno diventare legge europea?
“Quanto avvenuto a Strasburgo e, soprattutto, la mobilitazione a livello europeo sono senz’altro qualcosa di positivo, ma dobbiamo essere realisti. Il voto del Parlamento è solo un passo nel processo, abbiamo vinto una battaglia, ma non la guerra. La strada è ancora lunga e difficile”.