Angelo
Cassano, una vita nei quartieri a rischio del capoluogo pugliese,
racconta il suo impegno in prima linea anche sul fronte
dell'immigrazione. "Chi vota Salvini non può mettere piede in
parrocchia"
di GIULIANO FOSCHINI
Che cosa successe?
«Lo feci stare in canonica per un po’. Era vuota, per me solo tutto
quello spazio era sprecato. Dopo di lui arrivarono altri ragazzi e
ragazze, ne sono passati tanti nel corso degli anni. Sono state in in
casa fino a cinque persone contemporaneamente, qualche volta abbiamo
dovuto adibire anche qualche locale della parrocchia per ospitarli,
hanno dormito per esempio nelle sale dove si tiene il catechismo. Mi
sembrava una cosa normale, nemmeno giusta. Ma dovuta».
Eppure?
«Eppure la mia iniziativa non fu presa benissimo. All’epoca quella
scelta creò problemi di incomprensione: ero nuovo in parrocchia e
sembrava assurdo che io aprissi la canonica. Anche il vescovo sosteneva
che la canonica dovesse essere soltanto dei sacerdoti e che per
accogliere i migranti dovevano essere scelti altri spazi. A me sembrava,
invece, soltanto di mettere in pratica le parole del Vangelo. E la
presa di posizione del Papa in questo senso mi rincuora molto.
Continuerò a fare, quindi, quello che ho sempre fatto. Ma a questo punto
tocca anche agli altri doversi prendere alcune responsabilità».
Che cosa significa?
«Credo che in qualche maniera il mondo cattolico, chi vuole seguire le
indicazioni di papa Francesco, debba rimboccarsi le maniche e
accogliere. Non soltanto le parrocchie. Ma anche qualche famiglia. Ogni
comunità, chiunque abbia una stanza a disposizione, deve dare il proprio
contributo. L’accoglienza, oggi più che mai, è un dovere».
«Aiutiamoli a casa loro»: sarà capitato anche a lei di ascoltarlo.
«L’accoglienza è un dovere. Non esistono alternative, è un dettame
evangelico. Ma c’è anche nella Bibbia, a partire dall’Antico testamento,
quando Mosè diceva che era un dovere accogliere il forestiero. E’
finito il tempo di stare tranquilli. Non possiamo più. Non possiamo
restare in silenzio a guardare le vite umane che annegano. E neanche a
sentire quelli che la pensano come Matteo Salvini».
Ciascuno può pensarla come vuole.
«Ma allora non possono dirsi cristiani. Noi facciamo attività di
formazione attraverso l’omelia, facendo conoscere le pagine del Vangelo.
Ma io sono abbastanza chiaro in questo senso: mai come oggi è
necessario dire da che parte si sta. Da quella cattolica, di chi
accoglie. O da quell’altra di chi respinge, o magari abbatte con le
ruspe. Questo è un atteggiamento non ideologico ma evangelico. Si cerca
soltanto di spiegare quello che dice la Chiesa. Le ruspe sono
inconciliabili con il Vangelo».
Qualcuno potrà risentirsi di queste parole.
«Siamo messi di fronte a delle scelte nella nostra vita. Questo è uno di
quei momenti. Ora possiamo ipocritamente fingere di essere tutti
cristiani quando vogliamo e quando non ci scomoda. Ora c’è bisogno di
mettere in discussione alcune nostre certezze, alcune paure,
probabilmente mettere a rischio anche il nostro modo di vivere. Ma è
arrivato il momento di decidere se si deve fare il cristiano o no. Sono
saltate le vecchie mediazioni».
A Bari decine di famiglie stanno chiedendo di ospitare migranti. Se lo aspettava?
«Secondo me Bari è una città assolutamente pronta: può risvegliare -
anzi, deve risvegliare - il senso di solidarietà che ci ha fatto grandi
ai tempi dello sbarco degli albanesi e che in questi ultimi anni questo
non sempre si è visto. Certo, ci sono tante piccole esperienze che non
vengono alla cronaca che sono belle e positive. Ma veniamo da un brutto
periodo».
A cosa fa riferimento?
«Alle aggressioni per strada ai fratelli migranti, ai tanti, troppi,
piccoli episodi di intolleranza raziale. Io sono preoccupato del livello
di aggressività. I problemi dei migranti sono simili ai nostri. In
questo momento l’unica ricetta vincente non è aggredire ma creare
comunità. L’unica ricetta possibile e vincente è fare squadra».
Questo i cittadini. E la politica?
«Ha molte responsabilità: dovrebbe dire una parola chiara, non inseguire
i razzismi. Lo fanno, purtroppo, anche a sinistra. Eppure, oggi, quello
che dovrebbe contraddistinguerli, come scrive Eugenio Scalfari nei suoi
editoriali, è la tutela degli umiliati, delle vittime della storia.
Invece non sempre hanno il coraggio per usare le uniche parole
possibili».
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