lunedì 27 settembre 2010

La lega e la mafia

ancora 100 passi. 100 passi verso la legalità e contro le mafie. Un corteo festante, colorato per le strade di Ponteranica ha gridato la propria voglia di legalità. Dal sud al nord in un luogo simbolico, dove il potere ha dimostrato di avere paura del coraggio antimafioso di un giovane siciliano che con il proprio sangue aveva cercato di riscattare la propria terra dal ricatto omertoso della mafia.
Ci siamo chiesti (articolo “cento passi verso la vergogna” ) cosa avesse spinto il sindaco leghista di Ponteranica questo piccolo paese della provincia di bergamo a rimuovere dalla biblioteca la targa dedicata a “Peppino Impastato”. Avevamo scritto che:
“Peppino Impastato è stato assassinato perché non ha voluto percorrere quei famosi “cento passi” che lo dividevano dalla comodità dell’accettazione di una parentela scomoda. E’stato assassinato perché credeva che fosse giusto rischiare la vita per provare a cambiare il proprio mondo. Mi chiedo quanti passi separano i leghisti dal conformismo e dal consociativismo, dal ricatto e dal compromesso, dalla complicità e dalla connivenza.Non credo che il Sindaco di Ponteranica sia insensibile al sacrificio di Peppino Impastato. Forse un senso di disagio, d’imbarazzo può giustificare questo gesto. Forse quella targa sarebbe stata uno scomodo richiamo alle coscienze di chi quei “cento passi” per comodità politica, per opportunismo, per interessi personali li ha fatti senza vergogna, senza pentimento.”
Ieri in tremila per le vie di Ponteranica chiedevano con fermezza politiche serie contro la mafia, anche contro quella mafia del nord che ha troppe pericolose ed ambigue collusioni con i poteri forti ed il mondo politico.
Uno striscione urlava che “la lega è la mafia del nord”.
Sicuramente i leghisti si saranno sentiti offesi così impegnati in quel maldestro tentativo di mostrasi come i veri difensori della legalità e della rettitudine morale.
Ed intanto solo qualche giorno prima avevano con abile manovra gattopardesca avavano votato il loro no all’utilizzo delle intercettazioni nei confronti del loro compagno di merende il deputato Nicola Cosentino accusato concorso esterno in associazione camorristica.
Riformuliamo con la stessa forza di un anno fa lo stesso invito ai leghisti: “lasciate perdere la lotta alla mafia, lasciatela alle persone serie, a chi vive nel ricordo e nella memoria di Peppino Impastato. Cercate di nascondere i vostri “cento passi” verso la vergogna, e non offendete la memoria di chi ha scelto la legalità e la giustizia(da http://blog.libero.it/Antilega)


martedì 21 settembre 2010

La dura vita degli stranieri in Italia

21 settembre 2010 - Diritti Umani
Tra cavilli burocratici e pacchetti sicurezza, la strada dell’integrazione per i migranti è in salita
Per uno straniero che sceglie il nostro paese la clandestinità è una tappa quasi obbligata. Lo sostiene l’Asgi, l’Associazione di studi giuridici sull’immigrazione, che ha celebrato il suo ventesimo anniversario lo scorso 17 settembre a Genova. In un seminario sulle politiche migratorie si è parlato di cittadinanza, burocrazia e integrazione, un impianto di regole farraginose che rischia di far rimanere l’Italia indietro rispetto agli altri paesi europei.
“Negli ultimi dieci anni si è assistito ad un duro inasprimento delle norme”, dice Lorenzo Trucco, presidente dell’organizzazione che punta il dito contro l’introduzione del reato di clandestinità: “Vent’anni fa non potevamo nemmeno immaginare che fosse possibile approvare un legge di quel tipo”.
Le prime norme che hanno introdotto un’ipotesi di reato per l’ingresso irregolare nel Paese risalgono al 2002, con l’approvazione della legge Fini-Bossi che legava la concessione del permesso di soggiorno alla stipula di un regolare contratto di lavoro. “Questa cosa ha promosso una visione utilitaristica della presenza dello straniero – dice l’avvocato Nazzarena Zorzella – che, in periodi di crisi economica, espone lo straniero che perde il posto al rischio di ricadere nella clandestinità”.
Secondo i giuristi dell’Asgi, una delle novità più preoccupanti dell’ultima riforma sull’immigrazione, è il cosiddetto accordo integrazione: alla prima richiesta di permesso di soggiorno, lo straniero deve sottoscrivere un accordo con lo Stato. Lo straniero dovrà a studiare la nostra “cultura civica”, la lingua e la Costituzione. L’acquisizione di crediti formativi darà la possibilità di rinnovare il permesso, ma se l’accordo non sarà rispettato si procederà alla revoca del permesso o addirittura all’espulsione immediata. “Subordinare il soggiorno a un accordo di questo tipo – spiega l’avvocato Zorzella – significa trasformare quello che dovrebbe essere un diritto di libertà nell’oggetto di un contratto”.
Involuzione del paese Italia. Non usa mezzi termini il fondatore dell’associazione, il professor Bruno Nascimbene dell’Università Statale di Milano, che sottolinea come da noi la cittadinanza sia giuridicamente concepita come l’ultimo traguardo, come un premio da concedere alla fine di un severo percorso di regole.
Un sistema di regole in controtendenza con quanto accade nel resto dei paesi membri dell’Ue, che individuano nella concessione della cittadinanza una parte essenziale del percorso di integrazione. Uno strumento che può favorire la partecipazione degli immigrati e dei loro figli al processo democratico di un paese. “In Grecia abbiamo approvato una norma secondo cui, dopo cinque anni di soggiorno legale – spiega l’avvocato John Alavanos dell’Associazione giuridica per gli stranieri e l’immigrazione di Atene – gli stranieri hanno diritto di votare alle amministrative e sono eleggibili fino alla carica di consigliere comunale”.
Anche per gli stranieri nati in Italia i problemi non mancano. E lo testimoniano i ragazzi dell’associazione Rete G2 seconde generazioni. “La maggior parte degli italiani ignora che si può essere stranieri anche se si è nati qui”, assicura Ismail Ademi, ventisettenne albanese. E racconta: “Quando avrò un figlio dovrò sottoporlo a un calvario di code, documenti e viaggi tra ambasciate e questure”. Problemi che la maggioranza degli stranieri vive quotidianamente. Come gli ostacoli per chi studia, che difficilmente potrà integrare la sua formazione con un soggiorno all’estero o accedere a un concorso pubblico una volta laureato.
Nel corso del seminario, l’applauso più lungo è per Queenia Pereira De Oliveira. Laurea in scienze politiche e spiccato accento romano, Queenia conclude il suo intervento con alcuni versi che raccontano la sua italianità senza cittadinanza. Quei versi li ha regalati anche a ilfattoquotidiano.it.
Consapevolezza

Non avere la cittadinanza italiana
e vivere nel mio paese legata a un permesso di soggiorno
per me equivale a uscire da casa
con un paio di chiavi,
sapendo che il padrone di casa (mia) può cambiare la serratura
e lasciarmi fuori
fregandosene di tutto ciò che ho dentro casa,
dei miei affetti,
dei miei amici,
della mia famiglia,
della mia vita,
del mio futuro,
vivere nel mio paese con un permesso di soggiorno
è come dover uscire da casa (mia) e pensare a
chiudere il gas,
abbassare le serrande,
spegnere le luci,
ma anche lasciare accostata la porta avendo paura di non poter rientrare più.

(da Il Fatto quotidiano)

sabato 18 settembre 2010

Intervista al Naga

Il Naga, associazione per la cura sociosanitaria e la tutela dei migranti, ha denunciato in luglio il comune di Milano per gli oltre 100 sgomberi avvenuti a danno delle comunità Rom e Sinti.
Colloquio con l'ufficio legale del Naga, di Luigi Riccio
Su quali punti esattamente verte la vostra denuncia alla comunità europea? Avete registrato casi più gravi di altri durante il vostro monitoraggio?
In realtà non ci sono casi più gravi, poiché tutti gli sgomberi effettuati hanno avuto le stesse modalità. Sono avvenuti in periodi invernali, molto freddi, senza offrire alternative alle famiglie, alle donne e ai bambini, con uno scarsissimo preavviso e soprattutto mai per iscritto.
Questi sgomberi, nelle modalità in cui avvengono, violano una serie di diritti, tra cui il diritto all’unità familiare, all’istruzione dei bambini (che sgomberati non possono più andare a scuola), ad un’abitazione, a non essere discriminati; una serie di diritti sanciti dalla normativa europea e trasposti poi sulla normativa italiana, che dovrebbero essere rispettati anche sul nostro territorio.
Lo sgombero più significativo è stato quello di via Rubattino di novembre 2009; da allora gli stessi nuclei familiari sono stati ripetutamente sgomberati. Solo il campo Forlanini ha ricevuto 11 sgomberi.
Che rapporto c'è secondo voi tra questa giunta comunale e l'aumento degli sgomberi a danno delle comunità Rom e Sinti?
La politica intrapresa con lo stato di emergenza, non soltanto in Lombardia, ma anche in Campania, Lazio ed esteso in Piemonte, è stato già un segnale forte del governo, non soltanto dell’amministrazione comunale. Poi, per quanto riguarda il comune in sé, quello di aver effettuato tanti sgomberi é un motivo di vanto di tanti comunicati dell’amministrazione comunale. Lo stesso De Corato (vicesindaco di Milano, ndr) dichiara di aver effettuato 287 sgomberi dal 2007 come baluardo della sua politica di messa in sicurezza della città.
Quali altri sgomberi sono previsti nei prossimi mesi?
La denuncia si è concentrata sugli sgomberi avvenuti nel 2010 ma ha una parte che riguarda i provvedimenti di allontanamento che stanno arrivando nei campi autorizzati, per esempio in Triboniano. Tutti i campi autorizzati sono prossimi allo smantellamento, resterà soltanto un campo transitorio in previsione dei lavori per l’Expo del 2015.
Un solo campo transitorio basterà ad ospitare la popolazione Rom presente sul territorio milanese?
Gli enti gestori dei campi, che sono associazioni, cooperative, riceveranno dei fondi per l’accompagnamento lavorativo e alloggiativo solo di alcune famiglie, le altre verranno semplicemente allontanate dal campo, disperse. Quali siano i criteri di scelta non si sa.
La giunta comunale ha avuto qualche reazione?
Di reazioni non ce ne sono state. La denuncia è uno strumento che si può utilizzare anche come un privato cittadino, per sottoporre alla commissione europea la violazione di diritti comunitari. La commissione si riserva di valutare tutta la documentazione inviata (che è estremamente corposa perché oltre a un documento che dettaglia gli episodi c’è tutta la rassegna stampa sugli sgomberi avvenuti più la normativa alla quale facciamo riferimento) e dopodiché dovrebbe ricevere un parere del governo e inviare, nelle migliori delle ipotesi, delle raccomandazioni al riguardo. Queste raccomandazioni non saranno in ogni caso vincolanti come una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ma, se arrivassero davvero, sarebbe un messaggio molto forte.

sabato 11 settembre 2010

Siamo diversi

La caratteristica che contraddistingue gli esseri umani è la diversità, termine di reciprocità come fondamento dell’agire quotidiano nell'instaurare le relazioni sociali. Questa diversità si evidenzia sin dal primo momento della costruzione dell'identità personale e si realizza in maniera progressiva e dinamica, ma anche in modo cangiante, multiforme e contrapposta.
Per questo, diversità ed identità vanno considerate secondo rapporti di reciprocità, di inclusione e di dialogicità.
La diversità non è altro che l’identità che si delinea sia rispetto a se stesso in situazioni e momenti differenti di esistenza, sia rispetto alle altre persone, sia, ancora, rispetto ai modelli culturali di riferimento.
In questo senso, l’identità e la diversità non possono non interagire con le istanze di partecipazione, di negoziazione e di duttilità, tipicamente umane.
I più importanti significati di questa stretta convergenza sono:
- Scoprire l'altro come detentore dei nostri stessi diritti, il che richiede la maturazione del senso di reciprocità.
- Conoscere meglio se stessi, dal momento che i più alti livelli di autoconsapevolezza si possono raggiungere soltanto se consideriamo i messaggi e gli input che ci vengono dagli altri, sui quali costruiamo sin dai primi livelli la percezione, l’autocoscienza e l’autostima.
- Comunicare e negoziare conoscenze e significati, che è un altro essenziale aspetto del processo di relazioni attraverso l'incontro con l'altro.
Il riconoscersi, nel disconoscersi dell'incontro, restituisce momenti di felicità intima, perché ognuno cambierà diventando se stesso e declinandosi nell'altro.
Le diversità culturali aprono l'orizzonte delle pluralità umane nel distinguersi dalle singolarità dei soggetti che agiscono e che pensano.
La diversità culturale autentica vive nelle relazioni interpersonali spontanee, nei canali dialogici, negli stili di vita, per la valorizzazione di una società ricca di differenze, di varietà e diversità in un mondo multirazziale e multilaterale, nell’insieme di valori che prevedono i diritti inalienabili e imprescindibili delle persone, sanciti dalle carte costituzionali democratiche, con una limitazione del potere politico, nella libertà della ricerca scientifica e della creazione artistica.
Il presupposto ed il fondamento della diversità culturale è la persona, in quanto singolarità irripetibile da cui si realizzano la famiglia, le comunità, le associazioni, le istituzioni e le relazioni umane.
In contrapposizione la storia del potere è costituita da centralizzazione, uniformazione ed espansione burocratica, di centri unici di comando, nel confine e nel limite che disconoscono il valore della diversità, nella concezione di un’uniformazione e un’omogeneità costituita da politiche piramidali.
L'uniformazione delle culture e dei popoli contrasterebbe l'evoluzione dell'umanità, mentre la differenziazione, la multilateralità, l'apertura al mondo, sono valori imprescindibili.
In un’economia che è sempre più fine a se stessa, la diversità culturale e biologica non trova spazio, schiacciata come è dall’aggressività della specie umana. È per questo che l'imposizione di un unico modello di vita e di trasformazione all’intero pianeta, quello imposto dalle esigenze di continua crescita delle moderne società occidentali, la monocultura estesa a tutto, minaccia di provocare a lungo andare l’autoestinzione della specie umana.
Occorre una pluralità di sovranità, in un'unione libera di persone e comunità che rispondano ai problemi della crisi del potere.(Angela I.Baldi)


martedì 7 settembre 2010

Sui bambini che hanno preso a calci un immigrato a Civitanova Marche

Ogni giorno ormai in questo paese accadono episodi squallidi e non essendoci più niente non ci sono più valori norme sociali, regole di convivenza ma solo odio, odio feroce verso i diversi e odio verso gli ultimi. Guai in questa società a non essere benestanti, guai a essere poveri o ad avere problemi. Tutti si scagliano contro. Il massimo della vigliaccheria e prendersela con qualcuno che si reputa inferiore: solo un vigliacco può sentirsi superiore a un altro essere umano.
Ora questi discorsi schifosi che da diverso tempo circolano nella nostra società, sono arrivati ai ragazzi, nelle scuole gli episodi di razzismo e di bullismo sono all’ordine del giorno. Anche fuori dalle scuole è diventato normale andare a infastidire, aggredire, insultare i nostri amati ultimi, nell’indifferenza generale e in questo caso, ancor più grave, nel plauso di quegli adulti che invece di intervenire rimproverando quei ragazzi - stando ai testimone dell’episodio - si sono pure divertiti.
I fatti. Un immigrato originario del Bangladesh che lavora come ambulante sulle spiagge marchigiane, al termina del solito giro tra gli ombrelloni si era fermato un attimo per riposarsi nello stabilimento Golden Beach a Civitanova Marche in provincia di Macerata. Si era seduto su una sdraio, a questo punto un gruppetto di bambini - cinque per l’esattezza - si avvicinano e iniziano a insultarlo intimandogli di andarsene: ”Alzati da qua, vattene, questa è proprietà privata! Amigo vattene, vai a vendere fuori da qua. Questa roba l’hai rubata”. Visto che l’immigrato non rispondeva agli insulti uno dei bambini lo ha preso a calci da dietro la sdraio colpendolo alla schiena, il tutto alla presenza di molti testimoni adulti e molti di questi (forse erano i genitori) ridevano divertiti, altri hanno fatto finta di niente ignorando completamente l’episodio. L’immigrato si è alzato dalla sedia e se ne andato dicendo a questi amori di bambini “siete stati molto cattivi” chiaramente non ha denunciato l’episodio alle forze dell’ordine.(Alfredo d'Ecclesia)
http://www.agoravox.it/

giovedì 2 settembre 2010

Civiltà o barbarie? Questo è il dilemma...


Alexian Santino Spinelli è un musicista Rom e docente di lingua e cultura romanì presso l'Università di Chieti, oltre ad essere l'organizzatore della manifestazione contro la discriminazione dei Rom del 4 settembre a Roma Di Alexian Santino Spinelli
LA LETTERA. Un bambino muore… un bambino di soli tre anni muore a Roma, Caput Mundi, a poca distanza dal Vaticano, centro dell’Impero della Chiesa Cattolica Romana, nel cuore della cultura europea… E’ un bambino Rom che allunga un’ interminabile lista di bambini rom morti per cause futili… Sembra un bollettino di guerra, eppure siamo in tempo di pace! Il bambino è morto sotto lo sguardo indifferente di una società troppo egoista o troppo preoccupata di autogratificarsi… vittima del razzismo imperante, della mistificazione, della discriminazione e del degrado…sulla sua anima prima che sul suo corpicino, innocente ed inerme pendeva una brutale mannaia ben congegnata da adulti senza scrupoli, arroganti e vittoriosi che lo ha stroncato. Pendeva sulla sua testa troppe colpe, prima fra tutte quella di essere nato Rom, anzi zingaro, come vuole la miglior tradizione dei civili acculturati, che di ignoranza e boria gonfiano il petto. Lui figlio legittimo della discriminazione e della segregazione razziale, capro espiatorio di tutti i mali della società come poteva pensare di non pagare le sue colpe e di non essere usato come agnello sacrificale? Lode e gloria ai condottieri della civiltà che mostrano vilmente muscoli a donne, vecchi e bambini!Poche ore dopo sono arrivate puntuali le ruspe a rimuovere ciò che rimaneva del suo mondo e allo stesso tempo a rimuovere di fretta la colpa che appartiene a tutti, come se non fosse, ancora una volta accaduto nulla… Una gravissima e immensa sconfitta del mondo civile…I bambini appartengono al mondo e a tutta l’umanità! Come si fa a non capirlo? Occorre essere dei grandi geni o scienziati? Questa è la civiltà che abbiamo creato in mille e mille anni di storia e di progressi? L’odio razziale, la xenofobia, la discriminazione, la segregazione razziale e l’apologia di reato sono la norma nella società odierna. Eroe oggi è chi difende i più elementari diritti umani e le persone più deboli! Ma è mai possibile? Ai disvalori si è opposta una sincera e ferrea resistenza durante la seconda guerra mondiale che è costata oltre 50 milioni di morti di cui 500 mila Rom e Sinti barbaramente massacrati nei lager. Oggi si vive un retaggio di quella cultura etnocentrica e razzista, con i campi di sterminio “moderni” (campi nomadi anche se i Rom non sono nomadi per cultura!) e le nuove forme di deportazioni “civili” e “democratiche” approvate in larga maggioranza dall’opinione pubblica teleguidata e frastornata dai pregiudizi. Ma che non ci sia l’alibi del “Io Non Sapevo”. La morte del bambino Rom, non è il primo ahimè, visto i tempi e le prospettive, neanche l’ultimo, è un’ omicidio collettivo e, allo stesso tempo, un suicidio di massa!Basta Pogrom!! Stop al razzismo!! No alla xenofobia!!Stop alle mistificazioni!!!!
10 punti per migliorare la situazione dei Rom e Sinti in Italia
1) La sicurezza e la legalità vanno garantite a tutti. Rom e Sinti compresi. Nessuna voce autorevole ha condannato realmente l’episodio. Solo all’estero si sono resi conto della gravità della situazione dei Rom e Sinti in Italia.2) Ristabilire la legalità riguardo la palese violazione dei più elementari diritti umani nei confronti delle diverse comunità Rom e Sinti in Italia, costrette a vivere in condizioni disumane e fortemente discriminate in netto contrasto con la Costituzione Italiana, con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e con le normative europee ed internazionali. 3) Smantellare i campi nomadi che sono pattumiere sociali degradanti e frustranti, centri di segregazione razziale permanente ed emblema della discriminazione. I Rom e Sinti non sono nomadi per cultura. La mobilità è sempre coatta e mai una scelta. Chi vive oggi nei campi nomadi ieri aveva le case in Romania o nella ex-Jugoslavia. Il 70% della popolazione romanì in Italia ha cittadinanza italiana e vive nelle case (l’arrivo risale al XV secolo).4) Facilitare l’ accesso alle case popolari con pari opportunità o sviluppare insediamenti urbanistici non ghettizzanti facilitando anche l’utilizzo dei servizi pubblici. Favorire il più possibile l’accesso alla scolarizzazione, al lavoro e all’assistenza sanitaria alle famiglie di Rom e Sinti più disagiate.5) Promuovere l'integrazione anche attraverso i Fondi Europei con programmi specifici riguardanti la popolazione Romanì per evitare la facile strumentalizzazione di far credere che l'integrazione dei Rom e Sinti in Italia passa attraverso le tasche degli italiani. 6) Arrestare il processo di demonizzazione e di criminalizzazione di un intero popolo. Sono i singoli che hanno un nome e cognome a sbagliare e che devono essere puniti e non l’etnia di appartenenza.7) Promuovere la conoscenza della storia, della cultura, dell’arte e della lingua dei Rom e Sinti per combattere gli stereotipi negativi e favorire l’integrazione. Attualmente si dà in 99% di spazio mediatico alla cronaca e l’ 1% di spazio agli eventi culturali che pur si organizzano sull’intero territorio nazionale (Festivals, concerti, mostre, esposizioni, convegni, rassegne cinematografiche, concorsi letterari, etc). E’ chiaro che questa disparità non può avere effetti positivi. 8) Prendere atto del palese fallimento dell’ assistenzialismo delle associazioni di volontariato che si sono arrogate il diritto di rappresentare il popolo Rom. Si sperperano annualmente centinaia di migliaia di Euro per progetti di scarso o nessun valore per i Rom e Sinti. 9) Creare una consulta in Italia di intellettuali Rom e Sinti e associazioni che abbiano una esperienza internazionale sulle problematiche concernenti la realtà delle comunità romanès che possa favorire la mediazione nella risoluzione dei problemi sociali e politici.10) Favorire il più possibile il processo di integrazione positiva a coloro i quali dimostrano una chiara volontà di partecipazione sociale evitando di porre sullo stesso piano chi merita e chi delinque. I modelli positivi devono essere esaltati per essere una valida attrattiva per combattere l’ esclusione sociale e l’emarginazione culturale.
http://corriereimmigrazione.blogspot.com

Il dolce volto della lega

I leghisti sono sensibili e non riescono a sopportare la vista degli emarginati e dei derelitti. Forse lo erano anche i nazisti quando la loro pietas li spingeva a rendere fumo i volti scavati degli ebrei.
Passano i tempi, gli stessi leghisti si addolciscono, anche se i metodi rimangono gli stessi. Anni fa Gentilini auspicava vagoni piombati per rispedire a casa i clandestini, ma erano i tempi della lega dura e pura, quella da barricata e lotta estrema. I tempi sono cambiati, la lega è ora al governo, imbraccia il crocifisso e si candida come l’unica vera portatrice sana dei valori del cristianesimo. Cambiano i toni e così il presidente della Provincia di Bergamo, il leghista Pirovano durante la “Bèrghem Fest” di Alzano davanti al solito popolino acclamante ha affermato: “Vedo troppi straccioni per le strade che chiedono la carità, gente che sicuramente in tasca non ha il permesso di soggiorno”, ed ecco la nuova ricetta “da caricarli sui pullman e, poi, sui charter”.
E’ questa la nuova linea della lega democristiana, la deportazione deve avvenire con mezzi confortevoli e moderni, anche la forma va salvaguardata, giusto per non scandalizzare le madamine con il fularino verde in prima fila che questa mattina hanno fatto la comunione.
Nazisti si, ma con classe.
E poi è seccante avere questi mendicanti per strada, dovere dar conto alla propria coscienza.
E poi il buon Pirovano sa cosa è il significato dell’etica.
Da una parte i leghisti vogliono con determinazione le impronte degli immigrati e dei bambini rom e dall’altra si indignano quando viene introdotto il riconoscimento dell’impronta per le votazione in Parlamento.
Ed il buon Pirovano cosa fa? Si fa beccare il 27 luglio 2009 mentre vota alla camera e contemporaneamente risulta presente nella giunta bergamasca.
I leghisti si sono sempre posti come i più accaniti difensori della pulizia morale nella politica, quelli che contrapponevano al clientelismo e agli imbrogli romani la superiorità morale della padania.
Ed il buon Pirovano cosa fa? Si fa beccare in qualità di sindaco di Caravaggio a finanziare per cinque anni con soldi pubblici una scuola “padana”. Verrà condannato insieme alla sua giunta dalla Corte dei Conti a restituire 251.000 euro.
Non per ultimo il buon Pirovano si fa beccare dalle Iene per avere il “culo su due poltrone”.

In pratica il buon Pirovano viene accusato di detenere due incarichi incompatibili (deputato e Presidente della Provincia di Bergamo). Sicuramente con l’aiuto di qualche compiacente “pianista” del partito il buon Pirovano sarebbe riuscito a conciliare i due impegni.
Ma il buon Pirovano si indigna ed è giustamente scocciato dei mendicanti per strada. Noi che siamo ancora più buoni e più dorotei dei leghisti auspichiamo invece viaggi confortevoli in lidi lontani per tutti quei politici che infangano la dignità della nostra Italia, quelli che con lo straccetto verde nel taschino cancellano la coscienza e la memoria della nostra gente.

Riportiamo a proposito delle dichiarazioni di Pirovano alcune frasi di Don Rosmini della Curia di Bergamo (da un articolo de “L’eco di Bergamo”).

“Essere solo indignati per le dichiarazioni espresse in questi ultimi tempi da persone con responsabilità sociali non basta più. Chi parla con superficialità e senza rispetto dei poveri, non ne è degno, perché non li conosce e non li ha mai incontrati nel vero senso del termine”.

“Non hanno ancora capito, queste persone, che non dipende dal colore della pelle, né dalla nazionalità, né dalla posizione sociale l’essere titolari di diritti, ma è conseguenza dell’essere persona umana. Neppure il consenso accordato dalla maggioranza della gente a questa o quella idea di politica può negare o togliere qualcosa a tale diritto. Le persone, anche se vivono in una situazione di miseria e sono vestite malamente, hanno sempre una dignirà che va considerata e rispettata”.

“abbiamo il dovere di educare alla tolleranza e alla condivisione. Il silenzio sulle reali possibilità in atto circa l’inclusione e l’inserimento sociale dei poveri favorisce un clima di incertezza e intolleranza”.
http://blog.libero.it/Antilega/9218370.html