giovedì 26 luglio 2018

L'Antipatica - Stefania Gander



24 luglio alle ore 18:44 · 
+++ LA DEMOCRAZIA MALATA +++

Non sono ancora passati 2 mesi dall’insediamento del Governo Conte ("Conte"… si fa per dire, ovviamente) e già possiamo vedere gli straordinari effetti del cambiamento. Perché sì, un cambiamento c’è stato, eccome se c’è stato. 
Ma in peggio, molto in peggio.

Ed a farne le spese è il processo democratico, quello che rappresenta la base del nostro Stato.

Vediamo insieme le innumerevoli ferite che questa maggioranza ha portato alla democrazia:

SAVIANO. Saviano dichiara la sua forte opposizione a questo Governo. Viene minacciato di togliergli la scorta (consegnandolo di fatto nelle mani dei sicari della camorra). Non contento di questo, il Ministro dell’Interno lo denuncia. Salvini, forte della sua immunità, lo denuncia addirittura in quanto Ministro ( si sa che Salvini parla, a seconda di come gli fa comodo, da cittadino, da ministro, da leader della Lega, da leader del centrodestra, da padre, cugino, zio,affine di terzo grado…).

MIGRANTI. Tema scottante di questi primi due mesi. Si sono infrante tutte le leggi internazionali che si potevano infrangere, compresa la Convenzione di Ginevra. I viaggi della disperazione sono stati definiti “crociere” da Salvini, e sempre lui ha definito la loro condizione una pacchia. 
Ha chiuso i porti perfino alle navi italiane (!), minacciato le navi delle ONG e i loro equipaggi, creato crisi diplomatiche con la Francia, la Spagna, la Tunisia, l’UE. 
Soprattutto, pesano sulla coscienza di questo Governo i morti, bambini compresi, che si sarebbero potuti salvare.

DECRETI LEGGE: Il Ministro Di Maio ha sostenuto un decreto legge di cui non conosce gli effetti. Quando si è accorto che sarebbe bastato leggere ciò che aveva firmato, ha accusato i vertici dell’INPS di aver modificato nottetempo il decreto. Scoperto che non poteva essere così, ha cambiato versione e accusato il Presidente dell’INPS di remare contro il Governo, invocandone le dimissioni.

LIBERTÀ DI CULTO. L’Italia si trasforma da Paese Laico a Paese confessionale, con l’obbligo di esporre il crocifisso nei luoghi pubblici. 
A chiederlo non è il Papa, ma vuole imporlo Salvini, il che dovrebbe bastare a qualsiasi cattolico per indignarsi della strumentalizzazione che viene fatta di questo simbolo religioso. D’altronde, è più semplice obbligare chiunque a seguire una religione, piuttosto che risolvere i problemi del Paese.

ATTACCO AL PARLAMENTO. Casaleggio, proprietario della piattaforma Rousseau e “azionista di maggioranza” dei 5 stelle, dichiara l’inutilità del parlamento, che a Suo dire dovrebbe scomparire. 
Durante il referendum Costituzionale piovvero insulti ai promotori della riforma, perché prevedeva la trasformazione del Senato e l’istituzione del monocameralismo. Oggi, nessuno della maggioranza ha osato fiatare e contraddire Casaleggio sulla cosa più eversiva che si potesse sostenere.

MINACCE DI ARRESTI. Nel suo delirio di onnipotenza, l’onnipresente Ministro Salvini si è ad un certo punto sostituito alla Magistratura, invocando le manette e rifiutandosi di far sbarcare persone, qualora non fossero state arrestate. 
È dovuto intervenire il presidente Mattarella per risolvere la situazione.

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO. In barba a qualsiasi norma costituzionale , il Presidente del consiglio è sparito dalla scena politica, privato dei suoi poteri, che vengono esercitati dai due vicepremier. Dovrebbe indirizzare la politica del Governo, è ridotto ad uno “yes man” imbarazzante (“posso dire…?” – “No!”).

FAKE NEWS e ATTACCHI SOCIAL: continua l’ondata di fake news (bufale) a sostegno delle iniziative governative, senza soluzione di continuità. Chi dissente, invece viene insultato e minacciato.

RIMBORSI. La Lega deve rimborsare 49 milioni di Euro agli Italiani. Si rifiuta di farlo, in barba alle sentenze. E il Movimento 5 stelle accondiscende convinto. 
Finita l’era dell’onestà appena appoggiato il culo su una poltrona.

FAMIGLIA. Attacco spudorato da parte del ministro Fontana alle coppie di fatto e alle famiglie arcobaleno, nuovamente riportate ad essere cittadini di serie B.

In tutto questo, abbiamo anche visto la sottosegretaria all’economia Castelli non saper rispondere in commissione ; abbiamo visto Toninelli spiegarci che i porti si chiudono, perché è "per il loro bene"; abbiamo visto il ministro Savona indagato per usura e difeso da Di Maio, abbiamo visto il parlamento fermo perché il Governo non produceva nulla di nulla. 
Naturalmente, non abbiamo visto redditi di cittadinanza, non abbiamo visto flat tax, non abbiamo visto diminuire il prezzo della benzina, non abbiamo visto nulla di nulla di sensato.

Il tutto, in un crescente clima di odio verso le opposizioni, cercando di spaccare il paese il più possibile per i propri fini propagandistici.

Ormai questa non è più opposizione: questa è Resistenza!

(foto da: adnkronos.com)


lunedì 23 luglio 2018

Breve kit di sopravvivenza alle Bugie del Governo.

I. Hanno abolito i vitalizi? Non è vero. Hanno semplicemente ricalcolato alcuni vitalizi e solo i vitalizi degli altri. Il vitalizio di Di Maio - perché Di Maio, Fico e tanti altri con la scorsa legislatura hanno ottenuto il vitalizio - non lo hanno toccato. Hanno toccato alcuni di quelli del passato. Bene, è facile fare gli splendidi con i vitalizi degli altri. Si dice: quei soldi serviranno per chi sta peggio. No, è una battaglia che non fanno per il sociale, ma che fanno esclusivamente per i loro social. E invece la verità è semplice: hanno ricalcolato alcuni vitalizi degli altri, tenendosi integro il proprio maturato nella scorsa legislatura.

II. Se vogliamo recuperare davvero soldi, la Lega potrebbe iniziare a restituire il maltolto. Ci sono alcuni senatori del PD, che tutti i giorni intervengono in aula - nel silenzio dei media - per chiedere alla #LegaLadrona di rispettare la Sentenza della Cassazione. Che fine hanno fatto quei 49 milioni che sono stati rubati al popolo italiano? Perché non ne parla nessuno? Immaginate se fosse accaduta al PD una cosa del genere. A noi hanno fatto le pulci anche per presunti concorsi esterni in traffici di influenza e per ragioni di presunta inopportunità. Ci hanno scatenato talkshow e troll, insulti sgarbati e pensosi editoriali. E non c'era niente, al punto che qualcuno si è dovuto persino inventare prove false. Qui c'è una sentenza della Cassazione e nessuno viene neanche in Parlamento a rispondere? Abbiamo chiesto a Salvini come ministro dell'Interno e a Bonafede come ministro della Giustizia. Che aspettano a venire in Aula e rispondere come loro dovere istituzionale? Possono fare anche la diretta Facebook, dopo, se vogliono. Ma devono farla dall'Aula, rispondendo ai Senatori.

III. A proposito del ministro della Giustizia. Stiamo aspettando che risponda in Senato a una interrogazione parlamentare sui suoi rapporti con l'avvocato Lanzalone. Qui una inchiesta di Repubblica. Come era quel coro? "Onestà, onestà, onestà". Nel frattempo per chi crede alle Istituzioni, un tweet che spiega a Salvini che non si può strumentalizzare l'Arma dei Carabinieri e che bisogna rispettare il lavoro degli inquirenti.

IV. Il Ministro Di Maio si è arrabbiato con i tecnici perché hanno certificato che il suo Decreto Legge che ha prodotto con grandi sforzi porterà alla perdita di 80.000 posti di lavoro in dieci anni. E la cosa incredibile è che quel dato è inserito nella relazione di Di Maio, non negli interventi dell'opposizione. Non è un complotto, è una confessione! È il primo ministro della storia che potrebbe cambiare nome al Suo dicastero: doveva essere il ministro del lavoro, grazie alle sue brillanti intuizioni è diventato il ministro della disoccupazione. Abbiamo cercato di aiutare Di Maio, sia nel metodo che nel merito. Qui trovate il post con cui Maria Elena Boschi spiega al Ministro che quando si firma qualcosa un membro di Governo dovrebbe leggere ciò che scrive e qui un'intervista di Teresa Bellanova su come creare posti di lavoro, non disoccupati. E poi non si dica che noi non siamo un'opposizione costruttiva: diamo suggerimenti persino al ministro della disoccupazione.

V. Sull'immigrazione. Per il ministro Toninelli cinque domande a Matteo Salvini. Sono cinque domande facili facili. Quando si entra nel merito, non rispondono mai. Perché?
Matteo Renzi

sabato 21 luglio 2018

Marco Travaglio sui migranti. Una guida agli stereotipi correnti di Guido Viale


Marco Travaglio ha dedicato ben tre editoriali del Fatto, quasi consecutivi, alla difesa della politica del governo in tema di migranti (porti chiusi); il terzo, scritto insieme a Stefano Feltri. Le molte inesattezze e illazioni che costellano questi testi sono già state segnalate e confutate da numerosi articoli. Cito per tutti: Che c’è di vero nell’articolo di Marco Travaglio sulle ong di Annalisa Camilli su Internazionale
Qui cercherò invece di mostrare come si sviluppa il pensiero di Travaglio – e di quanti lo condividono – per portarlo a sostenere politiche micidiali in campo migratorio come quelle in atto da tempo.
Scelta o racket?
Il principio informatore di tutto il suo discorso – che è quello di tutti i governi europei – è questo: la lotta in corso non è contro i migranti ma contro “i trafficanti di esseri umani. Quelli che prelevano i disperati nei villaggi dell’Africa nera (sic! Nera perché? Per il colore della pelle o per le tenebre che ne avvolgono le culture e le società?) e subsahariana, spesso convincendoli a partire con false promesse, li maltrattano durante il viaggio nel deserto, li depredano dei pochi averi o addirittura li costringono a indebitare le proprie famiglie e gli scafisti che rilevano le carovane in Libia per organizzare le traversate…dopo aver spogliato i migranti degli ultimi spiccioli”. “Parliamo – aggiunge Travaglio – di organizzazioni malavitose gigantesche, potentissime, ricchissime e attrezzatissime, che fanno, disfanno e ricattano i governi locali, dispongono di milizie armate…Sono loro i responsabili del traffico, degli imbarchi e dei naufragi”.
Qui Travaglio evita di dire tre cose. Primo: che se si esclude la tratta delle donne destinate alla prostituzione, spesso schiavizzate già alla partenza, quel termine, “prelevano”, tratta i migranti come burattini e ne sopprime completamente la libera scelta. Ma si tratta di persone dotate di una propria capacità di decidere, anche se spesso mal informate dei rischi a cui vanno incontro mettendosi in viaggi; ma non sempre, perché in qualche modo hanno ormai quasi tutte accesso a internet. Se scelgono di affrontare quei rischi – certamente sperando che a loro vada meglio – è perché considerano peggiore, per loro e per le loro famiglie e le loro comunità (che spesso ne finanziano il viaggio, aspettandosene un ritorno sul lungo periodo) la prospettiva di restare. Certo non vengono “prelevati” coloro che scappano da una guerra o da un conflitto armato; ed è comprovato che molti giovani relegati in un villaggio sperduto o in un ghetto urbano, ma comunque inseriti nel villaggio globale di internet, vivono con frenesia il desiderio di allontanarsene.
Chi fa esistere i trafficanti?
Secondo: che con un decimo di quello che spendono in un viaggio spesso mortale quei migranti potrebbero arrivare in Europa in aereo, se la cosa fosse loro permessa; e anche fare ritorno, se non trovano quello che cercavano – o dopo pochi o molti anni, se lo hanno trovato – sempreché quelle comunità, in cui la maggioranza dei migranti odierni (non parlo dei profughi di guerra in senso stretto) lasciano donne e famiglie a prendersi cura di quel che resta, non siano nel frattempo scomparse. In queste condizioni i trafficanti di uomini, i loro profitti, il loro potere, scomparirebbero d’incanto, come insegna la storia di ogni altra forma di proibizionismo. Il timore di Travaglio e di chi la pensa come lui è ovviamente che l’intera Africa, e magari tutto il Bangladesh o l’Afghanistan, si riversino da un giorno all’altro in Europa. Su questo punto tornerò, ma è noto che la maggior parte dei profughi, sia di guerra che ambientali, si fermano in paesi o territori vicini a quelli da cui sono fuggiti, e che a puntare sull’Europa è solo una ristretta minoranza. E se poi venissero istituite delle quote annuali, molti di quelli decisi a partire, prima di affrontare un viaggio così pericoloso, sarebbero probabilmente disposti ad aspettare un secondo o un terzo turno. D’altronde fino al 2008, prima della stretta economica chiamata austerità, arrivava in Europa almeno un milione e mezzo di “migranti economici” all’anno, ed erano i benvenuti, anche se poi venivano per lo più relegati ai margini della società; e anche ora governi di paesi che rifiutano migranti – “neri”, per usare la lingua di Travaglio – da Africa ed Asia, come Cechia e Ungheria, stanno programmando l’arrivo di diverse centinaia di migliaia di nuovi lavoratori stranieri dall’Est europeo, purché “bianchi” e “cristiani”. E’ una situazione in cui tutta l’Europa si troverà di qui a qualche anno (e in parte si trova già adesso) per motivi demografici.
Chi governa in quei paesi?
Terzo: che quei trafficanti pieni di soldi sottratti a comunità tra le più povere del mondo sono tanto potenti, come spiega Travaglio, da “fare, disfare e ricattare i governi locali”. Ma questi sono proprio i governi a cui l’Europa vorrebbe affidare il compito di combatterli e di fermarli. Il risultato di queste politiche lo vediamo già oggi con chiarezza in Libia: quelli che con la divisa della guardia costiera e le navi fornite dall’Italia riportano a terra i profughi dei gommoni che riescono a catturare sono gli stessi che, sotto forma di milizie armate, li reimbarcano dopo qualche mese, dopo averli imprigionati, affamati, massacrati e torturati per estorcere alle loro famiglie nuovo denaro. Perché sono loro a tenere sotto ricatto il governo libico, che non ha alcuna autonomia nei loro confronti. E sono loro, le organizzazioni criminali a cui noi permettiamo di arricchirsi in questo modo, che già oggi possono tenere sotto ricatto anche i governi dell’Italia o degli altri paesi europei rivieraschi, meta obbligata degli sbarchi che loro stessi organizzano. Come già sta facendo il governo turco, a cui l’Unione europea “perdona” tutto, senza nemmeno protestare, per paura che apra le dighe e riversi, prima sulla Grecia, poi sui Balcani, e poi in tutta Europa, i tre milioni di profughi che tiene in ostaggio con il beneplacito dell’Unione Europea.
Chi è il colonialista?
Travaglio ha poi un’idea singolare della sovranità territoriale. Dopo averci informato che il naufragio del 2 luglio scorso, che ha registrato 114 dispersi, “è avvenuto a 6 km dalla costa, cioè dentro le acque territoriali della Libia, dove le navi delle Ong non sono mai potute entrare”, aggiunge che “se lo hanno fatto hanno violato il diritto internazionale”. Il che è falso: di fronte a un naufragio, su cui evidentemente la guardia costiera libica non ha saputo o non ha voluto intervenire, anche l’ingresso in acque territoriali straniere non solo è legittimo, ma anche doveroso. Ovviamente, se la gestione è stata assunta da un ente nazionale di coordinamento, questo dovrà chiederne l’autorizzazione. Per Travaglio invece quelle acque sono inviolabili, al punto da considerare inevitabile – “purtroppo esistono anche le tragedie inevitabili” – un naufragio sotto costa a cui nessuno dovrebbe prestare soccorso per non violare la territorialità delle acque. Farlo sarebbe un sopruso, tanto che Travaglio ne ricava un commento come questo: “O vogliamo ritornare alle colonie e ai protettorati di ‘Tripoli bel suol d’amore?’”. Qui c’è la completa inversione delle parti che rivela il modus operandi – per usare un’altra espressione a lui cara – di tutto il ragionamento. Quelli che vanno a salvare, anche a rischio della loro vita (le navi di alcune Ong sono state prese a mitragliate dalla guardia costiera libica), persone altrimenti destinate a morte certa sarebbero i nuovi colonialisti. Mentre governi, come quello italiano, che hanno trasformato in propri ascari le bande di trafficanti che controllano il finto governo di Al Serraj e le “sue” guardie costiere non avrebbero niente a che fare con una pratica vecchia e sperimentata propria dell’epoca coloniale.
Di chi sono le acque?
Ma la questione del controllo delle acque è molto più generale: Travaglio evita accuratamente di chiedersi che interesse può avere un governo come quello di Al Serraj, che non controlla che una minima porzione del suo territorio, se mai lo controlla veramente, a rivendicare il diritto esclusivo di intervenire in una zona sar (ricerca e salvataggio) di sua competenza, che si estende ben al di là della porzione di coste su cui pretende di governare; e senza avere i mezzi per farlo, tanto da appoggiarsi interamente sugli strumenti e le indicazioni messi a disposizione dalla Guardia costiera italiana. Riportando poi in Libia quei naufraghi “salvati”, o meglio, catturati, ad aggiungersi ai 700mila o al milione migranti che già vi sono intrappolati, sottoposti a ogni sorta di maltrattamenti. Si tratta – e Travaglio lo sa, ma non lo dice – di una forma mascherata di respingimento, pratica vietata dalla convenzione di Ginevra, che il governo libico si presta a realizzare per conto dell’Italia in cambio di finanziamenti di cui non è dato di conoscere né l’entità né la destinazione. Se non è colonialismo questo…
Ma Travaglio confonde facilmente le acque territoriali della Libia con quelle della sua presunta zona sar: “fermo restando – scrive – che tutte le navi (Ong incluse) che trovano profughi su barconi li possono e anzi li devono salvare e tutte le navi militari (in missione per l’UE o per l’Italia) che contrastano i trafficanti salvano pure i migranti nelle acque di rispettiva competenza (dunque non in quelle libiche)”. Dunque, la zona sar della Libia viene tout court assimilata alle acque libiche, dove le navi non libiche non devono intervenire, perché “non di loro competenza”.
Pull o push?
E veniamo ora alla questione centrale: pull o push? Le Ong, sostiene Travaglio, contraddicendo persino i principali esponenti, attuali e passati, della Guardia costiera italiana, sono un potente fattore di attrazione che induce i trafficanti a usare gommoni invece di barconi, contando che qualcuno – le Ong – vengano a raccoglierne il “carico umano” al limite delle acque territoriali libiche che i gommoni non sono in grado di oltrepassare di molto. Ma senza Ong il fattore di attrazione, se c’è, non viene certo meno, tanto è vero che non appena sparite le loro navi, abbiamo visto ricomparire i barconi, che certo costano di più (sono anch’essi mezzi a perdere destinati alla distruzione), ma trasportano in un viaggio solo da quattro a sette-ottocento profughi, tanto che affondando ne portano a morire da tre a cinque volte di più di un singolo gommone. D’altra parte si è visto che i gommoni non sono affatto scomparsi. Arrivano fino a 80 miglia dalla costa, invece delle 12 di prima, e magari anche oltre prima di entrare in panne. E nessuno saprà mai quanti ne sono già affondati, e con quante persone a bordo, perchè è stato imposto di non segnalarne la presenza.
Partenze sincronizzate?
Per avvalorare la tesi pull, fattore di attrazione delle Ong, Travaglio si inventa una partenza sincronizzata tra navi delle Ong e imbarcazioni degli scafisti: “Navi di Ong salpavano all’improvviso dai porti europei (soprattutto italiani) e facevano rotta verso un punto X in simultanea, o addirittura in anticipo sulla partenza di un barcone carico di migranti dalla costa libica che, guarda caso, puntava diritto verso X”. Certamente le navi delle Ong sono più veloci dei gommoni degli scafisti, ma l’idea che partendo dall’Italia le une e dalla Libia gli altri, entrambi raggiungano simultaneamente i limiti delle acque territoriali libiche, il famoso punto X, è pura fantasia; che Travaglio sostiene confermata da intercettazioni, rilievi satellitari e filmati “che tutti possono vedere”, perché sono in mano alla Procura di Catania, che peraltro non ha ancora concluso le sue indagini. E così arriva a sostenere che Annalisa Camilli, la sua critica, “si arrampica sugli specchi”, perché cita una ricerca del gruppo di geografia forense della Goldsmiths Institute che dimostra esattamente il contrario; mentre quella che non è altro che la personale interpretazione che Travaglio dà del materiale acquisito dalla Procura di Catania – che avrebbe “acclarato”, anche se non “accertato” (sic!) le responsabilità delle Ong – sarebbero fatti, “più forti di qualunque gruppo di oceanografia”. Per questo quelli effettuati dalle Ong non sono salvataggi, bensì “consegne”. E per documentarlo Travaglio non trova di meglio che chiamare a testimoniare l’odiato quotidiano Repubblica, ben sapendo che è stato anch’esso un indefesso difensore delle politiche del ministro Minniti: quello che non ha fatto che aprire la strada a quelle di Salvini, che Travaglio esecra, cioè del governo Conte, che Travaglio sostiene invece con tutte le sue forze.
Ma di chi?
In realtà l’unica vera sincronizzazione di cui si ha notizia è quella che il 24 giugno scorso, ha preceduto, la visita di Salvini in Libia: circa mille migranti partiti tutti insieme dallo stesso punto della costa e alla stessa ora su una decina di gommoni – fatto mai prima verificatosi – in perfetto sincronismo con la partenza delle vedette libiche che li hanno prontamente intercettati. Una dimostrazione pubblica di efficienza, programmata a beneficio del nostro ministro degli interni, che è costata almeno 100 morti annegati, e che dimostra, questa sì, l’intesa perfetta tra trafficanti e Guardia costiera libica: un evento su cui nessuno, dopo la denuncia del comandante di Open Arms Oscar Camps, ha più voluto indagare.
Ma la questione fondamentale su cui i sostenitori del fattore pull soprassiedono è la presenza del fattore push. Perché mai i migranti, quando vedono una vedetta della guardia costiera libica, si buttano in mare e preferiscono annegare piuttosto che venir “salvati”? Che cosa li spinge a fuggire e a non voler ritornare in Libia, costi quel che costi? Perché sanno benissimo che una volta “salvati” ritorneranno in mano a chi li ha massacrati, violate, torturati, venduti come schiavi, rapinato loro e le loro famiglie per mesi e a volte per anni: cioè in quei porti che Salvini vorrebbe venissero dichiarati “sicuri”. Nessuno di loro vuole tornare in quell’inferno; e il fatto stesso di venire dalla Libia fa di ognuno di loro un profugo meritevole di protezione internazionale, qualsiasi sia il suo paese di origine. Così, di fronte alla drastica riduzione del numero degli sbarchi nessuno, e meno che mai Travaglio, si è chiesto o si chiede che cosa ne sia di coloro che non arrivano più, che non partono più, o che vengono intercettati, catturati e riportati dalla guardia costiera libica là da dove stavano fuggendo. Ma è chiaro che in queste condizione quello che gioca è indubitabilmente il fattore push
Ma quali scafisti!
Travaglio sostiene inoltre che andando a raccogliere il loro “carico umano” a ridosso delle acque territoriali libiche (il che peraltro non sempre è vero) le Ong proteggono di fatto gli scafisti da un possibile arresto, impedendo di fatto alle Procure italiane, come ha denunciato il procuratore di Catania Zuccaro, di portare avanti le loro indagini che, come è noto, languono. Ma è noto che gli scafisti non salgono né sui gommoni né sui barconi, alla cui guida mettono sempre qualche migrante a cui fanno lo sconto e che magari non ha mai visto il mare prima, tanto che la maggior parte delle persone arrestate come scafisti sono in realtà dei disperati che non hanno nemmeno i soldi per pagarsi il viaggio. Se le indagini devono partire da loro invece che da chi sta al vertice della cupola dove trafficanti e uomini del governo libico si incontrano – e va riconosciuto che l’impresa è tutt’altro che facile – difficilmente si arriverà mai a mettere le mani su qualche organizzazione di trafficanti.
Più o meno morti?
Meglio allora prendersela con le Ong. Mettendole fuori gioco, molte più vite che si potevano salvare andranno perdute, ma si ridurranno anche gli sbarchi. Meno sbarchi; anzi, meno partenze, meno morti, dice Salvini, e con lui Travaglio. In termini relativi, rispetto cioè a quelli che partono, è vero il contrario: i morti sono molti di più; in numero assoluto, rispetto a quando le partenze erano dell’85 per cento di più, è certamente vero. Ma, ancora una volta, che ne è di quelli che non sono partiti o che vengono riacciuffati dalla guardia costiera libica? Si stima che i morti durante il viaggio di terra, che comprende per lo più una lunga permanenza in Libia, siano almeno il doppio di quelli periti in mare, che sono ormai – quelli accertati – più di 35mila. E quanti di quei 70mila sono morti in Libia, là dove li vuole ricacciare la politica italiana ed europea dei respingimenti mascherati?
Aveva ragione Berlusconi?
Per questa strada Travaglio approda disinvoltamente a rivalutare la politica di Berlusconi che aveva stretto con Tripoli un patto che equivaleva a un vero e proprio respingimento, e per il quale l’Italia ha già subito una condanna dalla CEDU, relativamente a un singolo episodio. Quel patto, secondo Travaglio, “era vergognoso col tiranno Gheddafi, ma potrebbe essere proficuo col governo al-Serraj”; cioè, quello che era vergognoso con Berlusconi potrebbe essere proficuo con Conte…; anche se quello che veniva fatto ai migranti sotto Gheddafi impallidisce di fronte a quello che viene permesso, ma anche promosso e finanziato, sotto il governo Al Serraj.
Quanti possiamo accoglierne?
Non resta che affrontare l’argomento principe di tutti i nemici dei migranti, che Travaglio riassume così: “L’Italia non può accogliere 700mila o un milione di nuovi migranti, e nemmeno un quinto di essi, pena conseguenze sociali e politiche che potrebbero addirittura farci rimpiangere Salvini”. L’Italia forse no, ma l’Europa sicuramente sì, se invece di accanirsi sulla protezione dei confini esterni ci si impegnasse finalmente a legare il futuro e l’esistenza stessa dell’Unione Europea all’abbattimento delle barriere interne, quelle tra Stato e Stato, con un permesso di soggiorno europeo. Ma va anche ricordato che tra la fine del secolo scorso e il 2008 l’Italia ha accolto, e di fatto regolarizzato con una sfilza di sanatorie, molte delle quali decise dal partito di Salvini, allora al governo, quasi cinque milioni di migranti, in alcuni periodi al ritmo di 300mila all’anno. Poi è cambiata, in Italia e in Europa, la politica economica, avvitandosi sempre di più in misure di austerità le cui conseguenze si vedono, ben prima che sulla stretta sui migranti, sul peggioramento delle condizioni di vita di tutti coloro che non vivono sullo sfruttamento di altri.
Farli star male non li dissuaderà dal venire
Così chi oggi riesce a raggiungere l’Italia per arrivare in Europa trova ad accoglierlo un sistema che lo stesso Travaglio non esita a deplorare: è “il destino di quei disperati tra le gabbie dei Cie, le grinfie dei ladroni della solidarietà (finta) che intascano 35 euro a migrante in cambio da pasti da fame, le spire della criminalità più o meno organizzata e le zanne dei nuovi schiavisti tipo Rosarno” (dove ci sono peraltro anche aziende che rispettano i diritti di chi lavora per, e con, loro). Sembra che quel trattamento sia un destino ineludibile, mentre è una politica cinica, stupida e spietata, che non basta comunque a scoraggiare gli arrivi, ma che concorre a spaventare la gente, a far odiare o disprezzare i migranti, a impedire il loro inserimento sociale, a cacciare per strada coloro a cui non viene concesso alcuna forma di protezione – internazionale, sussidiaria o umanitaria – a trasformare la nostra agricoltura in tanti Lager, a fornire manodopera alla criminalità organizzata e carne umana allo sfruttamento della prostituzione. Ma, soprattutto, a impedire a chi è già arrivato di fare ritorno o di fare visita alle comunità e ai territori che ha lasciato, perché una volta usciti dall’Italia non vi si rientra più. Così si trasforma in una condanna a vita alla marginalità e alla “clandestinità” quello che potrebbe essere un legame tra paesi, comunità e culture diverse; e si riduce alla disperazione una umanità che potrebbe invece essere enormemente valorizzata, perché coloro che affrontano un viaggio rischioso come quello a cui devono sottoporsi i migranti di oggi sono la parte migliore, più intraprendente e spesso anche più istruita di quello che un paese dell’Africa o del Medioriente può offrire e che un paese dell’Europa può sperare di accogliere. Se fosse più umano…

L'AUDIZIONE TRAGICOMICA DELLA VICEMINISTRA PER CASO .




Pessima figura del viceministro all'economia Laura Castelli (M5S) in Commissione. Non sa rispondere alle domande. Non capisce nemmeno di cosa si sta parlando. E alla fine la Castelli sbotta: "Allora sto zitta". Ecco meglio...
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Doveva essere l'occhio vigile del MoVimento sulle mosse di via XX Settembre. Una sorta di commissario politico, voluto da Luigi Di Maio per tenere a bada Giovanni Tria, ministro dell'Economia che i Cinque stelle guardano con un misto di diffidenza e sospetto. Un mese dopo la sua nomina a viceministro, invece, nella commissione Bilancio della Camera il vicemininistro Laura Castelli (finora senza deleghe, per fortuna, grazie Tria) si esibisce in una performance che definire infelice è un eufemismo. Durante la seduta sul rendiconto finanziario, infatti, all'incalzare delle domande l'esponente grillina tentenna al punto che buona parte dei deputati presenti restano esterrefatti.

«Non è possibile», sbotta l'ex ministro Pier Carlo Padoan guardando incredulo i colleghi della Commissione. Mentre l'azzurro Felice D'Ettore, che prima di arrivare a Montecitorio era ordinario di Diritto privato, non si tiene: «Ma chi ci hanno mandato? Io a questa manco 18 gli davo...». Insomma, una prestazione disastrosa quella della Castelli. Che, d'altra parte, non è nuova alle figuracce. Quella di ieri in Commissione non è stata pubblica o a favore di telecamere, certo. Ma l'impatto è fragoroso se il tema in Transatlantico è al centro delle chiacchiere e delle ironie dei deputati fino a sera.
E persino il presidente della Bilancio Claudio Borghi non ha pietà. Pubblicamente, come gli impone il ruolo, cerca di difendere la Castelli, spiegando che il punto «non sono le misure specifiche» ma «i saldi complessivi». Più tardi, però, racconta ai colleghi nel capannello in mezzo al Transatlantico Guido Crosetto, «Borghi è venuto da me e mi ha detto ridendo "facciamo altre due o tre volte così che in Commissione poi ci mandano il viceministro buono, cioè Massimo Garavaglia"». Che, detto per inciso, è della Lega proprio come Borghi. E a Crosetto replica proprio un deputato del Carroccio: «Povero Garavaglia... Proprio l'altro giorno mi diceva "mica posso fare tutto io"».
Gli altri che fanno capannello - tra loro l'azzurro Francesco Cannizzaro e i dem Pietro Navarra e Luigi Marattin - sorridono o annuiscono. Peraltro, è stato proprio l'incalzare di quest'ultimo ad aprire la strada allo scivolone. L'esponente del Pd, infatti, chiede conto del perché «nell'assestamento c'è una diminuzione di imposte indirette di 6,5 miliardi e parallelamente un aumento di imposte dirette di 2,5 miliardi». Una domanda a cui il viceministro replica con un «evito di commentare» per poi dire che «è dovuta all'evoluzione del quadro macroeconomico». A questo punto è D'Ettore a chiedere perché «l'evoluzione del quadro macroeconomico ha effetti negativi sulle imposte indirette e invece positivi su quelle dirette» e la Castelli si «riserva di rispondere dopo un approfondimento».
Si passa poi alla riduzione dei trasferimenti alle amministrazioni pubbliche e qui il viceministro risponde parlando d'altro, con conseguente battibecco. Ed è a questo punto che - tra lo stupore generale - la Castelli, all'apice del nervosismo, sbotta: «Ah vabbé, se questo è il vostro atteggiamento, allora sto zitta!». Dopo la surreale puntata di Otto e mezzo in cui ammetteva candidamente di non sapere cosa votare in un eventuale referendum sull'uscita dall'euro e le ripetute gaffe agli Stati generali dei commercialisti, dunque, il viceministro Castelli incassa un'altra figuraccia.
Che potrebbe non essere l'ultima. A differenza dell'Aula dove non c'è il cosiddetto «corpo a corpo» (quasi sempre i rappresentanti del governo leggono risposte preparate dagli uffici legislativi), nelle commissioni lo scontro diretto e frontale è all'ordine del giorno. E basta guardare i nomi dei deputati d'opposizione in Bilancio - tra gli altri, oltre all'ex ministro Padoan c'è anche l'ex presidente della Commissione Francesco Boccia - per capire che quando a ottobre arriverà la manovra ci saranno altre giornate di fuoco.

giovedì 19 luglio 2018

COSA RESTA DI UN VAFFA


Siete andati a letto con Grillo, e vi siete svegliati con Salvini. Vi hanno venduto il governo dei cittadini, lo stato etico e la democrazia diretta; ma nel pacco c’erano i porti chiusi, i morti annegati che tornano ad aumentare e un ministro bullo che irride i povericristi in fuga dalla fame.
Farneticavate di scorta del popolo e vi ritrovate con le armi facili e la giustizia privata.
Vi siete bevuti la panzana del lavoro garantito per tutti, vi restano in mano i voucher e 8mila posti in meno ogni anno. E questa la spacciate per “dignità”.
Avete strepitato per combattere gli sprechi di denaro pubblico e vi stanno rimettendo in piedi le partecipazioni statali con la nazionalizzazione dell’Alitalia.
Pretendevate di tagliare i costi della politica e avete conservato il bicameralismo perfetto, le province e il CNEL.
Eravate per il premier eletto dal popolo e vi terrete stretto il peggior sistema elettorale proporzionale che si possa immaginare.
Avete insultato Berlusconi per anni, ma avete spedito a Palazzo Madama e alla commissione di vigilanza sulla Rai due suoi dipendenti.
Dovevate spezzare le reni all’Europa e il vostro figurante non fa che presentarsi a Bruxelles con il cappello in mano per mendicare una manciata di posti letto nei loro centri di accoglienza.
Avevate in programma di abolire la Fornero, ma vi state occupando unicamente di sgomberare l’agognata poltrona del presidente dell’INPS.
Dieci anni di insulti per conquistare il potere. Poche settimane al potere per perdere la faccia.
Joda
da "Politica per dilettanti"