giovedì 28 marzo 2013

LA VIOLENZA




La violenza in generale è un'azione molto intensa che ha come fine il recare danno grave a una o più persone o animali e compiuta da una o più persone che operano sinergicamente. (Wikipedia)
Il danno che ne deriva non è solo di natura fisica,  lo è anche di natura psichica come nella minaccia, nel plagio, nell'imposizione d'autorità contro la volontà del soggetto; si esprime in un'attività chiamata coercizione o coartazione, in termini immediati, a lunga scadenza, subdolamente, con secondi fini. In tutti questi casi la violenza ha lo scopo di indurre nell'altro comportamenti che altrimenti non avrebbe.
La sociologia  analizza varie forme di violenza, fra le quali i modelli più frequenti sono la violenza diretta, la violenza strutturale e la violenza culturale. Contrapposto a ciò vi è lo stato di natura in cui la violenza non è prerogativa di un singolo attore, la nostra società può essere percepita come la razionalizzazione degli istinti e  della violenza al suo interno. E’ diffusa maggiormente negli ultimi tempi la violenza sessuale su donne e bambini.(violenza che spesso è nascosta dalle vittime per la paura di ulteriori ritorsioni)
Si può considerare violenza ogni abuso di potere e controllo che si manifesta attraverso il sopruso fisico, sessuale, psicologico, economico. Questi diversi tipi di violenza possono presentarsi isolatamente, ma spesso sono combinati insieme: ciò accade soprattutto quando conosciamo chi usa violenza e siamo legate a lui da un rapporto affettivo . Anche nelle aggressioni subite da estranei tuttavia la violenza fisica si può accompagnare a minacce, umiliazioni,  limitazione della libertà di movimento.
Le aggressioni possono essere evidenti (spinte, calci, pugni...), ma a volte sono più sottili, si rivolgono a qualcosa a cui tieni (animali, oggetti, i tuoi vestiti...), ai mobili della casa, a qualcosa che ti è necessario (i documenti, il permesso di soggiorno).Ma c’è la violenza psicologica in cui ritroviamo ogni mancanza di rispetto che offende e mortifica la dignità, ti critica costantemente, ti umilia, ti rende ridicola davanti agli altri, ti insulta...ti segue, controlla i tuoi spostamenti...ti impedisce di vedere i tuoi amici o i tuoi familiari...minaccia di fare del male a te o alla tua famiglia...
a volte minaccia di fare del male a se stesso, o di uccidersi, se le cose non vanno come vuole.
Contariamente a quanto si pensa la maggior parte delle violenze sessuali è opera di persone conosciute: ex partner, amici, vicini di casa, colleghi o persone con le quali esiste un rapporto e che si sentono autorizzati a non rispettare i nostri "no", in qualunque momento essi vengano pronunciati.
Come possiamo spiegare la violenza che domina e avvelena tutta la società, la famiglia, i singoli?
 I motivi sono diversi e le spinte verso il ricorso ad essa sono egualmente svariati: motivi di interesse economico, di interesse politico, e così via. Una sola spiegazione appare però certa e fondamentale: lo scarso valore dato alla vita e all'esistenza dell'uomo che affonda le sue radici in quella concezione che vede l'uomo, padrone del mondo, al centro dell'universo, capace di disporre la realtà esterna a proprio piacimento e di conseguenza agisce per ribaltare tutto quanto la società aveva costruito fino allora nell'ambito della morale, del diritto, delle regole di condotta in genere.
 La violenza come mezzo di evasione e di ribellione ai quadri sociali esistenti, alla necessità del facile guadagno, al disprezzo per la vita. Questo clima ha arrecato un affievolimento persino dei vincoli familiari, alla violenza contro tutti e anche contro se stessi.(Angela)

Gustavo Zagrebelsky, la democrazia alla prova del grillismo


Le guerre nel mondo, i conflitti senza soluzioni, la finanza senza regole, le disuguaglianze che crescono, tra Paese e Paese, tra cittadini e cittadini. «Pare che tutto ci stia sfuggendo di mano - dice Gustavo Zagrebelsky -, sembra che non ci sia più nessuno in grado di formulare un’idea che abbraccia e sia riconoscibile da tutti».

Professor Zagrebelsky, la parola democrazia associata a quella di utopia, di questi tempi, sembra avere un connotato ironico: la democrazia non è più una prospettiva reale? 

«L’idea di fondo di Biennale è pensare all’avvenire in modo da ristrutturare una prospettiva comune. Questo deve fare la cultura politica. La parola utopia c’entra perché significa la proiezione in un futuro di aspirazioni e tentativi di trovare soluzioni alla difficoltà del presente».

Ma l’utopia realizzabile è ancora un’utopia?  

 «Ci sono utopie utopiche, idee consolatorie che permettono di rifugiarsi nell’immaginazione. Si tratta di un esercizio intellettuale sterile. Ma ogni progettazione del futuro deve avere un aspetto utopico. “Per mirare giusto nel bersaglio devi mirare più in alto”, diceva Machiavelli. Lo ricorderà Carlo Ossola parlando dell’utopia in letteratura. I condizionamenti renderanno il risultato finale inferiore al progetto. Ma il progetto bisogna averlo». 


 Alla Biennale ascolteremo dei progetti realizzabili?  

 «Stiamo cercando di far emergere qualcosa di nuovo che già c’è, che cova sotto la cenere, che può costituire energia feconda. Sulla base della premessa, diventata un luogo comune, che per sopravvivere bisogna cambiare. Parleremo di economia, mondializzazione della finanza, economia, produzioni, consumi, modi di produzione che non sperperano risorse ambientali. Nuovi strumenti di partecipazione». 

 A questo proposito il tema di democrazia e Internet è diventato decisivo con il successo della lista di Grillo. Lei crede nella democrazia diretta per via elettronica?  

 
«La questione è questa: la tecnologia informatica applicata ai processi decisionali pubblici, l’idea della sovranità immediata e individuale del singolo, distruggerà la politica a favore di qualcosa che per ora non si sa che cosa sia? Oppure: questi strumenti possono essere usati per rinvigorire la democrazia, renderla più responsabile, più consapevole, in processi di sintesi comune? Il dibattito alla Biennale darà delle risposte». 


 Intanto le prime votazioni alle Camere e la prospettiva dei voti di fiducia hanno già posto la questione della trasparenza del voto dei singoli parlamentari grillini minacciati di espulsione se usciranno dalla linea del «partito».  


 «Questo mi ricorda molto la fase giacobina della rivoluzione francese, quando si era imposto agli elettori di votare in pubblico. È il massimo della libertà democratica o il massimo del controllo dell’esercizio della libertà?». 

 Ed è esplosa la questione del vincolo di mandato, se cioè i parlamentari siano liberi di votare secondo coscienza o se debbano essere vincolati alla linea del partito espressa in campagna elettorale. 

 
«Nelle costituzioni liberali non c’è vincolo di mandato. Nella nostra questo è previsto dalll’articolo 67, legato all’idea che la democrazia, come diceva Hans Kelsen, è un regime mediatorio, cioè un regime in cui le ragioni plurime si devono incontrare fra di loro e trovare punti mediani. La libertà dei rappresentanti, senza vincolo di mandato, esprime questa esigenza che in parlamento - il luogo dove ci si parla - sia possibile perseguire il raggiungimento di quel punto mediano e che l’aula non sia il terreno di battaglia di eserciti schierati per ottenere o tutto o niente. I rappresentanti devono disporre di quel margine di adattabilità alle circostanze rimesso alla loro responsabilità. Ecco, in sintesi direi questo: libertà del mandato, uguale responsabilità; vincolo di mandato, uguale irresponsabilità, ignoranza totale delle qualità personali dei rappresentanti, mortificazione delle personalità». 

 È una norma che appartiene a tutte le costituzioni liberali?  

«Certo, viene dalla rivoluzione francese, prima del giacobinismo. Non c’era in quella sovietica, né in quella della Comune di Parigi, che però non appartengono alla nostra tradizione costituzionale democratica». 


La crisi della democrazia è però innegabile, questioni come rappresentanza, partecipazione, efficacia delle decisioni sono d’attualità anche nei sistemi più giovani. 

«Ma almeno per ora tutti si dichiarano democratici. Non c’è ancora nessuno che si sia alzato per dire: basta con la democrazia, c’è un modello migliore. Semmai si dice: questa democrazia, la nostra, non ci piace, non funziona. Ma ciò significa che resiste l’idea di fondo che c’è una democrazia alla quale dobbiamo mirare. Per il momento democrazia resta una parola universale».  

Però è giustificato dire che questa nostra democrazia è in crisi e non funziona?  

«C’è una legge universale della politica secondo cui i regimi politici con il passare del tempo (qualcuno ha detto nel giro di una cinquantina di anni) tendono a chiudersi su se stessi, a diventare oligarchie, gruppi chiusi di potere, degenerazione della democrazia, dove la distanza tra elettori ed eletti appare incolmabile».  


 È esattamente quello che percepiamo oggi in Italia, le elezioni ne sono state la dimostrazione. Professor Zagrebelsky, ce la farà la nostra democrazia?  

 «Se riesce a riaprirsi, a combattere i gruppi chiusi, i “giri” nascosti del potere, e riesce a far sentire i cittadini partecipi della cosa pubblica e non espropriati. Quando si parla di rinnovamento della democrazia si intende proprio questo. I gesti simbolici come la riduzione del numero dei parlamentari, il taglio delle spese che favoriscono i parassitismi politici. Se si riuscirà a fare ciò anche utilizzando virtuosamente i nuovi strumenti della comunicazione politica potremo dare una risposta positiva alla domanda che fu di Norberto Bobbio in uno dei suoi ultimi saggi: la democrazia ha un futuro?». 


E se questo non succederà?  



«Peggio per noi e per i nostri figli».  (LASTAMPA.it)
 

lunedì 25 marzo 2013

I treni della morte che vi passano accanto

Due anni fa ci fu il terribile incidente di Fukushima. Si verificò subito dopo il referendum nel quale gli Italiani ribadirono la propria contrarietà al nucleare. Ciononostante, ogni mese, tonnellate di scorie nucleari ad altissima radioattività viaggiano sui binari ferroviari delle nostre città, senza che la popolazione ne venga messa al corrente.
 Ho chiesto a Stefano Ciafani, vicedirettore nazionale di Legambiente, di raccontarlo al blog.
 I TRENI DELLA MORTE intervista a Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente





Il nostro Paese continua ad essere interessato, ormai da qualche anno, dall’esportazione soprattutto di barre di uranio irraggiato, ovvero il combustibile che veniva utilizzato nelle quattro centrali italiane che erano in funzione fino agli anni ’80, e che poi fortunatamente sono state spente grazie al referendum approvato e poi votato dalla maggioranza degli Italiani nell’’87. Quelle barre vengono esportate su rotaia, e dovrebbe essere segnalato chiaramente agli abitanti dei territori che vengono attraversati. Cosa che succede abbastanza normalmente negli altri Paesi. Noi non stiamo facendo nulla di tutto ciò.
 In questo periodo la direttrice principale è Piemonte- Francia, anche se qualche mese fa c’era stato un viaggio, di cui non si è parlato adeguatamente e che ha scatenato molte polemiche sul territorio, che dalla provincia di Vercelli doveva andare verso Trieste, perché in quel caso i rifiuti radioattivi sarebbero stati imbarcati su una nave per essere poi destinati all’esportazione via mare. Diciamo che ci sono magari differenze nelle tratte, ma la costante è la totale assenza di corretta informazione su questi viaggi molto pericolosi che, se in alcuni casi sono inevitabili, devono esser fatti nel rispetto delle norme, nel rispetto della giusta necessità da parte dei cittadini di essere informati. E questo purtroppo non si sta facendo. 
 I treni con le scorie radioattive viaggiano sui binari tradizionali: quindi sulle ferrovie che vengono ogni giorno seguite dai treni dei pendolari, dai treni di chi si sposta da una città all’altra piuttosto che dai treni merci. Ed è per questo che è fondamentale informare le popolazioni, perché ad esempio quei treni passano nelle stazioni, dove magari ci sono persone che stanno aspettando il treno per andare al lavoro, o per andarsene in un’altra città o per andarsene in vacanza e magari rischiano di vedersi passare il treno coi rifiuti radioattivi davanti senza saperlo. Ecco, questo è il punto: si deve rendere consapevole la popolazione che a quell’ora, in quella stazione ferroviaria, oppure a quell’ora, a quel passaggio a livello, oppure a quell'ora, davanti a una casa, passa il treno. Si devono informare tutti che sta passando un treno coi rifiuti radioattivi. Chi non vuole starci, accanto a un treno coi rifiuti radioattivi, deve essere adeguatamente informato perché si deve allontanare quantomeno per quei minuti in cui il treno sta passando. Se non si dice a che ora e dove passerà il treno, i cittadini non potranno scegliere, saranno in qualche modo obbligati a subire il passaggio del treno con le scorie.
 La legge esiste. Viene previsto l’obbligo della corretta informazione. Il vuoto sta nella politica locale e nel network delle prefetture e dei territori che vengono interessati dal passaggio del treno, che non fanno quello che è previsto dalla norma. Questa è la cosa più grave che abbiamo denunciato per l’ennesima qualche lunedì fa. Un treno di scorie è più sicuro rispetto alle scorie che possono viaggiare su un TIR, su gomma, ma è possibile che si verifichino incidenti ferroviari. I cittadini devono essere informati sugli scenari possibili, anche quelli più catastrofici, che speriamo non si concretizzino mai. Senza un'adeguata informazione aumentano i rischi di coinvolgimento delle popolazioni o dei territori in potenziali incidenti. Dovremmo imparare dagli altri Paesi: continuiamo a gestire questa partita in maniera sbagliata, e questo finisce per creare inutili polemiche, che a loro volta producono tanti ritardi. Ma si tratta di ritardi voluti da chi decide di realizzare le opere: pensano di poter fare le cose alla chetichella, ma poi questa mancata informazione si paga. In Francia esiste una legge da diversi anni: la legge sul cosiddetto dibattito pubblico che prevede una fase di consultazione vera del territorio che sarà oggetto di questa nuova infrastruttura stradale, autostradale, ferroviaria, impiantistica eccetera... Insomma c’è una fase di discussione, a volte anche accesa, nella quale si mette in discussione il progetto o i suoi dettagli. Si perde un po’ di tempo prima, ma poi quel tempo che tu perdi prima dell’approvazione dell’impianto lo recuperi nel momento in cui l’impianto o l’infrastruttura trasportistica la devi realizzare, dopo.
Stiamo facendo una cosa molto discutibile: inviamo i nostri rifiuti radioattivi all’estero, negli impianti di riprocessamento delle scorie. Li inviamo in quello francese piuttosto che in quello inglese di Sellafield. Poi le barre, dopo essere state trattate adeguatamente, vengono rispedite al mittente, nella loro parte, diciamo, di rifiuto, con tutto il loro contenuto altamente radioattivo. Quel tipo di radioattività decade con intervalli di tempo lunghissimi: si parla di decine di migliaia di anni. Questi rifiuti torneranno in Italia vetrificati, cementificati, ma con tutto il loro contenuto radioattivo che dovrà essere depositato nel famigerato deposito nazionale di rifiuti radioattivi che ancora ad oggi non è stato realizzato, e che ancora ad oggi non è stato neanche localizzato, dopo il folle percorso che il governo Berlusconi nel novembre del 2003 decise di imboccare quando decise la localizzazione di Scanzano Jonico in Basilicata. Volevano realizzare un deposito di rifiuti radioattivi senza aver fatto la minima condivisione con il territorio. Non lo sapevano gli enti locali, non lo sapevano i cittadini, non lo sapevano le categorie produttive, gli agricoltori e gli operatori turistici. Il risultato fu che come ricordiamo tutti la Basilicata fu bloccata dalle proteste popolari per un mese. E dopo un mese, il governo Berlusconi fece il secondo errore: dopo aver individuato un sito senza condividerlo con nessuno, decise di ritirare quella localizzazione, creando un precedente assolutamente pericoloso perché innanzitutto non abbiamo bisogno di un deposito per rifiuti ad alta attività, visto che fortunatamente dalla fine degli anni ’80 non ne produciamo più (e mi auguro non ne produrremo più, visto che il NO al nucleare detto in maniera chiara dagli Italiani nell’’87 è stato ribadito poi con altrettanta forza nel referendum del 2011).
 Quei pochi rifiuti radioattivi ad alta produttività, l’Italia può stoccarli in quelli che la direttiva europea sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi definisce depositi internazionali, nei confini europei, magari realizzati in quei Paesi che continuano a produrre elettricità dall’atomo, e che quindi continuano a produrre rifiuti radioattivi. Tuttavia, dalla fine degli anni ’80, continuiamo a produrre ogni anni circa 2 mila metri cubi di rifiuti radioattivi a media e bassa attività, che sono i rifiuti che sono prodotti nell’industria, piuttosto che negli ospedali, piuttosto che nei centri di ricerca. Ecco, li stiamo producendo anche nel 2013 e, quindi, è comunque necessario individuare uno o più siti che li possano ospitare, per le decine di anni in cui quei rifiuti continueranno ad emettere radioattività. Per questo genere di scorie in qualche modo bisognerà trovare una sistemazione nei confini nazionali. Ma  con il precedente di Scanzano ora sarà complicatissimo anche trovare una localizzazione per i rifiuti a media e bassa attività. Quindi è stato fatto un doppio disastro dall’allora governo Berlusconi, che purtroppo ancora oggi paghiamo perché, ad esempio, le scorie che stiamo inviando in Francia, le scorie che abbiano inviato nel passato in Gran Bretagna, quelle torneranno indietro, qui, con tutto il loro corico di radioattività. E noi, ad oggi, non sappiamo dove metterle. Non abbiamo neanche firmato un accordo con un altro Paese, nel rispetto della direttiva europea, per conferirli. Ad oggi, è bene ricordare che nessun Paese del mondo ha realizzato un deposito per rifiuti ad alta attività, un deposito definitivo. E non ce n’è neanche uno in attività. L'unico che c'è, negli Stati Uniti, è per rifiuti nucleari derivanti dalle attività militari, ma un deposito per rifiuti radioattivi civili non è attivo, parlo di depositi definitivi. E questo dimostra, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la follia che sta dietro a questa tecnologia per produrre elettricità, in Europa così come nel resto del mondo.
(http://www.byoblu.com/post/2013/03/23/Quei-treni-della-morte-che-vi-passano-accanto.aspx#continue )





mercoledì 20 marzo 2013

La distruzione delle Alpi Apuane

 Tanti anni fa, ero bambino, transitando dalle parti della Versilia in tarda primavera e guardando verso l’interno, mi stupii nel vedere la neve sulle montagne. Poi mi dissero che quella non era neve, erano le cave, erano di marmo e luccicavano al sole. Accidenti, quante erano quelle cave…
Trascorsero gli anni e le Alpi Apuane divennero un parco della regione Toscana nel 1985. Ma un parco può essere anche di carta, in particolare se non esiste, se non viene emanato un piano del parco. Ed il piano non c’è ancora oggi.

Del resto, diciamolo, istituire un parco con all’interno l’attività estrattiva più proficua d’Italia e che costituisce praticamente l’unica attività industriale del comune di Carrara è forse un po’ azzardato. Come si fa a porre limiti allo strapotere dei cavatori?

Detto del fatto che il parco fa il solletico alle imprese di estrazione, almeno però ci si potrebbe attendere che tutto rimanga com’era: che le cave continuino l’attività, che le cime delle Apuane si abbassino un poco ogni anno, insomma un fenomeno tipicamente made in Italy come tanti altri.
E invece non finisce qui, purtroppo.

Adesso ci si mettono anche i trafori. Ed è così che l’Anas, su sollecitazione dei cavatori, ma formalmente in seguito ad un accordo che a suo tempo fu stipulato fra Regione Toscana e l’allora Ministro dell’Ambiente (nonché, se ricordo bene, cacciatore) Altero Matteoli, ha consegnato in data 11 ottobre 2012 il progetto di fattibilità del traforo del Monte Tambura (seconda cima in ordine di altezza delle Apuane) al Comune di Vagli di Sotto e al Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti.
Possiamo dire che l’opera si presenta come demenziale? Massì, diciamolo.

E’ situata all’interno del Parco Regionale delle Alpi Apuane, dove sono presenti siti di interesse comunitario ed il Parco è stato inserito tra i Geoparchi dell’Unesco. Devasterebbe uno dei complessi carsici più importanti d’Italia e del mondo ricco con  grotte ramificate, cavità (150 registrate nel catasto speleologico toscano), abissi (sei superiori a 1000 m di profondità), laghi e fiumi sotterranei in parte ancora inesplorati. Comporterebbe inquinamento e probabile essiccazione della rete idrica profonda più importante di tutta la Toscana, il cui bacino si estende dalla Garfagnana, alla Lunigiana, alla Versilia. Il Tambura infatti è al centro di un esteso e ramificato sistema di acque di profondità, uno dei più importanti della Toscana.

Il tutto per cosa? Per poter raggiungere direttamente  dalla statale 445 della Garfagnana la strada dei marmi appena aperta dal comune di Carrara, all’altezza di Colonnata. In tutto 20,8 km di strada, con l’attraversamento di tre vallate.

Povera terra di Dante: il disastro del Mugello, fra un po’ la stazione dell’archistar, le cave delle Apuane, il traforo del Tambura, l’autostrada tirrenica…Mi dimentico qualcosa? (http://tentor-maurizio.blogspot.it/2013/03/anche-nei-parchi-il-disastro-ambientale.html?spref=fb)


domenica 17 marzo 2013

Il discorso di Laura Boldrin

Care deputate e cari deputati,
permettetemi di esprimere il mio più sentito ringraziamento per l’alto onore e la responsabilità che comporta il compito di presiedere i lavori di questa Assemblea.
Vorrei, innanzitutto, rivolgere il saluto rispettoso e riconoscente di tutta l’Assemblea e mio personale al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano , che è custode rigoroso dell’unità del Paese e dei valori della Costituzione repubblicana.
Vorrei, inoltre, inviare un saluto cordiale al Presidente della Corte costituzionale e al Presidente del Consiglio. Faccio a tutti voi i miei auguri di buon lavoro, soprattutto ai più giovani, a chi siede per la prima volta in quest’Aula .
Sono sicura che, in un momento così difficile per il nostro Paese, insieme riusciremo ad affrontare l’impegno straordinario di rappresentare nel migliore dei modi le istituzioni repubblicane.
Vorrei rivolgere, inoltre, un cordiale saluto a chi mi ha preceduto, al Presidente Gianfranco Fini, che ha svolto con responsabilità la sua funzione istituzionale .
Arrivo a questo incarico dopo avere trascorso tanti anni a difendere e a rappresentare i diritti degli ultimi, in Italia come in molte periferie del mondo. È un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera. Farò in modo che questa istituzione sia anche il luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno. Il mio pensiero va a chi ha perduto certezze e speranze. Dovremo impegnarci tutti a restituire piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri. In questa Aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità di questa istituzione si misura anche nella Pag. 35capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno. Questa Aula dovrà ascoltare la sofferenza sociale di una generazione che ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia .
Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore , ed è un impegno che fin dal primo giorno affidiamo alla responsabilità della politica e del Parlamento.
Dovremo stare accanto a chi è caduto senza trovare la forza o l’aiuto per rialzarsi, ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante, come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.
Dovremo dare strumenti a chi ha perso il lavoro o non lo ha mai trovato, a chi rischia di smarrire perfino l’ultimo sollievo della cassa integrazione, ai cosiddetti esodati, che nessuno di noi ha dimenticato , ai tanti imprenditori che costituiscono una risorsa essenziale per l’economia italiana  e che oggi sono schiacciati dal peso della crisi, alle vittime del terremoto e a chi subisce ogni giorno gli effetti della scarsa cura del nostro territorio .
Dovremo impegnarci per restituire fiducia a quei pensionati che hanno lavorato tutta la vita e che oggi non riescono ad andare avanti .
Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con l’intensità e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore e inesplorata di un disabile.
In Parlamento sono stati scritti questi diritti, ma sono stati costruiti fuori da qui, liberando l’Italia e gli italiani dal fascismo .
Ricordiamo il sacrificio di chi è morto per le istituzioni e per questa democrazia. Anche con questo spirito siamo idealmente vicini a chi oggi, a Firenze, assieme a Luigi Ciotti, ricorda tutti i morti per mano mafiosa (Prolungati applausi). Al loro sacrificio ciascuno di noi e questo Paese devono molto. E molto, molto, dobbiamo anche al sacrificio di Aldo Moro e degli uomini della sua scorta , che ricordiamo con commozione oggi, nel giorno in cui cade l’anniversario del loro assassinio.
Questo è un Parlamento largamente rinnovato. Scrolliamoci di dosso ogni indugio nel dare piena dignità alla nostra istituzione, che saprà riprendersi la centralità e la responsabilità del proprio ruolo. Facciamo di questa Camera la casa della buona politica , rendiamo il Parlamento e il nostro lavoro trasparenti, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani .
Sarò la Presidente di tutti, a partire da chi non mi ha votato. Mi impegnerò perché la mia funzione sia luogo di garanzia per ciascuno di voi e per tutto il Paese. L’Italia fa parte del nucleo dei fondatori del processo di integrazione europea. Dovremo impegnarci ad avvicinare i cittadini italiani a questa sfida, a un progetto che sappia recuperare per intero la visione e la missione che furono pensate con lungimiranza da Altiero Spinelli . Lavoriamo perché l’Europa torni ad essere un grande sogno, un crocevia di popoli e di culture, un approdo certo per i diritti delle persone, appunto un luogo della libertà, della fraternità e della pace.
Anche i protagonisti della vita spirituale e religiosa ci spronano ad osare di più. Per questo abbiamo accolto con gioia i gesti e le parole del nuovo pontefice, venuto emblematicamente dalla fine del mondo.
A Papa Francesco il saluto carico di speranza di tutti noi.
Consentitemi un saluto anche alle istituzioni internazionali, alle associazioni e alle organizzazioni delle Nazioni Unite, in cui ho lavorato per 24 anni, e permettetemi, visto che questo è stato fino ad oggi il mio impegno, un pensiero per i molti, troppi morti senza nome che il nostro Mediterraneo custodisce .
Un mare che dovrà sempre più diventare un ponte verso altri luoghi, altre culture, altre religioni.
Sento forte l’alto richiamo del Presidente della Repubblica all’unità del Pag. 36Paese. Un richiamo che quest’Aula è chiamata a raccogliere con pienezza e convinzione. La politica deve tornare ad essere una speranza, un servizio, una passione .
Stiamo iniziando un viaggio, oggi iniziamo un viaggio: cercherò di portare, assieme a ciascuno di voi, con cura e umiltà, la richiesta di cambiamento che alla politica oggi rivolgono tutti gli italiani, soprattutto i nostri figli.Grazie, Laura Boldrin

Tibet: monaco si autoimmola



Lo scrive l'agenzia Nuova Cina e la notizia e' stata confermata anche da fonti di associazioni che si battono per i diritti dei tibetani. Nyage Sonamdrugyu, di 40 anni conosciuto come Sopa, si e' dato fuoco ieri mattina nella citta' di Gyumai, nella contea di Darlang, nella provincia nord occidentale del Qinghai.
Il monaco era molto venerato ed è morto mentre una folla inferocita ha protestato contro le autorita' cinesi per ottenere il suo corpo. Apparteneva al monastero di Nyanmo, nella prefettura autonoma tibetana di Golog in Qinghai, ai confini con la regione autonoma del Tibet. Gestiva un orfanotrofio a Darlang e aveva molti seguaci ai quali insegnava la dottrina buddista. L'uomo era ritenuto un Rinpoche, un buddha vivente ed era molto conosciuto. Soccorso, e' morto in ospedale, e i suo resti sono stati gia' restituiti alla famiglia per i funerali, dopo che molti suoi seguaci hanno manifestato contro le autorita' di polizia di Dari che ne detenevano il corpo. E' considerato al momento il monaco piu' importante che fino ad ora si e' immolato. Prima di darsi fuoco, Sopa e' salito su una collina, ha bruciato incenso, ha pregato e ha distribuito molti volantini nei quali annunciava che stava facendo l'estremo atto "non per la sua gloria personale ma per il Tibet e per la felicita' dei tibetani". E' il 15esimo monaco che si immola dal marzo scorso, (il terzo quest'anno=, dopo che due persone, un monaco e un laico (il primo in ospedale il secondo morto) si sono dati fuoco nella prefettura di Ngaba (Aba per i cinesi), nella provincia del Sichuan, venerdi' scorso.
Il 20 febbraio, le autorita' cinesi hanno arrestato sei monaci di un monastero in Tibet dopo alcune proteste a favore dell'indipendenza e del ritorno del Dalai Lama. Lo riferisce il sito di Radio Free Asia. Secondo le informazioni disponibili, le proteste dei monaci del monastero di Drakdeb nella contea di Markham (in cinese, Mangkang) nella Regione Autonoma del Tibet sarebbero scaturite a seguito della decisione del governo di Pechino di effettuare una sorta di ''rieducazione politica'' nel monastero.6 monaci sono stati arrestati dopo la protesta.(fonte)

sabato 16 marzo 2013

LIBERO O LIBERALE ?

LIBERO O LIBERALE ?

Bellissima e dotta la dissertazione su Liberalismo, Liberismo e via di seguito del caro amico Giovanni Acerboni. Le sue parole hanno per me il credito che do a chi sa esprimersi con le parole influenzate dalla vita di chi ha fatto esperienza in una scuolaa mio avviso insostituibile: l'ambiente alpino. Le Alpi sono il mio mondo, la mia terra, la materia con cui sono costruito, a volte aspra come la roccia, o gelida come il ghiaccio, ma generosa di sole e di ampi spazi, in cui la libertà assume un senso compiuto, e condiziona la tua visione del mondo, dalla prospettiva delle alte quote, in cui le vallate sotto di te sembrano cose modeste, che non sono artefici della tua emozione. Dal cielo puoi vedere la terra ; dalla terra non puoi vedere il cielo, ma soltanto le stelle nelle limpide notti di vento, stelle t roppo lontane per essere comprese. In montagna impari la Libertà, che è fatta di rischio, fatica, responsabilità di scelte che possono anche rivelarsi mortali, e se non sei solo impari anche l'importanza del gruppo, del compagno di cordata da cui può dipendere la tua via o la tua morte. Imparare questo significa imparare a vivere.

Ma di questa parola sublime, LIBERTA' , che giustifica ai miei occhi le ragioni stesse dell'esistenza, si fa troppo spesso un uso improprio, come della parola AMORE, che della libertà è la naturale faccia opposta : AMORE e LIBERTA' : le due facce di una medaglia Senza prezzo. Ed è portando al collo questa medaglia invisibile che mesi fa decisi di entrare in questo movimento, dopo aver deciso molti mesi prima, di lanciare in rete parole in libertà, idee, speranze, valori.
Sono entrato in un movimento LIBERALE ma forse non libertario, forse non LIBERO. Le parole traggono in inganno con la loro sinteticità, dietro la quale chiunque può nascondersi , accampando a buon diritto di potersene fregiare, perchè queste parole non sono tutelate da alcun marchio esclusivo e chiunque ne può fare scempio. Come tu giustamente dici Giovanni parole come LIBERISMO hanno assunto connotazioni diverse nel tempo, rispetto ai significati che i primi ad usare queste parole avrebbero voluto dare loro.

Quindi io esito a dirmi liberale, o liberista, o qualsiasi altra cosa, perchè sono semplicemente un uomo LIBERO, libero dentro, nel mio cuore, condizionato dalle cose nella mia esistenza terrena, che frappongono molti paletti tra me e la mia libertà. Ecco quindi che per distinguere il mio pensiero e le mie parole in questi dibattiti politici io spesso uso un termine che non mi risulta così comune ed abusato, dicendo che FARE è, o meglio deve essere, un movimento LIBERAL POPOLARE, un accoppiamento di termini stridente per qualcuno che accoppia la parola popolare al mondo della sinistra, a sua volta accoppiato al mondo marxista o perlomeno socialista. Per chi come me crede nella libertà come valore tra i valori e crede al medesimo tempo che il solo limite della libertà debba essere la libertà degli altri, la sintesi Liberal-Popolare vuole esprimere questo concetto di libertà partecipata, poeticamente anticipato dall'inestimabile e compianto Giorgio Gaber che ebbe a dire " ... perchè libertà è partecipazione .. ".

Ecco quindi lo spunto che mi dà il bell' articolo di Giovanni Acerboni: io piccolo uomo tra tanti piccoli uomini, mortale, e come tale ospite temporaneo di questo mondo contraddittorio ma anche meraviglioso, voglio essere uomo libero tra uomini liberi, dove ciascuno abbia il diritto di essere e di sentirsi libero, nella società, come in economia, nelle sue possibilità di espressione e comunicazione, nelle sue relazioni con altri uomini liberi come lui, dove a nessuno sia concesso di fare uso del proprio potere per limitare la libertà individuale se non nella misura in cui tale libertà sia limitante di quella altrui. Credo che questo "vangelo" debba essere la cartina di tornasole per chiunque voglia dirsi Liberale, o Liberista, o Libertario o comunque attribuirsi una qualsiasi etichetta che faccia capo al concetto fondativo e prevalente di LIBERTA'.(Franco Puglia)

mercoledì 13 marzo 2013

Nipoti delle Stelle: zio Grillo incorona vicepresidente del partito il figlio del fratello.

“Il Merito”. “La democrazia partecipativa della rete”. “L’Onestà”. “L’Uguaglianza”. Beata retorica nuovista dei bei pensieri e delle buone parole. La retorica dei FIGLI DELLE STELLE ( cinque ), che però si scontra con la realtà dei vecchi sistemi, quelli peraltro già sperimentati con certo successo dall’estinto (politicamente) Antonio DiPietro (IDV): partito politico a dimensione familiare con moglie e figlio a condividere i Valori … immobiliari.
L’irresistibile attrazione del sangue. La stessa a cui non ha saputo resistere nemmeno il vecchio Grillone, gestore unico della setta a cinque stelle, che ha piazzato nello statuto (segreto) del movimento il nipote Enrico (chi?) a vicepresidente. Sarebbe il figlio del fratello, con buona pace del Blog, della Rete e del “siamo tutti uguali difronte alla raccolta differenziata”.
Nello stesso statuto il comico genovese viene descritto un po’ più di quel megafono che lui stesso ama autodefinirsi. Egli infatti è Presidente ed ha la titolarità assoluta del contrassegno e della pagina del blog. È così, archiviata per un momento la supercazzola dei MeetUp, della rete e dei dibattiti virtuali, ciò che alla fine rimane è che zio e nipote detengono il dominio formale sulla “setta” . Attendendo che si realizzi quanto pragmaticamente predetto dallo stesso Statuto di Grillology ( la convivenza armoniosa tra gli uomini ) annotiamo ancora una volta l’applicazione della famosa Legge Della Maniglia : “ogni partito c’ha la sua famiglia” .


domenica 10 marzo 2013

Non in Italia e neppure in Europa


Ma non si potrebbe fare in modo che, una volta chiusa la fabbrica per delocalizzarla all'estero, nessuna autovettura o motocicletta possa entrare in Italia e in Europa (una volta tanto veramente unita) con pneumatici di questa multinazionale? oppure mettere una tassa di ingresso?

Bari, chiude stabilimento Bridgestone: Passera scrive ai vertici multinazionale
“La chiusura dello stabilimento è grave e immotivata” per il ministro dello Sviluppo Economico: “Sulla volontà di chiudere lo stabilimento pugliese, il Gruppo Bridgestone avrebbe dovuto discutere e confrontarsi con il governo e con le istituzioni competenti così da permettere l’individuazione di soluzioni diverse da quella comunicata”. Vertice a Roma
Bisognerà attendere giovedì 14 marzo per capire se i 950 operai dello stabilimento Bridgestone di Bari, dovranno andare a casa oppure avranno qualche speranza di salvare il proprio posto di lavoro. Per quella data, infatti, è stato convocato un incontro presso il Ministero dello Sviluppo Economico, al quale prenderanno parte anche i rappresentanti del ministero del Lavoro, della Regione Puglia, del Comune di Bari e delle organizzazioni sindacali.

La posizione del governo è chiara. “La chiusura dello stabilimento è grave e immotivata”. Lo ha scritto il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera in una lettera al CEO della casa madre giapponese, Masaaki Tsuya. Il responsabile del dicastero nella missiva non ha mancato di sottolineare come, “sulla volontà di chiudere lo stabilimento pugliese, il Gruppo Bridgestone avrebbe dovuto discutere e confrontarsi con il governo e con le istituzioni competenti così da permettere l’individuazione di soluzioni diverse da quella comunicata”. Di qui la richiesta, in tempi strettissimi, di comunicare qualsiasi altra decisione e soprattutto di fornire tutti i chiarimenti richiesti.

Da quando tre giorni fa la multinazionale ha comunicato la decisione di chiudere la sede barese, le istituzioni si sono mobilitate per fare il possibile per evitare l’abbattersi in Puglia dell’ennesima vertenza occupazionale. La proposta più forte è arrivata dal sindaco di Bari. “Nel caso in cui il sindacato dovesse decidere per forme di lotta più incisive, come l’occupazione dello stabilimento – ha detto Michele Emiliano – la città e il sindaco in persona saranno dalla parte degli operai e occuperanno la fabbrica”. Il governatore della Puglia, Nichi Vendola, invece, ha contestato le modalità con cui l’azienda ha informato i lavoratori della decisione assunta. “Abbandonare il campo senza avvisare è un atteggiamento che manifesta arroganza e violenza inaccettabili”.

Primi tentativi di mediazione ci sono stati. A Bari il presidente di Confindustria Puglia, Angelo Bozzetto, ha tentato di parlare con i manager aziendali. In quell’occasione l’amministratore delegato Roberto Mauro, ha tenuto a precisare che “prima dell’incontro presso il Ministero dello Sviluppo Economico, non saranno avviate procedure di riduzione di personale né trasferimento di macchinari e stampi”. Ma al termine del vertice, il parere di Bozzetto è stato chiaro. “Qui non stanno scappando perché hanno preso il malloppo. Stanno scappando via perché non ci sono più le convenienze economiche. Ed è su questo punto che ci dobbiamo confrontare”.

La decisione della multinazionale giapponese è arrivata come una doccia fredda tre giorni fa. Lunedì il management ha comunicato agli operai la scelta tramite una videoconferenza. Per chi c’era. Gli altri lo hanno saputo con il tam tam sui social network . Nulla era immaginabile fino a cinque minuti prima della comunicazione ufficiale. Qualche piccolo segnale di crisi c’era anche stato, ma non certo di questa portata. “Si c’è stata una contrazione del mercato” dice un lavoratore. “Ma c’erano utili e numeri. Nessuno ci ha mai detto che la vitalità poteva essere breve”. “La filosofia giapponese ci ha sempre inculcato la lealtà. E ora proprio loro sono i primi a tradirci”, dice un altro.

Le spiegazioni rese dal colosso sono quelle classiche. Calo della domanda, concorrenza dei Paesi emergenti, costi troppo alti, cambiamenti avvenuti nell’ultimo biennio nel mercato degli pneumatici. Di qui la necessità di accelerare lo spostamento strategico della propria produzione verso il segmento degli pneumatici di alta gamma. E lo stabilimento di Bari, è focalizzato su quelli di uso generico. “Bridgestone ha aperto una fabbrica a Poznan, in Polonia – fa notare un operaio – e da due mesi i nostri stampi sono già stati portati fuori per l’esternalizzazione e i minori costi”. A Bari i cancelli del colosso nipponico chiuderanno non più tardi della prima metà del 2014. E l’elenco della mortalità delle aziende si allunga paurosamente.
(Fonte) (dal blog Il mio canto libero)

mercoledì 6 marzo 2013

IL CACCIATORE DI MOSCHE

Il racconto si snoda con un'agilità e una grazia espositiva che a volte suscitano il sorriso, a volte costringono ad una partecipazione emotiva molto intensa. Ci si affeziona ai personaggi in maniera spontanea, e questo è il risultato più encomiabile cui  può aspirare un romanzo.
Ho tratto per voi un piccolo stralcio che mi ha coinvolta emotivamente in modo intenso:
"Si era ormai fatto tardi, ma non andai subito a casa, mi fermai sulla collina per restare un po'  solo con me stesso e con la notte. Vedere se stessi è la cosa più difficile, i pensieri, le emozioni, le sensazioni girano a velocità pazzesca, non puoi fermarti su qualcosa che subito cambia senza nemmeno che te ne accorgi, tutto va, rotola, in automatico. Restare in solitudine, con la fioca luce della notte, nel silenzio, il turbine un po' si acquieta, come le onde del mare senza vento.
Mi ero fermato un poco distante da una casa; era stata una giornata calda, alcune persone sedute nel cortile si godevano il fresco e parlavano a bassa voce, in allegria. Di fronte a me le luci scintillanti della pianura e la sagoma delle colline, una dietro l'altra, illuminate dalla luna quasi piena.
Sentivo dentro di me una pace profonda e un senso di unità con ogni cosa, come se i confini fra me e il resto dell'universo fossero improvvisamente caduti, regalandomi un profondo senso di pienezza, di completezza. Non mi mancava nulla, non desideravo nulla.Forse avrei voluto condividere quella sensazione con qualcuno, ma sentivo che non era possibile, che tutto era così e non poteva essere diversamente.
Si può essere felici di nulla? Del silenzio? Della solitudine?
Pensai al mondo, a questo mondo, alle guerre in corso, e alla stupidità che le sostiene, alle sofferenze inutili, a popoli interi massacrati.Provai un senso profondo di compassione"
Questa breve presentazione vuol essere un invito alla lettura di questo libro molto interessante sotto tutti i punti di vista.
Se andate al link che vi trascrivo in calce, potrete ascoltare una demo che lo illustra ulteriormente e se decidete di comprarlo potete farlo.

http://www.ilcacciatoredimosche.com/

martedì 5 marzo 2013

NOTTURNO

E' appena uscito un altro mio libro di poesie edito da BOOKSprint Edizioni. Da domani puoi ordinarlo nelle librerie dando il codice ISBN 978-88-6742-9806 oppure acquistarlo on line direttamente dalla casa editrice.

Presentazione


C'è un momento della giornata, la notte, in cui l'anima si libera dei lacci della quotidianità e vola: ricerca emozioni smarrite, le rielabora alla luce della sua vera identità. Riaffiorano i ricordi e fanno da ponte alla realtà del presente. Tutto è silenzio, tutto assume una valenza irripetibile:l'amore, il dolore, la rabbia, la speranza, la malinconia; navigano nella coscienza infinita dell'essere e assumono una dimensione amplificata dalla catarsi dello spirito,come semi impollinati dal vento, germogliano ad una nuova vita. Il tempo si ferma, il cuore è solo con se stesso, unito al mondo e a tutto l'universo. (Valdo Immovili)