venerdì 5 settembre 2014

La Nigeria vista da Enza Guccione, la suora italiana molto ‘speciale’.


Villaggio Igbedor Da circa 2 anni assistiamo ai molti cambiamenti che scuotono la Nigeria, a volte positivi, ma più spesso negativi che ci inducono a pensare che sia uno Stato allo sbando tra diritti violati, una politica fantasma, una guerra senza fine con i Boko Haram e infine l’Ebola che sta cominciando a seminare paura tra le popolazioni nigeriane.
Ho pensato che sarebbe stato interessante parlarne con una donna italiana che vive e conosce molto bene il tessuto della Nigeria ed è nata questa chiacchierata con Enza Guccione, la suora italiana speciale che vive nel sud della Nigeria da 18 anni.
Suor Enza si trasferì in Nigeria nel 1996 e attualmente è responsabile della comunitá di Igbedor, un’isolata cittadina collocato su una isola fluviale tra lo Stato di Kogi e quello di Amambra.
D: Suor Enza, non conosco profondamente ogni realtà della Nigeria sia per le dimensioni del paese che per il numero elevatissimo di abitanti. Il messaggio che ho percepito riguardo Goodluck Jonathan è che sia una persona incapace di governare il paese e allo stesso tempo sia molto scaltro nell’usare un evento negativo per coprirne un altro già esistente. La stampa internazionale solo delle cose più eclatanti ma non parla ad esempio della condizione dei bambini. Molti di loro spariscono, è un dato che coinvolge tutto il paese? Chi li rapisce? Qual’é la loro sorte? Perché nessuno ne parla? Il governo quanto è coinvolto nel non fermare questo traffico?
R: La Nigeria e’ un paese vastissimo non solo come estensione geografica e di popolazione. Le etnie sono tante e altrettante le lingue locali. Il problema fondamentale (enorme, a mio parere) è il tribalismo che crea lotte interne continue portando corruzione, ingovernabilità e incrementa povertà e violenza. La corruzione politica poi distrugge il progresso e la crescita del paese. I Boko Haram erano stati pagati e chiamati da politici corrotti (oppositori di Goodluck) per destabilizzare il governo di Jonathan, il quale è stato fatto apparire come un incapace. Dietro a tutto questo sono convinta ci siano le grandi Multinazionali. Guarda gli Usa, per esempio. Sono venuti in Nigeria con lo scopo di scovare i Boko Haram e liberare le ragazze. In realtà è ben noto che gli americani sono andati a circondare e proteggere le loro basi petrolifere in Cameroon e i loro interessi. Specie da quando la Nigeria ha deciso di orientarsi verso la Cina, lasciando gli Usa, Jonathan è entrato nel bersaglio degli interessi multinazionali, di coloro che non accettano il cambiamento con il calo degli interessi economici. Occorrono presidenti che stiano al gioco ‘tanto antico‘ degli Usa, della Francia…… Sono convinta che se Jonathan avesse avuto dei veri politici collaboratori, le sorti della Nigeria sarebbero state ben diverse e il progresso e lo sviluppo sarebbero oggi migliori. Siamo prossimi alle elezioni presidenziali. Boko Haram è stato un pretesto di destabilizzazione proprio in vista delle votazioni. Ricordo bene le carneficine che ci furono prima dell’elezione di Obasanjo e come Yara’dua misteriosamente si ammalò, lasciò la Nigeria e poi si seppe che morì di malattia…. Il Tribalismo è ancora molto forte, ma le Multinazionali creano ancora schiavi.
La questione bambini rientra nel giro della corruzione internazionale e mondiale. La mafia mondiale ha le sue cellule ovunque,saluto soprattutto dove c’è povertà. I bambini purtroppo sono nel mirino per via della vendita clandestina di organi. Chi ci sia dietro è difficile da definire, almeno per me.
E’ una matassa talmente aggrovigliata, che trovarne il capo è un’impresa non semplice, anche da spiegare. E’ come la mafia delle prostituzioni, dove governi, malavita e le
multinazionali giocano la loro parte. Una macchina per fare fior di quattrini sfruttando l’ignoranza, l’ingenuità’, la precarietà di chi sogna un futuro migliore… non sapendo che dietro l’angolo c’è purtroppo molto spesso la morte. A mio parere le multinazionali,
le grandi potenze, hanno una enorme parte di responsabilità in tutto questo, specie quando si nascondono dietro le ‘bandiere’ con la scritta ‘Pace‘ o ‘Diritti Umani dei Bambini‘…

Credo che i Media in questo campo potrebbero fare molto scrivendone, parlandone, destando le conoscenze e scuotendo le coscienze, ma purtroppo anche i Media sono asserviti alla politica e l’informazione è di parte, filtrata, guidata, corrotta e piegata alle convenienze politiche, che sono poi quelle economiche e di potere… e non parlo solo dei Media Nigeriani!
Da che sono in Nigeria (1996) non mi pare di aver mai sentito parlare del traffico di bambini, intendo dire da stampa nigeriana o da notiziari locali. Si è incominciato a parlare di traffico di giovani ragazze da avviare alla prostituzione, per l’iniziativa delle suore Missionarie della Consolata che si battono in prima fila a Benin City, dove sembra esserci il cuore del traffico della prostituzione. Proprio in quella città so che stanno lavorando a tappeto per creare informazione proprio su questo campo, nelle scuole e nei villaggi.
D: Ci sono ancora più di 100 ragazze che risultano rapite da Boko Haram, credi che torneranno mai alle loro famiglie? La stampa internazionale se ne occupata il tempo necessario di cavalcare la moda del #BringBackOurGirls, poi se ne sono dimenticati (African Voices no), cosa è necessario fare per scuotere le coscienze?
R: La campagna ‘#BringBackOurGirls‘ è stata un’onda da cavalcare, uno scoop da rimbalzare, secondo me, che ha avuto solo il tempo che è servito per fare e sfruttare la notizia. I Media: dai più grandi ai più piccoli, i VIPs e chiunque facesse informazione, l’hanno sfruttata per mettersi in mostra, per incrementare le vendite, per comparire una volta di più in uno scenario globale che fa dell’immagine una priorità, e non delle priorità un’evidenza. E se da una parte era necessario far sapere al mondo, dall’altra parte è servito solo a creare l’immagine negativa del presidente Jonathan, che serviva ai politici avversi, per destabilizzare il governo. La gente comune pensa che le ragazze che si dicono essere state “rapite”, siano in realtà parte di una macchinazione per la destabilizzazione del governo. Di queste ragazze infatti le famiglie non hanno rivelato Nome e Foto. Potrebbe anche essere che le famiglie abbiano ricevuto danaro per una storia inventata del rapimento e che proprio perché non circolano foto e nomi, quelle stesse ragazze si muovano liberamente. Insomma, falsi rapimenti. Adesso che però Boko Haram sta prendendo una forma diversa da quella iniziale, la situazione è cambiata: i politici stessi non parlano più di ‘patteggiamenti’ con Boko Haram.
D: Quando in Nigeria è uscita la legge che prevede l’ergastolo per gli omosessuali nigeriani ci sono giunte storie molto brutte di brutali pestaggi e denunce tra gli abitanti. La situazione è ancora la stessa? Perché c’è tanta paura della sessualità in Nigeria e in Africa in generale?
R: La sessualità, come la famiglia, sono ritenuti sacri e inviolabili nella cultura e nella profonda religiosità insita nei nigeriani e africani in genere. Violare questi principi è ritenuto abominevole. Per questo non se ne parla, non si insegna nelle scuole… L’omosessualità è ritenuta una realtà contraria a questo principio di sacralità, una realtà ‘diversa‘ dalla normalità. Dopo le prime reazioni furiose contro gli omosessuali di cui si è parlato, oggi sembra, almeno per quel che ne so, che le reazioni verso gli omosessuali stiano cambiando. C’è un approccio di dialogo e di rispetto per la persona, maggiore che nei mesi scorsi, anche se resta, di fatto, la disapprovazione per l’omosessualità. Del resto anche in Italia ed in
Europa
ci son voluti anni prima di avere un’idea e una visione diversa circa l’omosessualità. Pretendere dagli Africani un salto immediato o fare gli scandalizzati di fronte alle loro concezioni della vita, della sessualità e dell’omosessualità,¬ mi sembra un pò fuori luogo. Sono certa che il tempo trasformerà anche loro, fermo restando il fatto che ogni persona ha diritto di esistere e va rispettata al di là della sua ideologia, sessualità, cultura, condizione sociale o altro.
D: Seppure ancora con numeri molto bassi, l’Ebola è arrivata in Nigeria anche se il paese non confina con nessuno degli Stati colpiti duramente dal virus; che collegamento ci può essere con quanto sta accadendo in Guinea, Liberia e Sierra Leone? Credi che ci possa essere un estensione del virus su larga scala?
R: Quando ho cominciato a leggere notizie circa le stragi provocate dall’Ebola in Liberia dove tra l’altro ho dei carissimi amici, mi sono detta che purtroppo piove sempre sul bagnato… L’Ebola è un Virus come lo è l’HIV. Non è apparso dal nulla ultimamente, è da parecchi anni che semina stragi in Africa, ma come sempre non se ne è parlato se non in modo superficiale. La cosa che mi irrita è leggere che si spendono miliardi di dollari a cercare acqua su Marte, a costruire aerei da guerra, manipolare geni in laboratorio, a creare un essere vivente computerizzato, ma in tutti questi anni non si è riusciti a trovare per l’Ebola una cura adeguata. Doveva colpire un Occidentale perché medici e scienziati improvvisamente scoprissero vaccini e possibili ‘cure da testare‘ e naturalmente sugli africani… Credo che l’Ebola si diffonda per contagio e a meno che non ci siano condizioni igienico-sanitarie adeguate, sarà destinato a diffondersi. In Nigeria se ne parla, si crea conoscenza, si informa su certi comportamenti importanti per evitare il contagio.
Prego solo che chi è interessato unicamente alle risorse naturali della Nigeria, si metta una mano sulla Coscienza e si renda conto che la prima risorsa naturale importante sono gli esseri viventi verso i quali non si può e non si deve speculare. Sono più che convinta che esiste già una cura medica capace di fermare questa strage. Le multinazionali farmaceutiche dovrebbero smettere di manovrare l’intero mondo solo a proprio profitto.
D: Suor Enza, dove vivi e qual’è la missione che svolgi in Nigeria?
R: Dal 2009 vivo in un’isola fluviale, Igbedor, nel fiume Niger nel Sud-Ovest della Nigeria. Cerco di prendermi cura più che posso dei bambini (circa 5000 da 0 a 12 anni) e delle donne in gravidanza. In Igbedor non esistono strade carrabili a motore, non c’e’ corrente elettrica, non c’è acqua potabile, non c’è un ospedale ( il più vicino è a 5 ore di barca a motore) non ci sono scuole funzionanti. La popolazione vive di agricoltura e pesca, e spesso si muore di colera, febbre gialla, dissenteria, (i bambini sono i più colpiti) e le donne in gravidanza, molto spesso, partoriscono o muoiono nei barconi mentre si recano all’ospedale più vicino. A Igbedor siamo perennemente in stato di emergenza, e le tante porte a cui ho bussato fino ad ora, sembrano restare chiuse e sorde.
Villaggio Igbedor 053Abbiamo bisogno di fondi per costruire una scuola, pannelli solari per generare corrente, un impianto di potabilizzazione d’acqua, una barca a motore coperta che faciliti il trasporto in ospedale e una bettolina per il trasporto di materiale, medici volontari e/o infermieri, un sistema di comunicazione satellitare (e fondi per i relativi consumi) che ci aiuti a comunicare col mondo per farci conoscere, perché le vie di comunicazione canoniche, cellulare e Internet, sono talmente scadenti, da impedire una comunicazione costante ed efficace.
Saremmo felici se AfricanVoices ci facesse conoscere, ci aiutasse ad aprire finalmente qualche porta.
Grazie a Suor Enza, una suora e una donna speciale.
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Marco Pugliese
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martedì 2 settembre 2014

Tazza e Fondi di caffè

 Tazza e Fondi di caffè (dedicato alle persone alle quali voglio bene e che hanno fantasia)
di Michele Capuano (no copyright)

Un piccolo recipiente di porcellana, poco elegante, un po’ tozzo, stava, alquanto sconvolto, come dopo aver preso una sonora sbornia, ad un angolo di una tavola rotonda. Una tavola rotonda: un legno malridotto che aveva visto lussuosi pranzi consumarsi che anziché saziarti ti ricordano moltitudini enormi costrette alla fame, alla sete e che incontrano l’alba scoprendola disordinata. Un tavolo rotondo come il pianeta Terra e gli astri d’ogni tipo che parlando domandavano gli uni agli altri come mai nell’era della luce l’umanità e la civiltà fossero condannate al buio. La sfida tra il popolo degli uomini e delle donne per ora sembrava vinta da mostriciattoli senza cuore e senza ragione, senza coscienza e senza valori e incredibilmente, per quanto orrendi, così perversi e cinici da apparire esteriormente più attraenti di chiunque altro tra il popolo degli uomini e delle donne. E troppi tra il popolo degli uomini e delle donne veniva voracemente mangiucchiato e ridotto al nulla una volta ammaliato da queste belve senza scrupoli e, al tempo stesso, accattivanti. Imitando antichi eroi si potrebbe scoprirli facendosi legare ad un palo per non seguirli e diventarne vittime: ma non basterebbe. Hanno invaso ogni angolo del pianeta e dello spazio e sei obbligato a stanarli, a divulgarlo, a creare coscienza e a renderli inoffensivi. Su un tavolo rotondo un piccolo recipiente di porcellana: pensava: aveva l’abitudine di farlo ad alta voce. Mille colori che ricordavano mille culture e mille storie ne decoravano i fianchi fieri e osservandola vedevi gli inca e i maya, caminanti e gente dalla pellerossa, indios e antiche civiltà. Migliaia e migliaia di persone con un destino contronatura, derubate, torturate, umiliate, assassinate. Sotto i nostri grattacieli riposano milioni di tribù che hanno conosciuto un olocausto infinito nonostante il continuo finire e trasformarsi di ogni cosa. Le loro ceneri sono la memoria per chi vivendo il presente non ha rinunciato a donare in eredità ad ogni figlio e figlia della terra ciò che ci hanno lasciato in prestito padri e madri. Il piccolo recipiente di tanto in tanto si domandava:
- ma a chi appartiene il cielo? Ed ogni cosa attorno?
Poi, trascorsi lunghi attimi di silenzio, tornava a godere degli odori che tante spezie gli omaggiavano o gioiva pensando allo scorrere solleticante, per quanto alla lunga corrosivo, di acque fresche o calde che la possedevano e la rendevano viva, gagliarda, piena, giustamente, di sé. Adorava, più di ogni altro eccitante, il caffè. Il tè gli ricordava mondi antichi ed espropriati dai loro semi, radici, foglie e fiori, leggende e storie. Ma quel mondo era stato devastato e quel nettare rubato. Come il cacao. Come tante altre ricchezze. Come gli uomini e le donne stesse che le possedevano. Tutto era stato reso merce e tutti erano stati resi schiavi. Il caffè non aveva avuto una sorte differente ma, mistero dei misteri, gli aveva sempre suggerito immagini di ribellione, confronti e scontro delle idee, risorgimenti auspicati, rivoluzioni e la voglia di essere svegli, gli occhi aperti e profondi e vivi. Insomma: amava il caffè. E aveva in forte simpatia, per quanto appiccicosi, i suoi stessi fondi. Il caffè: semi: originari, forse, dell’Arabia e inebrianti come quella Maria Juana di cui aveva sentito parlare spesso e che sapeva essere stata messa fuorilegge dai padroni della morte che per egoismi perfidi e per vile denaro hanno l’abitudine di proibire tutto ciò, per quanto utile, che non li renda sempre più possenti come maiali per intenderci e senza nulla togliere agli stessi che si distinguono in meglio dai primi in tutto se non per l’appetito e l’aspetto (i maiali che non sono maiali e somigliano ai maiali sono più ingordi dei maiali). Il piccolo recipiente tozzo dal nome di Tazza (per alcuni tazzina o tazzulella e poi ancora tanti dialetti e tante lingue: da prima della storia della Torre di Babele) tutte le sere s’intratteneva con i fondi di caffè per dialogare di passato, presente e futuro come quando s’interrogano i tarocchi che danno l’illusione di controllare la volontà e gli stessi accadimenti e dai quali dovrebbe dipendere la nostra buona o cattiva sorte tra immagini di matti e papesse, eremiti e diavoli, torri che crollano e giudici e la morte e fanciulli e donne dal grembo fecondo. Una volta scherzando e con ironia la Tazza disse:
- io farei i tarocchi con pochissime carte: da una parte un verme insaziabile e dall’altra l’umanità. E poi altre due carte: una a simboleggiare i giullari del primo e l’altra chi vuole rendersi protagonista con la seconda. Il male e il bene. Se vince l’umanità vince il bene. Più semplici insomma. In fondo – diceva ai fondi di caffè – la vita è guerra di classe e solo se trionfa, ovunque, la grande massa costretta in schiavitù si può smetterla anche con i miei tarocchi per inventare tanti altri giochi ancora in piena libertà e con la fantasia e le capacità e l’intelligenza di tutti e tutte
- sognatrice – replicavano in coro i fondi di caffè (come è loro abitudine) – ma come si fa a biasimarti?
La tazza solo occasionalmente esercitava arti magiche, con la complicità dei fondi di caffè, per la divinazione del futuro. Confidava, infatti, a piatti e pentole e posate consumati i pasti, che se non hai un rapporto con la realtà e la memoria è difficile con la sola fantasia costruire il futuro. Se vuoi il fine devi volere i mezzi e avendo ambedue devi precisare quale è il tuo scopo ultimo (e non solo) e modellare un piano nel presente cosciente che ne fai parte. Di tazze amanti della filosofia della praxis non se ne incontrano molte. Incontrare tazze chiacchierone, presuntuose nel loro elegante servizio o, semplicemente, rassegnate a servire non era difficile. Una volta, in modo molto serio, disse ai fondi di caffè:
- non è da temere il dolore e neppure la sconfitta. Dopo le doglie c’è la vita anche se immersa in una folle avventura e per molti drammatica. Le iene ad esempio sembrano ridere sempre come ad esempio alcuni barbari governanti e come ad esempio alcuni stolti. Diverso è il sorriso di chi ama il diritto pur quando è calpestato… il sorriso. Un sorriso meraviglioso e spontaneo anche se spesso minacciato da tormenti che affliggono, che tolgono speranze, che uccidono utopie e l’idea del viaggio verso una primavera necessaria.
- Sognatrice – replicavano in coro i fondi di caffè (come è loro abitudine) – ma come si fa a biasimarti?
E la tazza continuava a sognare e a farsi catturare dalla curiosità verso qualsiasi cosa forse… per svelare a se stessa, anche… il mistero del vivere e del morire privandoli di inutile contemplazione e ricercando un’etica dell’essere per essere appunto un essere libero e cercando in ogni granello di caffè ormai sfruttato (non diverso per lei da un granello di sale o di sabbia o di pepe o di terra) un meraviglioso incantesimo che cristallizzasse l’immaginazione insieme ai sogni. La tazza leggeva i fondi di caffè, quando li leggeva, e leggeva in fondo a se stessa valorizzando, a volte, anche piccoli miraggi nel deserto dei valori. Nel silenzio della notte (quando non pioveva: perché le gocce che cadono dal cielo hanno sempre voglia o di essere prepotenti o di suonare ritmi incredibilmente unici e fantastici) e della stanza ho visto, un giorno (una notte) qualsiasi, fondi di caffè (sporchi di zucchero e simili a uomini e donne quando qualche capello bianco s’impone tra chiome non sempre folte) librarsi nell’aria e prendere le forme più varie, danzare, cantare o muoversi in maniera caotica, frenetica, inconsueta: non proprio come siamo abituati a vedere. Ho visto tazze, persa ogni austera severità, iniziare a percuotere piattini confinanti con cucchiaini disponibili alla melodia e, poi, pentole, piatti e posate, bicchieri e ogni altra cosa volteggiare senza sosta da un angolo all’altro di spazi per quanto vasti sempre limitati. Ho visto tovaglioli di carta far finta di essere nuvole oppure uccelli dalle ali enormi e in ripudio di somigliare ad aerei che sputano bombe. Ho visto tovaglioli bianchi mimare i movimenti di orsi bianchi. In quelle situazioni anche i rubinetti iniziavano a gocciolare rumorosamente e solo la stupidità di chi non ha idee pensava che questo accadesse per un guasto… In quei momenti anche la frutta rifiutava nature morte e per esagerare andava a riflettersi in un piccolo specchio rubato in una birreria irlandese (un paese diviso in due e a cui hanno rubato anche un pezzo di libertà e dignità, come ai curdi o ai palestinesi e a mille altri popoli) o in un vecchio e antico caffè letterario. In quelle circostanze bizzarre saliere, vassoi, spremiagrumi facevano il massimo rispetto a ciò che normalmente siamo abituati a vedere. Chissà se le piante e gli scogli, le onde e ogni altra “cosa” (naturale o artificiale, concreta o astratta) fa le stesse “cose”… chissà se gli uomini e le donne potranno mai imparare a conquistare attimi identici di felicità e liberazione. E pensare che ballando si sfiora la terra…

Prima di finire il racconto sorseggio ancora un goccio di rum (versato in una tazza), accendo un sigaro, poi mi verso anche un goccio di vino (in una tazza) e alla fine sorseggio un caffè (da una tazza) e mi allontano per sperare che la festa si rinnovi… non sono stato invitato ma ho l’impressione che non servano inviti particolari per parteciparvi. Domani racconterò a tutti e tutte le cose che ho visto e dirò: un mondo nuovo e inedito, un mondo dei e con i popoli è ancora possibile e non l’ho letto nei fondi di caffè perché costruirlo dipende da ognuno e ognuna di noi. Mentre i miei occhi si vanno chiudendo sento apparentemente lontano un coro che dice:

- Sognatore, come molti ce ne sono… ma come si fa a biasimarli?