domenica 26 ottobre 2025

GAZA COMPLICITA' CRIMINALE

 

Washington, Berlino, Roma: una firma sul genocidio

Titolo: “Gaza Genocide: a collective crime”. Sigla A/80/492. Un documento esplosivo, classificato advance unedited version, è stato trasmesso all’Assemblea generale dell’ONU il 20 ottobre 2025. Firmato: Francesca Albanese, relatrice speciale sui diritti umani nei Territori palestinesi occupati.

Parla senza mezzi termini di genocidio in corso a Gaza. Non un eccesso di linguaggio: un atto d’accusa fondato su mesi di prove, testimonianze, archivi. “Una distruzione pianificata del popolo palestinese come gruppo nazionale.”

Il rapporto elenca i segni dell’annientamento: uccisioni di massa, fame deliberata, distruzione di ospedali e scuole, trasferimenti forzati, assedio totale. Tutto riconducibile alla definizione giuridica di genocidio.

Ma il punto più dirompente non riguarda Israele. Riguarda chi lo arma.

Francesca Albanese parla di una “catena di complicità internazionale”: Stati che forniscono armi, coperture diplomatiche, silenzi compiacenti.

Sotto accusa, più di tutti, tre capitali: Washington, Berlino, Roma. Tre governi che hanno continuato a firmare contratti e inviare armi mentre le bombe cadevano su Gaza.

Gli Stati Uniti ovviamente guidano il flusso di morte: miliardi di dollari, arsenali, veti ONU seriali. Dal 1967 Israele è il principale beneficiario dei fondi militari americani: 3,8 miliardi l’anno, un flusso costante e senza pari. Il boom dal 7 ottobre. 14,3 miliardi nell’ottobre 2023, altri 26,4 miliardi approvati nell’aprile 2024.

Documenti riservati parlano di 742 consegne di armi in due anni, vendite da decine di miliardi approvate in silenzio, spesso fuori dai circuiti di controllo del Congresso. Ad aprile 2025 risultano attivi 751 contratti per un valore complessivo di 39,2 miliardi di dollari: un business colossale - una economia del Genocidio - che salda in modo indissolubile Washington e Tel Aviv.

Armi ma anche copertura politica. Dopo il 7 ottobre,la Casa Bianca ha posto sette veti all’ONU per bloccare risoluzioni sul cessate il fuoco. Una complicità assoluta.

Dopo gli Stati Uniti c’è la Germania, schiacciata dal peso del proprio passato: oggi secondo esportatore di armi verso Israele. E l’Italia, terza rotella dell’ingranaggio, non è da meno: nel dossier ONU compaiono componenti per caccia F-35, sistemi di puntamento e difesa, tecnologia “dual use” mascherata da cooperazione industriale. Roma ha avuto un ruolo anche nell’addestramento militare, con esercitazioni congiunte, scambi di personale e corsi per piloti e tecnici israeliani.

Il ministero di Crosetto ha mantenuto attive le licenze, nonostante le risoluzioni ONU e la legge 185/90 vietino esportazioni verso Paesi coinvolti in conflitti armati o responsabili di violazioni dei diritti umani. Dietro ogni fornitura c’è una firma ministeriale, una scelta politica, un atto di complicità. L’Italia di Giorgia Meloni ha scelto l’obbedienza atlantica, senza se e senza ma, a scapito della legalità internazionale.

Tant’è che nelle settimane scorse, un gruppo di avvocati e giuristi internazionali ha presentato alla Corte penale internazionale una denuncia per complicità in genocidio contro il governo Meloni, accusandolo di aver sostenuto Israele con forniture militari e cooperazione strategica.

Con il rapporto A/80/492, la questione di Gaza entra in una nuova fase politica e giuridica. Mai prima d’ora un alto funzionario delle Nazioni Unite aveva usato il termine genocidio con tanta nettezza. Le conseguenze - diplomatiche e morali - sono ancora da misurare, ma una cosa è certa: la verità, questa volta, è scritta nero su bianco nei registri dell’ONU.

Alfredo Facchini

 

 

 

 

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