mercoledì 29 ottobre 2025

IL TEMPO CHE PASSA

 

C’è un momento nella vita in cui lo specchio smette di restituirci l’immagine di ciò che eravamo, e inizia a mostrarci chi siamo diventate davvero. È un passaggio delicato, silenzioso, spesso accompagnato da un sorriso amaro, da un sospiro, da una nostalgia che affiora nei ricordi di una giovinezza che ormai vive nei dettagli del passato. Le rughe, i capelli grigi, i segni del tempo non sono solo tracce biologiche: sono il linguaggio con cui la vita scrive la sua storia sul corpo di una donna.

Ma ciò che la pelle perde in elasticità, la mente può guadagnarlo in luce.

L’età che avanza non è una resa, è un’evoluzione. È la stagione in cui l’esteriorità smette di essere la protagonista e cede il passo alla profondità, alla lucidità, alla libertà di pensiero che solo chi ha vissuto davvero può possedere. Una donna di cinquant’anni o più non ha bisogno di imitare la giovinezza: la abbraccia, la comprende, la osserva con tenerezza. Sa che ogni età ha la sua bellezza e che la vita non premia chi resta giovane, ma chi resta vivo.

Le donne che hanno attraversato il dolore, la perdita, la fatica, la maternità, la solitudine o la rinascita sono testimoni di un valore raro: la resilienza.

Sono le stesse donne che, quando il corpo si stanca, tengono acceso il lume dell’intelligenza, della curiosità, della memoria. La loro mente (se coltivata, se nutrita di letture, passioni, affetti e stimoli) diventa un faro che non teme il tempo.

Perché il segreto non è sfidare gli anni, ma attraversarli con dignità e consapevolezza.

In un mondo che idolatra l’apparenza e scarta ciò che non è più “nuovo”, queste donne rappresentano l’antidoto alla superficialità. Sono il volto autentico della bellezza: quella che non si misura in centimetri di pelle liscia ma in profondità di sguardo, quella che non sfiorisce perché nasce dentro.

Mantenere la mente brillante è un atto di amore verso se stesse.

È dire al tempo: “Puoi prendere il mio corpo, ma non la mia luce”.

È leggere, pensare, imparare ancora. È non arrendersi alla pigrizia intellettuale che invecchia più delle rughe.

È continuare a cercare il senso delle cose, a emozionarsi per un tramonto, a discutere con passione, a ridere di sé, a sognare ancora.

Ogni donna che ha superato la giovinezza biologica, ma ha conservato viva la curiosità, la cultura, la voglia di capire e di evolvere, incarna una verità semplice e potente: la giovinezza non è un’età, è una condizione dell’anima.

E allora, a tutte le donne che non si arrendono al tempo ma lo guardano negli occhi con fierezza, va il più grande degli omaggi: non siete semplicemente sopravvissute.

Siete vive. E la vostra mente, più che mai, continua a brillare.

(da "Esserci ... qualche volta rifletto" di Saro Micalizzi)


domenica 26 ottobre 2025

GAZA COMPLICITA' CRIMINALE

 

Washington, Berlino, Roma: una firma sul genocidio

Titolo: “Gaza Genocide: a collective crime”. Sigla A/80/492. Un documento esplosivo, classificato advance unedited version, è stato trasmesso all’Assemblea generale dell’ONU il 20 ottobre 2025. Firmato: Francesca Albanese, relatrice speciale sui diritti umani nei Territori palestinesi occupati.

Parla senza mezzi termini di genocidio in corso a Gaza. Non un eccesso di linguaggio: un atto d’accusa fondato su mesi di prove, testimonianze, archivi. “Una distruzione pianificata del popolo palestinese come gruppo nazionale.”

Il rapporto elenca i segni dell’annientamento: uccisioni di massa, fame deliberata, distruzione di ospedali e scuole, trasferimenti forzati, assedio totale. Tutto riconducibile alla definizione giuridica di genocidio.

Ma il punto più dirompente non riguarda Israele. Riguarda chi lo arma.

Francesca Albanese parla di una “catena di complicità internazionale”: Stati che forniscono armi, coperture diplomatiche, silenzi compiacenti.

Sotto accusa, più di tutti, tre capitali: Washington, Berlino, Roma. Tre governi che hanno continuato a firmare contratti e inviare armi mentre le bombe cadevano su Gaza.

Gli Stati Uniti ovviamente guidano il flusso di morte: miliardi di dollari, arsenali, veti ONU seriali. Dal 1967 Israele è il principale beneficiario dei fondi militari americani: 3,8 miliardi l’anno, un flusso costante e senza pari. Il boom dal 7 ottobre. 14,3 miliardi nell’ottobre 2023, altri 26,4 miliardi approvati nell’aprile 2024.

Documenti riservati parlano di 742 consegne di armi in due anni, vendite da decine di miliardi approvate in silenzio, spesso fuori dai circuiti di controllo del Congresso. Ad aprile 2025 risultano attivi 751 contratti per un valore complessivo di 39,2 miliardi di dollari: un business colossale - una economia del Genocidio - che salda in modo indissolubile Washington e Tel Aviv.

Armi ma anche copertura politica. Dopo il 7 ottobre,la Casa Bianca ha posto sette veti all’ONU per bloccare risoluzioni sul cessate il fuoco. Una complicità assoluta.

Dopo gli Stati Uniti c’è la Germania, schiacciata dal peso del proprio passato: oggi secondo esportatore di armi verso Israele. E l’Italia, terza rotella dell’ingranaggio, non è da meno: nel dossier ONU compaiono componenti per caccia F-35, sistemi di puntamento e difesa, tecnologia “dual use” mascherata da cooperazione industriale. Roma ha avuto un ruolo anche nell’addestramento militare, con esercitazioni congiunte, scambi di personale e corsi per piloti e tecnici israeliani.

Il ministero di Crosetto ha mantenuto attive le licenze, nonostante le risoluzioni ONU e la legge 185/90 vietino esportazioni verso Paesi coinvolti in conflitti armati o responsabili di violazioni dei diritti umani. Dietro ogni fornitura c’è una firma ministeriale, una scelta politica, un atto di complicità. L’Italia di Giorgia Meloni ha scelto l’obbedienza atlantica, senza se e senza ma, a scapito della legalità internazionale.

Tant’è che nelle settimane scorse, un gruppo di avvocati e giuristi internazionali ha presentato alla Corte penale internazionale una denuncia per complicità in genocidio contro il governo Meloni, accusandolo di aver sostenuto Israele con forniture militari e cooperazione strategica.

Con il rapporto A/80/492, la questione di Gaza entra in una nuova fase politica e giuridica. Mai prima d’ora un alto funzionario delle Nazioni Unite aveva usato il termine genocidio con tanta nettezza. Le conseguenze - diplomatiche e morali - sono ancora da misurare, ma una cosa è certa: la verità, questa volta, è scritta nero su bianco nei registri dell’ONU.

Alfredo Facchini

 

 

 

 

lunedì 20 ottobre 2025

Da parte di tutti quelli che sono scesi in strada

 

Cara Meloni e, per conoscenza, sig. D. Trump

Cara Giorgia Meloni, così adulata dal sig. Trump, tanto da averla riconosciuta parte della sua Corte, Così felicemente precipitosa da aver affermato, una settimana fa, la gioia e l'orgoglio di essere stata co-fautrice entusiasta (lei disse l'Italia, invero, ma io mi rifiuto di essere cittadina della sua Italia) della Pace a Gaza, poi ridimensionata in Tregua, poi ancora di più ridimensionata in 'un cessate il fuoco'... cara sig.na Meloni, come scrissi qualche giorno fa, la pace goccia a goccia si squaglia, oggi abbiamo la triste certezza che la sua grande impresa associata alle fasulle e ridicole celebrazioni di Trump & c. si è squagliata come cacca sotto lo sciacquone... sa, esattamente proprio quella cacca che Trump ha immaginato di versare contro i manifestanti suoi contestatori con un filmato costruito con l'AI.

In questi giorni sulla striscia di Gaza si è solo sparato (non sperato, come lei penserebbe), sono morte solo oggi circa 40 persone, gli aiuti bloccati, i valichi chiusi, civili ammazzati e giornalisti pure, ancora e continua. Dove sono le garanzie del suo amico-partner americano?

A che cosa lei, sig.na Meloni, ha veramente contribuito (e ribadisco lei, e il suo Governo, non l'italia)? Che cosa ha veramente firmato a nome del popolo italiano? Popolo italiano che in massa le si é rivoltato contro con corpose manifestazioni propal, perchè NOI vogliamo la Pace vera, non fasulla come quella siglata con orgoglio anche da lei e che a me personalmente fa pensare a una macabra manovra per poter sterminare con più non

chalance cittadini indifesi liberati che vagabondano senza casa in mezzo alle macerie della loro vita, in cerca magari di qualche ricordo dei loro cari.

Dunque, cara sig.na Giorgia Meloni, non s'incazzi se qualcuno la chiama cortigiana di Trump, perché lei lo è, ma non, come la sua ignoranza le ha suggerito, in quanto prostituta di corte, no no, in quanto semplicemente serva del padrone del quale esegue qualunque ordine del tutto sottomessa. Fregandesene altamente di rendere conto del suo scellerato operato alla sua Nazione, costretta ad assistere al suo fallimento e alle tragiche conseguenze che, nel caso di Gaza, lei ha contribuito a generare.

La saluto, aspettando con gioia la fine dei suoi giorni!

ohh...un attimo un attimo, con lei è meglio precisare perché lei è molto abile a gridare 'al lupo al lupo' davanti a un agnello: intendo 'la fine dei suoi giorni al Governo'.

MCD

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