“Non si è mai troppo vecchi o troppo giovani per essere felici. Uomo o donna, ricco o povero, ognuno può essere felice.”
Epicuro
La filosofia di Epicuro ha influito
profondamente sul mondo ellenistico e sulla cultura romana. Per secoli,
Epicureismo e stoicismo sono state le grandi Scuole più influenti del mondo
antico. Epicuro, dopo aver a lungo studiato le opere di Platone e di Democrito,
ha dato vita ad una propria Scuola.
Il filosofo visse gran parte della
propria vita ad Atene, in una casa dotata di un grande giardino, frequentato da
allievi ed amici: per questo il pensiero di Epicuro è chiamato “filosofia del
giardino”.
L’obiettivo del filosofo era
raggiungere la felicità intesa come “atarassia”, cioè liberazione dalle
passioni di qualsiasi tipo, piacevoli o negative. Non è rimasto quasi nulla
della grande produzione di testi di Epicuro: molto è andato perduto per la grande
ostilità alimentata dalla Chiesa contro l’Epicureismo.
Tuttavia, alcune tracce nei papiri e
l’opera del poeta e filosofo Tito Lucrezio Caro ci offrono preziose
testimonianze del pensiero del filosofo.
Nella filosofia di Epicuro, assume un
ruolo centrale il “sensismo”, ovvero la convinzione che la realtà sia
esplorabile in modo completo attraverso i sensi, eleggendoli come misura della
Verità e del Bene; Epicuro afferma la natura “atomistica” del mondo, composto
di particelle in continuo movimento di unione e scissione; infine per il
filosofo le Divinità sarebbero totalmente disinteressate alle questioni umane e
confinati in un’altra dimensione, gli “intermundia”, con l’affermazione di un
sostanziale ateismo.
Per Epicuro:
“È vano il discorso di quel filosofo
che non curi qualche male dell'animo umano.”
Per raggiungere questo scopo, Epicuro
individua quattro “grandi mali” che affliggono l’umanità e per ciascuno
individua il “farmaco”, la medicina necessaria per affrontarlo. Si tratta della
celebre metafora del “tetrafarmaco”, uno degli aspetti più noti del pensiero
epicureo.
Secondo il filosofo, il primo grande
male dell’umanità sarebbe “Paura delle Divinità e della vita dopo la morte”:
per Epicuro, la natura delle divinità è perfetta e questo impedirebbe loro,
paradossalmente, di interessarsi alle vicende umane; essi sarebbero “chiusi”
nella loro perfezioni, collocati negli “intermundia”.
Il secondo grande male dell’umanità
sarebbe la “paura della morte”: nella “Lettera a Meneceo”, Epicuro afferma che
“il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché
quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo più noi.”. La
paura della morte sarebbe quindi immotivata, in quanto impossibile da
incontrare direttamente.
Epicuro individua il terzo male nella
“mancanza del piacere”: per il filosofo, è necessario cogliere che “tra i
desideri alcuni sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari,
altri né naturali né necessari, ma nati solo da vana opinione.”. Per questo,
per raggiungere la felicità, l’uomo dovrebbe trovare la serenità nella giusta
soddisfazione di questi bisogni semplici.
Infine, il quarto grande male sarebbe
il “dolore fisico”: per superarlo, Epicuro afferma che se il male è lieve, il
dolore fisico è sopportabile, e non è mai tale da offuscare la gioia
dell'animo; se è acuto, passa presto; se è acutissimo, conduce immediatamente
alla morte, la quale non è che assoluta insensibilità. Per quanto riguarda i
mali dell'anima Epicuro afferma che essi sono prodotti dalle opinioni fallaci e
dagli errori della mente, contro i quali ci sono la filosofia e la saggezza.
La filosofia di Epicuro è un vero e
proprio sistema di pensiero che, nel corso della storia, è stato prima
avversato e rifiutato dalla Chiesa, per poi trovare nuovo spazio durante il
Rinascimento e l’Illuminismo. Ancora oggi sono evidenti le assonanze tra
l’Epicureismo e alcune pratiche meditative, che cercano nella pacificazione del
pensiero e dei sensi una via per il benessere.
Da un punto di vista della natura del
sapere, l’Epicureismo appare come un corpus teorico da abbracciare e praticare,
una vera e propria filosofia nella quale inserire la propria vita e nel quale
trovare delle “verità rivelate”; sotto quest’ottica si differenzia in modo
radicale dal pensiero psicoanalitico, secondo il quale l’unica verità è quella
soggettiva, che emerge dall’ascolto e dall’emergere delle formazioni
dell’inconscio.
Per riprendere una celebre metafora
freudiana, se la psicoanalisi opera "per via di levare", la filosofia
epicurea agisce "per via di porre", come la psicoterapia.
Se allora la filosofia di Epicuro è
un insieme di verità che come un farmaco offre le risposte alle sofferenze
della vita, la psicoanalisi si segnala invece come una pratica che, invece di
silenziare, punta a far emergere la verità inconscia e singolare nascosta nella
sofferenza umana.