martedì 11 settembre 2012

Cosa fare per il lavoro ? Il mio punto di vista.

Il mercato, sotto la spinta rapida e possente dell'evoluzione tecnologica ed anche grazie all'apertura dei mercati (globalizzazione) è cambiato negli anni radicalmente e più in fretta di quanto la società italiana fosse in grado di sostenere, adeguandosi.
Oggi sia le imprese che le competenze dei lavoratori sono insufficienti, nella loro globalità, dimenticando le varie eccellenze, per dare una risposta globale a istanze di crescita che possano tradursi in aumento effettivo dell'occupazione e del PIL nazionale.
Una larga parte della popolazione attiva viene inoltre pagata da una struttura dei servizi pubblici che non produce plusvalore e grava inevitabilmente, come costo, sulla parte produttiva del paese. Occorre inoltre rendersi conto del fatto che esistono limiti oggettivi alla crescita, che questa non può essere indefinita e che potremmo essere arrivati vicino al punto di saturazione.

L'Italia, ma non solo, si trova nel pieno di una crisi economica che trae origine da :
- Divario tra reddito derivante da impieghi che generano plusvalore e reddito derivante da servizi che non generano plusvalore, ma che sostengono i consumi generali, e quindi la produzione, ma anche a spese di un indebitamento pubblico crescente e fuori controllo.
- Saturazione delle possibilità di impiego di forza lavoro in attività pubbliche o private del terziario, avanzato e non, che strutturalmente non siano idonee a produrre plusvalore.
- Migrazione delle attività produttive verso localizzazioni più remunerative rispetto a localizzazioni nazionali sempre meno convenienti per costo del lavoro, infrastrutture, rigidità normative, ecc.
- Insufficienza delle competenze richieste dal mercato del lavoro che fa capo alle imprese ancora operanti sul mercato nazionale. Se le imprese nazionali sono molto piccole, non servono esperti di relazioni sindacali, comunicazione, materie legali, ecc, ecc. Magari servono più tecnici qualificati, operai qualificati ed altre
professioni; il mercato del lavoro come si presenta oggi, causa globalizzazione e concorrenza internazionale, non riesce però a pagare a questi lavoratori un salario al livello indispensabile per assicurare l'accesso al livello di consumi atteso e neppure al livello di minimo di sostentamento.
- Saturazione dei consumi di beni in genere, rapportati al reddito medio disponibile. Chi non ha un frigorifero in casa, o un televisore, o un'auto ? Questi beni non si possono sostituire ogni anno per soddisfare alle esigenze delle imprese ed alla creazione di posti di lavoro, anche perché il reddito non c'è e se ci fosse questi beni costerebbero troppo (troppi addetti o troppo pagati per unità di prodotto).
- Speculazione sulle rendite di posizione : chi dispone di molto denaro oppure occupa posizioni protette risente meno della crisi o addirittura ne può approfittare e si arricchisce (speculazioni finanziarie, ecc) aumentando il divario tra abbienti e non, quindi aggravando lo stato di disagio e di invidia sociale.
- Proliferazione delle professioni d'assalto, che impiegano giovani senza altre prospettive concrete di lavoro per attività di vendita con procedure scorrette o truffaldine (telemarketing, vendite porta a porta, ecc).
- Dequalificazione di forza lavoro impiegata con contratti a termine o a cottimo in call centers (società, telefoniche, ecc).

È in questo contesto che vanno inserite le misure volte a rendere il mercato del lavoro più dinamico ed inserito in una prospettiva di crescita possibile, nei soli e pochi settori dove una crescita è ancora immaginabile.

Il lavoro non è un diritto naturale, semmai è un dovere di tutti. Il lavoro non lo creano le parti sociali sui tavoli dei convegni : il lavoro lo danno le imprese, perché ne hanno bisogno. Le imprese esistono se hanno un mercato di sbocco e se possono produrre plusvalore, su quel o quei mercati di sbocco, con le risorse umane di cui possono disporre (lavoratori).
Vale per le merci e vale per i servizi: quindi niente lavoro, se non ci sono mercati di sbocco, niente lavoro se non ci consumatori per le merci/servizi che si vogliono offrire, e niente consumatori se questi ultimi non hanno un reddito sufficiente per accedere a quelle merci/servizi. Perciò occorre in primo luogo chiedersi :
- Cosa possiamo produrre e vendere ?
- A chi vendiamo quello che produciamo ? Mercato nazionale ? Estero ? Entrambi ?
- Quindi quali attività cerchiamo di incoraggiare con tutti i mezzi e quali no ?
- Quello che pensiamo di produrre è ad alto valore aggiunto oppure no ? In altre parole: si tratta di attività che possono pagare ai lavoratori salari commisurati col tenore di vita a cui aspiriamo o siamo abituati, oppure no ?

Stabilito il cosa vogliamo produrre, si tratta di favorire la creazione di imprese,
o il rafforzamento di quelle esistenti. Come :
- offrendo una manodopera qualificata per le funzioni che queste aziende richiedono
- offrendo una sufficiente flessibilità della manodopera, per convincere le imprese che non saranno ingessate e potranno adeguarsi facilmente ai cambiamenti del mercato.
Questo implica purtroppo la possibilità di licenziare il personale con relativa facilità ma pagando un indennizzo di licenziamento (come per i dirigenti) in funzione della anzianità di servizio. Non occorrono contratti speciali : contratti standard per tutti, senza lacci e lacciuoli, ma istituendo un reato penale per il lavoro nero, a carico del datore di lavoro. Se il contratto è equo va bene per tutti. Se l'impresa sopravvive soltanto con lavoro nero, che si trasferisca in altri paesi.

In quali settori promuovere lo sviluppo possibile :
- Energie alternative : di energia abbiamo ed avremo sempre bisogno; le tecnologie
per la produzione ed il trattamento e trasformazione di energia si possono vendere
anche all'estero.
- Trasporti : un'economia dinamica richiede trasporti veloci e sicuri, tanto per quanto
attiene ai mezzi di trasporto pubblico (aerei, treni, bus) che privati (rete stradale)
- Trattamento dei rifiuti : lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti è un problema
planetario e le tecnologie che lo consentono sono indispensabili a livello nazionale,
ma sono anche esportabili.
- Turismo : esiste ancora margine per la valorizzazione e lo sfruttamento del turismo
nazionale ed internazionale nel nostro paese.
- Tecnologie dell'informazione e comunicazione, elettronica, ecc. Qui probabilmente
abbiamo perso tutti i treni da un pezzo a favore di altri paesi ma si potrebbero
individuare delle nicchie.
- Strumentazione elettro-medicale : l'evoluzione di queste tecnologie nel corso degli
anni è stata incredibile. Si dovrebbe indagare quanto spazio abbiamo ancora in
questo campo.

Strumenti principali di intervento per l'occupazione giovanile e femminile:

- Formazione scolastica e post scolastica orientata ai settori di sviluppo programmati
- Contratto unico di lavoro a tempo indeterminato ma con possibilità di risoluzione del
rapporto di lavoro e indennità di licenziamento.
- Amortizzatori sociali per compensare i periodi eventualmente intercorrenti tra un
lavoro e l'altro, compensati da lavori socialmente utili per la collettività. Nessun
giovane deve essere pagato per starsene a casa a guardare la TV.
- Istituzione del reato di sfruttamento del lavoro per chi assume lavoratori al di fuori
delle regole generali e delle eccezioni previste.
- Potenziamento dei servizi per conciliare lavoro e famiglia; servono essenzialmente
centri di assistenza per l'infanzia (leggi asili nido) con diffusione capillare sul
territorio e costi a carico della collettività (Comune).
- Per le aziende, specialmente quelle piccole, la maternità di una lavoratrice è un
grosso problema. Non deve essere l'azienda a farsi carico di un problema personale
di un lavoratore, ma la società nel suo complesso. L'assenza di una lavoratrice in
maternità può essere un problema superabile (lavoro facilmente sostituibile) ma in
molti casi non è così.
Non si può fare di tutta l'erba un fascio; vanno previste le due situazioni :
a) lavoro sostituibile da altra lavoratrice con contratto a termine; costi di maternità
(stipendio) a carico della collettività. Reintegro del posto di lavoro alla fine del
periodo.
b) lavoro non sostituibile con contratto a termine. Occorre consentire all'impresa, se
lo desidera, il licenziamento della lavoratrice, con le normali indennità di
licenziamento, ma in questo caso la collettività dovrà offrire alla lavoratrice un
compenso per la perdita del lavoro pari ad almeno 12 mesi di stipendio, oltre al
periodo di maternità, per darle il tempo di trovare poi un altro lavoro.
- Estendere il part-time agevolato e volontario;
- Introdurre un'imposizione fiscale sulle persone fisiche sulla base del reddito familiare
medio, mantenendo le aliquote vigenti. Con un figlio il reddito totale prodotto nella
famiglia si divide per tre, con due figli a carico per quattro, ecc. Se il reddito
complessivo della famiglia è di 32'000 € annui (lordo) ed hanno 2 figli, il reddito
medio scende a 8'000 € pro capite e quindi la famiglia è esente da imposte sul
reddito.

Il precariato nel mondo del lavoro dipende spesso anche dalla qualità del lavoro: se il lavoratore fa un lavoro facilmente sostituibile, la sua precarietà è comunque elevata.
Se il lavoratore ha specifiche competenze importanti per il datore di lavoro, il suo lavoro è stabile, almeno quanto l'azienda. Non è sempre vero (scuola, università) ma più spesso è così.
La precarietà strutturale si elimina uniformando tutti i contratti di lavoro come a tempo indeterminato ma senza vincoli al licenziamento ed istituendo il reato di sfruttamento del lavoro per le imprese che usino altre forme sfruttamento del lavoro, al di fuori delle regole.
Si combatte inoltre favorendo le attività produttive che creano competenze e penalizzando quelle che sfruttano il lavoro senza creare competenze.

Rafforzare le politiche attive del mercato del lavoro.

Il mondo del lavoro è soggetto a grandi cambiamenti e a crescente mobilità. È quindi necessario, nell’ottica della “flexsecurity” europea, coniugare le misure di sostegno al reddito con politiche attive indirizzate a favorire le transizioni professionali e la ricollocazione al lavoro delle persone a maggior rischio di esclusione come gli ultra 50enni coinvolti nelle ristrutturazioni industriali. A questi fini appare indispensabile il potenziamento dei servizi pubblici per l’impiego e la collaborazione con quelli privati. Un ruolo centrale in queste politiche è ricoperto dalla formazione che va quindi riorganizzata, qualificata e resa permanente così da facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, specie in una fase come l’attuale caratterizzata dalla riorganizzazione dell’apparato produttivo e dalla trasformazione del lavoro stesso.
In un’economia e in una società fondate sulla conoscenza, il costante aggiornamento culturale e delle competenze acquista un rilievo tale da legittimare la proposta di fare della formazione un diritto di ogni singolo lavoratore lungo tutto l’arco della vita.

Il ruolo delle parti sociali

La contrattazione collettiva concorre anch’essa alla creazione di maggiore e migliore occupazione. Da qui l’importanza per il Paese di un sistema di relazioni industriali moderno ed efficiente che riconosca nel contratto nazionale lo strumento irrinunciabile per la tutela generale delle condizioni di lavoro, ma che estenda e valorizzi la contrattazione di secondo livello così da tener conto delle specifiche esigenze produttive ed organizzative delle singole imprese e allo stesso tempo di permettere miglioramenti salariali legati alla produttività.
Per un efficace funzionamento delle relazioni industriali sono necessarie regole condivise tra le parti che garantiscano certezza ed esigibilità agli accordi sottoscritti e nel contempo riconoscano pienamente i diritti sindacali in azienda a tutte le organizzazioni rappresentative dei lavoratori.

Per imprese di grandi dimensioni, il cui impatto economico ed occupazionale sul territorio non è trascurabile, si potrebbe introdurre il criterio della condivisione con i rappresentanti dei lavoratori e delle altre parti sociali (Comune, Regione, Consumatori) non tanto delle scelte imprenditoriali, quanto delle opzioni alternative a tali scelte.
Chiarisco : se un'impresa decide di delocalizzare una produzione non glie lo puoi impedire, ma puoi concordare che una tale scelta possa essere attuata soltanto dopo un negoziato preventivo con le parti sociali, allo scopo di determinare se le motivazioni della scelta non possano venire cambiate da nuovi accordi con le parti sociali stesse. Caso Marchionne insegna. (Franco Puglia pubblicato su FB -Gruppo Rinnovamento Nazionale)

Nessun commento:

Posta un commento