venerdì 31 agosto 2012

IMPOSIZIONE FISCALE ED EQUITA'

Rinnovamento nazionale
IMPOSIZIONE FISCALE ED EQUITA'

L'imposizione fiscale è un tema centrale della politica economica di qualsiasi governo ed è particolarmente scottante in Italia, visto che l'onere fiscale complessivo è diventato insostenibile anche in raporto al modesto corrispettivo in servizi che ne deriva.
Fodamentalmente l'imposizi
one fiscale si divide in imposizione diretta, sui redditi delle persone fisiche e giuridiche, ed indiretta, sui beni e servizi che vengono scambiati nel paese.
L'imposizione diretta ha carattere progressivo, nel senso che le aliquote sono percentualmente più elevate, in funzione del reddito annuo, ed il volume impositivo pro capite è in ogni caso tanto maggiore quanto più elevato è il reddito.
Le imposte indirette sono uguali per tutti, indipendentemente dal reddito. Ricchi e poveri pagano allo stesso modo le tasse sulla benzina, il canone RAI e più in generale l'IVA su tutte le merci e servizi che acquistano.

Sulla base di questa elementare osservazione, possiamo quindi dire che la fiscalità diretta appare più equa di quella indiretta, perché produce contributi proporzionali al reddito, mentre nel caso dei consumi un ricco non mangia più spaghetti di un povero, ma ha più soldi per comperarseli.

La fiscalità indiretta offre un vantaggio allo Stato : è più difficile da evadere.
Come fai ad evadere le accise sulla benzina ? Non puoi.
La fiscalità diretta rende più facile l'evasione a quanti possono permettersi di incassare compensi senza rilasciare documenti (fatture e scontrini) soggetti a verifica fiscale.

Come rendere più equa la distribuzione del carico fiscale senza favorire l'evasione ?

La prima tentazione è quella di abolire le imposte indirette, ma il gettito fiscale corrispondente dovrebbe essere compensato da un tale aumento delle imposte dirette da renderle psicologicamente inaccettabili a tutti, con un conseguente aumento verticale dell'evasione.

Una ragionevole alternativa, tuttavia, può essere quella di differenziare le aliquote IVA in funzione del tipo di bene o servizio scambiato e del reddito di chi acquista.

Infatti, se l'obiettivo è quello dell'Equità, perché non applicare ai beni più costosi aliquote maggiori ed aliquote minori a quelli di prima necessità ? Se l'IVA su una autvettura da 80mila € passa dal 21 al 30% il mercato di queste auto non calerà di molto, perché chi può permettersi di spendere per un'auto 80mila € non teme di arrivare a 90 o 100mila.
L'applicazione di un tale criterio non è peraltro esente da problemi, visita la nostra collocazione in Europa: infatti io potrei acquistare l'auto in Germania con IVA 20% (a minor prezzo) e poi importarla in Italia. Molti lo farebbero; altri no. Il problema si potrebbe però aggirare: l'IVA potrebbe venire applicata all'atto della immatricolazione, quindi versata direttamente all'ente pubblico e non al concessionario italiano o straniero. A quel punto, che io compri in Italia o Germania non farebbe alcuna differenza.

Questo per le auto. Per altri generi di consumo può essere più complicato. Nell'elettronica di consumo, ad esempio, se aumento l'IVA molti andranno ad acquistare gli stessi prodotti in un altro paese europeo.

Un modo per correlare redditi ed IVA potrebbe essere quello di rendere i redditi individuali più trasparenti e far pagare a chi ha redditi più elevati anche un'IVA più pesante.
Le banche in genere pretendono di conoscere il reddito delle imprese, ai fini della concessione di fidi, ecc. Non vale per i privati. Perché non assegnare a ciascun privato una sorta di punteggio bancario in funzione del reddito annuo ufficialmente dichiarato ?
In sede di acquisto con Bancomat o Carta di Credito il sistema potrebbe accertare la congruenza tra una aliquota IVA dichiarata nel prezzo e quella a cui ha diritto l'acquirente in base al suo reddito.
Complicato ? Si, ma realizzabile.

Il problema di fondo consiste nella volontà, o meno, di pagare di più alcuni beni da parte di chi è più ricco per farli pagare di meno da parte di chi è più povero, fermo restando che non si può tirare troppo la corda altrimenti chi è ricco compra altrove.

L'idea di fondo, comunque, è di aggravare l'imposizione fiscale sui beni di lusso e comunque più costosi, con sgravi fiscali su quelli meno costosi e comunque di prima necessità.
Questa esigenza nasce anche dal fatto che i redditi più bassi, da lavoro dipendente o da pensione, non possono venire aumentati e quindi occorre aumentare il loro potere d'acquisto, defiscalizzando le merci e servizi che sono alla portata di queste categorie sociali.

Un altro elemento che occorre avere ben presente prima di introdurre una seria riforma fiscale è il seguente : chi paga le tasse è sempre il consumatore, sia esso ricco o povero.
E' necessariamente così ; non è una scelta iniqua o di carattere politico. Tutto quello che produciamo ed i servizi che la società offre ha dei costi che vengono inevitabilmente scaricati sull'utente finale del bene o servizio, comprese le tasse pagate dal produttore.
Se comperi della frutta per 1 € al kg, in quell'Euro ci sono tutti i costi che agricoltore e distribuzione sostengono per portare quella frutta nella tua borsa della spesa. Il prezzo infatti deve coprire ogni e qualsiasi spesa di tutti gli operatori coinvolti, più il margine di utile netto che ciascun operatore pretende per il suo lavoro.

Quando ce la prendiamo con il solito idraulico evasore che fa il lavoro senza fattura o con il ristoratore a cui paghiamo il pranzo in contanti senza scontrino fiscale, dimentichiamo che, se questi soggetti pagassero integralmente le loro tasse sul reddito e l'IVA sui servizi che ci offrono, dovrebbero scaricare questi costi su di noi, con prezzi più alti, fermo restando il reddito netto che si aspettano dal loro lavoro. Quindi gli evasori in fin dei conti siamo noi consumatori, in queste circostanze. Altro discorso poi è dire che questi soggetti guadagnano troppo in rapporto al lavoro che fanno (quando è così). Ridimensionare i redditi di tali soggetti facendo pagare loro le tasse è una illusione, perché il risultato è solo quello di aumentare i prezzi per i consumatori. Quindi la battaglia contro questi soggetti evasori attualmente in corso, sebbene positiva, può tradursi in un aumento dei prezzi per i consumatori, a meno che la riduzione della domanda di tali servizi a seguito degli aumenti non sia talmente forte da costringere i soggetti a ridurre il loro reddito netto.

Capire questo aiuta anche a capire come, in ultima analisi, l'ideale sarebbe far pagare a tutti le tasse soltanto sui prodotti e servizi consumati, senza imposizione diretta sul reddito, ma differenziando in funzione del reddito l'aliquota fiscale che l'acquirente paga sui suoi acquisti. Come dire che, se non consumo nulla, non pago tasse ed accumulo capitale, ma appena consumo qualcosa pago tutte le mie tasse in maniera molto sostanziosa.

Costruire un tale meccanismo sino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile. Oggi, grazie alla diffusa informatizzazione di ogni cosa, sarebbe realizzabile. Abolendo l'uso del contante ed impiegando soltanto carte di credito ed analoghi strumenti, ogni pagamento verrebbe tracciato e sarebbe impossibile per il venditore evadere l'IVA, mentre l'aliquota potr ebbe venire stabilita automaticamente in base al riconoscimento del compratore.
Il metodo non risolve tutti i problemi : infatti se il compratore, pur non essendo tenuto a pagare alcuna tassa sul reddito, nasconde il suo vero reddito, finisce poi per comperare con basse aliquote fiscali anche se il suo reddio è elevato.
Come evitare questo ? Non è così difficile.

Oggi non mi conviene chiedere fattura all'idraulico, perché significa solo pagare di più il suo servizio di tasca mia. Ma se non posso pagare l'idraulico in contanti, questo dovrà attrezzarsi con un sistema di pagamento telematico oppure accettare un assegno. Quindi il pagamento sarà tracciabile ed il suo reddito sarà trasparente, come da contabili bancarie. Non pagherà tasse sul suo reddito, ma il suo reddito sarà classificato e quindi l'aliquota IVA che pagherà sui suoi acquisti.

Ogni medaglia ha il suo rovescio : una rigida politica di prelievo fiscale sui consumi nazionali porta il consumatore a rivolgersi altrove; con l'idraulico niente da fare; ti serve a casa tua; idem con il caffé al bar e con la spesa quotidiana, ma altre spese le posso effettuare altrove, all'estero. Infatti, non pagando tasse sul reddito, se spendo poco nel mio paese, accumulo capitale. Posso pagarmi ad esempio una vacanza all'estero, invece di farla in Italia con una aliquota IVA magari molto elevata. Niente paura : l'informatica ci aiuta sempre ; come faccio a pagare i costi all'estero ? Sempre con la mia solita carta di credito. Il sistema saprebbe che non ho speso i soldi in Italia e non avrebbe difficoltà ad addebitarmi una bella aliquota IVA addizionale da versare al fisco. Me se pago in contanti all'estero ? Se ti procuri i contanti all'estero, a valere sul tuo CC, io banca ti addebito una aliquota di tasse funzione della tua categoria di reddito. Va bene, allora sai cosa faccio ? Apro un conto all'estero e poi spendo i soldi da quello. Daccordo; fai pure, ma siccome sul reddito che ha permesso di accumulare il capitale depositato nella tua banca non hai pagato tasse, se trasferisci i soldi all'estero ti faccio una sostanziosa trattenuta fiscale, progressiva con l'importo trasferito, e paghi adesso le tasse che non hai pagato prima. Poi i soldi che restano spendili pure all'estero come ti pare.

Va bene, allora sai cosa faccio ? Visto che ho messo da parte molti soldi perché io consumo poco, apro una impresa e mi metto a produrre qualcosa ; come la mettiamo adesso ? Fa pure, per me Stato va benissimo. Apri pure l'impresa. Sugli acquisti di beni destinati alla produzione (macchine, ecc) non paghi alcuna tassa (IVA) ; stessa cosa sull'utile d'impresa non distribuito. Ti servirà per pagare stipendi di nuovi impiegati/operai e nuove macchine. Quanto agli stipendi ed al tuo reddito di imprenditore mi basta sapere quanto sono per attribuire i punteggi di spesa personale.

Sai cosa ti dico ? Faccio comperare alla mia azienda una bella barca da 18 metri per le mie vacanze, senza pagare tasse. No, hai capito male: non paghi IVA acquisti su quello che serve per produrre nella tua azienda ; la barca da 18 metri cosa produce ? La tua azienda non può comperare quella barca.

Il nocciolo del problema fiscale è che le persone si danno da fare per produrre un reddito che permetta loro di acquistare più beni e servizi di altri e di conseguenza, visto che le tasse falcidiano una parte del reddito, cercano di evaderle con ogni mezzo.

Spostare l'onere fiscale dal reddito ai consumi ma indicizzando le aliquote fiscali sui consumi al reddito del compratore complica la vita al percettore di reddito ma in qualche modo rende il suo quadro operativo più semplice.
Infatti l'assenza di imposizione sul reddito rende più appetibile fare impresa e più competitivo produrre e vendere merci, anche all'estero. Infatti se vendo all'estero le merci che produco, non avendo pagato alcuna tassa su acquisti e quant'altro, i miei prezzi sono competitivi e posso aumentare le vendite.

Il mio problema sta nel come spendere bene il mio reddito personale. Quello che compero in Italia mi costa parecchio in tasse; se compero all'estero ho una tassa fissa sul trasferimento dei miei soldi all'estero. Sto al gioco se gli svantaggi del sistema sono abbastanza compensati dai vantaggi. Posso fare meglio impresa e quindi guadagnare molto di più in volume, quindi ho molto più reddito personale da spendere anche se quello che compro mi costa caro. Forse mi conviene.

In effetti una maggiore equità distributiva in termini di potere d'acquisto si può ottenere soltanto se la riduzione del potere di acquisto di alcuni a favore di altri è tollerabile ed è in qualche misura compensata dalla possibilità di produrre più facilmente ricchezza.
In altre parole : se io oggi guadagno 300'000 e all'anno ed ho un certo potere di acquisto, diciamo convenzionalmente 100, ed il mio potere di acquisto si riduce a 80 (-20%), ma il mio reddito sale a 400'000 € (+33%) perché il mio lavoro rende di più, il gioco per me vale la candela. E' difficile immaginare una organizzazione sociale costruita per sottrarre ai ricchi e donare ai poveri , perchè i ricchi si allontanano in fretta. Piaccia o no è così.

Tutto questo è molto bello sulla carta, ma l'applicazone sarebbe una vera rivoluzione e sarebbe anche impossibile valutare a priori l'entità dei trasferimnti di gettito fiscale da un settore impositivo all'altro. Quindi l'unico modo ragionevole sarebbe quello di introdurre gradualmente questi criteri valutandone a posteriori l'efficiacia in termini redistributivi e correggendo via via il tiro.

Una diversa politica fiscale non risolve tuttavia il nodo fondamentale dell'Italia : troppi costi a carico dei troppo pochi che lavorano e producono effettiva ricchezza e non solo servizi onerosi. E' insostenibile che oltre l'80% dei cittadini viva in un modo o nell'altro alle spalle della ricchezza prodotta dal restante 20%. Non sta in piedi se non fabbricando debito pubblico crescente sino ad arrivare al punto di rottura, a cui siamo molto vicini.

La tanto declamata politica per la crescita passa solo e soltanto attraverso un ampliamento della base produttiva di ricchezza reale, che una politica fiscale come quella delineata potrebbe incentivare, ma non potrebbe risolvere da sola. Non basta avere facilitazioni fiscali alla produzione: bisogna anche saper produrre qualcosa che tanti siano interessati a comperare, e per tanti intendo sopratutto compratori non italiani, perché il consumo interno viene pagato anche dai redditi di chi non è produttore di ricchezza, il chè sta anche bene, ma si tratta per così dire di una «partita di giro» interna al paese, senza afflusso di ricchezza fresca. Per capirci : consumi interni è come dire scambiarsi doni, lavoro ed altro tra marito e moglie : la ricchezza della famiglia non cambia.

Quindi la nostra crescita «reale» può soltanto venire da un aumento delle esportazioni, a spese quindi della ricchezza altrui, e poiché c'è un limite a quello che un paese può esportare, questo sarà anche il limite della nostra crescita e quindi della nostra capacità di abbattere il debito pubblico, restituendo all'Italia la sua libertà come paese e la sua dignità di popolo.

Franco Puglia - 30 Agosto 2012
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