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martedì 30 giugno 2015

Orrore in Sud Sudan, bambine stuprate e bruciate vive dai soldati


Orrore in Sud Sudan  bambine stuprate e bruciate vive dai soldati
12:36 30 GIU 2015

(AGI) - Juba, 30 giu. - Soldati dell'esercito del Sudan del Sud hanno stuprato e arso vive bambine nelle loro case: e' quanto emerge da un rapporto choc della missione Onu nel Paese, nel quale si denunciano "diffusi abusi dei diritti umani".
  Gli orrori sono avvenuti nello stato settentrionale di Unity, dove l'esercito, nell'aprile scorso, ha lanciato un'offensiva contro i ribelli. "Sopravvissuti a questi attacchi hanno raccontato che l'esercito e le milizie alleate di Mayom hanno preso di mira la popolazione locale, uccidendo civili, distruggendo villaggi e costringendo oltre 100mila persone alla fuga", ha denunciato l'Onu.
 
La guerra civile e' esplosa nel dicembre del 2013, quando il presidente, Salva Kiir, accuso' il suo ex vice, Riek Machar, di aver organizzato un golpe. Da quel momento Kiir ha avviato una campagna militare, con omicidi di massa e violenze.
  L'escalation "non e' stata solo marchiata da omicidi, stupri, sequestri, saccheggi e incendi, ma da nuove brutalita'", ha sottolineato l'Onu. L'Unicef, all'inizio di giugno, aveva gia' denunciato crimini atroci contro i bambini.
Pubblicato da Angela Baldi alle 10:13 Nessun commento:
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Ecco come l’Europa cancellò il debito della Germania

Pubblicato da keynesblog il 10 marzo 2015 in Economia, Europa, Storia
Gli accordi sul debito di Londra (1953) dimostrano che i governi europei sanno come risolvere una crisi da debito coniugando giustizia e ripresa economica. Ecco quattro lezioni esemplari, utili nell’attuale crisi del debito greco.

Il 27 febbraio 1953 fu siglato a Londra un accordo che cancellava la metà del debito della Germania (all’epoca la Germania Ovest). 15 miliardi su un totale di 30 miliardi di Deutschmarks*.
Fra i paesi che accordarono la cancellazione c’erano gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia, assieme a Grecia, Spagna e Pakistan (paesi che sono oggi fra i più importanti debitori). L’accordo copriva anche il debito di privati e società. Dopo il 1953, altri paesi firmarono l’accordo per cancellare il debito tedesco: l’Egitto, l’Argentina, il Congo Belga (oggi Repubblica Democratica del Congo), la Cambogia, il Cameroun, la Nuova Guinea, la Federazione di Rodesia e il Nyasaland (oggi Malawi, Zambia e Zimbabwe). (1)
Il debito Tedesco risaliva a due periodi storici: gli anni precedenti la prima guerra mondiale e quelli immediatamente successivi alla seconda. Circa la metà derivava da prestiti che la Germania aveva contratto durante gli anni ’20 e i primi anni ’30 (prima dell’ascesa dei nazisti al potere), e che furono usati per pagare i danni di guerra imposti nel 1919 dal trattato di Versailles. Si trattava del lascito delle colossali riparazioni dei danni di guerra imposte al paese dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale.
L’altra metà del debito era legata alle spese di ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale.
Nel 1952, il debito della Germania detenuto da paesi esteri ammontava al 25% circa del reddito nazionale. Si tratta di un debito relativamente contenuto rispetto alle cifre di oggi: Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo hanno tutte un debito verso creditori esteri superiore all’80% del PIL. La Germania Ovest doveva affrontare enormi spese per la ricostruzione, ma le riserve di valuta estera erano scarse. La delegazione tedesca alla conferenza sostenne con successo la tesi che i rimborsi del debito sarebbero cresciuti vertiginosamente nell’immediato futuro, e che ciò avrebbe gravemente ostacolato la ricostruzione. In seguito all’annullamento del debito, la Germania Ovest visse un ‘miracolo economico’ trainato da una vasta opera di ricostruzione, e forti incrementi del reddito e delle esportazioni. Questa stabilità contribuì alla pace e alla prosperità in Europa.
I creditori della Germania Ovest erano ben disposti a stabilizzare il quadro politico ed economico del paese, per rafforzare un ‘bastione contro il comunismo’. Questo sottinteso politico spinse i creditori ad affrontare con un approccio illuminato la questione del debito; approccio purtroppo assente nelle crisi di debito degli ultimi trent’anni – America Latina e Africa (anni ’80 e anni ’90); estremo oriente (metà anni ’90); Russia e l’Argentina (alla soglia del millennio) e oggi l’Europa. In tutte queste crisi, la Germania si è trovata fra i creditori, com’è crudamente emerso nel corso della crisi europea del debito.
Oltre all’entità del debito cancellato, molti altri aspetti degli accordi sul debito di Londra furono di sicuro vantaggio per la Germania; i principî che li ispirarono potrebbero essere applicati al caso degli attuali paesi debitori.
1) Imposizione di limiti espliciti al rimborso del debito
Innanzitutto fu abilmente richiesto (e ottenuto) che il rimborso del debito della Germania Ovest procedesse solo in caso di eccedenza commerciale. In caso di deficit commerciale, non sarebbe stato effettuato nessun pagamento. In altre parole, il governo avrebbe rimborsato il debito unicamente con risorse effettivamente disponibili, invece di ricorrere a nuovi prestiti o utilizzando riserve di valuta estera. Questo meccanismo evitò una nuova recessione o una lunga stagnazione. Inoltre, nell’ipotesi di una bilancia commerciale in passivo, la Germania Ovest era autorizzata a limitare le importazioni.
Se i paesi creditori volevano recuperare i loro prestiti, erano quindi indotti ad importare merci dalla Germania. Il meccanismo che permise di procedere in questo senso fu la rivalutazione contro il marco delle divise dei paesi creditori: con un marco ‘debole’ le merci prodotte in Germania erano più convenienti sui mercati esteri. L’effetto fu una rapida crescita delle esportazioni tedesche, che permise al paese di ripagare il debito residuo. D’altra parte, i paesi creditori riorientarono di fatto le loro politiche economiche interne, spingendo verso maggiori importazioni (e quindi sostenendo i consumi), invece di costringere i debitori ad applicare politiche di austerità. [Quest’ultima è la via scelta dalla Germania attuale, che parallelamente insiste sul mercantilismo e deprime i consumi interni, n.d.t.]
Deficit, surplus e debito
Se un paese esporta più di quello che importa, ha un eccedenza commerciale (o surplus). Ciò comporta un reddito in eccesso, che non è speso in beni importati. Quest’eccesso servirà a riassorbire debito, oppure si trasformerà in credito verso altri paesi, che a loro volta s’indebiteranno.
Se un paese è in deficit commerciale, importa più di quanto esporta. È quindi costretto a contrarre dei debiti con altri paesi, o a mettere in vendita il suo patrimonio.
I debiti tra paesi sono insomma causati da (o causano a loro volta) deficit e surplus nelle bilance commerciali. Perché un paese possa essere in surplus, deve esisterne un altro con un deficit. Più le bilance commerciali sono in equilibrio, più stabile è l’economia mondiale.
Perché un debito possa essere rimborsato, i paesi debitori devono essere in surplus, e i paesi creditori devono trovarsi in deficit commerciale. È molto difficile per i paesi debitori raggiungere un eccedenza di bilancia commerciale, se i creditori non sono disposti ad accettare disavanzi.
Non è teoricamente possibile che tutti i paesi siano in surplus, a meno che il pianeta Terra non si metta a commerciare con un altro pianeta.
La bilancia commerciale della Germania Ovest fu ampiamente in attivo durante il periodo di rimborso del debito, e così la clausola limitativa non venne mai applicata. Ma la sua sola esistenza permise di ricostruire l’economia tedesca e sostenere le esportazioni, creando un potente incentivo ad acquistare merci provenienti dalla RFT, e permettendo la svalutazione del marco rispetto alle altre divise.
La competitività della Germania e la svalutazione del marco segnarono tutto il periodo del rimborso del debito, e finirono per vincolare gli altri paesi dell’Eurozona con la creazione dell’euro negli anni ’90. Negli anni ’50 e ’60, le eccedenze commerciali della Germania Ovest permisero il rimborso del debito; negli anni più recenti, hanno invece contribuito ad aumentare il debito di altri paesi, come la Grecia, l’Irlanda, la Spagna ed il Portogallo.
Grazie alla cancellazione del debito e alla riduzione dei tassi d’interesse, i pagamenti assorbiti dal rimborso costituivano il 2,9% delle esportazioni nel 1958 (il primo anno del risarcimento) e si ridussero con la crescita del surplus. A titolo di confronto, l’FMI e la Banca Mondiale considerano ‘sostenibili’ per i paesi più poveri rimborsi del debito dell’ordine del 15%-25% del valore delle esportazioni.
Nel 2015, l’FMI prevede che la Germania avrà un’eccedenza commerciale pari al 5,8% del PIL, quando invece potrebbe importare merci dai paesi creditori, per aiutarli ad uscire dalla crisi. [Il surplus commerciale tedesca ha violato ripetutamente i criteri della Macroeconomic Imbalance Procedures — MIP. Ma per ora le sanzioni non sono state applicate alla Germania, n.d.t.]
Inoltre, come prima ricordato, i rimborsi attuali del debito sono molto più elevati (in termini di percentuale rispetto al valore delle esportazioni) di quanto pagato dalla Germania Ovest al ritmo massimo dei pagamenti. Attualmente, i rimborsi del governo greco sono dell’ordine del 30% delle sue esportazioni (2).
Situazioni simili si presentano per i paesi più indebitati del sud del mondo: il Pakistan, le Filippine, El Salvador e la Jamaica spendono fra il 10% e il 20% per cento delle loro esportazioni per ripianare i loro debiti esteri (3). Questi valori non comprendono i rimborsi dei debiti privati.
2) Coinvolgimento di tutti i tipi di creditori
Tutti i creditori furono coinvolti nel programma di ristrutturazione, sia gli stati, sia i privati, ai quali furono applicati gli stessi criteri. Questo per limitare gli effetti dei contenziosi eventualmente aperti dai privati per disparità di trattamento.
Ben diverso è stato l’approccio delle ristrutturazioni del debito più recenti. Il programma di normalizzazione del debito dei paesi poveri (Heavily Indebted Poor Countries initiative, HIPC), che ha cancellato 130 miliardi di dollari di debiti a 35 paesi fra i più poveri del mondo (anni 2000), ha riguardato unicamente i debiti verso istituzioni internazionali o paesi terzi. I soggetti privati non sono stati coinvolti nell’accordo. Di conseguenza, paesi fra i più poveri al mondo, come Sierra Leone, Zambia, Repubblica Democratica del Congo, sono stati citati in giudizio presso tibunali occidentali dai ‘Vulture funds’ (fondi speculativi ‘avvoltoio’), per montanti colossali, che non sono in grado di rimborsare.
Alla fine del 2001, l’Argentina si dichiarò insolvente sul proprio debtio, semplicemente perché era troppo elevato da rimborsare. Molti dei creditori privati sottoscrissero un nuovo accordo, che prevedeva uno sconto del 70% sul debito nominale. Alcuni creditori, fra i quali ‘fondi avvoltoio’ che avevano riacquistato parti del debito nel pieno della crisi, e a condizioni molto convenienti, esigono oggi -in sede legale- il rimborso totale del debito all’Argentina, oggi non più insolvente.
Nel giugno 2014, la corte suprema USA confermò il giudizio del tribunale di New York in favore di due fondi speculativi (NML Capital e Aurelius Capital) che esigevano 1,3 miliardi di dollari di debiti contratti dall’Argentina durante la crisi del 2001. Il giudizio stabiliva che l’Argentina avrebbe dovuto dapprima rimborsare i debiti verso i due fondi prima di procedere a qualsiasi altro indennizzo. Il rifiuto di ottemperare dell’Argentina comportò un nuovo default sul debito e a uno stallo che dura ancora oggi.
In Grecia sono avvenute nel 2011 due ristrutturazioni, che hanno portato ad una riduzione del debito nominale di più del 50% per 9 creditori privati su 10. Malgrado questa ‘riduzione’ il valore del capitale da recuperare restava comunque superiore al prezzo di vendita dei diritti creditorî sul mercato. E i creditori insittetero perché il nuovo debito fosse sottoposto – nella maggior parte dei casi – al diritto britannico. Con limiti evidenti sul controllo futuro del proprio debito da parte del governo greco.
Per di più, i creditori che detenevano il ‘vecchio’ debito sotto legislazione non greca (britannica o elvetica) sono rimasti fuori dall’accordo, e sono attualmente in grado di esigere il pagamento completo della somma originaria, più del doppio dei creditori ‘ristrutturati’. Molti di questi debiti sono detenuti da fondi speculativi che hanno comprato il debito a prezzi stracciati, e che stanno quindi speculando, con vasti profitti, a danno del popolo greco. Inoltre, i prestiti accordati alla Grecia per ricoprire il suo debito negli ultimi due anni lo hanno di fatto trasferito da creditori privati verso soggetti istituzionali, l’FMI e i governi dell’UE. Questa parte non ha subito alcuna riduzione, e quindi il debito detenuto da creditori esteri è oggi ben al di là del 100% del PIL.

3) Applicare la ristrutturazione a tutti i debiti, non solo quelli verso i governi.
Gli accordi sul debito di Londra furono applicati a tutti i debiti contratti dalla Germania Ovest: verso privati, governi e società estere. Comprendeva quindi i debiti dei privati e delle società tedeschi, oltre al debito pubblico.
La maggior parte della crisi del debito odierna è scaturita da debiti inizialmente a carico di società private, soprattutto banche. Per esempio, i prestiti contratti  dal settore privato in Irlanda hanno spinto nel 2007 il debito totale del paese al 1000% del PIL. Il governo irlandese, invece, ha potuto approfittare di un avanzo di bilancio in quegli stessi anni, e il suo debito totale (detenuto sia da risparmiatori irlandesi, sia da creditori esteri)  era ‘appena’ l’11% del PIL nel 2007. Perché un’economia esca dalla stagnazione causata da debito eccessivo, devono essere ristrutturati tanto il debito detenuto dai privati quanto quello detenuto dai governi.
4) Negoziati piuttosto che sanzioni
Se la Germania Ovest non avesse voluto, o non fosse stata in grado di rimborsare il debito, l’accordo prevedeva consultazioni fra il debitore e i creditori, sotto la supervisione di un organismo internazionale terzo. Un approccio del tutto diverso da quello che ha ispirato i ‘negoziati’ più recenti sul debito, nei quali i governi e le istituzioni creditrici (il Club di Parigi, l’FMI, la BCE) hanno imposto i termini dell’accordo ai paesi debitori, obbligandoli a instaurare politiche di austerità e liberalizzazioni sui mercati. Come ci si poteva aspettare, la Germania Ovest non ebbe ulteriori problemi di debito, e anche questa clausola non venne mai applicata.
Il caso Grecia: spezzare le catene
Ispirandosi all’antica idea del Giubileo, in occasione del quale i debiti erano annullati, gli schiavi erano liberati, e la terra ridistribuita, la Jubilee Debt Campaign lancia un appello per un nuovo ‘Giubileo del debito’ per risolvere l’attuale crisi economica globale. Quest’iniziativa costituirebbe il quadro per rompere l’attuale spirale della crisi debitoria e bancaria in Europa, e alleggerire il fardello perpetuo che grava sui paesi del sud del mondo.
In altre parole:
– Cancellare i debiti ingiusti dei paesi più indebitati;
– Promuovere una tassazione giusta e progressiva, piuttosto che ricorrere a nuovi prestiti;
– Uscire dalla logica di nuovi prestiti che spingono i paesi poveri nella voragine del debito
La Grecia è indiscutibilmente fra i paesi che più hanno bisogno di una cancellazione del debito. Dopo più di quattro anni di austerità, il debito greco è salito dal 133% al 174% del PIL. Il salario minimo è caduto del 25%, la disoccupazione giovanile è oltre il 50%. E più del 20% della popolazione è sotto la soglia di povertà. È necessario che i creditori di Atene capiscano la lezione dell’accordo sul debito tedesco del 1953, e spezzino le catene del debito che attanagliano oggi la Grecia.
Traduzione: Faber Fabbris
Fonte: jubileedebt.org.uk
Pubblicato da Angela Baldi alle 08:47 Nessun commento:
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lunedì 29 giugno 2015

Commissione Ue diffida Italia: “Permetta di produrre formaggio anche senza latte”

Commissione Ue diffida Italia: “Permetta di produrre formaggio anche senza latte”

Numeri & News
L'esecutivo europeo chiede alla Penisola di adeguarsi alla normativa degli altri Paesi, dove l'industria casearia ricorre normalmente a succedanei come il latte in polvere. Coldiretti: "Siamo di fronte all'ultimo diktat dell'Europa, pronta ad assecondare le lobby che vogliono costringerci ad abbassare gli standard qualitativi"
di F. Q. | 28 giugno 2015

Più informazioni su: Bruxelles, Coldiretti, Commissione Europea, Formaggio, Italia, Latte, Procedura d'infrazione, Unione Europea
Dare il via libera anche in Italia al formaggio prodotto senza latte: a chiederlo è l’Europa. La Commissione europea ha infatti inviato a Roma una diffida in cui definisce troppo stringenti le leggi italiane in materia e auspica che la Penisola metta fine al divieto di utilizzo di latte in polvere concentrato e ricostituito per la fabbricazione del formaggio. La normativa italiana, che proibisce l’uso di surrogati, è considerata un ostacolo alla “libera circolazione delle merci”, dato che nel resto dell’Unione europea i “latticini senza latte” (formaggio ma anche yogurt) sono di uso comune.
Se passasse l’adeguamento al ribasso è evidente il rischio di conseguenze per l’intera filiera dell’industria casearia italiana. “Siamo di fronte all’ultimo diktat di un’Europa che tentenna su emergenze storiche come l’emigrazione, ma che è pronta ad assecondare le lobby che vogliono costringerci ad abbassare gli standard qualitativi dei nostri prodotti alimentari difesi da generazioni di produttori”, ha commentato Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti. 
Secondo il numero uno dei coltivatori diretti occorre “salvaguardare le aspettative dei consumatori per quanto concerne l’autenticità e la qualità delle materie prime adoperate”. Si tratta, aggiunge Moncalvo, “di una scelta che ha garantito fino ad ora il primato della produzione lattiero casearia italiana, che riscuote un apprezzamento crescente in tutto il mondo dove le esportazioni di formaggi e latticini sono aumentate del 9,3 per cento nel primo trimestre del 2015″.
Pubblicato da Angela Baldi alle 10:11 Nessun commento:
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domenica 28 giugno 2015

I compiti per le vacanze di un prof di liceo

"Ballate senza vergogna e sognate la vostra vita perché l'estate mette subbuglio". 

Sta facendo il giro dell'Italia la lista dei compiti per le vacanze consegnata agli alunni dal professore Cesare Catà, insegnante al Liceo delle Scienze Umane "Don Bosco" di Fermo.
Il motivo è semplice: invece di ordinare letture obbligatorie o esercizi, Catà consiglia agli studenti di contemplare il mare in solitudine, ammirare l'alba, sognare la vita futura, leggere "perché è la migliore forma di rivolta" e "ballare senza vergogna". Consigli di vita che sembrano impartiti da un maestro che ha a cuore il benessere psicologico e spirituale dei suoi ragazzi piuttosto che il nozionismo.
Ecco i 15 punti che il professor Catà ha riportato anche nella propria pagina Facebook:
1. Al mattino, qualche volta, andate a camminare sulla riva del mare in totale solitudine: guardate come vi si riflette il sole e, pensando alle cose che più amate nella vita, sentitevi felici.
2, Cercate di usare tutti i nuovi termini imparati insieme quest'anno: più cose potete dire, più cose potete pensare; e più cose potete pensare, più siete liberi
3. Leggete, quanto più potete. Ma non perché dovete. Leggete perché l'estate vi ispira avventure e sogni, e leggendo vi sentite simili a rondini in volo. Leggete perché è la migliore forma di rivolta che avete (per consigli di lettura, chiedere a me).
4. Evitate tutte le cose, le situazioni e le persone che vi rendono negativi o vuoti: cercate situazioni stimolanti e la compagnia di amici che vi arricchiscono, vi comprendono e vi apprezzano per quello che siete.
5. Se vi sentite tristi o spaventati, non vi preoccupate: l'estate, come tutte le cose meravigliose, mette in subbuglio l'anima. Provate a scrivere un diario per raccontare il vostro stato (a settembre, se vi va, ne leggeremo insieme)
6. Ballate. Senza vergogna. In pista sotto cassa, o in camera vostra. L'estate è una danza, ed è sciocco non farne parte.
7. Almeno una volta, andate a vedere l'alba. Restate in silenzio e respirate. Chiudete gli occhi, grati.
8. Fate molto sport.
9. Se trovate una persona che vi incanta, diteglielo con tutte la sincerità e la grazia di cui siete capaci. Non importa se lui/lei capirà o meno. Se non lo farà, lui/lei non era il vostro destino; altrimenti, l'estate 2015 sarà la volta dorata sotto cui camminare insieme (se questa va male, tornate al punto 8).
10. Riguardate gli appunti delle nostre lezioni: per ogni autore e ogni concetto fatevi domande e rapportatele a quello che vi succede.
11. Siate allegri come il sole, indomabili come il mare.
12. Non dite parolacce, e siate sempre educatissimi e gentili.
13. Guardate film dai dialoghi struggenti (possibilmente in lingua inglese) per migliorare la vostra competenza linguistica e la vostra capacità di sognare. Non lasciate che il film finisca con i titoli di coda. Rivivetelo mentre vivete la vostra estate.
14.Nella luce sfavillante o nelle notti calde, sognate come dovrà e potrà essere la vostra vita: nell'estate cercate la forza per non arrendervi mai, e fate di tutto per perseguire quel sogno.
15. Fate i bravi.
Pubblicato da Angela Baldi alle 08:29 Nessun commento:
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lunedì 22 giugno 2015

Prostituzione nigeriana in Italia

foto Elena Perlino (www.elenaperlino.com)
Le strade italiane, in particolare quelle periferiche delle grandi e medie città, sono popolate da tante Joy, Jessica o Pamela, nomi fantasiosi di donne dalla pelle scura, alcune succintamente vestite altre meno appariscenti. Qualcuna perfino abbondante nei suoi lineamenti. Vivono ai margini, spesso in situazioni di grande degrado urbano e vendono il loro corpo per qualche decina di euro. Sono quelle che oramai da molti sono conosciute come le ragazze di Benin City.
La prostituzione italiana di pelle nera è quasi esclusivamente nigeriana e la stragrande maggioranza (secondo alcuni dati, l'80%) proviene proprio dalla citta' industriale di Benin City nell'Edo State.
La tratta delle donne nere ha inizio a meta' degli anni '80, quando a seguito del boom economico legato ai proventi del petrolio (abbondante in Nigeria e in particolare nel Delta del Niger) originato negli anni '60, si assiste alla prima crisi economica. Crisi che, bisogna essere onesti, e' generata da una classe politica avida, corrotta e dittatoriale che ha permesso alle multinazionali di depredare e devastare il territorio in cambio di enormi tangenti. In quegli anni sono nate delle vere e proprie cleptocrazie.
La prima migrazione verso l'Europa ha fatto scoprire che in quei paesi vi e' una grande richiesta (e quindi mercato) di donne a pagamento. Gli Europei, e gli italiani in particolare, sono sempre stati dei fruitori del sesso a pagamento. Sono stati scritti fiumi di parole sulle motivazioni di questa propensione. Il maschio latino, il cattolicesimo, la trasgressione, il desiderio di dominare sulla donna e infine, per quanto riguarda le nigeriane, il fascino della pelle nera e molti falsi stereotipi. Certo questa grande richiesta si e' incontrata con una criminalita' organizzata, quale quella nigeriana, nata proprio in quel contesto economico, che aveva bisogno di estendere i suoi traffici in Europa (criminalità pervasiva). La mafia nigeriana nel tempo ha consolidato i suoi traffici in due grandi settori: lo spaccio di stupefacenti e la tratta delle donne, con un terzo settore d'interesse, quello della falsificazione dei documenti, necessario agli altri due molto più redditizi. Mentre per gli stupefacenti sono stati necessari accordi con le mafie locali (in particolare con i clan in Campania -  da cui la base logistica nigeriana di Castelvolturno e il litorale domiziano) per la prostituzione l'autonomia era molto ampia (i centri logistici nigeriani erano soprattutto al nord, nel Veneto e in Lombardia, in particolare). Si puo' affermare che la prostituzione e' stata il cavallo di troia nigeriano per mettere la testa, e non solo, nel grande business del malaffare europeo.
Bisognava, come si dice in gergo, saturare il mercato. Tra la fine degli anni '80 e la meta' degli anni 90 sono giunte in Europa un numero elevatissimo di giovani donne nigeriane, tutte con la promessa di una vita migliore. Lo scherma e' oramai noto. A donne semi analfabeti delle periferie povere e alle loro famiglie si promettevano lavori in Europa (parrucchiere, badanti, baby-sitter, lavoro nei campi) ben retribuiti. In cambio si chiedevano ingenti somme di denaro per organizzare il viaggio e per i documenti necessari (tra i 30 e i 70 mila euro). Somme che spesso le ragazze non avevano consapevolezza del loro reale ammontare. Al fine di sancire l'impegno alla restituzione, si organizzavano riti religiosi (di ispirazione vudu) e altre cerimonie che creavano vincoli indissolubili. Chi conosce l'Africa sa quanto, molto più di altre cose, un rito vincoli a vita un individuo ad un impegno.
Il viaggio procedeva verso diverse rotte. Quella ad ovest, via aerea, toccava la Spagna, quella ad est, raggiungeva la Grecia (o i paesi dell'Est) o quella, più lunga e faticosa passava attraverso il deserto libico o algerino e poi il Mar Mediterraneo (i particolare Algeria e Marocco). Un viaggio dove nella maggioranza dei casi avveniva una forzata iniziazione al lavoro futuro. Le donne erano violentate e costrutte ad ogni surpruso. Un viaggio - poteva durare anche sei mesi - in cui le donne erano nelle mani dei trafficanti che le usavano come qualsiasi merce ed erano accompagnate da quello che in gergo viene definito trolley (un addetto alle pratiche soprattutto aereoportuali). Giunte in Italia, erano affidate a delle donne, chiamate madam o maman, una sorta di matrigna che gestiva il quotidiano (casa, soldi e lavoro), i loro documenti sequestrati fino alla estinzione del debito. I meccanismi con cui le organizzazioni criminali ottenevano  (e ottengono) i documenti vedono naturalmente la complicita' di apparati dello Stato (spesso gia' nelle ambasciate o nelle rappresentanza diplomatiche) perche' con il denaro tutto e' possibile. La prostituzione era la sola occupazione di queste donne, che sottratte le spese, pagato una parte del debito, riuscivano anche a mandare a casa qualche soldo per le famiglie, che le credevano (non sempre) a lavoro nella ricca Europa. In quei anni le strade si popolarono di prostitute nere, spesso ad ogni orario del giorno e della notte, costrette a tutto, nei luoghi piu' degradati (la concorrenza con le italiane e dopo con albanesi e rumene era alta, e la mafia nigeriana, contrariamente alle altre, non interveniva molto in strada, lasciando alle donne il compito di sgomitare in un giungla tutt'altro che semplice).
Le donne nigeriane che hanno soddisfatto in tutti i modi centinaia di migliaia di italianissimi padri di famiglia, hanno pagato un prezzo altissimo in termini di violenza e di morti. Molte sono sparite nel nulla, altre sono state trovate ai margini delle strade, massacrate e sistemate in sacchi di immondizie. Altre sono state uccise da clienti che nella loro per niente lucida follia, pensavano di aver trovato la donna dei sogni o la schiava per qualsiasi depravazione.
Altre, nel tempo, sono diventate a loro volta madam, occupandosi delle nuove arrivate, quasi a continuare un ciclo che forse non avra' mai fine.
Qualcuna e' riuscita ad estinguere il suo debito, ma anni di strada non si cancellano con una spugna. Nel tempo e' cambiato qualcosa, le nuove Jessica o Pamela, spesso partono sapendo cosa andranno a fare (testimonianze dicono che già nel 1996-1997 a Benin City era chiaro cosa avrebbero fatto le donne una volta giunte in Europa e in particolare in Italia), ma le alternative in Nigeria non sono molte e la consapevolezza delle condizioni di lavoro non sono cosi' alte. Il flusso continua in modo ininterrotto, tra le maglie dei richiedenti asilo. Ancora una volta, le violenze di Boko Haram sono funzionali (e forse non solo) ai trafficanti di carne umana. 
Ora come allora, le ragazze sono in strada, nei luoghi piu' impensabili, si vendono per poco e nonostante tutto sono ancora capaci di sorridere. Ancora una volta, molti fanno finta di non vedere.
   


Per chi volesse approfondire suggerisco questa ricerca di Franco Prina, che seppur datata (2003) ricostruisce con grande precisione le dinamiche dello sfruttamento sessuale delle donne nigeriane.
Vi segnalo anche il lavoro fotografico di Elena Perlino, chiamato Pipeline proprio sulle donne nigeriane in Italia

Tra le tante testimonianze dirette che sono reperibili in rete, vi rimando a quella di Maris Davis Joseph (in particolare nelle toccanti pagine in cui parla della sua storia).
Pubblicato da Gianfranco Della Valle a giovedì, giugno 18, 2015
Pubblicato da Angela Baldi alle 08:30 Nessun commento:
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domenica 21 giugno 2015

CARISSIMI AFRICANI, COME VA? ADESSO NOI EUROPEI VI RACCONTIAMO LA VERITA’

 

DI ALESSANDRO GILIOLI

Carissimi africani, come va? Qui è l’Europa che vi parla! Da Bruxelles, avete presente?

Pensate che proprio da qui giusto un secolo e mezzo fa ci si divertiva a farvi lavorare gratis nelle piantagioni e nelle miniere per la maggior ricchezza di re Leopolodo, però dai, ragazzi, noi ci si conosceva già da parecchio prima: quando tutti insieme – inglesi, olandesi, portoghesi, spagnoli etc – abbiamo messo in catene 12 milioni di voi per venderli in America, e anche lì è stato un bel business. D’accordo, un paio di milioni ci sono rimasti durante la navigazione, ma pazienza: su quel lucrosissimo commercio triangolare abbiamo costruito la nostra rivoluzione industriale, quella che voi non avete avuto.

Poi però portarvi di là in catene non ci bastava più e allora abbiamo pensato di prendere direttamente le vostre terre, perché abbiamo scoperto che erano piene di roba che ci poteva essere utile. I francesi hanno iniziato dal nord e gli inglesi da sud, un po’ di stragi a schioppettate ed è diventato tutto roba nostra. Anche i belgi, si diceva, si sono dati da fare, pensate che a un certo punto il loro impero era composto al 98 per cento di terre africane. Poi si sono mossi i tedeschi, infine gli italiani, insomma dopo un po’ non c’era più un fazzoletto di continente che fosse vostro, che ridere.

A proposito degli italiani, come sempre sono arrivati ultimi, però si sono rifatti con il record di prima nazione al mondo che ha usato i gas sui civili, a un certo punto donne e bambini si ritrovavano dentro una nuvola di iprite e morivano a migliaia tra orrendi spasmi. «Mica vorranno che gli buttiamo giù confetti», disse il generale De Bono, che simpatico burlone. Il bello è che chi si trovava nei dintorni moriva anche una settimana dopo, il corpo pieno di devastanti piaghe, per aver bevuto l’acqua dei laghi piena di veleno, che fresconi che siete stati a non accorgervene.

Finito il colonialismo – ormai vi avevamo rubato quasi tutto, dai diamanti alle antiche pergamene amhare – non è che ci andasse proprio di levare le tende e allora abbiamo continuato a controllare la vostra politica e la vostra economia, riempiendo d’armi i dittatori che ci facevano contratti favorevoli, quindi comprando a un cazzo e un barattolo quello che ci serviva in Europa, devastando i vostri territori e imponendo le nostre multinazionali per quello che abbiamo deciso dovesse essere il vostro sviluppo. Voi creduloni ci siete cascati ancora e ci siamo divertiti così per un altro secolo.

Se poi un dittatore si montava un po’ la testa e pensava di fare da solo, niente di grave: lo cambiavamo con un altro, dopo aver bombardato un po’ di città e aver rifornito di cannoni le milizie che ci stavano simpatiche per massacrare quelle che ci stavano antipatiche. Del resto da qualche parte le mitragliatrici o i carrarmati che produciamo li dobbiamo pure piazzare, qui in Europa siamo in pace da settant’anni e mica possiamo rinunciare a un settore così florido.

Negli ultimi venti-trent’anni poi abbiamo creato un modello nuovo che si chiama iperconsumismo e globalizzazione, allora abbiamo scoperto che l’Africa era perfetta per comprarsi tutto quello che noi non volevamo più perché noi dovevamo possedere roba nuova e con più funzioni, così abbiamo trasformato il porto di Lomé in un immenso centro di svendita dei nostri vecchi telefonini e delle nostre vecchie tivù, tanto voi sciocchini vi comprate tutto pur di cercare di essere come noi.

Già che c’eravamo, abbiamo usato i vostri Paesi come discarica dei nostri prodotti elettronici ormai inutilizzabili, quelli che nemmeno voi potevate usare. Pensate che curiosa, la vita di un nostro accrocco digitale: inizia grazie al coltan per cui vi ammazzate nelle vostre miniere e finisce bruciando tra gas cancerogeni nelle vostre discariche; in mezzo ci siamo noi che intanto ci siamo divertiti o magari abbiamo scritto post come questo.

Insomma, ragazzi, siete nella merda fino al collo e ci siete da tre-quattrocento anni, ma a noi di avere avuto qualche ruolo in questa merda non importa proprio niente, non abbiamo voglia di pensarci e abbiamo altro da fare.

Negli ultimi tempi poi, con questa storia dei televisori, dei computer e delle parabole satellitari, purtroppo siete cascati in un altro increscioso equivoco, e cioè vi siete messi in testa che qui in Europa si sta meglio: ma come fa a venirvi in mente che vivere in una casa con l’acqua corrente e l’elettricità sia meglio di stare in mezzo al fango e tra quattro pareti di lamiera ondulata? Bah, che strani che siete. Anche questa cosa che avere un ospedale è meglio che morire di parto, o che uscire di casa a prendere un autobus sia meglio che uscire di casa e prendere una mina, o che mangiare tre volte al giorno sia meglio che morire di dissenteria per malnutrizione, che noia, mamma mia.

Così alcuni di voi, di solito i più sfigati, hanno iniziato a lasciare la baracca e le bombe per attraversare prima il deserto poi il mare e venire qui a rompere i coglioni a noi.

D’accordo, quelli che lo fanno alla fine sono poche decine di migliaia rispetto a oltre un miliardo di voi, perché non a tutti piace l’idea di morire nella sabbia o in acqua, e gli emigranti sono pochini anche rispetto a noi, che siamo mezzo miliardo, ma insomma, ve lo dobbiamo dire: ci stanno sui coglioni lo stesso e quindi non li vogliamo, perciò abbiamo deciso che devono tornare nel buco di culo di posto da cui vengono, anche se lì c’è la guerra, la fame, la malaria e tutto il resto di quelle cose lì. Tanto più che quelli che vengono qui mica stanno sempre bene, alcuni hanno pure la scabbia, e a noi non è che ci interessa perché hanno la scabbia, ci interessa che non vengano qui, è chiaro?

Concludendo, con tutta l’amicizia e senza nessun razzismo – ci mancherebbe, noi non siamo razzisti – dovreste gentilmente stare fuori dalle palle e vivere tutta la vita nell’inferno che vi abbiamo creato. E se fate i bravi, un lavoro in un cantiere di Addis o in una miniera di Mbomou per due dollari al giorno potete anche trovarlo, con un po’ di culo, purché naturalmente a quella cifra lavoriate dieci ore dal lunedì al sabato a chiamata giornaliera, e non diciate troppo in giro quanta gente ci schiatta ogni giorno.

Se poi trasportate sacchi anche la domenica full time vi diamo qualcosa di più, così magari tra un po’ potete comprarvi un altro nostro televisore di scarto, però – mi raccomando – da usare lì, nella baracca piena di merda di capra in cui vivete.

Contenti?

http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/06/14/qui-e-leuropa-che-vi-parla/
Pubblicato da Angela Baldi alle 03:00 Nessun commento:
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sabato 20 giugno 2015

L’Uruguay condona il debito di Cuba e ringrazia i medici cubani


L’Uruguay condona il debito di Cuba e ringrazia i medici cubani
Il Senato uruguayano ha approvato un disegno di legge che autorizza il governo a condonare la totalità del debito contratto dalla Banca nazionale di Cuba verso l’Uruguay.Hanno votato a favore tutti i senatori della coalizione di centrosinistra al governo ma anche un terzo di quelli dell’opposizione. Ora l’iniziativa passa al voto della Camera, dove sarà quasi sicuramente ratificata vista l’ampia maggioranza di cui gode l’esecutivo.
Il debito cubano condonato ammonta a 31,5 milioni di dollari, più gli interessi maturati dal 2013 ad oggi.
Nel testo si motiva la decisione come una grata retribuzione per “l’Operazione miracolo”, attraverso la quale, grazie all’invio di tecnologia di punta e specialisti in oftalmologia dall’isola caraibica e l’ammodernamento di una vecchia struttura ospedaliera da parte del governo locale, è stato possibile realizzare in Uruguay oltre 50.00 operazioni gratuite di cataratta e interventi delicati agli occhi nel nuovo Ospedale Oculistico José Martí.
Intanto proprio oggi il governo cubano ha annunciato oggi l’accesso alla connessione internet wi-fi, impegnandosi a dimezzarne il costo. E’ la prima espansione significativa del servizio da quando a dicembre, nel contesto del disgelo tra Stati Uniti e Cuba, il presidente Barack Obama aveva promesso al governo dell’Avana di favorire l’accessibilità alla rete. In concreto, dal 1° luglio 35 centri internet point pubblici distribuiti in tutto il paese disporranno di connessione wi-fi a un costo di 2 dollari all’ora, a fronte dei 4,5 dollari attuali.
Un prezzo ancora molto elevato per il cittadino medio, dovuto in buona parte alle conseguenze di un embargo che è ancora di là dall’essere abolito del tutto, ma che comunque costituisce un notevole passo avanti rispetto al passato.
Pubblicato da Angela Baldi alle 04:15 Nessun commento:
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martedì 16 giugno 2015

Perché nessuno parla dell’Eritrea di Adam Taylor - Washington Post


È un posto in cui accadono continuamente cose terribili e ci riguarda da vicino: l'anno scorso il 22 per cento delle persone arrivate via mare veniva da lì

Asmara
La Farmacia Centrale ad Asmara, la capitale dell'Eritrea, 21 luglio 2013. (JENNY VAUGHAN/AFP/Getty Images)
Lunedì scorso le Nazioni Unite hanno diffuso un documento che sintetizza i risultati di un anno di indagini sulla situazione dei diritti umani in Eritrea, paese dell’Africa orientale che confina a sud con Gibuti, a nord con il Sudan e ovest con l’Etiopia. Le conclusioni contenute nel documento dell’ONU sono terribili. Si parla di “violazioni dei diritti umani sistematiche e diffuse” – tra cui torture sessuali e lavori forzati – e si sostiene che in Eritrea ci sia un governo totalitario in cui non vige alcuno stato di diritto: in altre parole, il governo agisce senza che venga considerato responsabile di eventuali violazioni della legge e senza dover rendere conto a nessuno di quello che fa. La situazione dell’Eritrea riguarda direttamente anche l’Italia, e non solo per il passato coloniale: nel 2014 il 22 per cento delle persone che sono arrivate in territorio italiano via mare provenivano dall’Eritrea.
Eppure, nonostante l’Eritrea sia «il paese con meno libertà al mondo», nessuno ne parla. Quando in passato l’ONU si era occupata per esempio delle gravi violazioni dei diritti umani in Corea del Nord, in Arabia Saudita e in Qatar, la reazione dei giornali e dell’opinione pubblica mondiale era stata molto diversa. La differenza tra Eritrea e altri paesi con gravi deficit democratici non riguarda certo la gravità delle accuse rivolte loro: anche per l’Eritrea si parla di crimini contro l’umanità e il documento ONU è molto duro nei confronti del regime eritreo. È difficile che non si rimanga sconcertati leggendolo dall’inizio alla fine.
Nel 1993 – quando l’Eritrea ottenne l’indipendenza dall’Etiopia dopo 30 anni di guerra civile – le aspettative sul paese erano molto alte. Da allora, però, il presidente Isaias Afewerki ha rafforzato il suo potere e non ha lasciato alcuno spazio alle opposizioni. Il documento dell’ONU descrive l’Eritrea come uno stato di polizia simile a quello della Germania Est durante la Guerra Fredda, dove la Stasi – sigla che indicava il Ministero per la sicurezza dello stato – controllava qualsiasi aspetto della vita di chi abitava nel paese. Molti eritrei dicono oggi di vivere nella paura costante di essere sorvegliati dalla polizia. Il sistema in vigore ha portato ad arresti arbitrari, torture e anche sparizioni forzate, ha scritto l’ONU. Anche coloro che non hanno commesso alcun crimine rischiano di finire in un sistema che li porta a dover compiere i lavori forzati. Nemmeno andarsene dal paese sembra essere un’opzione percorribile per molti: coloro che decidono di oltrepassare i confini vengono considerati dei “traditori” e alla frontiera la polizia ha l’ordine di sparare-per-uccidere.

Isaias Afwerki 
Il presidente dell’Eritrea, Isaias Afewerki, all’aeroporto Mitiga di Tripoli, in Libia, il 28 novembre 2010.
(AP Photo/Geert Vanden Wijngaert)
Sara Dorman, esperta di politica africana alla Edinburgh University, ha detto che l’Eritrea è conosciuta come “la Corea del Nord africana”, ma ha aggiunto che il paese ha delle sue proprie peculiarità: «Posso dire che il controllo che il regime eritreo esercita sulla sua popolazione è qualitativamente diverso da quello esercitato in altri paesi africani», soprattutto rispetto alla più ampia estensione delle attività dei suoi servizi di intelligence e alla pratica di punire intere famiglie per crimini compiuti da un solo membro. L’ONU ha avuto molte difficoltà a mettere insieme il documento diffuso lunedì. Il governo dell’Eritrea non ha permesso al personale ONU di entrare nel paese, costringendolo ad affidarsi a interviste e colloqui con oltre 550 testimoni e valutando 160 documenti scritti. Molte persone si sono rifiutate di collaborare con l’ONU per paura di rappresaglie.
Gli esperti comunque non sono sembrati troppo sorpresi dalle conclusioni diffuse dall’ONU, e nemmeno dalla mancata reazione internazionale successiva. Jeffrey Smith, che lavora all’organizzazione non governativa “Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights”, ha detto: «Chiaramente l’Eritrea non cattura l’attenzione degli americani quanto invece fanno le storie sulla Corea del Nord. Il presidente Afewerki, che è un eccentrico despota e che porta avanti delle sistematiche violazioni dei diritti umani, non è descritto dai media americani nello stesso modo in cui è descritto Kim Jong-un». Ci sono due ragioni che potrebbero spiegare il minore interesse che c’è oggi verso l’Eritrea, rispetto a quello per esempio che si riserva alla Corea del Nord. Primo, il regime eritreo non ha ambizioni nucleari, un tema che in passato ha portato molti giornali statunitensi ed europei ad occuparsi della “minaccia nucleare” proveniente dalla Corea del Nord. Secondo, l’Eritrea è un paese africano, e le vicende dell’Africa – a parte qualche eccezione – vengono raccontate molto poco per una mancanza generale di interesse.
Non è la prima volta che rapporti di organizzazioni e associazioni umanitarie internazionali si occupano di Eritrea, arrivando a conclusioni simili a quelle raggiunte dall’ONU. Nel 2014, per esempio, l’organizzazione Human Righs Watch ha definito l’Eritrea “uno dei paesi più chiusi al mondo” e ha parlato di “servizio militare illimitato, torture, detenzioni arbitrarie e diverse restrizioni alle libertà di espressione, di associazione e di religione”. Reporters without Borders ha definito più volte l’Eritrea il peggior paese al mondo riguardo alla libertà di stampa, peggio ancora della Corea del Nord.
L’Eritrea ha un’altra particolarità: il turismo. L’isolamento internazionale, la sua storia di ex-colonia italiana e i notevoli investimenti del Qatar hanno reso l’Eritrea una destinazione turistica unica, anche se molto difficile. Lo scorso anno un blogger che si occupa di viaggi ha scritto sul New York Times che Asmara, la capitale dell’Eritrea, “assomiglia molto più a Napoli che alla Corea del Nord”. Ci sono diverse ragioni per cui si dovrebbe prestare più attenzione all’Eritrea. A parte il suo ruolo di ex colonia italiana, l’Eritrea ha una storia recente piuttosto complicata con i paesi suoi vicini dell’Africa orientale. Si trova attualmente sotto sanzioni ONU per il suo sostengo ad al Shabaab, gruppo islamista somalo che ha compiuto diversi attacchi molto violenti anche in Kenya, ma soprattutto è il secondo paese da cui provengono più richiedenti asilo che arrivano in Europa: il primo è la Siria.
In una nota pubblicata martedì scorso, il governo dell’Eritrea ha definito il documento dell’ONU una “farsa politica e cinica” e un attacco «non tanto contro il governo, ma contro le persone e la società che si prende cura dei valori umani e della dignità».
© Washington Post 2015
Pubblicato da Angela Baldi alle 11:04 Nessun commento:
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lunedì 15 giugno 2015

I desideri si realizzano sempre…una delle leggi più pericolose (Osho)

 giugno 15, 2015 di camminanelsole 


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E’ normale avere desideri così come è normale desiderare di viverli…In tempi di Grande Purificazione…i nostri desideri spesso si ripetono…  riproposti più volte dal meccanismo circuitale e simil frattale della purificazione…Purtroppo questi desideri spesso non sono altro che  antichi voleri dominati tuttora dalla mente …che nulla hanno a che fare con la nostra essenza che sa bene cosa può renderci felici …Questo articolo in maniera semplice cerca di farci riconoscere quali sono i desideri del cuore e perchè diffidare   di quelli della mente…
Cammina nel Sole
Attrarre in relazione alla nostra frequenza vibrazionale.
“Percepire il desiderio, è portare l’anima in quello stato in cui è vicinissima alla sua luce più grande, al suo divenire, al suo vero destino.” (Platone)
 
Leggendo questa frase del famoso filosofo sorge spontanea la domanda: “Ma i desideri non sono astratti dato che non esistono ancora nella realtà ?” La realtà è che li possiamo desiderare solo perché esistono, se non esistessero non li potremmo nemmeno pensare, è solo una questione di percezione. Anche i desideri fanno parte del TUTTO quindi essendo già esistenti, sono a disposizione di chi li raggiunge. Per la stessa ragione esiste anche la soluzione o l’ avverarsi di qualunque nostra richiesta. L’ uomo per natura è incapace di “non desiderare”, quindi è importante e fondamentale essere consapevoli delle nostre richieste. In questi tempi di forte accelerazione vibrazionale, tutto si adegua a questa velocità, anche noi dobbiamo rimanere nella cresta dell’ onda altrimenti vivremo nel disagio e disequilibrio, grazie a questa forte accelerazione in atto, le nostre invocazioni raggiungono la meta con maggior rapidità. 
“L’ esistenza soddisfa tutto ciò che chiedi, e ciò che sei non è altro che un’ appagamento dei tuoi desideri passati.
Non dare la colpa a qualcun’ altro, è ciò per cui hai pregato.
E ricorda .. questo è uno dei pericoli del mondo; qualunque cosa desideri si realizzerà.
Talvolta il desiderio di questa vita si realizza in un’ altra, ma i desideri si realizzano sempre.
Questa è una delle leggi più pericolose.   (Osho)”
Immagino abbiate tutti sentito dire che per realizzare un desiderio è possibile concentrarsi su di esso, immaginarlo in ogni dettaglio, visualizzarlo come se fosse già reale, in questo modo il nostro volere attrae il materializzarsi del desiderio. E’ la famosa “legge di attrazione” della quale possiamo leggere molti libri o addirittura vedere filmati documentario che ci garantiscono l’ efficacia dell’ attrarre gli eventi. Peccato però che non dicano esattamente come stanno le cose. Con il metodo raccontato nei vari libri (“the secret”,”il simbolo perduto”,”the key – la chiave” ecc.) attiriamo ciò che le nostre condizioni mentali ci permettono di attrarre in quel momento, senza sapere se quello che arriverà sarà la cosa migliore per noi semplicemente perché non siamo in grado di prevedere il futuro, di conseguenza non sappiamo quale alternativa la vita aveva previsto per la nostra evoluzione. Dovremmo esaminare con attenzione le condizioni in cui stiamo vivendo la circostanza che ci porta a desiderare un’ aiuto (in qualsiasi forma) in nostro favore, senza farci influenzare da tutti i problemi che la vita continuamente ci porge e pretendendo di risolverli con la sola razionalità. Sarebbe opportuno fare appello alla parte divina che è in noi. Le difficoltà e disagi che incontriamo, sono giunti nel nostro percorso evolutivo perché da questi possiamo imparare e crescere. Con la comprensione e consapevolezza del problema che stiamo vivendo riusciremo senza aiuti esterni a superarlo e non solo… se superato con la coscienza dell’ importanza che aveva per il nostro progresso, non si ripresenterà nuovamente. Non mi voglio però soffermare su questi concetti, eventualmente potete cercare “specchi esseni” e troverete un sacco di notizie sull’ argomento.
Partiamo invece dal concetto che facciamo parte di un “TUTTO” detto UNO e questa Unità è composta di energie positive, negative e neutre, e considerando che noi stessi vibriamo in modo positivo, negativo o neutro, in base all’ energia che abbiamo al momento della nostra richiesta, quindi in base a come stiamo vibrando, attireremo qualcosa della stessa frequenza. Questo non vuol dire che se ho una brutta giornata e desidero qualcosa di positivo la frequenza negativa che ho in quel momento non mi permetterà di attrarre qualcosa di positivo.
No!! Non è così semplicemente perché nel momento in cui desidererò positività avrò già cambiato la frequenza negativa che avevo in precedenza. Persino il pensiero più negativo ha la sua funzione positiva, perché sollecita i migliori mezzi necessari a neutralizzarlo ed infine a superarlo. Bisogna anche distinguere la modalità di richiesta. La maggior parte dei nostri desideri solitamente è di natura “materiale” e sono desideri che arrivano dal nostro “mentale” dalla parte razionale del nostro desiderare quindi tutto il nostro volere, immaginare, voler attrarre eventi, ha i limiti del pensiero mentale e del tempo (che appartiene solo al mentale).
 
“Si ama il proprio desiderio, e non la cosa desiderata“. (Nietzsche)
C’è però in noi anche la parte istintuale, la vibrazione altissima, quella che arriva dal Se superiore, dall’ Anima. Questa parte trascende la razionalità, è l’ istinto dentro di noi che ci suggerisce cosa è meglio per noi. L’ Anima sa sempre cosa fare, vive nel non spazio/tempo, l’ Anima se lasciata fare, procede alla soluzione inesorabilmente di ogni problema. La vibrazione mentale agisce su frequenze terrene, quella dell’ Anima invece è su frequenze cosmiche, per riuscire a percepirla dobbiamo diventare estranei a noi stessi, uno dei metodi che facilitano questa “estraneità” è la meditazione (in ogni sua forma). Senza consapevolezza nessuna vibrazione si muove o, se si muove, si muove in modo distorto. Desiderare con completa coscienza, con il cuore (non con la mente) sicuramente attrarrà la situazione più adatta alla nostra energia, anche se paradossalmente, quando  raggiungiamo la frequenza del Divino, non abbiamo nemmeno più motivo di desiderare, non siamo più nel “voglio” perché siamo in totale affidamento, la nostra vita  è nella mani del Padre quindi quale preoccupazione può sorgere ? In affidamento saremo consapevoli e certi che tutto ciò che arriva alla nostra vita, alla nostra energia sarà solo il meglio che la vita stessa provvede. L’ obbiettivo è fondere le due parti, fare in modo che ci sia una sola frequenza, il Tutto in UNO, la frequenza Divina
” Io vi ho scelti e vi ho preparati perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga: e perché tutto ciò che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo concederà.” (Giovanni 15, 16 )
 
 
“ Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che desiderate e vi sarà dato.” (Giovanni 15,7 )
 
 
“In verità vi dico: se uno dicesse a questo monte “Togliti di li e gettati nel mare”, e non dubita in cuor suo e crede che quel che dice avverrà, ciò gli sarà accordato. Perciò vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera,abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà dato.” (Marco 11,23 )
 
 
“Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Poiché tutti coloro che chiedono riceveranno,
Tutti coloro che cercano troveranno, A tutti coloro che bussano verrà aperto.”  (Matteo, 7,7-11)
 Fonte : www.mutatemente .com
Pubblicato da Angela Baldi alle 09:16 Nessun commento:
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domenica 14 giugno 2015

Il ragazzo che vuole salvare gli oceani dai rifiuti (con un progetto unico al mondo) di Paola Arosio


DELFT – L’idea gli è venuta per caso durante una vacanza in Grecia. Quando, tuffandosi con maschera e pinne, si è accorto che in mare vedeva più rifiuti che pesci. Oggi, dopo qualche anno e molti studi, la buona notizia annunciata da Al Jazeera: il suo progetto verrà inaugurato nel 2016.


AL VIA LA SPERIMENTAZIONE
Un traguardo di cui lui, Boyan Slat, studente di ingegneria aerospaziale all’Università di Delft, nei Paesi Bassi, va molto fiero. Suo il merito di aver ideato il primo sistema al mondo per ripulire gli oceani dalla plastica, battezzato Ocean Cleanup Array.

 
Si tratta, in sostanza, di barriere galleggianti ancorate al fondale, che sfruttano le correnti per filtrare i rifiuti e raccoglierli in una piattaforma che li separa dal plancton e li conserva per il riciclo. Il sistema verrà sperimentato per due anni nelle acque vicine all’isola di Tsushima, in Giappone, dove, a causa dei vortici d’acqua, ogni anno si depositano circa 30 mila metri cubi di rifiuti. «Filtri e barriere occuperanno un raggio di oltre un chilometro e mezzo, ma saranno innocui per la flora e la fauna dell’oceano», assicura il ventenne. Al progetto, finanziato da una campagna di raccolta fondi on line, partecipano circa un centinaio di scienziati e ingegneri.
VERSO IL FUTURO
L’obiettivo in futuro è quello di ripescare almeno metà della plastica che si trova nel Great Pacific Garbage Patch, la “discarica del Pacifico”, una vasta concentrazione di rifiuti tra le Hawaii e la California.


Del resto Slat è ambizioso: entro cinque anni, vorrebbe ampliare il sistema di filtri per coprire un raggio di quasi cento chilometri. I suoi detrattori dicono, però, che difficilmente questo metodo riuscirà a filtrare la cosiddetta micro-plastica, composta da frammenti della dimensione di un chicco di riso. Ma lui non si lascia scoraggiare. E continua a lavorare, alla sua scrivania, nelle lunghe notti di Delft.
Pubblicato da Angela Baldi alle 11:18 Nessun commento:
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