martedì 2 settembre 2014

Tazza e Fondi di caffè

 Tazza e Fondi di caffè (dedicato alle persone alle quali voglio bene e che hanno fantasia)
di Michele Capuano (no copyright)

Un piccolo recipiente di porcellana, poco elegante, un po’ tozzo, stava, alquanto sconvolto, come dopo aver preso una sonora sbornia, ad un angolo di una tavola rotonda. Una tavola rotonda: un legno malridotto che aveva visto lussuosi pranzi consumarsi che anziché saziarti ti ricordano moltitudini enormi costrette alla fame, alla sete e che incontrano l’alba scoprendola disordinata. Un tavolo rotondo come il pianeta Terra e gli astri d’ogni tipo che parlando domandavano gli uni agli altri come mai nell’era della luce l’umanità e la civiltà fossero condannate al buio. La sfida tra il popolo degli uomini e delle donne per ora sembrava vinta da mostriciattoli senza cuore e senza ragione, senza coscienza e senza valori e incredibilmente, per quanto orrendi, così perversi e cinici da apparire esteriormente più attraenti di chiunque altro tra il popolo degli uomini e delle donne. E troppi tra il popolo degli uomini e delle donne veniva voracemente mangiucchiato e ridotto al nulla una volta ammaliato da queste belve senza scrupoli e, al tempo stesso, accattivanti. Imitando antichi eroi si potrebbe scoprirli facendosi legare ad un palo per non seguirli e diventarne vittime: ma non basterebbe. Hanno invaso ogni angolo del pianeta e dello spazio e sei obbligato a stanarli, a divulgarlo, a creare coscienza e a renderli inoffensivi. Su un tavolo rotondo un piccolo recipiente di porcellana: pensava: aveva l’abitudine di farlo ad alta voce. Mille colori che ricordavano mille culture e mille storie ne decoravano i fianchi fieri e osservandola vedevi gli inca e i maya, caminanti e gente dalla pellerossa, indios e antiche civiltà. Migliaia e migliaia di persone con un destino contronatura, derubate, torturate, umiliate, assassinate. Sotto i nostri grattacieli riposano milioni di tribù che hanno conosciuto un olocausto infinito nonostante il continuo finire e trasformarsi di ogni cosa. Le loro ceneri sono la memoria per chi vivendo il presente non ha rinunciato a donare in eredità ad ogni figlio e figlia della terra ciò che ci hanno lasciato in prestito padri e madri. Il piccolo recipiente di tanto in tanto si domandava:
- ma a chi appartiene il cielo? Ed ogni cosa attorno?
Poi, trascorsi lunghi attimi di silenzio, tornava a godere degli odori che tante spezie gli omaggiavano o gioiva pensando allo scorrere solleticante, per quanto alla lunga corrosivo, di acque fresche o calde che la possedevano e la rendevano viva, gagliarda, piena, giustamente, di sé. Adorava, più di ogni altro eccitante, il caffè. Il tè gli ricordava mondi antichi ed espropriati dai loro semi, radici, foglie e fiori, leggende e storie. Ma quel mondo era stato devastato e quel nettare rubato. Come il cacao. Come tante altre ricchezze. Come gli uomini e le donne stesse che le possedevano. Tutto era stato reso merce e tutti erano stati resi schiavi. Il caffè non aveva avuto una sorte differente ma, mistero dei misteri, gli aveva sempre suggerito immagini di ribellione, confronti e scontro delle idee, risorgimenti auspicati, rivoluzioni e la voglia di essere svegli, gli occhi aperti e profondi e vivi. Insomma: amava il caffè. E aveva in forte simpatia, per quanto appiccicosi, i suoi stessi fondi. Il caffè: semi: originari, forse, dell’Arabia e inebrianti come quella Maria Juana di cui aveva sentito parlare spesso e che sapeva essere stata messa fuorilegge dai padroni della morte che per egoismi perfidi e per vile denaro hanno l’abitudine di proibire tutto ciò, per quanto utile, che non li renda sempre più possenti come maiali per intenderci e senza nulla togliere agli stessi che si distinguono in meglio dai primi in tutto se non per l’appetito e l’aspetto (i maiali che non sono maiali e somigliano ai maiali sono più ingordi dei maiali). Il piccolo recipiente tozzo dal nome di Tazza (per alcuni tazzina o tazzulella e poi ancora tanti dialetti e tante lingue: da prima della storia della Torre di Babele) tutte le sere s’intratteneva con i fondi di caffè per dialogare di passato, presente e futuro come quando s’interrogano i tarocchi che danno l’illusione di controllare la volontà e gli stessi accadimenti e dai quali dovrebbe dipendere la nostra buona o cattiva sorte tra immagini di matti e papesse, eremiti e diavoli, torri che crollano e giudici e la morte e fanciulli e donne dal grembo fecondo. Una volta scherzando e con ironia la Tazza disse:
- io farei i tarocchi con pochissime carte: da una parte un verme insaziabile e dall’altra l’umanità. E poi altre due carte: una a simboleggiare i giullari del primo e l’altra chi vuole rendersi protagonista con la seconda. Il male e il bene. Se vince l’umanità vince il bene. Più semplici insomma. In fondo – diceva ai fondi di caffè – la vita è guerra di classe e solo se trionfa, ovunque, la grande massa costretta in schiavitù si può smetterla anche con i miei tarocchi per inventare tanti altri giochi ancora in piena libertà e con la fantasia e le capacità e l’intelligenza di tutti e tutte
- sognatrice – replicavano in coro i fondi di caffè (come è loro abitudine) – ma come si fa a biasimarti?
La tazza solo occasionalmente esercitava arti magiche, con la complicità dei fondi di caffè, per la divinazione del futuro. Confidava, infatti, a piatti e pentole e posate consumati i pasti, che se non hai un rapporto con la realtà e la memoria è difficile con la sola fantasia costruire il futuro. Se vuoi il fine devi volere i mezzi e avendo ambedue devi precisare quale è il tuo scopo ultimo (e non solo) e modellare un piano nel presente cosciente che ne fai parte. Di tazze amanti della filosofia della praxis non se ne incontrano molte. Incontrare tazze chiacchierone, presuntuose nel loro elegante servizio o, semplicemente, rassegnate a servire non era difficile. Una volta, in modo molto serio, disse ai fondi di caffè:
- non è da temere il dolore e neppure la sconfitta. Dopo le doglie c’è la vita anche se immersa in una folle avventura e per molti drammatica. Le iene ad esempio sembrano ridere sempre come ad esempio alcuni barbari governanti e come ad esempio alcuni stolti. Diverso è il sorriso di chi ama il diritto pur quando è calpestato… il sorriso. Un sorriso meraviglioso e spontaneo anche se spesso minacciato da tormenti che affliggono, che tolgono speranze, che uccidono utopie e l’idea del viaggio verso una primavera necessaria.
- Sognatrice – replicavano in coro i fondi di caffè (come è loro abitudine) – ma come si fa a biasimarti?
E la tazza continuava a sognare e a farsi catturare dalla curiosità verso qualsiasi cosa forse… per svelare a se stessa, anche… il mistero del vivere e del morire privandoli di inutile contemplazione e ricercando un’etica dell’essere per essere appunto un essere libero e cercando in ogni granello di caffè ormai sfruttato (non diverso per lei da un granello di sale o di sabbia o di pepe o di terra) un meraviglioso incantesimo che cristallizzasse l’immaginazione insieme ai sogni. La tazza leggeva i fondi di caffè, quando li leggeva, e leggeva in fondo a se stessa valorizzando, a volte, anche piccoli miraggi nel deserto dei valori. Nel silenzio della notte (quando non pioveva: perché le gocce che cadono dal cielo hanno sempre voglia o di essere prepotenti o di suonare ritmi incredibilmente unici e fantastici) e della stanza ho visto, un giorno (una notte) qualsiasi, fondi di caffè (sporchi di zucchero e simili a uomini e donne quando qualche capello bianco s’impone tra chiome non sempre folte) librarsi nell’aria e prendere le forme più varie, danzare, cantare o muoversi in maniera caotica, frenetica, inconsueta: non proprio come siamo abituati a vedere. Ho visto tazze, persa ogni austera severità, iniziare a percuotere piattini confinanti con cucchiaini disponibili alla melodia e, poi, pentole, piatti e posate, bicchieri e ogni altra cosa volteggiare senza sosta da un angolo all’altro di spazi per quanto vasti sempre limitati. Ho visto tovaglioli di carta far finta di essere nuvole oppure uccelli dalle ali enormi e in ripudio di somigliare ad aerei che sputano bombe. Ho visto tovaglioli bianchi mimare i movimenti di orsi bianchi. In quelle situazioni anche i rubinetti iniziavano a gocciolare rumorosamente e solo la stupidità di chi non ha idee pensava che questo accadesse per un guasto… In quei momenti anche la frutta rifiutava nature morte e per esagerare andava a riflettersi in un piccolo specchio rubato in una birreria irlandese (un paese diviso in due e a cui hanno rubato anche un pezzo di libertà e dignità, come ai curdi o ai palestinesi e a mille altri popoli) o in un vecchio e antico caffè letterario. In quelle circostanze bizzarre saliere, vassoi, spremiagrumi facevano il massimo rispetto a ciò che normalmente siamo abituati a vedere. Chissà se le piante e gli scogli, le onde e ogni altra “cosa” (naturale o artificiale, concreta o astratta) fa le stesse “cose”… chissà se gli uomini e le donne potranno mai imparare a conquistare attimi identici di felicità e liberazione. E pensare che ballando si sfiora la terra…

Prima di finire il racconto sorseggio ancora un goccio di rum (versato in una tazza), accendo un sigaro, poi mi verso anche un goccio di vino (in una tazza) e alla fine sorseggio un caffè (da una tazza) e mi allontano per sperare che la festa si rinnovi… non sono stato invitato ma ho l’impressione che non servano inviti particolari per parteciparvi. Domani racconterò a tutti e tutte le cose che ho visto e dirò: un mondo nuovo e inedito, un mondo dei e con i popoli è ancora possibile e non l’ho letto nei fondi di caffè perché costruirlo dipende da ognuno e ognuna di noi. Mentre i miei occhi si vanno chiudendo sento apparentemente lontano un coro che dice:

- Sognatore, come molti ce ne sono… ma come si fa a biasimarli?



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