La società “Lampedusa Accoglienza” non ha nulla a che vedere con l’isola da cui prende il nome. La società è un consorzio appartenente al Gruppo Sisifo, contenitore di una serie di imprese della Lega Coop. “Lampedusa Accoglienza” da alcuni anni è la ditta alla quale la prefettura di Agrigento ha affidato la gestione del centro di detenzione dove vengono rinchiusi per legge gli uomini, le donne, i bambini sopravvissuti alla traversata del mare Mediterraneo. “Lampedusa Accoglienza”, il suo presidente Antonio Zarcone, 60 anni, e il suo amministratore delegato Cono Galipò, 62 anni, da settimane assistono in condizioni indecenti i profughi arrivati vivi. Così indecenti che, sbarcati sani, i bimbi siriani qui hanno preso i pidocchi. Così scandalose che la società di Zarcone e Galipò ancora non ha fornito coperte di lana, brande, materassini puliti e tanto altro ancora costringendo centinaia di persone già provate dal viaggio e dalle paure che lo hanno provocato, a dormire per terra, a mangiare per terra. Come i cani randagi che, chissà perché, vengono ospitati nel centro di “Lampedusa Accoglienza” e la notte girano ad annusare e urinano sui bagagli, sugli indumenti dei profughi.
“Lampedusa Accoglienza” nel 2012, anno in cui gli sbarchi sono stati quasi inesistenti, ha incassato dallo Stato 3 milioni 116 mila euro. Nel 2011 ha incassato altri 3 milioni 202 mila euro. Poiché riceve circa 30 euro per ogni profugo ospitato per ogni giorno di assistenza, soltanto con le 709 persone presenti ieri Zarcone e Galipò hanno incassato 21.270 euro. Soltanto ieri: 21 mila li incasserà oggi, 21 mila euro al giorno li ha incassati in tutti questi tragici giorni. Con 21 mila euro al giorno se ne comprano di coperte. Fa invece impressione vedere i bambini avvolti in lenzuola di carta e sdraiati sulla terra o sulle piastrelle del pavimento. Fa impressione guardare le loro mamme stringerli per riscaldarli nel freddo di queste notti di maestrale. I numeri danno l’idea dell’indecenza: 709 reclusi di cui 504 uomini, 69 donne, 136 bambini e ragazzini compresi gli adolescenti non accompagnati. Reclusi sì perché in violazione ai principi costituzionali, dal centro ufficialmente non si può uscire. E le passeggiate in paese possibili per i buchi nella recinzione non sono un normale diritto ma un’elargizione. Questa violazione della Costituzione ormai è accettata da tutte le Procure d’Italia che evidentemente fingono di non sapere.
Eppure per ogni persona “Lampedusa Accogienza”, Zarcone e Galipò incasseranno i compensi anche per le brande, le coperte, le lenzuola, gli spazzolini, il sapone che non hanno fornito. Le condizioni igieniche così scadenti stanno ovviamente ricadendo sulla salute dei profughi. Ieri una bambina siriana è stata trattenuta con il padre nel centro e il resto della famiglia trasferita in Sicilia. La piccola non ha potuto partire perché ha i pidocchi. Ora le hanno avvolto i capelli in un lembo di lenzuolo di carta. Non hanno trovato altro rimedio. Altri bambini e adulti lamentano pidocchi e punture di insetti.
I cani randagi sono ospitati e alimentati nel centro come mascotte dei militari. La convivenza tra randagi pieni di pulci, bambini e genitori già indeboliti dalle condizioni del viaggio e dalla detenzione nei campi di raccolta in Libia è una violazione di qualunque norma sanitaria. La notte i cani girano, annusano, urinano sui bagagli, sulla stessa terra dove di giorno le persone sono costrette a sedersi e mangiare. Un qualunque ufficio d’igiene delle Asl metterebbe i sigilli a una gestione del genere. Ma i centri per immigrati sono tenuti per legge al di fuori dei controlli sanitari delle Asl. La competenza è totalmente affidata ai prefetti.
Il prefetto di Agrigento, Francesca Ferrandino, committente con il ministero dell’Interno dell’appalto e gestore del denaro pubblico affidato a “Lampedusa Accoglienza”, è l’unico funzionario di Stato in grado di intervenire. Ma il modo con cui il prefetto e il ministero hanno trattato i familiari eritrei dei 365 morti nel naufragio, perdendo tempo e poi seppellendo in tutta fretta e di nascosto le bare senza nemmeno avvertirli, non è certo una garanzia.
L’ultima scoperta è di pochi minuti fa. I pulmini usati dalla società di Zarcone e Galipò per trasportare i profughi non hanno il tagliando di assicurazione esposto: uno non ce l’ha proprio, sul parabrezza di un altro il biglietto è ripiegato in modo che non si veda la data. Alcuni agenti di polizia se ne sono accorti ma sono stati invitati a soprassedere.
Nel 2005, quando l’Espresso denunciò le terribili condizioni di detenzione con abusi e violenze da parte dei militari, almeno bambini e mamme venivano trasferiti altrove entro 48 ore. Da allora molto è migliorato. Il personale militare è più sensibile al proprio ruolo. Gli osservatori esterni e i volontari delle organizzazioni umanitarie hanno libero accesso. Il lavoro fatto in questi giorni da personale civile, poliziotti, militari, soccorritori è davvero enorme. Ma il modo disumano in cui vengono ospitati i bambini, le loro mamme, i loro papà non può essere accettato come l’inevitabile conseguenza dell’emergenza. Perché a Lampedusa gli sbarchi da almeno quindici anni sono la normalità. Così come i lauti incassi di Zarcone, Galipò e la loro “Lampedusa Accoglienza”.
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