martedì 28 dicembre 2010

La nuova strategia della tensionepubblicata da Ferdinando Imposimato il giorno sabato 19 dicembre 2009 alle ore 11.44

... la copertura di altri obiettivi e di altre forze interessate a destabilizzare l'ordine pubblico per stabilizzare altri poteri ...di Ferdinando Imposimato [19/12/2009]

Forse siamo in presenza di una nuova strategia della tensione, simile a quella che ha flagellato l'Italia degli anni 60-80. E degli ani 90, con le stragi di Capaci e di Via D'Amelio. Ne sono un sinistro segnale i recenti attentati del Nord Italia. Credo che abbiano una stessa matrice i pacchi bomba esplosi martedì pomeriggio al Cie di Gradisca e giovedì all’Università Bocconi di Milano. A rivendicare i due attentati, è stata una improbabile Federazione anarchica informale, un gruppo anarco-insurrezionalista che negli ultimi anni avrebbe rivendicato atti terroristici compiuti in varie località italiane. Nel tardo pomeriggio del 17 dicembre un volantino firmato da "Sorelle in armi, Nucleo Mauricio Morales-Fai", inviato al quotidiano Libero, rivendicava l’attentato alla Bocconi e a Gradisca. Nel volantino si parlava di contrasto al capitalismo, di moderne galere e campi di concentramento dove relegare gli ultimi della società, e l'inizio di una attività contro i ricchi e il potere politico. Alla Bocconi l’ordigno, un cilindro metallico di circa 25 centimetri con innesco elettrico, è scoppiato alle 3.30 di notte in un tunnel che collega due edifici dell’università. Dopo la rivendicazione gli inquirenti hanno capito di esser di fronte ad un attentato. Il danno è stato minimo perché il tubo è esploso solo in parte per il cattivo funzionamento del timer dovuto, secondo i primi accertamenti, all’imperizia con la quale il detonatore elettrico è stato fabbricato. Quanto all’esplosivo, nella rivendicazione si parla esplicitamente di "due chili di dinamite", ma i primi esami della scientifica non dicono con certezza di che composto si tratti. La matrice anarchica è stata seguita dagli investigatori che indagano sulla busta esplosiva recapitata al Cie di Gradisca. Nel portafoglio da donna, imbottito di polvere pirica, c’era un volantino di rivendicazione firmato dal gruppo anarchico.
Ed ora riflettiamo su ciò che accade: “Guardare al passato per capire il presente e prevedere il futuro”, dice Tucidide. Il passato può ripetersi. Negli attentati odierni, vedo non gesti isolati e velleitari ma una strategia concreta e realistica, che ripropone una stagione di violenza, simile a quella che seguì gli attentati alla fiera di Milano della primavera 1969, culminati con la strage di piazza Fontana. Mi sembra di tornare indietro a 40 anni fa, al 12 dicembre del 1969 quando, giudice istruttore a Milano, seppi della esplosione delle prime bombe tra cui quella di piazza Fontana, cui fu data una matrice anarchica. Ero al Tribunale di Milano dal 1965 . Anche io fui indotto in errore dalle false notizie propalate da tutta la stampa, compresa quella di sinistra, che accreditarono la pista rossa. Verso la matrice anarchica fu depistato anche il mio amico Vittorio Occorsio, Pubblico Ministero, incaricato della inchiesta su quella strage. La indagine gli era stata affidata dopo una manovra giudiziaria del Procuratore generale di Roma, che sottrasse ai giudici di Milano la inchiesta. Dopo alcuni anni, Occorsio, con cui avevo cominciato a indagare sui rapporti tra criminalità e politica, comprese che era stato ingannato dall'Ufficio Affari Riservati del Viminale: la matrice era massonico-fascista. Quando stava per risalire ai mandanti occulti, fu assassinato da alcuni fascisti tra cui Pierluigi Concutelli: era l'11 luglio 1976, pochi minuti dopo aver parlato con me per dirmi che aveva dato parere contrario ad un uomo che poi si seppe essere della P2.
I colpevoli della strage restarono ignoti. Ma molti ufficiali dei servizi segreti (SID) furono condannati per i depistaggi sulla strage: tra gli altri fu condannato per calunnia il generale Giandelio Maletti, uno dei vertici del SID. Che la settimana scorsa ha ammesso, in una intervista all'Espresso, che la bomba di Piazza Fontana era stata confezionata con esplosivo straniero: parte dell'esplosivo della strage era arrivato da un deposito militare americano in Germania. “Era entrato in Italia dal Brennero, a bordo di uno o più Tir. Fu scaricato a Padova, dove venne affidato agli ordinovisti locali”. L'esplosivo era, secondo Maletti “trinitrotoluene. Ovvero, tritolo”. Era una notizia attribuita dal Sid alla "Fonte Turco", cioè tal Casalini, un militante del gruppo di Freda e Ventura che aveva partecipato agli attentati sui treni dell'8 e 9 agosto '69. “Gli americani fornivano mezzi ed esplosivo,- ha detto Maletti- ma il lavoro lo lasciavano fare agli indigeni. C'era un laissez-faire, un indirizzo generale, poi messo in pratica da gruppi italiani o internazionali. Se ne occupavano i servizi segreti, ma non solo la Cia”. Eppure per anni si seguì la pista rossa. E i responsabili restarono impuniti. Oggi si ripropone uno scenario simile: ma non vogliamo attendere 40 anni per sapere la verità. La formazione anarchica informale (FAI) costituisce verosimilmente la copertura di altri obiettivi e di altre forze interessate a destabilizzare l'ordine pubblico per stabilizzare altri poteri .
Certo è che colpisce la coincidenza degli attentati con l'ennesimo attacco alla Costituzione, baluardo della democrazia. Si vuole una Repubblica presidenziale , come quella auspicata da Licio Gelli. Si vuole distruggere la Corte Costituzionale, colpevole di avere bocciato il lodo Alfano. Essa è accusata di essere formata da giudici comunisti scelti da Presidenti filocomunisti. Non mi risulta che Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi fossero comunisti. La Costituzione, approvata da popolari, comunisti, socialisti, repubblicani, liberali e monarchici, non va cambiata in nessuna parte. Non eravamo e non siamo d'accordo con chi, non avendola mai letta, auspica riforme come il premierato e il federalismo. Qualunque dialogo con il centro destra sarebbe assurdo. Stupisce che non lo abbia compreso il segretario del PD, che insiste nel volere riforme condivise (Corsera 11.12.2009).
La maggioranza non vuole riformare la Costituzione, vuole farla a pezzi, è un ostacolo a precisi disegni egemonici. E' un momento buio per la democrazia: il solo argine a mire eversive è la nostra Costituzione: il testamento spirituale di 100.000 morti. Il progetto plebiscitario non è utopistico: la maggioranza degli italiani, annichilita dalle TV di regime, lo sosterrebbe. Per il Paese sarebbe la rovina. Noi ribadiamo un fermo no al federalismo, al premierato, al plebiscitarismo alla delegittimazione della Consulta. Deploriamo l’eccesso dei poteri al Presidente del Consiglio. E rammentiamo che la Corte Costituzionale, con l’aumento dei giudici designati dal Parlamento federale, diventerebbe organo della maggioranza e perderebbe il ruolo di giudice indipendente delle leggi. La Corte deve restare l’estrema barriera contro il tentativo di attentare all’essenza della democrazia.
Ferdinando Imposimato

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