Di Sabrina Pisu
“Sventurata la terra che ha
bisogno d’eroi”: scriveva Bertolt Brecht. Ma di terre sventurate ce ne
sono tante e per ognuna c‘è un eroe da piangere. È il caso questa volta
della Repubblica Democratica del Congo
che ha perso la sua eroina. Ma, forse, la scomparsa di Rebecca Masika
Katsuva è una perdita che pesa, ben oltre i confini di questo Stato
dell’Africa Centrale. La coraggiosa attivista per i diritti delle donne
è venuta a mancare il 2 febbraio per un infarto, quando mancavano pochi
mesi al suo 50esimo compleanno. Il Congo ha dovuto dire addio a Masika
che ha speso la sua intera vita ad aiutare le donne vittime di stupro,
come lei, nella zona orientale del Paese.
Ascolto, assistenza sanitaria, aiuto per crescere i bambini nati dalle violenze: sono state 6mila le donne assistite da Masika e dalle sue cinquanta – quante sono oggi – case di accoglienza. Masika non si è mai fermata, nonostante abbia vissuto esperienze terribili, come la morte di sua madre che collaborava con l’associazione: rapita, violentata e uccisa.
Una sorte che in Congo tocca quasi a una donna al minuto. Sono 400mila quelle violentate in un anno, una media di 48 all’ora. Il Congo nel 2005 ha firmato la “Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura” ma non ha mai rispettato gli obblighi, come quello di istituire un organismo nazionale per la prevenzione dei maltrattamenti e la protezione delle vittime.
Solo vista nel contesto si capisce la scelta di grande coraggio fatta da Rebecca Masika Katsuva, che ha messo a richio la propria vita, ogni giorno, per tentare di salvare le vite, e la dignità, di tante altre donne ferite, come lei. Senza mai cedere alla paura e alle minacce.
“Ho deciso che dovevo fare qualcosa per rendere più forte me stessa e le atre donne. Per far tornare le donne a essere quello che erano, prima delle violenze. Ho voluto dire loro, che hanno subito uno strupro come me, che non è la fine. Si può iniziare di nuovo, come ho fatto io. Nonostante tutto quello ho passato, sono ancora in piedi e se ce l’ho fatta io, possono farcela anche loro”, ha detto Masika nel 2013 a Dublino.
Tre anni dopo se n‘è andata lasciandoci la sua lezione, un seme che resta, ben piantato nella terra sventurata del Congo.
Nel 1998 Masika e le sue figlie adolescenti sono state violentate dai combattenti dei gruppi armati che terrorizzano le popolazioni rurali al confine tra Rwanda, Burungi e Uganda. Nel 1999 ha fondato un’assocazione per aiutare le donne vittime di violenza. La sede era la sua casa a Buganda, villaggio nella provincia del Sud Kivu, zona di conflitto.#MaMasika was returned to the land of our ancestors this afternoon. May She rest in Freedom. #Congo #Masika #Minova pic.twitter.com/dsc4RCNrNa— Vava Tampa (@VavaTampa) 3 Février 2016
Ascolto, assistenza sanitaria, aiuto per crescere i bambini nati dalle violenze: sono state 6mila le donne assistite da Masika e dalle sue cinquanta – quante sono oggi – case di accoglienza. Masika non si è mai fermata, nonostante abbia vissuto esperienze terribili, come la morte di sua madre che collaborava con l’associazione: rapita, violentata e uccisa.
Una sorte che in Congo tocca quasi a una donna al minuto. Sono 400mila quelle violentate in un anno, una media di 48 all’ora. Il Congo nel 2005 ha firmato la “Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura” ma non ha mai rispettato gli obblighi, come quello di istituire un organismo nazionale per la prevenzione dei maltrattamenti e la protezione delle vittime.
Nella Repubblica Democratica del Congo lo stupro è usato come arma di guerra e come strumento per mettere a tacere le donne. L’Ong inglese “Freedom from Torture” ha denunciato come siano proprio i funzionari pubblici e i membri delle forze di polizia a perpetrare le violenze sessuali, spesso ripetute e anche di massa per impedire alle donne di occuparsi di diritti umani e politica.We are very sad to hear that #mamasika died yesterday. Please remember her & all survivors of sexual violence. pic.twitter.com/7UfSPDPasW— Java Films (@java_films) 3 Février 2016
Solo vista nel contesto si capisce la scelta di grande coraggio fatta da Rebecca Masika Katsuva, che ha messo a richio la propria vita, ogni giorno, per tentare di salvare le vite, e la dignità, di tante altre donne ferite, come lei. Senza mai cedere alla paura e alle minacce.
“Ho deciso che dovevo fare qualcosa per rendere più forte me stessa e le atre donne. Per far tornare le donne a essere quello che erano, prima delle violenze. Ho voluto dire loro, che hanno subito uno strupro come me, che non è la fine. Si può iniziare di nuovo, come ho fatto io. Nonostante tutto quello ho passato, sono ancora in piedi e se ce l’ho fatta io, possono farcela anche loro”, ha detto Masika nel 2013 a Dublino.
Tre anni dopo se n‘è andata lasciandoci la sua lezione, un seme che resta, ben piantato nella terra sventurata del Congo.
Foto: Femme au Fone, RDCongo 2015
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