Nella crisi, ma anche prima, le peculiari caratteristiche
della Bce rispetto ad una vera banca centrale nazionale, di non essere per
statuto abilitata a finanziare i deficit degli stati membri e di non poter
espletare le funzioni di prestatore di ultima istanza, sono state evocate con
frequenza. Perché le cose stiano così è facile capirlo: l’Unione monetaria
europea fu costituita da stati legati da un’unione economica ma non politica, e
nemmeno facenti parte di una federazione. Visto che l’Unione monetaria era
stata una creatura politica imposta dai francesi ai tedeschi per tenerli
aggregati all’Occidente dopo la fine dell’Urss, bisognava inventare per lei una
banca centrale con regole diverse da quelle delle banche centrali degli Stati
nazionali e delle federazioni. Regole che creassero una moneta unica al posto
di quelle degli Stati della Unione, ma che non abolissero le banche centrali
nazionali (restate a esercitare la supervisione sulle proprie banche
commerciali) e che non dessero alla banca europea la sovranità monetaria.
Ne venne fuori un esemplare unico nella storia monetaria: una banca centrale priva di sovranità monetaria che quindi abdicava a due delle funzioni caratterizzanti una banca centrale, la possibilità di creare moneta per finanziare i bilanci pubblici degli stati membri e di fungere da prestatore di ultima istanza per le banche dell’area della moneta unica. In tal modo si distruggeva anche la sovranità monetaria dei singoli stati membri. D’altronde, senza una vera unione politica o almeno fiscale, sarebbe stato veramente peculiare fare altrimenti. Negli anni 80 e 90 il mondo aveva visto crisi finanziarie imponenti ma mai una che colpisse il centro dell’economia mondiale con la potenza della crisi attuale. Evidentemente i fondatori dell’Ume sperarono che ciò continuasse nel futuro, e che la funzione di banca centrale mondiale continuasse nelle emergenze a essere svolta da chi l’aveva fatto per cinquant’anni, la Federal Reserve.
Queste acrobazie furono architettate ed eseguite perchè la Germania, centro del sistema monetario europeo, aveva acconsentito alla creazione della moneta unica solo sotto la spinta della politica estera e dei propri industriali, che vedevano con grande interesse una unificazione dei mercati europei delle merci e dei servizi e la fine della politica dei cambi fluttuanti in Europa. La Bundesbank e i partiti conservatori non vedevano con fiducia la fine del marco e cercarono di attutirne le conseguenze. Dovettero accettare una banca centrale europea il cui consiglio direttivo non era formato secondo criteri di potenza economica ma nel quale piccoli paesi come Austria e Finlandia contavano quanto la Germania. Con lo scoppio della crisi, queste debolezze costituzionali sono emerse e hanno colpito come uno shock imprevisto. Non ci si aspettava che anche i sistemi bancari europei ritenuti più forti ne fossero investiti con tanta violenza.
La preparazione istituzionale alla crisi era ugualmente debole sia negli Usa che in Europa. Negli Usa la tradizione di sovranità monetaria era fortissima e nessuno si sognò di bloccare l’interventismo della Fed di Ben Bernanke, come nessuno in altre emergenze aveva fermato la Fed di Alan Greenspan. In Europa, non solo non c’erano precedenti per la Bce, troppo recente per aver avuto necessità simili, ma la banca centrale più importante del sistema, la Bundebank, e buona parte della pubblica opinione tedesca, erano contrari a tale interventismo per motivi di teoria e prassi economica e politica. Per questo abbiamo assistito a continui rinvii invece che a interventi tempestivi e massicci da parte della Bce, o anche degli organi della Unione Europea, e alla faticosa elaborazione di istituzioni e metodi di intervento nuovi, come la Efsf e Esm, tentativi abbastanza penosi di riuscire ad affrontare i gravissimi problemi posti dalla crisi senza voler prendere il toro per le corna, cioè dare alla Bce un vero statuto di banca centrale e promuovere risolutamente i passi necessari a realizzare una unione politica avente gli stessi confini della zona euro o anche solo di una parte di essa.
Stiamo così, in maniera artificiosa e contorta, arrivando ad una ripetizione degli episodi di unificazione monetaria italiana e tedesca dell’800: un’unificazione monetaria forzata dal paese più potente, come furono Piemonte e Prussia. Ma non è la stessa cosa. Ora si tratta di paesi creditori, capeggiati dalla Germania, che cercano di imporre qualche forma di controllo finanziario sui paesi debitori perchè non esistono legami federali che permettano una centralizzazione delle finanze pubbliche o un controllo centralizzato di esse per l’intera area monetaria. In quest’ottica bisogna vedere il trattato di Bruxelles firmato qualche giorno fa. È una mostruosità giuridica, come lo fu il trattato di Maastricht. La Bundesbank già ne critica la mancanza di rigore. Invece di costituire la Bce in vera banca centrale, si è dato vita a due pessime e poco potenti imitazioni dell’Fmi come l’Esm e l’Efsf, che appena create già richiedono un potenziamento se si vuole che abbiano qualche impatto come muri parafuoco contro l’accendersi di fiammate nei paesi deboli d’Europa.
Si dice: ma l’Europa si è costruita così, con artifici, stratagemmi, strane istituzioni, perchè in Europa non sempre una linea retta può unire due punti. La storia non lo permette, purtroppo. Il passato non passa. Ma alla fine, una complicazione dopo l’altra, un artificio dopo l’altro, si riusciva ad unire i due punti. Si risponde: ma c’erano gli Usa a fare da supervisore e protettore della unificazione europea e l’Urss a fare da babau, da uomo nero. Ora la seconda è svanita e i primi sono meno interessati a tenerci uniti e nemmeno ne hanno più i mezzi. Nè la Cina ha intenzione di prendere il posto degli Usa. E poi, perchè noi europei dobbiamo sempre aver bisogno di un "fratello maggiore"?
Ne venne fuori un esemplare unico nella storia monetaria: una banca centrale priva di sovranità monetaria che quindi abdicava a due delle funzioni caratterizzanti una banca centrale, la possibilità di creare moneta per finanziare i bilanci pubblici degli stati membri e di fungere da prestatore di ultima istanza per le banche dell’area della moneta unica. In tal modo si distruggeva anche la sovranità monetaria dei singoli stati membri. D’altronde, senza una vera unione politica o almeno fiscale, sarebbe stato veramente peculiare fare altrimenti. Negli anni 80 e 90 il mondo aveva visto crisi finanziarie imponenti ma mai una che colpisse il centro dell’economia mondiale con la potenza della crisi attuale. Evidentemente i fondatori dell’Ume sperarono che ciò continuasse nel futuro, e che la funzione di banca centrale mondiale continuasse nelle emergenze a essere svolta da chi l’aveva fatto per cinquant’anni, la Federal Reserve.
Queste acrobazie furono architettate ed eseguite perchè la Germania, centro del sistema monetario europeo, aveva acconsentito alla creazione della moneta unica solo sotto la spinta della politica estera e dei propri industriali, che vedevano con grande interesse una unificazione dei mercati europei delle merci e dei servizi e la fine della politica dei cambi fluttuanti in Europa. La Bundesbank e i partiti conservatori non vedevano con fiducia la fine del marco e cercarono di attutirne le conseguenze. Dovettero accettare una banca centrale europea il cui consiglio direttivo non era formato secondo criteri di potenza economica ma nel quale piccoli paesi come Austria e Finlandia contavano quanto la Germania. Con lo scoppio della crisi, queste debolezze costituzionali sono emerse e hanno colpito come uno shock imprevisto. Non ci si aspettava che anche i sistemi bancari europei ritenuti più forti ne fossero investiti con tanta violenza.
La preparazione istituzionale alla crisi era ugualmente debole sia negli Usa che in Europa. Negli Usa la tradizione di sovranità monetaria era fortissima e nessuno si sognò di bloccare l’interventismo della Fed di Ben Bernanke, come nessuno in altre emergenze aveva fermato la Fed di Alan Greenspan. In Europa, non solo non c’erano precedenti per la Bce, troppo recente per aver avuto necessità simili, ma la banca centrale più importante del sistema, la Bundebank, e buona parte della pubblica opinione tedesca, erano contrari a tale interventismo per motivi di teoria e prassi economica e politica. Per questo abbiamo assistito a continui rinvii invece che a interventi tempestivi e massicci da parte della Bce, o anche degli organi della Unione Europea, e alla faticosa elaborazione di istituzioni e metodi di intervento nuovi, come la Efsf e Esm, tentativi abbastanza penosi di riuscire ad affrontare i gravissimi problemi posti dalla crisi senza voler prendere il toro per le corna, cioè dare alla Bce un vero statuto di banca centrale e promuovere risolutamente i passi necessari a realizzare una unione politica avente gli stessi confini della zona euro o anche solo di una parte di essa.
Stiamo così, in maniera artificiosa e contorta, arrivando ad una ripetizione degli episodi di unificazione monetaria italiana e tedesca dell’800: un’unificazione monetaria forzata dal paese più potente, come furono Piemonte e Prussia. Ma non è la stessa cosa. Ora si tratta di paesi creditori, capeggiati dalla Germania, che cercano di imporre qualche forma di controllo finanziario sui paesi debitori perchè non esistono legami federali che permettano una centralizzazione delle finanze pubbliche o un controllo centralizzato di esse per l’intera area monetaria. In quest’ottica bisogna vedere il trattato di Bruxelles firmato qualche giorno fa. È una mostruosità giuridica, come lo fu il trattato di Maastricht. La Bundesbank già ne critica la mancanza di rigore. Invece di costituire la Bce in vera banca centrale, si è dato vita a due pessime e poco potenti imitazioni dell’Fmi come l’Esm e l’Efsf, che appena create già richiedono un potenziamento se si vuole che abbiano qualche impatto come muri parafuoco contro l’accendersi di fiammate nei paesi deboli d’Europa.
Si dice: ma l’Europa si è costruita così, con artifici, stratagemmi, strane istituzioni, perchè in Europa non sempre una linea retta può unire due punti. La storia non lo permette, purtroppo. Il passato non passa. Ma alla fine, una complicazione dopo l’altra, un artificio dopo l’altro, si riusciva ad unire i due punti. Si risponde: ma c’erano gli Usa a fare da supervisore e protettore della unificazione europea e l’Urss a fare da babau, da uomo nero. Ora la seconda è svanita e i primi sono meno interessati a tenerci uniti e nemmeno ne hanno più i mezzi. Nè la Cina ha intenzione di prendere il posto degli Usa. E poi, perchè noi europei dobbiamo sempre aver bisogno di un "fratello maggiore"?
(Fonte: http://www.sinistrainrete.info/europa/1879-marcello-de-cecco-trattato-ue-il-mostro-giuridico.html)
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