sabato 13 settembre 2025

MONI OVADIA

 MONI OVADIA: IPOCRITI, FINGONO CHE IL COLPEVOLE SIA IL SOLO NETANYAHU, DOPO 77 ANNI DI PERSECUZIONI PER SFRATTARE E ANNIENTARE IL POPOLO PALESTINESE

Troppo comodo, prendersela con il solo Netanyahu: come se fosse l'eccezione, anziché la regola (il potere violento che da quasi un secolo lavora per sfrattare e annientare i palestinesi). «Netanyahu è il cattivo? Perché, gli altri cosa hanno fatto? La Naqba l'ha fatta Ben Gurion, l'ha fatta Golda Meyr. Ben Gurion fece distruggere 500 villaggi palestinesi con un gesto della mano. Tutti i trucchi sono stati usati per depredare il popolo palestinese. C'era un progetto che appariva bello, quello del rimboschimento di quella terra: si chiamava Keren Kemet Israel, ma la sua verità è che volevano celare tutte le devastazioni e seppellire i morti che non si potevano dichiarare».

La voce dell'ebreo sefardita Salomon Ovadia, per tutti Moni, si leva stentorea come in un teatro greco: esprime dolore, sdegno, pietà. L'indignazione per la macelleria in corso rivaleggia con il furore di fronte ai sepolcri imbiancati, i governi europei sottomessi al padrone, i cittadini dormienti che assistono immobili allo sterminio, senza anestesia, di un'intera popolazione. Raccomanda il grande intellettuale ebreo: «Usate limpidamente, serenamente, la parola genocidio: perché di questo si tratta. E la cosa è talmente chiara che il primo a sdoganarla, nell'ambiente israeliano, è stato il massimo esperto di Olocausto in Israele, il professor Ramos Goldberg, che in un testo di 20 righe ha ripetuto la parola “genocidio” sei volte, e l'ultima volta ha scritto “genocidio intenzionale”».

Insiste Moni Ovadia: «Non è stato un errore, una perdita di controllo. No, questo era lo scopo: cancellare un popolo, con tutti i mezzi possibili; deportando i palestinesi, distruggendo tutta la loro cultura, tutta la loro istruzione». Niente sconti: «È dalle origini, il problema: perché quando ti presenti con lo slogan “una terra senza popolo per un popolo senza terra” vuol dire che ti vuoi sbarazzare di quel popolo che non vedi». Il popolo che non vuoi vedere, che vorresti non fosse mai esistito. Il popolo che stai letteralmente cancellando, anche con il miraggio beffardo dei due Stati: con Gaza ormai ridotta in macerie e la stessa Cisgiordania sbranata giorno per giorno dalla ferocia dei coloni.

Uno di loro, il fanatico Yigal Amir, arrivò a uccidere Rabin, l'unico leader israeliano disposto a fare la pace. «Un complotto ben costruito»: in cabina di regia «la feccia della destra ultra-reazionaria», non ostacolata da «una sedicente sinistra imbelle, incapace, bugiarda, ipocrita e complice», che ha rinunciato a pretendere verità e giustizia. Per Moni Ovadia, siamo precipitati «nella più atroce delle barbarie»: lo sterminio in atto tortura ogni giorno le coscienze ancora vive e condanna chi tace per pavidità e opportunismo.

«L'umanità ha impiegato secoli, millenni, per arrivare alla carta dei diritti universali dell'uomo; e i cosiddetti democratici occidentali hanno fatto carne di porco della legalità internazionale. Qui si tratta di scegliere: civiltà o barbarie. Di questo passo, un domani, quando oseremo invocare i diritti umani di fronte ai crimini dei peggiori dittatori, quelli ci diranno: “Ma state zitti, buffoni. Che cosa avete fatto con la Palestina? Non avete più titolo per parlare”. Noi dobbiamo guadagnarcelo di nuovo, questo titolo».

Ancora: «Non si illudano, gli indifferenti. Gramsci ce l'ha insegnato: sono i più detestabili, i più vigliacchi, perché non si assumono responsabilità. Lo stesso Dante disprezza gli ignavi: “Non ti curar di lor, ma guarda e passa”. Ebbene, chi oggi tace di fronte all'abominio verrà giudicato lo stesso: i suoi figli o i suoi nipoti gli sputeranno in faccia, per esser stato così vigliacco». Per Moni Ovadia, siamo di fronte a una barbarie mai vista, di fronte a cui è obbligatorio reagire: «Non so se avete visto la manifestazione di Amsterdam, la manifestazione di Parigi. Tocca anche a noi italiani. Eravamo paradigma di lotta: che cazzo ci è successo? Dobbiamo diventare decine di milioni, in strada. Tocca a ognuno di noi».

E che dire, di fronte a questi leader dell'Europa che si accorgono solo adesso del problema? «Da 77 anni il popolo palestinese è perseguitato, assassinato, torturato, espropriato, vessato. Dov'erano questi signori?». Militante da quarant'anni nell'ebraismo anti-sionista, Moni Ovadia rivela: «Ho ricevuto insulti, maledizioni, minacce (anche di morte). Adesso li voglio vedere in faccia, questi moderati. Non c'è peste peggiore della moderazione. Qui i moderati ci hanno regalato la mafia, la 'ndrangheta e la camorra, ci hanno regalato la complicità in tanti crimini, il Vietnam e poi la Libia, l'Iraq, l'Afghanistan, la Siria».

«Sapete, si calcolano in 55-60 milioni le vittime dell'imperialismo statunitense e dei suoi servi leccapiedi. E poi hanno anche il coraggio di parlare del comunismo...». Riguardo a Gaza, la misura è colma: «È arrivato il momento di non accettare, su questa questione, nessun understatement. Hanno fatto una delle cose più raccapriccianti: hanno deciso il momento in cui comincia la storia, cioè il 7 ottobre, come se prima non ci fosse stato niente. Le uccisioni di bambini palestinesi, gli arresti arbitrari, i furti di terra e di acqua, i massacri, le segregazioni...».

Moni Ovadia compirà 80 anni l'anno prossimo, ma sembra un giovane leone. «Fate attenzione, perché quando cala la tensione è facile dire “Be', adesso va un po' meglio”. No, non c'è “un po' meglio”». Sono stati oltrepassati tutti i limiti. «Non so se avete visto quella donna palestinese che camminava, sola, in mezzo a una strada tra le macerie. L'hanno polverizzata. Le hanno sparato addosso qualcosa, e lei si è dissolta in una nuvola di polvere. Sperimentano queste armi, sapete, anche perché non puoi seppellire la polvere. E così non possono più avere neanche quella pietas che c'era fin dai tempi della Guerra di Troia: avere il corpo del proprio caro, per piangerlo».

Moni Ovadia su Il Fatto Quotidiano, video:




IL MONDO QUANTISTICO

 

Negli ultimi decenni, la fisica quantistica ha rivoluzionato il nostro modo di concepire la realtà. Osservazioni su scala subatomica hanno minato certezze radicate da secoli e aperto nuove domande non solo sul mondo fisico, ma anche sul ruolo della mente nella costruzione della realtà. La relazione tra mente e materia, indagata da scienza e filosofia, appare oggi più che mai attuale.

IL MONDO QUANTISTICO: UN LUOGO DI PROBABILITÀ E OSSERVAZIONE.

La fisica quantistica nasce ufficialmente agli inizi del Novecento. Nel 1927, Werner Heisenberg formulò il principio di indeterminazione, secondo il quale è impossibile conoscere con precisione sia la posizione sia la velocità di una particella subatomica. Un aspetto centrale è il ruolo dell’osservatore. In un famosissimo esperimento, (il Gatto di Schrödinger), Erwin Schrödinger espose il paradosso controintuitivo che una particella (o addirittura un gatto) potesse esistere in stati sovrapposti, contemporaneamente vivo e morto, fino all’atto dell’osservazione.

La teoria quantistica ha sconcertato i fisici. Einstein reagì con il celebre aforisma: “Dio non gioca a dadi con l’universo”. Ma successivamente anche lui dovette arrendersi alla bizzarria quantistica. Nei decenni successivi, personalità come Niels Bohr e John Wheeler hanno studiato più a fondo il legame tra osservazione e realtà. Wheeler descriveva l’universo quantistico con la frase: “L’osservatore pone l’ultima pietra”.

LA QUESTIONE DELLA MENTE: CREATRICE O INTERPRETE?

Il dibattito sulla mente come “creatrice” della realtà fisica affonda le sue radici non solo nella scienza, ma anche nella filosofia. La metafisica occidentale non è nuova a speculazioni sulla relazione tra mente e materia. Già Platone immaginava un mondo di “idee pure” a cui la materia doveva la propria forma. Descartes, secoli dopo, tracciò una netta divisione tra mente (res cogitans) e materia (res extensa).

Oggi alcune prospettive quantistiche sembrano riavvicinare queste due dimensioni. Roger Penrose, matematico e fisico britannico, ha avanzato l’ipotesi che la coscienza umana possa avere un’origine quantistica. Con il neurofisiologo Stuart Hameroff, Penrose ha ipotizzato che i microtubuli nelle cellule cerebrali siano responsabili di processi quantistici fondamentali. Secondo questa teoria, la coscienza stessa potrebbe essere frutto di interazioni quantistiche non locali.

Amit Goswami, ex professore di fisica teorica, spinge il ragionamento ancora oltre. Goswami definisce la coscienza come materia primordiale dell’universo. Nella sua visione, la mente non si limita a osservare la realtà: la crea. “La realtà emerge dalla coscienza”, afferma. Questo paradigma si avvicina a idee spirituali antiche, come quelle del Vedānta, dove il Brahman (la pura coscienza) è origine e sostanza dell’universo.

GLI ESPERIMENTI CHE UNISCONO SCIENZA E FILOSOFIA.

Un esperimento cruciale per comprendere la relazione mente-realtà è il “double-slit experiment”. (Esperimento della doppia fenditura). Nel test, una particella passa attraverso due fenditure e, sullo schermo, crea un modello d’interferenza tipico delle onde. Tuttavia, quando uno strumento misura il percorso della particella, l’interferenza scompare. La particella si comporta come una particella “solida”, e attraversa una sola fenditura. Questo fenomeno dimostra come l’atto di osservare influisca sulla natura della realtà.

La relazione tra mente e materia affascina non solo gli scienziati, ma anche artisti e pensatori. Nella letteratura, autori come Jorge Luis Borges hanno esplorato il confine fra realtà e percezione. In racconti come “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, Borges delinea un universo dove la realtà si sdoppia con ogni scelta, creando infiniti mondi paralleli. Un’idea che oggi risuona nella teoria dei “multiversi” proposta da Hugh Everett, altro noto fisico quantistico.

L’arte e la filosofia orientale, in particolare, hanno da secoli anticipato il dialogo tra mente e materia. Nel buddismo, il concetto di Śūnyatā (vacuità) suggerisce che la realtà non possiede un’esistenza intrinseca ed è co-creata dalla mente. Questo anticipa, in un certo senso, le intuizioni della fisica quantistica moderna.

UN MISTERO APERTO.

La relazione tra mente e materia resta uno dei misteri fondamentali dell’esistenza. La fisica quantistica fornisce strumenti straordinari per esplorarla, ma non risponde a tutto. Forse, come suggerisce il cosmologo Max Tegmark, la coscienza e la realtà appartengono a un “matematical universe” – una struttura dove la mente e la materia condividono un linguaggio comune fatto di schemi e numeri.

Rimane, tuttavia, una certezza: il mistero della mente e la sua interazione con il mondo fisico non è solo una questione scientifica. È una finestra aperta verso i confini del mistero umano, là dove filosofia, scienza e spiritualità si incontrano. Un luogo dove materia e mente danzano in una coreografia ancora in gran parte da comprendere.

Bruno Del Medico

 

NON HAI UNO SCOPO? TI SEMBRA DI NON ANDARE DA NESSUNA PARTE?

 

Quando accade a qualcuno di noi di avere la sgradevole sensazione di vivere "senza uno scopo" e senza sapere dove andare, nei piani alti le amorevoli entità che ci guidano e si prendono cura di noi stappano una bottiglia ... è un giorno di festa ...

"Se un uomo si rende conto che non ha uno scopo e che non va da nessuna parte, è segno che si avvicina ad un risveglio; è segno che il risveglio diventa realmente possibile per lui. Il risveglio di un uomo ha inizio dall’istante in cui si rende conto che non va da nessuna parte e che non sa dove andare.

P. D. Ouspensky"

Ad alcuni uomini e donne accade, ad un centro punto del proprio percorso, di "rifiutare" il tipo di vita che hanno vissuto fino a quel momento, sentirla come una dispersione, un inganno. Dentro di loro sanno che c'è "altro", ma non sanno di che si tratta, è giusto una intuizione.

Spesso la comune educazione non comprende questi "stati", non li conosce, li scambia per patologie, per depressione ... magari qualche pilloletta.

Questo è un ostacolo in più, ti confronti con un nuova esigenza di vita che non sai esattamente come realizzare e contemporaneamente chi ti circonda non ti aiuta, anzi ...

Ebbene sappi, non sei malato, stai facendo un passaggio fondamentale, non sei più totalmente soggetto alle identificazioni della vita ordinaria, ti arrivano i richiami dei mondi superiori a vivere una vita vera.

Quelli che ti dicono ... "non ti riconosco più" ... "lascia stare questa roba e pensa a divertirti" ... ecco, lasciali perdere, non è colpa loro ma proprio non capiscono.

E nel frattempo lassù si brinda ...

La casa di Jerome-Amici della Fisica Quantistica




giovedì 11 settembre 2025

IL SEGRETO DEGLI ANTICHI SCIAMANI ERA ANCHE IL SEGRETO DI TESLA

 

Viviamo in un mare di energie sottili: possiamo diventarne consapevoli ed imparare ad usarle. Le antiche culture avevano capito che viviamo in un ampio mare di energia.

Avevano capito che stelle e pianeti sono esseri consci che comunicano tra loro. Credevano che gli alberi servissero come antenne, cosicché le energie sottili e le informazioni presenti in natura potessero fluire dalla Terra alle stelle e pianeti e viceversa da tutti i corpi celesti alla Terra.

Insegnavano che ogni cosa ed ogni essere ha coscienza e canalizza questa energia secondo le sue possibilità, per agevolare questo dialogo cosmico essenziale. Infatti, essi capivano che tutta la materia, incluso il corpo fisico, è un collettore di questa energia universale. Riconoscevano che i nostri pensieri ed emozioni sono una forma di energia e che quando sono in armonia con il campo di energia vivente dell’universo, diventiamo dei canali puliti.

Ne consegue che la forza vitale della terra e del cosmo, fluisce attraverso di noi con piu’ abbondanza e fluidità, guidando la nostra evoluzione, permettendoci nuove prospettive e il risveglio in noi di migliori abilità.

Queste abilità includono una superiore creatività, una percezione extrasensoriale e la capacità di far accadere incredibile guarigione fisica.

Gli sciamani imparano a sentire, percepire ed usare questa energia senza filtrarla o distorcerla. Si riferiscono spesso a questo processo come a quello per “diventare un osso vuoto”.

Trasmettiamo e riceviamo energia:

Questo mare universale di energia, chiamato Qi in Cina e Prana in India, circola attraversando i nostri corpi, interagisce con lo spettro elettromagnetico ed include altre energie piu’ sottili, che la scienza occidentale non ha ancora compreso.

E’ un concetto fondamentale della agopuntura, in cui si usano aghi sottili per promuovere il flusso di energia vitale attraverso i meridiani del corpo. E’ la forza interiore che progrediti artisti delle arti marziali coltivano e dirigono verso l’esterno.

Gli Hopi del Sud-Ovest americano, usano il termine Kachina per descrivere il mondo delle energie sottili. Fanno rituali e cerimonie per interagire con Kachina per poter attrarre la pioggia e far crescere i loro raccolti e ricevere guarigione ed altri benefici.

I Dogon dell’Africa chiamano Bayuali, il canale attraverso cui la Terra proietta energie attraverso di noi. Chiamano Yenu, il canale attraverso cui riceviamo energie dal cosmo. Dogon credono che sia nostra responsabilità come umani diventare canali puliti per facilitare il flusso di energie cosmiche piuttosto che interferire od ostruirle.

Sebbene la medicina occidentale limiti la sua attenzione alle energie elettromagnetiche, riconosce tuttavia che il corpo umano funziona come un’antenna a due direzioni.

I medici usano dei mezzi come l’ECG (elettrocardiogramma) e l’EEG (elettroencefalogramma) per determinare se un paziente è ancora vivo, misurando l’energia elettrica che vien trasmessa da dentro il corpo di un dato paziente. Comprendono che i nostri corpi ricevono informazioni da campi elettromagnetici che sono nel nostro ambiente, per regolare ritmi circadiani, come i cicli di sonno-veglia

Studi scientifici indicano che la colonna vertebrale (che contiene fluido cerebrospinale che è conduttivo) agisce come una antenna naturale e che il DNA serve come una antenna frattale , capace di operare a varie frequenze diverse e simultaneamente

E’ anche interessante notare che l’esercito USA dimostrò che gli alberi funzionano come ottime antenne per le comunicazioni wireless e li usarono per questo scopo durante la Guerra del Vietnam

La terra e il cosmo scambiano energia e informazione:

Nikola Tesla – il fisico le cui invenzioni sono alla base del nostro uso moderno della elettricità e delle tecnologie wireless, come la corrente alternata, la radio, i raggi x, il radar il telecomando- scoprì che la Terra riceve, immagazzina e trasmette energia. Nel 1899 costrui un laboratorio a Colorado Springs in cima al Monte Pikes, un sito considerato sacro dagli Indiani Hopi e Ute

Mentre faceva esperimenti in quella località, intercettò onde di frequenze estremamente basse (ELF) di energia elettromagnetica, che venivano naturalmente trasmesse all’intero della cavità tra la superficie della Terra e la ionosfera, 80 km sopra la Terra.

Scopri che con queste onde ELF, quelle che vibravano a 8 cicli al secondo (8 Hz), fluivano più regolarmente tra la terra e la ionosfera , con meno resistenza e maggiore ampiezza (forza o potere) (5)

Tesla credeva che fosse possibile usare questa frequenza innata di circa 8Hz come onda vettore per trasmettere informazioni e energia senza fili , in ogni parte del mondo (6) ed era molto interessato a preservare le risorse naturali della Terra per le generazioni future. Parlò con veemenza sul bisogno di smettere con l’uso del carburante come fonte di energia.

Il suo obbiettivo era quello di imbrigliare “proprio l’ingranaggio della natura” attingendo a quell’accumulatore naturale e rinnovabile che esiste tra la Terra e la ionosfera.

Non gli fu possibile ricevere sufficienti sponsorizzazioni per completare quei progetti che implicavano la trasmissione di energia senza fili, tuttavia la sua idea della trasmissione senza fili portarono alla invenzione sia della radio AM che FM.

Tesla affermò anche che durante il suo tempo a Pikes Peak, registro’ delle onde radio che venivano emesse dal cosmo alla Terra. Ora i paesi nel mondo usano onde radio per analizzare la composizione di stelle e pianeti.

Nel 1952, un fisico chiamato Schumann misurò la frequenza di risonanza della cavità della ionosfera terrestre e risultò piu’ precisamente che fosse di 7.83 Hz (confermando i calcoli di Tesla di circa 8 Hz). La terra riceve e trasmette una frequenza energetica misurabile che circonda tutta la vita su questo pianeta. Si è scoperto che il cervello umano, in uno stato di profonda meditazione , abbassa le sue oscillazioni di onde cerebrali per armonizzarsi con la frequenza di risonanza della Terra.

Ci sintonizziamo in questo

dialogo energetico col cosmo,

adattando la frequenza

delle nostre onde cerebrali:

Nelle tradizioni sciamaniche, i tamburi sono stati usati a lungo per produrre vibrazioni sciamano e sciamanesimoritmiche che assistono lo sciamano a sintonizzare la sua mente con il campo di energia vivente. In questo stato alterato di coscienza, lo sciamano professionista è in grado di interagire con il mondo non fisico.

Gli sciamani canalizzano e trasmettono energie universali e sottili per aiutare la guarigione di se stessi e degli altri. Ricevono anche informazioni in forma di immagini vivide, pensieri, parole, idee, comunicate loro dalle guide e dagli antenati dal mondo dello spirito.

Questa tradizione sciamanica è stata studiata usando i test di EEG.

I risultati hanno mostrato che lo schema dell’onda cerebrale dei soggetti si abbassa a livello Theta.

Si entra in questo stato quando la maggioranza delle onde cerebrali trasmesse dal soggetto, comincia ad oscillare ad una frequenza di 4-8cicli al secondo (4-8 Hz).

Gli studi sull’EEG eseguiti su meditanti regolari hanno rivelato che anche loro entrano in questo stato durante periodi di profonda meditazione…

Coloro che praticano una costante meditazione spesso riportano esperienze di un cambiamento di coscienza delle energie intorno, ma anche improvvise comprensioni, visioni a colori, nuove abilità e guarigione fisica. Dicono anche che tanto piu’ meditano, tanto piu’ semplice diventa accedere questo stato alterato.

Tesla era consapevole di questo campo di energia vivente.

In questo articolo, Man’s Greatest Achievement, egli usò dei termini vedici come Prana e Akasha per descrivere questo campo, da cui viene generata tutta la materia percepibile. Disse anche che aveva accumulato molte delle sue idee, mentre era da solo in profonda meditazione .

Si autodefiniva un “ricevente sensitivo” e narrò di avere delle visioni e di ricevere premonizioni, inclusa una che lo aiutò ad impedire ai suoi amici di salire su un treno che poi fece uno scontro.

Rese anche pubblico di avere una memoria fotografica e descrisse di visualizzare le sue invenzioni in tale dettaglio, da poter manovrare il dispositivo nella sua mente, quindi apportargli delle migliorie e fornire precise e corrette misure, senza aver mai disegnato una bozza.

Uno sciamano professionista mi spiegò che tutti noi riceviamo e trasmettiamo continuamente energia ed informazioni attraverso questo campo universale e sottile. Tuttavia passiamo molto del nostro tempo in uno stato di onde cerebrali di maggiore frequenza, la beta (15-30 Hz) associate con uno stato di allerta, di logica, di ragione critica e stress. Questo ci distrae dalle energie piu’ sottili e inibisce il loro flusso attraverso il nostro corpo.

Potremmo paragonare questo al fatto di avere la radio della nostra macchina sintonizzata sempre sulla stessa stazione, senza sapere di poter mettere mano al quadrante.

Adattare le nostre onde cerebrali alla frequenza naturale della Terra, di circa 8 Hz, facendo della meditazione regolarmente, è come girare il quadrante della nostra radio su una nuova stazione. Mentre vi siamo sintonizzati riceviamo piu’ forza vitale ed informazioni dall’universo.

A questa frequenza, trasmettiamo anche energia con il beneficio di interferenza costruttiva. Questo termine, usato in fisica, descrive la maggiore ampiezza che si verifica quando due onde della stessa frequenza si uniscono.

Quando armonizziamo le nostre onde cerebrali con la frequenza naturale del pianeta, le nostre intenzioni vengono trasmesse con alla base la forza della Terra e questo da loro molto piu’ potere e direzione.

IN NOI SI RISVEGLIANO NUOVE CAPACITA'

Malattia e ferite sono una opportunità per evolvere:

Nell’insegnamento sciamanico, la malattia che non risponde al trattamento convenzionale, indica spesso un processo di iniziazione spirituale che conduce ad una interruzione della vita normale e al ritiro dal mondo mondano. Il soggetto passa attraverso un periodo di prove fisiche, psicologiche e spirituali, dove deve sentire, comprendere ed integrare le esperienze piu’ difficili della sua vita.

Nel cercare risposte ai misteri della vita e rivolgendosi internamente attraverso la meditazione, si raggiungono nuovi livelli di consapevolezza

L’individuo si libera dalle restrizioni e dall’ambiente oppressivo che si era autoimposto (entrambe queste realtà si manifestano come tensione nella rete fasciale che pone resistenza al flusso di energia). Queste persone si rendono conto che ogni sfida fisica, ogni emozione, ogni persona che attraversa la loro vita, sono stati uno stimolante per la propria evoluzione e sono in grado di navigare la vita con piu’ pace interiore e fiducia nel processo.

Con meno interferenza, iniziano a canalizzare piu’ liberamente la forza della vita universale e a scoprire capacità interiori sorprendenti. Questa trasformazione puo’ condurli ad uno scopo maggiore o a un destino, prima inimmaginabile. A loro è data l’opportunità di autoguarirsi e poi condividere cosa hanno appreso, lasciando cosi al mondo un contributo duraturo.

Noi tutti esistiamo in un campo di energia universale che è viva. Ognuno di noi puo’ diventare consapevole di questo campo ed imparare a collaborare con esso per superare le sfide della vita e adempiere a elevati destini.


 

domenica 7 settembre 2025

LEGGETE E DIFFONDETE QUESTA LETTERA APERTA

 

Jeffrey D. Sachs, ebreo americano e grande economista esperto in geopolitica, i primi di agosto scrive una lettera aperta al Ministro degli Esteri israeliano, al criminale e bugiardo Benjamin Netanyahu, al suo governo, e a tutto l’Occidente corrotto e complice del massacro dei palestinesi.

Egregio Signor Ministro,

Le scrivo in seguito al suo discorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 5 agosto. Ho partecipato alla sessione, ma non ho avuto la possibilità di parlare con lei dopo. Vorrei condividere con lei le mie riflessioni sul suo discorso.

Nel suo discorso non ha riconosciuto perché quasi il mondo intero, compresi molti ebrei come me, sia inorridito dal comportamento del suo governo. Secondo la maggior parte del mondo, con cui concordo, Israele è coinvolto in omicidi di massa e carestie; non l'avrebbe capito dal suo discorso. Non ha riconosciuto che Israele ha causato la morte, fino ad oggi, di circa 18.500 bambini palestinesi, i cui nomi sono stati recentemente elencati dal Washington Post . Ha attribuito ad Hamas la responsabilità di tutti gli omicidi di massa di civili da parte delle forze israeliane, anche se il mondo guarda ogni giorno videoclip di forze israeliane che uccidono a sangue freddo civili affamati mentre si avvicinano ai punti di distribuzione del cibo. Ha lamentato la morte per fame di 20 ostaggi, ma non ha menzionato la morte per fame di 2 milioni di palestinesi da parte di Israele. Non ha menzionato che il suo primo ministro ha lavorato attivamente nel corso degli anni per finanziare Hamas, come il Times of Israel ha documentato.

Che le vostre sviste siano il risultato di ottusità o tergiversazione, sarebbero una tragedia solo per Israele se non fosse per il fatto che avete tentato di coinvolgere me e milioni di altri ebrei nei crimini contro l'umanità del vostro governo. Avete dichiarato alla sessione ONU che Israele è "lo stato sovrano del popolo ebraico". Questo è falso. Israele è lo stato sovrano dei suoi cittadini. Io sono ebreo e cittadino degli Stati Uniti. Israele non è il mio stato e non lo sarà mai.

Il linguaggio usato nel suo discorso riguardo agli ebrei ha tradito il divario tra noi. Ha definito l'ebraismo una nazionalità. Questo è in effetti il costrutto sionista, ma è in contrasto con 2000 anni di fede e di vita ebraica. È un'idea che io e milioni di altri ebrei rifiutiamo. L'ebraismo, per me e per innumerevoli altre persone al di fuori di Israele, è una vita di etica, cultura, tradizione, legge e fede che non ha nulla a che fare con la nazionalità. Per 2000 anni, gli ebrei hanno vissuto in ogni parte del mondo, in innumerevoli nazioni.

I grandi saggi rabbinici del Talmud babilonese, infatti, proibirono esplicitamente un ritorno di massa del popolo ebraico a Gerusalemme, intimando al popolo ebraico di vivere nelle proprie terre d'origine (Ketubot 111a). Purtroppo, i sionisti intrapresero massicce campagne, tra cui sussidi finanziari e tattiche intimidatorie, per indurre le comunità ebraiche ad abbandonare le proprie terre d'origine, le proprie lingue, le proprie culture locali e le relazioni con i propri concittadini, per attirarle in Israele. Ho viaggiato in tutto il mondo, visitando sinagoghe quasi vuote e comunità ebraiche abbandonate, con solo pochi ebrei anziani rimasti, e dove questi pochi ebrei rimasti insistevano sul fatto che le loro comunità un tempo vivevano in pace e armonia con le maggioranze non ebraiche. Il sionismo ha indebolito o posto fine a innumerevoli comunità vivaci di nostri correligionari in tutto il mondo.

I profeti ebrei hanno insegnato ripetutamente che gli stati ingiusti non sopravvivono a lungo.

È un fatto ironico che quando i sionisti convinsero il governo britannico nel 1917 a emanare la Dichiarazione Balfour, l'unico ebreo nel Gabinetto, Sir Edwin Montagu, si oppose strenuamente, affermando di essere un cittadino britannico ebreo, non membro di una nazione ebraica: "Affermo che non esiste una nazione ebraica. I membri della mia famiglia, ad esempio, che vivono in questo paese da generazioni, non hanno alcun tipo di comunanza di vedute o di desideri con alcuna famiglia ebrea in qualsiasi altro paese, al di là del fatto che professano, in misura maggiore o minore, la stessa religione".

In questo contesto, vale anche la pena ricordare che la Dichiarazione Balfour afferma in modo chiaro e inequivocabile che "non verrà fatto nulla che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina". Il sionismo non ha superato questa prova.

Il vostro governo è impegnato nell'occupazione permanente di tutta la Palestina e si oppone violentemente e incessantemente a uno Stato sovrano di Palestina. Il programma fondativo del Likud nel 1977 non nasconde nulla a questo proposito, dichiarando apertamente che "tra il Mar Rosso e il Giordano ci sarà solo la sovranità israeliana". Per raggiungere questo obiettivo, Israele demonizza il popolo palestinese e lo schiaccia fisicamente, attraverso carestie di massa, omicidi, pulizia etnica, detenzioni amministrative, torture, espropri di terre e altre forme di brutale repressione. Voi stessi avete vergognosamente dichiarato che "tutte le fazioni palestinesi" sostengono il terrorismo.

Il vostro omologo alla sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l'ambasciatore palestinese Riyad Mansour, ha dichiarato esattamente il contrario. Ha affermato chiaramente: "La soluzione è porre fine a questa occupazione illegale e a questo conflitto disastroso; è la realizzazione dell'indipendenza e della sovranità dello Stato palestinese, non la sua distruzione; è il rispetto dei nostri diritti, non la loro continua negazione; è il rispetto del diritto internazionale, non la sua violazione; è l'attuazione della soluzione dei due Stati, non la realtà di un unico Stato con i palestinesi condannati al genocidio, alla pulizia etnica o all'apartheid".

Israele si oppone a quasi tutto il mondo nel suo tentativo di bloccare la soluzione dei due Stati. Già 147 Paesi riconoscono lo Stato di Palestina e molti altri lo faranno presto. Centosettanta Stati membri delle Nazioni Unite hanno recentemente votato a sostegno del diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione politica, con solo sei contrari (Argentina, Israele, Micronesia, Nauru, Paraguay, Stati Uniti).

La sua presentazione ha completamente trascurato la potente "Dichiarazione di New York sulla risoluzione pacifica della questione palestinese e l'attuazione della soluzione dei due Stati ", emanata dalla comunità internazionale alla Conferenza internazionale di alto livello sull'attuazione della soluzione dei due Stati, tenutasi il 29 luglio 2025, appena una settimana prima del suo discorso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Arabia Saudita e Francia hanno co-presieduto quella conferenza di alto livello. Le nazioni arabe e islamiche di tutto il mondo hanno chiesto la pace e la normalizzazione delle relazioni con Israele, a condizione che Israele rispetti il diritto internazionale e la decenza, in linea con la soluzione dei due Stati. Il suo governo rifiuta la pace, perché mira invece al dominio su tutta la Palestina.

Israele si aggrappa alla sua posizione estremista con un filo sottilissimo, sostenuto (finora) dagli Stati Uniti ma da nessun'altra grande potenza. Dovremmo anche riconoscere una delle ragioni principali del sostegno statunitense fino ad ora: i protestanti evangelici cristiani che credono che il raduno degli ebrei in Israele sia il preludio all'annientamento degli ebrei e alla fine del mondo. Questi sono gli alleati del vostro governo. Per quanto riguarda l'opinione pubblica americana in generale, la disapprovazione per le azioni di Israele si attesta ora al 60% , con solo il 32% di approvazione.

Signor Ministro, la repulsione globale da lei citata è rivolta alle azioni del suo governo, non agli ebrei. Israele è minacciato dall'interno da fanatismo ed estremismo che a loro volta suscitano la disapprovazione mondiale di Israele, sia da parte di ebrei che di non ebrei. La grande minaccia alla sopravvivenza di Israele non sono le nazioni arabe, i palestinesi o l'Iran, ma le politiche del governo estremista israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir.

La soluzione dei due stati è la via – e l'unica via – per la sopravvivenza di Israele. Potreste credere che le armi nucleari e il governo degli Stati Uniti siano la vostra salvezza, ma la forza bruta sarà evanescente se la grave ingiustizia di Israele nei confronti del popolo palestinese continuerà. I profeti ebrei hanno insegnato ripetutamente che gli stati ingiusti non sopravvivono a lungo.

Cordiali saluti,

Jeffrey D. Sachs

Jeffrey David Sachs è un americano ebreo, nato negli Stati Uniti d’America, a Oak Park, Michigan, il 5 novembre 1954; è un economista e analista di politiche pubbliche statunitense, professore alla Columbia University, dove è stato direttore dell'Earth Institute. Ha lavorato sui temi dello sviluppo sostenibile e dello sviluppo economico.



 

lunedì 1 settembre 2025

 

Non c’è redenzione — non nel senso in cui la intendono i predicatori gonfi di grazia o gli ingenui venditori di speranze in saldo. Non c’è redenzione, e la speranza, quel piccolo idolo mal cesellato, rischia di essere più crudele del peccato che vorrebbe emendare. Ogni accadimento — ogni tremolio dell’aria, ogni capriccio della sorte — risponde a una necessità muta, a un ordine oscuro che non tollera scorciatoie, né pietà. E la speranza, quella civetta dagli occhi spalancati, porta con sé un veleno sottile: il rischio — anzi, la certezza eventuale — del fallimento. Sperare è un gesto tragico, un esporsi con le mani nude al taglio della possibilità.

L’uomo, povero animale narrativo, è inchiodato a questa dialettica velenosa: deve sperare, perché senza speranza si spegne come una candela umida; ma teme ciò che spera, perché ogni desiderio che nasce porta già in grembo la sua delusione. Come una madre infetta che trasmette la malattia al figlio prima ancora del primo vagito.

E quando, per una grazia del cielo o un malinteso degli dei, la speranza si realizza — quando il desiderio si fa carne, e il sogno si concretizza in un mobile dell’IKEA già montato — l’uomo si scopre incapace di stare. Incapace di restare. Incapace, perfino, di godere. Non sa starsene lì, nel salotto della soddisfazione, a sorseggiare la sua conquista come un tè tiepido. Deve ripartire. Deve ricominciare. Deve inciampare ancora, altrimenti scompare.

E così si lamenta. Oh, come si lamenta. Ma spesso, se solo sapesse osservare con occhi più crudeli, scoprirebbe che gli ostacoli che maledice sono quelli che lui stesso si è meticolosamente costruito. Perché solo superando qualcosa — anche un problema finto, un’angoscia prefabbricata — riesce a sentirsi vivo. C’è in lui una pulsione perversa, un meccanismo tanto raffinato quanto ridicolo: anela alla pace e poi, come un bambino annoiato dai suoi stessi giocattoli, la getta via appena la ottiene.

E allora il gioco si ripete, come un valzer ossessivo: desiderio, tensione, conquista, nausea. E di nuovo desiderio. Come se non potesse fare altro, come se l’alternativa — la stasi — fosse peggiore della morte stessa.

Da tutto questo nasce un dilemma, anzi — per essere più fedeli alla vertigine dell’esperienza umana — una spirale. Perché se è vero che l’uomo è costruito così, prigioniero di una macchina che lui stesso alimenta con l’olio delle sue ambizioni e la polvere delle sue frustrazioni, allora la domanda più atroce è anche la più infantile: come se ne esce?

E la risposta — se si è abbastanza onesti da guardarla in faccia — è che non se ne esce. Perché perfino l’idea di “uscire” è parte del gioco. Anche il pensiero che cerca la soluzione è già, esso stesso, una nuova trappola, un’altra declinazione della stessa fame che divora tutto ciò che ama.

Perfino il tentativo di capire il paradosso — di elevarsi al di sopra del meccanismo — è solo un altro gradino della scala. Si pensa di essere “oltre”, ma si è ancora, ostinatamente, dentro. Sempre. Fino all’ultimo sospiro. E forse anche dopo.

E allora? Forse — dico forse — una via non di salvezza, ma di sopportazione estetica, è quella di smettere di lottare contro il paradosso e cominciare a danzarci dentro. Di trovare una forma di equilibrio tra la pace e la guerra, tra il bisogno di fermarsi e quello di correre.

Forse la vera pace non è la fine della tensione, ma la sua accettazione consapevole. Una pace non come assenza di battaglia, ma come arte del combattimento. Non l’inerzia del lago, ma l’euforia del mare aperto, con il volto tagliato dal vento e le mani strette al timone.

Nietzsche, quel funambolo del pensiero, lo aveva intuito con chiarezza: la “volontà di potenza” non è desiderio di dominio, ma bisogno di metamorfosi. Non è voler avere, ma voler diventare. Non è una casa, ma un ponte.

E proprio ai filosofi, ai suoi compagni di labirinto, lanciava l’avvertimento più spietato: guardatevi dal momento in cui troverete una verità, perché la stessa forza che vi ha portati a cercarla vi spingerà a distruggerla. Non perché sia falsa, ma perché è diventata noiosa. Perché è diventata ferma.

Anche Dostoevskij, quel cartografo dell’abisso, sapeva che l’uomo non è fatto per la perfezione. Nell’Uomo del sottosuolo lo grida con un ghigno disperato: date all’uomo il palazzo perfetto, dategli simmetria, armonia, bellezza… e lui, col primo bastone che trova, lo ridurrà in polvere. Perché la perfezione è una trappola dorata, e lui preferisce l’inferno aperto all’Eden chiuso a chiave.

L’uomo vuole sporcarsi le mani. Vuole sentire il peso della rovina e il brivido del ricominciare. Vuole la libertà, non il compimento.

E così, con le mani piene di macerie e gli occhi pieni di nuove visioni, l’uomo ricomincia — ancora, e ancora, e ancora — non perché non abbia imparato, ma perché non vuole imparare. Perché imparare, in fondo, significherebbe smettere di cercare. E per lui, non c’è castigo peggiore.

Forse, sì — ma con che riluttanza lo ammettiamo! — è proprio questa l’unica via di fuga ancora agibile: non una liberazione trionfale, né un epilogo da teatro classico, bensì una tregua sottile, un armistizio sottovoce tra ciò che brucia e ciò che implora. Non la pace che si esaurisce in sé, statica, marmorea, simile a quelle statue che tanto amano i manuali morali; ma la pace consapevole, cioè quella che ha visto la guerra da vicino, e sa che l’uomo non si salva dal conflitto — perché è il conflitto.

Eppure, ahimè, quanto ci rattrista questa consapevolezza. Siamo ancora — e forse irrimediabilmente — innamorati di un’idea di pace che non esiste: un silenzio perlaceo, una immobilità pastorale, una quiete che si stende come lino fresco su un letto disfatto. L’abbiamo ereditata come si eredita un pettine d’avorio o una mappa ingiallita dell’Eden: promessa di un riposo senza sforzo, di una felicità priva di frizione.

Ma veniamo costruiti, nel fondo più segreto delle nostre ossa, per desiderare ciò che ci agita.

Non siamo gli inventori di questa tensione interiore: ne siamo i discendenti. Freud — quell’arcinoto cartografo dell’inconscio — ne aveva già tracciato le rotte, tra l’istinto di costruire e quello di dissolvere. Eros, l’architetto delle unioni, colui che tende ponti tra isole emotive. Thanatos, il sabbiatore silenzioso, che cancella ogni cosa con lo stesso gesto con cui la neve copre i nomi sulle lapidi.

Due forze, due voci, due abissi. Eppure entrambe aspirano a qualcosa. Entrambe pretendono — come bambini capricciosi — di essere ascoltate. Ma le loro mete non coincidono: l’una vuole edificare, l’altra sognare la rovina.

E allora, ecco l’intuizione che fiorisce come un’orchidea in una stanza buia: forse non sono nemici. Forse, come certi amanti disfunzionali, si cercano proprio attraverso lo scontro. Thanatos sgretola, sì — ma sgretola per fare spazio. Eros costruisce, ma solo sulle rovine.

La morte, dunque, non come fine, ma come apertura. Come condizione perché qualcosa — qualunque cosa — possa ancora nascere. Come dire: senza rovina, l’amore sarebbe un imbianchino senza pareti. Senza catastrofe, il desiderio vagherebbe come un cieco in una stanza illuminata.

Pensateci: cosa potrebbe mai edificare Eros, se ogni cosa fosse già perfetta, levigata, compiuta? Cosa resterebbe da desiderare, se non ci fossero più crepe da riempire con la nostra febbre?

E allora sì, perfino la bellezza — quella creatura fragile e presuntuosa — ha bisogno di un nemico. Un nemico da abbracciare. Una crisi da attraversare. Perché l’amore che non conosce il crollo è solo un soprammobile lucente, un idillio impolverato.

Eros, per restare vivo, ha bisogno di essere sfidato. Ha bisogno di precipizi, di strappi, di cose che mancano. Di un’ombra che si allunga sul tappeto ogni volta che il sole si avvicina troppo.

 Maurizio Gambett

sabato 16 agosto 2025

Cosa succederebbe se l'universo stesso fosse dotato di coscienza?

 

 Non parliamo di fantascienza o metafore poetiche, ma di un'ipotesi scientifica che sta catturando l'attenzione di fisici e filosofi in tutto il mondo. L'idea di un cosmo pensante solleva domande profonde sui limiti della fisica classica e apre scenari inediti sulla natura della realtà. Se davvero esistesse una forma di intelligenza distribuita su scala cosmica, completamente diversa dalla nostra ma capace di elaborare informazioni attraverso meccanismi che ancora non comprendiamo, come cambierebbe la nostra percezione dell'esistenza? La ricerca moderna sta esplorando questa possibilità attraverso teorie all'avanguardia che collegano meccanica quantistica, relatività e studi sulla coscienza.Il principale ostacolo a questa teoria sembra essere la velocità della luce: in un universo di dieci miliardi di anni luce di diametro, un singolo pensiero richiederebbe tempi geologici per formarsi. Tuttavia, la fisica teorica contemporanea suggerisce l'esistenza di fenomeni che potrebbero aggirare questo limite. L'entanglement quantistico dimostra correlazioni istantanee tra particelle distanti, mentre ipotesi sui micro-wormhole e particelle più veloci della luce aprono scenari di comunicazione cosmica ultrarapida. Questi meccanismi potrebbero permettere la formazione di reti neurali distribuite su scale immense, creando una forma di intelligenza completamente diversa da quella biologica che conosciamo. Il panpsichismo, le teorie sui campi quantistici coscienti e il biocentrismo offrono frameworks teorici per comprendere come questa coscienza cosmica potrebbe manifestarsi.Le implicazioni filosofiche di un universo cosciente sono rivoluzionarie: noi non saremmo più osservatori esterni della realtà, ma parti integranti di un organismo cosmico pensante. La distinzione tra individuo e cosmo diventerebbe illusoria, e fenomeni come la vita e la morte assumerebbero significati completamente nuovi. Anche se questa rimane una speculazione scientifica senza prove sperimentali definitive, esplorare questa possibilità ci costringe a riconoscere i limiti delle nostre conoscenze attuali. Le sfide metodologiche sono enormes: come si misura la coscienza su scala galattica? Come si verifica l'integrazione di informazioni distribuite in anni luce? Nonostante queste difficoltà, l'ipotesi continua a stimolare ricerche innovative all'intersezione tra fisica, neuroscienze e filosofia della mente.La domanda "può l'universo pensare?" non è solo un esercizio intellettuale, ma un invito a espandere i nostri orizzonti concettuali. Forse viviamo all'interno di una rete neuronale cosmica di cui siamo inconsapevoli, o forse questa rimane una suggestiva speculazione filosofica. In entrambi i casi, confrontarsi con questa possibilità ci ricorda quanto la realtà possa essere più misteriosa e interconnessa di quanto le nostre teorie attuali riescano a descrivere. La scienza continua a esplorare questi confini estremi della conoscenza, dove fisica quantistica e studi sulla coscienza si incontrano per tentare di rispondere alle domande più profonde sull'esistenza. Scopri tutti i dettagli scientifici e le teorie più affascinanti nel video completo:

https://youtu.be/TaPRNRIYYFo?si=tx6zy2MF25wc7Z9h

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domenica 10 agosto 2025

Io sono eterno ritorno!

 

Nel ciclo eterno del tempo che passa, dove l'alba e il tramonto si rincorrono, vive l'idea del ritorno che sempre ripassa tra le pieghe del mondo onirico, tra sogni che si incontrano e si scontrano.

Rivedo il cielo, lo stesso di mille anni e mille mete vissute nell'istante in cui l'ho sognato; le stelle fisse, gemme eterne e splendenti, e il cuore si riempie di antichi piani, ricordi di vite, di amori ardenti.

Ogni onda che lambisce la spiaggia, porta con sè echi di giorni passati; nel fluire del mare, la memoria alloggia di eventi remoti, di destini intrecciati.

Il vento soffia, sussurra storie lontane di uomini e donne, di gioie e pene, di lotte per vivere, di corse folli e insane di chi cerca il senso tra ciò che viene.

L'albero della conoscenza che oggi si erge maestoso, ricorda il seme di un'era perduta: nel ciclo di nascita, morte, riposo, sta l'essenza di una verità taciuta.

Il fiume della vita scorre inesorabile, sempre uguale e pur sempre mutevole, traccia una strada che non ha fine; nelle sue acque il tempo è indelebile, segna il ritorno delle anime divine.

Io sono l'attore su un palco senza fine, recito ruoli in un dramma eterno; con maschere antiche e nuove, divine, cammino il sentiero del ritorno inferno. E nei miei occhi la scintilla si accende, di vite passate, di giorni futuri; ogni passo, ogni scelta, il destino tende a ripetersi in cerchi sempre più duri da vivere, da sopportare.

Ogni sorriso, ogni lacrima versata, è un eco di un tempo già vissuto; nel grande schema dell'esistenza l'anima è chiamata a rivivere, a riconoscere il battuto di tutti gli istanti già vissuti, passati ora in rassegna nel solaio della memoria. Così mi muovo in questo grande giuoco giostrale dell'andirivieni del tempo, cercando la luce, temendo il buio, sapendo che, in fondo, sono solo un poco dell'infinito ciclo dell'eterno ritorno, solo un granello di cosmo, un grammo di coscienza prigioniero in un solo lungo o breve attimo - e attendo. Attendo me stesso e mi siedo mentre attendo: eppure il mio star seduto è ancora un cammino verso chissà quale meta sconosciuta!

E ora, nel silenzio delle notti stellate, dove l'universo svela il suo mistero, sento la verità tra le note intrecciate del grande ritorno del tempo severo. Così accetto il mio destino, l'eterno flusso, sapendo che, in fondo, tutto ritorna; vivo con ardore, senza alcun lusso, nè rimpianto, nel cerchio della vita, dove tutto passa ma tutto ritorna.

E se domani mi sveglierò di nuovo, sarà un nuovo inizio, un passo sicuro verso l'eterno, verso l'infinito, nel ciclo che approvo, dove tutto ritorna, nel tempo, nel futuro, perché io sono eterno ritorno!

Perché io sono eterno ritorno!

PERCHÉ IO SONO ETERNO RITORNO!

GIOVANNI PROVVIDENTI

 

venerdì 8 agosto 2025

KEELY, TESLA E LA COSCIENZA CHE MUOVE LA MATERIA

 

I profeti della vibrazione e l’energia che fu oscurata

Nel corso della storia, ci sono uomini che arrivano troppo presto, non perché sbaglino, ma perché vedono troppo lontano.

John Keely e Nikola Tesla sono tra questi: due visionari che hanno tentato di mostrare al mondo che l’energia non è solo meccanica, ma coscienza in movimento, e per questo furono screditati, censurati, dimenticati.

Cos’è l’etere?

Anticamente lo si considerava una sostanza sottile e invisibile che permea tutto l’universo, ponte tra spirito e materia. Molti scienziati e mistici lo hanno descritto come un “oceano energetico” che collega ogni cosa. Keely e Tesla lo consideravano una vera fonte di energia, attivabile attraverso vibrazioni, suono, risonanza.

John Keely: il motore che vibrava di una forza sconosciuta.

Nel 1872, l’inventore americano John Ernst Worrell Keely presentò al pubblico una macchina rivoluzionaria: il motore dinasferico. Funzionava senza carburante, vapore o elettricità. Bastavano un po’ d’acqua e un suono, Keely soffiava in un tubo e il motore prendeva vita, generando pressioni fino a 10.000 psi.

Lo chiamava etere interatomico o forza vibratoria simpatica: un’energia che si attivava solo quando era lui a metterla in risonanza. Secondo Keely, ogni essere umano emette una frequenza unica, e solo chi entra in armonia con l’apparecchio può farlo funzionare.

Fece dimostrazioni pubbliche, raccolse investimenti, ma si rifiutò di rivelare i dettagli del funzionamento. Disse che la scienza non era ancora pronta.

Dopo la sua morte, trovarono nel suo laboratorio tubi nascosti e serbatoi d’aria.

Lo accusarono di truffa. Ma nessuno riuscì mai a replicare il suo “trucco”.

Madame Blavatsky lo difese apertamente

In The Secret Doctrine, Helena Petrovna Blavatsky affermò che Keely aveva davvero scoperto una forza sconosciuta alla scienza ufficiale. Scrisse:

“Era l’etere di Keely ad agire realmente, mentre l’etere di Smith o Brown sarebbe rimasto per sempre sterile.”

Usando "Smith o Brown" come sinonimi di "chiunque altro", intendeva dire che quell'energia rispondeva solo a chi vibrava con essa, in particolare a Keely stesso.

Blavatsky aggiunse che questa forza era conosciuta dagli antichi Atlantidei col nome di Mash-Mak o Vrill, e che sarebbe stata riconosciuta dalla scienza solo molto più tardi.

Tesla e l'auto che si caricava dall'aria

Nel 1931, Tesla modificò un'auto di lusso (una Pierce-Arrow), togliendole il motore a scoppio e inserendo un motore elettrico alimentato da una misteriosa scatola con 12 valvole e un'antenna. Disse che si caricava da una "energia onnipresente che riempie l'universo". L'auto raggiungeva i 150 km/h senza rifornimenti visibili.

Quando gli chiesero da dove venisse l'energia, rispose:

"Dal campo energetico che riempie il cosmo."

Tesla diceva che l’etere era ovunque e che l’energia avrebbe potuto essere gratuita per tutti.

Ma questo lo rese pericoloso per chi basava il potere sull’energia a pagamento. L'energia libera la stessa che voleva trasmettere senza fili dalla Torre Wardenclyffe, mai completata perché i finanziatori si ritirarono non appena capirono che non si poteva mettere il contatore.

Due profeti, una sola condanna

Keely e Tesla hanno parlato di vibrazione, risonanza, etere, coscienza. Hanno dimostrato, ciascuno a modo suo, che l’universo può rispondere a leggi più sottili della meccanica.

E per questo sono stati messi a tacere.

Oggi, mentre riscopriamo il potere del suono, della frequenza, dell'acqua informata, dei campi quantici e della mente creatrice, le loro voci tornano. Non più per essere zittite, ma per essere finalmente ascoltate.

Perché forse è davvero così:

“L’energia più potente dell’universo è quella che vibra in armonia con la coscienza.

Per approfondire le Fonti di riferimento della nostra ricerca le trovate a questo link:

https://www.visionealchemica.com/keely-tesla-e-la.../

Questa è una soglia di luce.

Chi entra con rispetto è il benvenuto.

Om Tat Sat.

— Visione Alchemica


lunedì 28 luglio 2025

Il figlio di Dio

 

Tra gli Esseni si conosceva il fondatore del cristianesimo come Jeshua Ben Pandhira. Nelle scritture vediche appare più di 3.000 volte, soprattutto nel Bhaviskhya Purana, chiamato Isha Putra (il figlio di Dio).

Il Bhavishya Purana è uno dei diciotto principali Purana Indù, testi sacri dell'Induismo.

È scritto in sanscrito una delle lingue più antiche che l'umanità abbia mai conosciuto. , Il titolo Bhavishya Purana significa un lavoro che contiene profezie sul futuro (in sanscrito: Bhavi ṣya. ) risale al 3000 ac e afferma che una profezia descrive l'aspetto futuro di Isha putra, il figlio (putra) di Dio (Isha) (Gesù Cristo), nato da una donna single di nome Kumari (Maria) Garbha Sambhava. Andrebbe a visitare l'India all'età di 13 anni in viaggio sulle montagne dell'Himalaya e praticherà le Tapas o la penitenza per acquisire la maturità spirituale sotto la guida di rishis e siddha-yogi prima di tornare in Palestina per predicare al suo popolo. Gesù è stato quindi addestrato dai saggi dell'India, questo spiega perché è stato in grado di compiere vari miracoli (siddhas). Spiega anche perché ci sono così tante somiglianze filosofiche tra cristianesimo primitivo e Induismo. Il Bhavishya Purana descrive come Gesù visitava Varanasi e altre città sacre dell'India e luoghi sacri buddisti. Questo è confermato anche dal manoscritto sulla vita di Isha (o Issa), scoperto da Notovich nel 1886 nel monastero di Hemis a Ladakh, India, nonché dalle iscrizioni ebraiche trovate a Srinagar, Kashmir nella Roza Bal, nella tomba di Yuz Asaf [Isha o Issa]. Il Bhavishya Purana ha anche predetto come Gesù si sarebbe riunito con l'imperatore Shalivahana che ha istituito la Shalivahana o era "Saka"

Tra i musulmani è conosciuto come il Santo Isha. Aperto alla verità dello yoga - tutto in uno -, ha avuto un intenso desiderio di condividere con gli altri la sua esperienza.

È stato formato in Egitto, ha viaggiato in India e pratico yoga - tecniche, attitudini, chiavi e conoscenze - che portano all'illuminazione. così come la saggezza del Buddismo che ha avuto un'influenza sostanziale sulla vita e sugli insegnamenti di Gesù. È tornato nel suo paese per insegnare. I registri indiani e tibetani raccontano il viaggio di Gesù. Dopo la crocifissione, i suoi discepoli hanno viaggiato ai confini del mondo per condividere i loro insegnamenti. Ma Gesù tornò sulle montagne indiane dove morì.

Gesù di Nazareth, lo yogi, è una chiave importante per accedere allo yoga, non solo dal cristianesimo, ma dal buddismo, dal giainismo o dall'islamismo. L'esperienza di Gesù come yogi è l'esperienza di un maestro contemporaneo che aspira all'unità e alla visione chiara. È un'esperienza mistica yoguica.

Cristo è stato molto frainteso dal mondo. Anche i principi più elementari dei suoi insegnamenti sono stati profanati crocifissi per mano del Dogma, del fanatismo, dei pregiudizi e della mancanza di comprensione e la profondità esoterica di questi principi è stata dimenticata. Sotto la presunta autorità di dottrine del cristianesimo forgiate dall'uomo, sono state combattute guerre genocidi e persone sono state bruciate al rogo con l'accusa di stregoneria o eresia. Come possiamo salvare questi insegnamenti immortali dalle grinfie dell'ignoranza e del fanatismo religioso. Bisogna conoscere Gesù come un Cristo orientale, come uno yogi supremo che ha manifestato il pieno dominio sulla scienza universale dell'unione con Dio e quindi ha potuto parlare e agire come un salvatore che contava sulla voce e sull'autorità di Dio. Gesù è stato occidentalizzato troppo. Gesù era orientale, sia per nascita che per legami di sangue e per l'istruzione ricevuta. Dissociare un maestro spirituale dalle sue origini e dal suo ambiente significa impegnare la comprensione attraverso la quale deve essere percepito. Indipendentemente da ciò che Gesù Cristo era di per sé nella maturità in Oriente, ha dovuto utilizzare la civiltà orientale, i suoi costumi, le sue peculiarità, la lingua e le parabole come strumento per diffondere il suo messaggio. Pertanto, per comprendere Gesù Cristo e i suoi insegnamenti dobbiamo essere ricettivi e ben predisposti verso il punto di vista orientale. Mentre gli insegnamenti di Gesù, dal punto di vista esoterico, sono universali, sono impregnati dell'essenza della cultura orientale e radicati in influenze orientali che si sono adattate all'ambiente occidentale. L'insegnamento principale di Gesù come diventare un Cristo. , il potere divino della realizzazione cristica è un'esperienza interiore, che possono ricevere coloro che provano devozione pura per Dio e per il suo riflesso immacolato come Cristo. un insegnamento antichissimo che si è perso nel tempo,

Non era importante per i cristiani, e i libri che scelsero le classi ecclesiastiche per la loro Bibbia non enfatizzano in alcun modo il vero insegnamento di Gesù. Il cristianesimo allora e ora era ed è più preoccupato della presunta crocifissione di Gesù che dei veri insegnamenti e pratiche spirituali del Maestro.

Gesù di Nazareth era un vero Yogi. Il Cristo ha esercitato come uno yogi, ha insegnato la scienza universale per raggiungere l'unione con il padre.

Il potere delle chiese e dei templi svanirà.

La vera spiritualità deve nascere dai templi delle grandi anime che giorno e notte rimangono nell'estasi di Dio.