Comunità sempre più frammentata. Soral: 'Ormai, nessuno vuole una riconciliazione nazionale'
Se si considerano i non pochi attentati avvenuti negli ultimi mesi in Francia,
ci si rende conto che la comunità sta diventando sempre più
frammentata. Mai, il territorio francese si era mostrato così propizio a
tali atti. Ormai basta una scintilla ad accendere lo stato d’animo
della gente. Ma la Francia potrà mai entrare in guerra civile
coinvolgendo tutte le sue comunità? Potrebbe mai accadere che la
violenza, nella sua scalata incontrollata e incontrollabile, spinga la
gente ad ‘armarsi e partire’? Insomma, Daesh sarà mai capace di portare
la guerra oltre le frontiere del Califfato?
La sconfitta di alcune comunità deriva da uno sradicamento culturale.
Attualmente, la maggior parte dei nostri connazionali pensa che «non si vive più come un tempo, in Francia»,
secondo quanto dichiarato da uno studio Ipsos. Una cifra che coinvolge
il 98% degli elettori del FN e il 73% dei Repubblicani, e nel mirino ci
sono i flussi migratori che minacciano la cultura del Paese, dove si
avvicina sempre più l’idea della teoria della sostituzione, portata dai
movimenti di estrema destra. O «noi o loro». Questa è la
visione attuale della società francese, che non lascia certamente spazio
alla coesistenza. Il razzismo ha ormai la meglio e si è imposto e i
primi ad ammetterlo sono proprio loro, i francesi. Più di due terzi
crede che questo fenomeno sia ormai inculcato nella società e si punta
la gente di origine straniera, oltre che «gli appartenenti al ceppo francese».
Una buona fetta della popolazione francese non distingue più tra Islam e Islamismo.
Il 37% degli elettori del FN, vale a dire un quinto dei nostri
connazionali, crede di essere in guerra, e non solo indicano gli
jihadisti, ma anche l’Islam, stando ai dati Ipsos.
Alain Soral, scrittore francese, spiega che «Ormai,
nessuno vuole una riconciliazione nazionale. Si tratta di rabbia, anche
data dal fatto che nel nostro Paese c’è un alto tasso di alti
tradimenti sociali, cosa che sembra addirittura legittimare gli ultimi
conflitti sociali». «Ci si vorrebbe opporre alle élite in Francia», continua Soral. «Ma questa rivolta si trasformerà presto in guerra di religione, oltre che guerra di popoli.
Una guerra vede sempre due fazioni opposte. Bisognerò scegliere tra
musulmani e giudeo cristiani civilizzati. La definizione di guerra e la
nozione di guerra sono sempre più presenti tra noi; ne parlano i media,
quasi a volerci preparare e renderci consapevoli. E se davvero così
fosse, la guerra costerebbe molto cara alla Francia: una piaga sempre
più vicina ai nostri occhi».
Alain Soral spiega che «i politici non hanno alcun potere contro la crisi economica a fronte di un sistema bancario ormai obsoleto. La
loro posizione, oggi, è quella che rimanda alla teoria e strategia del
caos, vale a dire far arrivare immigrati e trasformarli in delinquenti e
‘diavoli scatenati’. Si tende a fare la differenza tra la
massa e i musulmani, così da instaurare un odio crescente nei francesi e
uno sfogo nei musulmani, che si vedono definiti delinquenti».
Lo scrittore puntualizza che «si tratta di una collera che fa il gioco del sistema. Una vera polveriera, la cosa peggiore che possa capitare a un Paese, e solo i peggior nemici della Francia o dei folli, per dirla tutta, potrebbero volere la guerra civile».
Secondo il pensiero del filosofo Michel Onfray «non serve la Legge del Taglione. Si lascia marcire la società». «Ci attende la guerra», secondo Keny Arkana, militante internazionalista, e autrice del documentario del 2006, La Rabbia del popolo. Un altro mondo è possibile, girato dopo i suoi viaggi in Brasile, Mali, Messico e Francia. Secondo l’ex poliziotto Stan Maillaud «In Francia ci sono cellule dormiente di islamisti. E
questo accade sin dal 1991, con la caduta del muro di Berlino e la
guerra dei Balcani, quando le armate sovietiche hanno invaso il
territorio francese. Tutto è pronto per dichiarare la Guerra Santa».
Esiste, di fondo, questo senso di inquetudine nel Paese. Questa
battaglia è stata vinta da Daech, e non c’è dubbio. Ormai la paura e il
timore dilagano come virus, così come gli attentati stessi. Tutti gli
studi di ricerca portano a una direzione e buona parte dei francesi,
oggi, vive nell’angoscia quotidiana per se stessi e per i propri cari.
Insomma, un clima che ha portato un quarto dei francesi a cambiare le
proprie abitudini, che ha limitato le uscite nei bar, nei locali e nei
ristoranti, così come nei musei, che hanno registrato una diminuzione
notevole del numero di turisti visitatori. Gli indicatori corroborano
purtroppo il sentimento prevalente di pesantezza che si respira in
città, quel sospetto onnipresente che porta ciascuno a vedere nell’altro
una minaccia potenziale.
Questo è il ritratto che viene fuori, di una società scossa e
fratturata, che l’estremismo islamico proverà a colpire con la sua
guerra. Kenny Arkana spiega che dopo il nostro 11
Settembre francese, tutti temono che qualcosa possa accadere, si cercano
colpevoli in ogni dove, si vive nella rabbia. Si arriva a progettare
pensieri fatti di violenza, in tanti vorrebbero la pena di morte, oggi
come oggi! Ma come si fa se si è rappresentati da Sarko o Valls, essi stessi violenti e di basso profilo… Forse è questo che ci si merita, ma forse si sta (de)candendo in un oscurantismo crescente. Secondo
me, bisogna tornare a porsi giusti quesiti, per canalizzare questa
violenza e ritrovare un po’ di pace perduta. Tutto ciò che serve è
battersi per raggiungere un po’ di benevolenza, altrimenti non sarà rivoluzione, ma guerra civile».
Traduzione di Silvia Velardi
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