La situazione
Internet ancora funzionante e media attenti. Ma si teme che il regime vada avanti con il suo folle piano
Kampala – Tutto era stato calcolato. I governo illegittimo aveva sguinzagliato i falchi del CNDD-FDD
in tutto il Paese per parlare con i capi quartiere, i capi zona, i capi
dei distretti e dei villaggi. L’amministrazione, i prefetti erano stati
istruiti. Per assicurarsi la lealtà dei capi tradizionali e degli
amministratori era stato loro promesso di poter acquistare a prezzi
ridicoli le terre dei oppositori inseriti nelle liste della morte una
volta che i proprietari fossero scomparsi. Le masse contadine hutu
aizzate contro Al-Shabaab (la minoranza tutsi
burundese). Armi, birra e droghe distribuite. I quartieri ribelli
circondati e l’ordine di chiudere le frontiere dato. Reparti d’élite
dell’esercito terrorista ruandese FDLR (addestrati tra il 2013 e il 2014
da istruttori militari francesi presenti a Goma, capitale del Nord
Kivu, Congo) pronti ad intervenire per bloccare una eventuale offensiva
delle forze ribelli.
Nei febbrili giorni che hanno preceduto lo scadere del
ultimatum dato all’opposizione dal pastore Nkurunziza di deporre le armi
ed arrendersi, il presidente illegittimo aveva firmato 86 decreti di
nomina sostituendo comandanti di compagnia, colonnelli e generali di
esercito e polizia, amministratore e prefetti su cui gravavano dubbi di
lealtà. Semplici militanti del CNDD sono stati nominati
Ministri per sostituire quelli scappati, molti, troppi e tutti con
ingenti somme di denaro pubblico. Nella Banca Centrale non c’è più
traccia di una banconota. Secondo informazioni ricevute 14 alti graduati
del esercito nazionale sono stati abbattuti in quanto considerati
pericolosi. Tra essi vari hutu. Notizia che non trova e forse non
troverà mai una conferma ufficiale.
Il piano era semplice. Con la consapevolezza che l’ultimatum (ore
00:00 del 07 novembre 2015) non poteva essere rispettato
dall’opposizione (la sola garanzia di sopravvivere per i civili
burundesi è detenere un’arma) il governo avrebbe attivato il genocidio
(nome in codice Kora Kora o Gokora – andiamo a lavorare)
facendo credere alla comunità internazionale che si trattasse di una
normale operazione di polizia per requisire le armi illegalmente
detenute. Una operazione dove la polizia avrebbe riscontrato qualche
resistenza e sarebbe stata costretta ad usare le manieri forti. Le
migliaia di morti sarebbero state ridotte a qualche decina. Internet
doveva essere interrotto e l’informazione garantita solo dalla Radio
Televisione pubblica RTNB. Epurati i dipendenti democratici (ultimo il cameraman Chrisophe Nkezabahizi, trucidato assieme alla sua famiglia martedì 13 ottobre durante il massacro di Ngagara, Bujumbura), la RTNB è stata trasformata nel organo di propaganda del genocidio: la versione burundese di Radio Mille Colline, meglio conosciuta come Radio Machete (Rwanda 1994).
L‘ultimatum non è stato rispettato dal governo. All’interno
del Paese bande genocidarie hanno iniziato ad assalire e massacrare i
cittadini di origine tutsi un giorno prima della scadenza. I
quartieri ribelli della capitale, Cibitoke, Nyagabiga, Mutakura, e altri
ancora attaccati verso le 22:00 del 6 novembre. Contemporaneamente
cinque battaglioni delle truppe d’élite delle FDLR hanno ingaggiato una
violentissima battaglia nelle colline di Bujumbura Rural che sovrastano
la capitale per impedire alle forze di liberazione di discende su
Bujumbura per liberare la popolazione in ostaggio. L’attacco ai
quartieri è stato preceduto da una fuga di civili che hanno abbandonato
vari quartieri della capitale.
Il regime razial nazista, incredulo, ha dovuto fronteggiare tre situazioni impreviste e stravolgenti. L’opinione pubblica internazionale ha iniziato a parlare di tentativo di genocidio.
I primi sono stati quelli italiani (L’Indro e African Voices) seguiti
dai media europei quali Liberation, Jeune Afrique e altri quotidiani
francesi e belgi. Oltre alle testimonianze dei blogger burundesi rimasti
coraggiosamente nel Paese per informare dei crimini commessi dal regime
e del servizio di informazione di alcuni giornalisti indipendenti
africani ed occidentali, l’attenzione dei media internazionali è stata
attirata dalle imprudenti quanto deliranti dichiarazioni di genocidio
come quella fatta dal Presidente del Senato Reverien Ndikuriyo e tradotta in esclusiva dal sito di informazione African Voices per il pubblico italiano. Nel promuovere l’informazione sul genocidio si è distinto in Italia il sito di informazione African Express curato dal giornalista Massimo Alberizzi tramite uno tra i più lucidi e sensati articoli sulla crisi burundese fino ad ora pubblicato e scritto dal collega Andrea Spinelli Barrile “Burundi sull’orlo del baratro. Si rischia un nuovo genocidio africano”. Sulla stampa africana si evidenziano le ottime analisi del giornalista Abdoulaye Bah, ex funzionario delle Nazioni Unite pubblicate sul sito di informazione Konakry Express.
La popolazione dei quartieri ribelli ha inflitto pesanti perdite alle forze della polizia e alle milizie Imbonerakure.
Si parla di 200 caduti tra le forze genocidarie. Non si conoscono le
vittime tra la popolazione ma il dato di fatto è innegabile. Dopo due
ore di intensi combattimenti i genocidari si sono ritirati dai quartieri
cercando di salvare i camerati feriti. Anche nelle campagne le masse
hutu non hanno risposto come si credeva. Seppur registrati massacri di
tutsi questi sembrano essere isolati. Solo qualche centinaia di
contadini hutu si è unita al genocidio. La maggioranza ha preferito non
prendere posizione. Questo ha costretto le milizie Imbonerakure e i
terroristi ruandesi di intervenire direttamente invece di coordinare il
genocidio commesso dalle masse hutu come avvenne nel Rwanda del 1994.
Vedasi il massacro di Kanyosha dove 10 persone sono state brutalmente
uccise e altre 20 gravemente ferite dai terroristi FDLR. Il commando
autore del massacro è ora braccato dalle forze di liberazione che hanno
intenzione di vendicare le vite innocenti barbaramente stroncate.
Incerta la battaglia tra le forze di liberazione e i
terroristi FDLR sulle colline di Bujumbura Rural. Entrami rivendicano la
vittoria. Considerando che la città non è stata attaccata dai
ribelli è probabile che siano state le FDLR a riportare la vittoria. Gli
ufficiali di dogana non hanno rispettato l’ordine di chiudere le
frontiere. Quella del Congo tra Gatumba e Uvira è rimasta aperta, per
esempio. Gli operatori delle telecomunicazioni hanno parzialmente
bloccato internet ma la rete, seppur debole e con frequenti interruzioni
ha continuato in un qualche modo a funzionare, permettendo alla
popolazione di riceve ed inviare informazioni. Il boicottaggio del genocidio è evidente. La maggioranza silenziosa non ha prestato il fianco ai deliri di morte.
Il regime e i gerarchi delle FDLR sono allibiti dal primo insuccesso dei piani genocidari.
Domenica 8 novembre è stata da loro impiegata per diramare comunicati
rivolti all’esterno in cui si negavano i propositi di genocidio e
rassicurazioni alle forze genocidarie disponibili che si era perso una
battaglia ma non una guerra. Il secondo tentativo di genocidio è fissato
per stasera, lunedì 9 novembre. Dopo aver dichiarato pubblicamente il
genocidio, il regime deve ora attuarlo per poter conservare il potere.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite è oggi in
riunione straordinaria per decidere le iniziative più appropriate per
intervenire sulla crisi burundese. Il Belgio e gli Stati Uniti sono per
la linea dura. Il deputato europeo Louis Michel ex Ministro degli Affari Esteri del Belgio in un comunicato
domanda alla Unione Europea e alla Comunità Internazionale di agire
senza più ritardi ed esitazioni per evitare un nuovo genocidio nella
regione dei Grandi Laghi. «Non possiamo sopportare il peso di una
nostra passività come successe in Rwanda 21 anni fa. Non sarebbe
tollerabile riprodurre due volte lo stesso errore» dichiara Louis Michel.
Domenica si registra a Bujumbura la presenza di un inviato della Casa
Bianca per discutere a porte chiuse con il regime. Secondo indiscrezioni
giunte dagli ambienti politici ugandesi l’inviato americano avrebbe il
compito di convincere l’ex presidente burundese ad abbandonare il potere
illegalmente detenuto. Una azione che permetterebbe la pace e la
creazione di un governo di unità nazionale come primo vero passo nella
costruzione della democrazia inter etnica mai registrato nella storia
del travagliato paese africano.
Il presidente ruandese Paul Kagame per la prima
volta è intervenuto ufficialmente sulla crisi burundese definendo
oltraggioso e disumano che un presidente che si definisce anche un
pastore di Dio possa ordinare il massacro generalizzato del suo popolo. «La
gente muore ogni giorno. I cadaveri giacciono nelle strade. Come dei
dirigenti di un paese possono autorizzare dalla mattina alla sera il
massacro della loro popolazione? Che presidente è Pierre Nkurunziza
costretto a nascondersi nel suo Paese? I dirigenti del Burundi si
spacciano per uomini di Dio. Il presidente è un pastore evangelista
convinto di essere al potere per volontà divina. Ma in quale Dio crede?
Dove c’è scritto nella Bibbia che i dirigenti possono massacrare il loro
popolo?» dichiara il presidente Kagame.
http://www.lindro.it/burundi-il-genocidio-non-procede-come-previsto/
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