"Nessun
uomo è un'Isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del
Continente, una parte della Terra. Ogni morte d'uomo mi diminuisce,
perché io partecipo dell'umanità.”
John Donne
Immagina un risveglio con un fucile di precisione che miri alla tua testa. Con la minaccia costante di assassinarti e di ridurre in schiavitù la tua famiglia. Di costringerti a firmare un contratto con minuscole clausole che consentiranno di rubarti le proprietà, oppure di costruirvi a fianco un'azienda altamente inquinante che ti condannerà a morte.
Immaginati costretto a fuggire e a chiedere aiuto, nel terrore di imbatterti nei tuoi aguzzini. Di fuggire in un paese più lontano possibile da quell'orrore.
Immagina poi di scoprire che gli orchestratori dell'esodo fossero i tuoi stessi carnefici, armati dallo stesso paese in cui hai cercato rifugio. E che nascosti dietro la maschera dei benefattori, si siano appropriati di tutto ciò che hai lasciato.
Migliaia di persone attendono dall'altra parte di un Mediterraneo che, nella storia millenaria dei popoli che su quel mare si affacciano, ha sempre rappresentato un ponte e non un muro.
In Italia, ci viene raccontato dai media che quella moltitudine proveniente dall'Africa e dal Medio Oriente, d'un tratto abbia preso ad avventurarsi in viaggi zeppi di insidie pur di raggiungere l'agognata Unione Europea, costretti unicamente da guerre, carestie e dall'aspettativa di una vita dignitosa.
Salvo poi accorgersi -ma questo passo viene saltato dal racconto dei media- che carnefici e soccorritori facciano parte dello stesso disegno.
Negli ultimi vent'anni, il nostro paese è passato da centomila a cinque milioni di cittadini stranieri, senza aver mai pianificato una seria politica dei flussi.
Quest'anno i migranti sono giunti anche da Pakistan, Nigeria ed Egitto, primo su tutti per invio di minori non accompagnati. Ma nessuno di questi tre paesi è in guerra. Poiché l'esodo non dipende solo dai conflitti, ma anche da una precisa volontà politico economica, i maggiori organizzatori degli sbarchi in Europa sono Turchia ed Egitto: ovvero, i principali alleati dell'Occidente in Medio Oriente insieme a Israele e Arabia Saudita. L'Arabia Saudita negli ultimi anni si è trasformata nel quinto acquirente mondiale di armi, redistribuite poi in Africa e nei paesi arabi -guarda caso, proprio nei paesi dei gruppi islamisti radicali che ne destabilizzano l'equilibrio, scatenando nuovi esodi. Mentre la Libia, dalla quale in realtà partono solo barconi, viene curiosamente raffigurata dai media come paese ostile all'Italia. Eppure l'Eni, che come ammesso persino da Renzi, oltre ad estrarre petrolio è la principale agenzia di intelligence italiana, in questi anni non ha mai interrotto le proprie attività di estrazione in Libia.
Il nostro paese partecipa alla distruzione e alla depredazione di molti paesi in crisi, vendendo armi a organizzazioni terroristiche -le stesse industrie di armamenti che finanziano la Lega Nord- e contribuendo al controllo delle risorse naturali tramite esporti e corruzione, come emerso dall'indagine sulle operazioni dell'Eni in Nigeria. In un disegno che prevede attività organizzate da tutti i paesi occidentali e predispone una deportazione di massa verso l'Occidente. Ai capitali internazionali non occorre solo manodopera a basso costo priva di diritti e di tutele, ma anche comodi capri espiatori su cui scaricare le responsabilità. Il PD assolve il primo compito, la Lega gli altri due: destra e sinistra si sono assegnate i ruoli di un teatrino che dissimuli la tratta di schiavi. A guadagnarci, sono i finanziatori dei partiti di destra e di sinistra; a rimetterci, i migranti trattati come merce e tutti noi, che perdiamo costantemente diritti acquisiti in virtù di una clamorosa beffa. Non avendo compreso che oltre ad accogliere persone fosse necessario garantire diritti, abbiamo lasciato che quei cittadini venissero vessati da un sistema capitalistico bramante lavoro sottopagato -certi che tutto ciò non avrebbe riguardato anche noi. Ora possiamo affermare con certezza che quella lotta di civiltà mai compiuta, abbia demolito anche i nostri diritti e ci stia riducendo a schiavi. Come loro.
Ecco perché il dispendioso apparato di accoglienza dei migranti è inefficiente quanto l'altrettanto dispendioso welfare, ma anziché occuparsi dei cittadini in difficoltà, accoglienza e welfare impiegano la maggior parte delle risorse per finanziare il sistema. Lo scopo di questo degrado è scatenare un diffuso senso di paura che consolidi potere e ricchezza delle lobbies, aumentati a dismisura negli anni della crisi. Per il sistema economico l'immigrato non è una persona, ma una merce di cui proporre, di volta in volta, la reclame più smerciabile: talvolta è una minaccia per l'industria del plagio in cerca di spauracchi, talvolta è una risorsa per l'industria dello sfruttamento in cerca di schiavi. Essendo la paura il principale strumento di controllo per manipolare il consenso, i media di regime compiono un'operazione scientifica di disinformazione. Inclusi i falsi allarmi, come l'emergenza immigrazione o gli alberghi destinati ai profughi anziché ai turisti, che coprono gli allarmi reali. Già da un anno a questa parte, l'immigrazione non è più motivo di emergenza che semmai va riferita agli anni precedenti: dal 1997 al 2012 ben quattro milioni di immigrati in più nel nostro paese. Oggi la vera emergenza riguarda l'accoglienza dei profughi -il doppio degli immigrati nell'ultimo anno- a causa della sua totale inefficienza, unita al costo esorbitante, e al conseguente allarme sociale dovuto allo stato di abbandono. Non esiste una reale necessità di appaltare a ditte italiane compiti che i profughi potrebbero assolvere in autonomia, quali pulizie e preparazione pasti. Non chiedono alberghi, ma posti letto: l'opzione albergo torna utile agli albergatori a corto di clientela, non ai profughi che da quegli alberghi scappano prima possibile. Trovo curioso che persone dipinte come mantenuti in lussuosi alberghi a far bagordi, non vedano l'ora di fuggire: se i profughi fuggono, è perché sarebbe poco sensato restare in un paese sconosciuto a non far nulla per due anni, attendendo che un tribunale decida se si debba essere rispediti indietro. Meglio cercare un futuro dignitoso altrove. Anche senza vitto, alloggio, pulizie, wi-fi e due euro e cinquanta al giorno.
Le migrazioni esistono da quando esiste l'uomo: non si possono bloccare, ma soltanto gestire. La modalità scelta per farlo, rappresenta la cifra della civiltà di un popolo. La nostra storia recente ci insegna che ad ogni diritto negato, corrisponde un gradino sceso nella scala della civiltà che consentirà di vedersi negato lo stesso diritto domani. Ogni tutela sottratta, permetterà a qualunque datore di lavoro di speculare sulla propria sicurezza. A ogni mancata indignazione, corrisponderà l'abbandono di ogni facoltà di riscatto. E ogni dignità violata, minerà la capacità di riconoscere la dignità altrui, quindi la propria.
Al posto della paura, per affrontare i fenomeni migratori si può tentare d'immaginarsi migranti nel sistema d'integrazione che noi stessi costruiremo. Che somiglierà ai nostri ponti: isola o pezzo del continente, sarà specchio della nostra società. (Roncuzzi)
John Donne
Immagina un risveglio con un fucile di precisione che miri alla tua testa. Con la minaccia costante di assassinarti e di ridurre in schiavitù la tua famiglia. Di costringerti a firmare un contratto con minuscole clausole che consentiranno di rubarti le proprietà, oppure di costruirvi a fianco un'azienda altamente inquinante che ti condannerà a morte.
Immaginati costretto a fuggire e a chiedere aiuto, nel terrore di imbatterti nei tuoi aguzzini. Di fuggire in un paese più lontano possibile da quell'orrore.
Immagina poi di scoprire che gli orchestratori dell'esodo fossero i tuoi stessi carnefici, armati dallo stesso paese in cui hai cercato rifugio. E che nascosti dietro la maschera dei benefattori, si siano appropriati di tutto ciò che hai lasciato.
Migliaia di persone attendono dall'altra parte di un Mediterraneo che, nella storia millenaria dei popoli che su quel mare si affacciano, ha sempre rappresentato un ponte e non un muro.
In Italia, ci viene raccontato dai media che quella moltitudine proveniente dall'Africa e dal Medio Oriente, d'un tratto abbia preso ad avventurarsi in viaggi zeppi di insidie pur di raggiungere l'agognata Unione Europea, costretti unicamente da guerre, carestie e dall'aspettativa di una vita dignitosa.
Salvo poi accorgersi -ma questo passo viene saltato dal racconto dei media- che carnefici e soccorritori facciano parte dello stesso disegno.
Negli ultimi vent'anni, il nostro paese è passato da centomila a cinque milioni di cittadini stranieri, senza aver mai pianificato una seria politica dei flussi.
Quest'anno i migranti sono giunti anche da Pakistan, Nigeria ed Egitto, primo su tutti per invio di minori non accompagnati. Ma nessuno di questi tre paesi è in guerra. Poiché l'esodo non dipende solo dai conflitti, ma anche da una precisa volontà politico economica, i maggiori organizzatori degli sbarchi in Europa sono Turchia ed Egitto: ovvero, i principali alleati dell'Occidente in Medio Oriente insieme a Israele e Arabia Saudita. L'Arabia Saudita negli ultimi anni si è trasformata nel quinto acquirente mondiale di armi, redistribuite poi in Africa e nei paesi arabi -guarda caso, proprio nei paesi dei gruppi islamisti radicali che ne destabilizzano l'equilibrio, scatenando nuovi esodi. Mentre la Libia, dalla quale in realtà partono solo barconi, viene curiosamente raffigurata dai media come paese ostile all'Italia. Eppure l'Eni, che come ammesso persino da Renzi, oltre ad estrarre petrolio è la principale agenzia di intelligence italiana, in questi anni non ha mai interrotto le proprie attività di estrazione in Libia.
Il nostro paese partecipa alla distruzione e alla depredazione di molti paesi in crisi, vendendo armi a organizzazioni terroristiche -le stesse industrie di armamenti che finanziano la Lega Nord- e contribuendo al controllo delle risorse naturali tramite esporti e corruzione, come emerso dall'indagine sulle operazioni dell'Eni in Nigeria. In un disegno che prevede attività organizzate da tutti i paesi occidentali e predispone una deportazione di massa verso l'Occidente. Ai capitali internazionali non occorre solo manodopera a basso costo priva di diritti e di tutele, ma anche comodi capri espiatori su cui scaricare le responsabilità. Il PD assolve il primo compito, la Lega gli altri due: destra e sinistra si sono assegnate i ruoli di un teatrino che dissimuli la tratta di schiavi. A guadagnarci, sono i finanziatori dei partiti di destra e di sinistra; a rimetterci, i migranti trattati come merce e tutti noi, che perdiamo costantemente diritti acquisiti in virtù di una clamorosa beffa. Non avendo compreso che oltre ad accogliere persone fosse necessario garantire diritti, abbiamo lasciato che quei cittadini venissero vessati da un sistema capitalistico bramante lavoro sottopagato -certi che tutto ciò non avrebbe riguardato anche noi. Ora possiamo affermare con certezza che quella lotta di civiltà mai compiuta, abbia demolito anche i nostri diritti e ci stia riducendo a schiavi. Come loro.
Ecco perché il dispendioso apparato di accoglienza dei migranti è inefficiente quanto l'altrettanto dispendioso welfare, ma anziché occuparsi dei cittadini in difficoltà, accoglienza e welfare impiegano la maggior parte delle risorse per finanziare il sistema. Lo scopo di questo degrado è scatenare un diffuso senso di paura che consolidi potere e ricchezza delle lobbies, aumentati a dismisura negli anni della crisi. Per il sistema economico l'immigrato non è una persona, ma una merce di cui proporre, di volta in volta, la reclame più smerciabile: talvolta è una minaccia per l'industria del plagio in cerca di spauracchi, talvolta è una risorsa per l'industria dello sfruttamento in cerca di schiavi. Essendo la paura il principale strumento di controllo per manipolare il consenso, i media di regime compiono un'operazione scientifica di disinformazione. Inclusi i falsi allarmi, come l'emergenza immigrazione o gli alberghi destinati ai profughi anziché ai turisti, che coprono gli allarmi reali. Già da un anno a questa parte, l'immigrazione non è più motivo di emergenza che semmai va riferita agli anni precedenti: dal 1997 al 2012 ben quattro milioni di immigrati in più nel nostro paese. Oggi la vera emergenza riguarda l'accoglienza dei profughi -il doppio degli immigrati nell'ultimo anno- a causa della sua totale inefficienza, unita al costo esorbitante, e al conseguente allarme sociale dovuto allo stato di abbandono. Non esiste una reale necessità di appaltare a ditte italiane compiti che i profughi potrebbero assolvere in autonomia, quali pulizie e preparazione pasti. Non chiedono alberghi, ma posti letto: l'opzione albergo torna utile agli albergatori a corto di clientela, non ai profughi che da quegli alberghi scappano prima possibile. Trovo curioso che persone dipinte come mantenuti in lussuosi alberghi a far bagordi, non vedano l'ora di fuggire: se i profughi fuggono, è perché sarebbe poco sensato restare in un paese sconosciuto a non far nulla per due anni, attendendo che un tribunale decida se si debba essere rispediti indietro. Meglio cercare un futuro dignitoso altrove. Anche senza vitto, alloggio, pulizie, wi-fi e due euro e cinquanta al giorno.
Le migrazioni esistono da quando esiste l'uomo: non si possono bloccare, ma soltanto gestire. La modalità scelta per farlo, rappresenta la cifra della civiltà di un popolo. La nostra storia recente ci insegna che ad ogni diritto negato, corrisponde un gradino sceso nella scala della civiltà che consentirà di vedersi negato lo stesso diritto domani. Ogni tutela sottratta, permetterà a qualunque datore di lavoro di speculare sulla propria sicurezza. A ogni mancata indignazione, corrisponderà l'abbandono di ogni facoltà di riscatto. E ogni dignità violata, minerà la capacità di riconoscere la dignità altrui, quindi la propria.
Al posto della paura, per affrontare i fenomeni migratori si può tentare d'immaginarsi migranti nel sistema d'integrazione che noi stessi costruiremo. Che somiglierà ai nostri ponti: isola o pezzo del continente, sarà specchio della nostra società. (Roncuzzi)
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