martedì 26 ottobre 2010

Il razzismo è nell'aria che respiriamo

Prima l’ha insultata, e poi, non soddisfatto, l’ha strattonata e presa a sberle. Non è il classico litigio tra due automobilisti per una precedenza non rispettata, e non riguarda due adulti.

Protagonisti della vicenda sono un uomo e una ragazzina di tredici anni. La colpa di quest’ultima sarebbe stata quella di non spostarsi velocemente per lasciar passare un suv. Il tutto è avvenuto fuori da una scuola media. Il gagliardo non si è mica accontentato di alzare le mani, ma ha inveito contro la studentessa con parole cariche di odio razziale. “Negra di m., torna al tuo paese, cosa sei venuta a fare qua, deficiente, scema, pezzo di m.” A tutt’oggi non si conoscono le generalità dell’uomo.

Un episodio simile era successo a Varese, su un autobus di linea, esattamente tre mesi fa. Allora i protagonisti furono un autista, fuori servizio, e una ragazza brasiliana.

A questi gesti non possiamo passarci sopra con due frasi di circostanza e qualche battuta. È necessario rifletterci e seriamente. Cosa ci sta succedendo? Cosa può generare simili comportamenti in un adulto, che se la prende con una ragazzina? Cosa potrà insegnare quest’uomo ai propri figli? Cosa significa “torna al tuo paese”? E potremmo aggiungere domande su domande.

Due aspetti della vicenda inquietano profondamente però. La prima riguarda la violenza con cui si è espresso l’uomo. Insulti inqualificabili confermano che “il razzismo è nell’aria come le polveri che respiriamo”. La frase dell’ultimo film di Veronesi riassume in modo perfetto quanto sta accadendo dentro le nostre comunità. Questo non significa che Varese è razzista. Certo però che, anche il nostro territorio non è affatto esente da comportamenti violenti come quello appena raccontato. Occorre perciò vigilare e non nasconderci o minimizzare. Qui, oltretutto, abbiamo a che fare con ragazzi giovani che resteranno segnati profondamente di fronte a un adulto che insulta e schiaffeggia una loro coetanea.

L’altro aspetto riguarda il senso del tempo. Viviamo di fretta, esasperati, stressati fino a livelli preoccupanti. Un ex assessore ai servizi educativi, alla fine del suo mandato, raccontava che il suo maggior rammarico era stato dover allungare il tempo dell’apertura delle scuole. Una posizione a prima vista contraddittoria, perché quella era la richiesta fatta dalle famiglie e dagli utenti. Lei spiegava però che, così facendo, si sceglieva sempre la via più semplice, più diretta, senza provare a rivedere i tempi della città e della nostra vita.

Facile da raccontare e da scrivere, ma una parte degli schiaffi dell’altro giorno, oltre che da un disprezzo dell’altro, in quanto diverso da me, sono figli di un mondo che va troppo di fretta. Non tutte le persone hanno le risorse per convivere serenamente con velocità dei cambiamenti che viviamo. La paura di perdere qualcosa poi fa il resto.

Per comprare un suv basta un buon conto in banca. Per tutto il resto non basta una carta di credito.
MARCO GIOVANNELLI marco@varesenews.it

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