venerdì 7 luglio 2023

Memorie... (Rileggere la storia passata fa sempre bene)

Forse ricordate la guerra in Etiopia, gli stupri, le bambine concubine dei nostri soldati, la folle epopea coloniale.

Forse ricordate quando siamo entrati in Libia senza permesso, clandestini, forti delle nostre armi e dei nostri vangeli. 

Forse ricordate la fame dei nostri nonni, il bisogno di lavoro e emancipazione, le discriminazioni e la fatica. 

Forse ricordate il ventennio e la guerra, i morti e lo sterminio, i nostri “arditi” che occupano l’Istria, la Dalmazia e l’Albania. 

Forse ricordate le leggi razziali, la persecuzione degli oppositori politici, delle minoranze, degli ebrei, dei rom, degli omosessuali. 

E forse ricordate anche i tanti connazionali rifugiati in Francia, in Inghilterra, in Unione Sovietica, negli Stati Uniti. 

Forse ricordate quando eravamo poveri e partivamo con le valige di cartone e varcavamo le frontiere con o senza permesso, in cerca di fortuna e di futuro. 

Forse ricordate quando si spezzava il pane per chi non ne aveva, perché un domani sarebbe potuto toccare a noi. 

Forse ricordate quando ci chiamavano terroni, sardignoli, mafiosi, quando dicevano che non avevamo voglia di lavorare, che eravamo arretrati, ignoranti, criminali, sporchi, superstiziosi. 

Forse ricordate i bambini, figli di quel popolo errante, che crescevano in Germania, in Francia, in America, in Belgio, quando venivano trattati con sospetto, quando il massimo della solidarietà era la pena e una carezza ipocrita, come per i cani randagi, quando nonostante la scuola, l’impegno, la capacità, venivano trattati come estranei, anche se nati sullo stesso suolo. 

Forse ricordate quando eravamo respinti e disprezzati, emarginati e accusati di ogni bestialità. 

Eppure, salvo per la Mafia, la Ndragheta, la Camorra, eravamo quasi tutti brave persone. Poveri in canna ma onesti lavoratori. 

Forse ricordate gli insulti quando provavamo a ribellarci, quando rivendicavamo il semplice diritto di essere uguali agli altri. 

Forse ricordate quando ci accusavano per i nostri usi, la nostra lingua, i nostri costumi, solo perché diversi dai loro.

Forse ricordate quelli che dicevano che rubavamo loro il lavoro, che molestavamo le donne, che creavamo disordine, che eravamo noi i responsabili della loro xenofobia. 

E forse ricordate anche quando in molti locali, negozi, bar, ristoranti, ci era vietato l’ingresso. 

Ausländer raus. 

Forse ricordate che vivevamo in case approssimative e fatiscenti, schiacciati l’uno sull’altro, senza riscaldamento né cibo a sufficienza. 

Forse ricordate la fatica dei nonni, bisnonni e genitori, per raccogliere i risparmi e farci studiare, costruire una casa, tornare al paese, comprarsi un abito dignitoso. 

Forse ricordate il capo reparto e le sue urla, il cottimo e l’aria puzzolente delle fabbriche, i morti nelle miniere, la rabbia repressa, la nostalgia per il sole, il mare, il maestrale.

Forse ricordate i nostri ghetti e ciò che siamo stati. Innocenti e condannati a migrare, ma anche crudeli oppressori e sfruttatori.

Dobbiamo ricordare, perché un popolo senza memoria è un popolo morto.

 Michele Piras



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