martedì 25 febbraio 2025

 

 Di Giovanni Provvidenti.

CUOR DI DRAGO

Giovane amico che vuoi diventare uno spirito libero e andare al di là di ogni convenzione rituale e filosofica, ti dico ciò che io ho imparato quando ho voluto la stessa cosa che ora vuoi tu.

Ti senti libero nello spirito e forte nella volontà? Allora il tuo cuore deve diventare intrepido come quello di un drago e dal tuo petto devi voler vederti fuggire e volare alto il tuo pensiero più vigoroso! Cosa importano di virtù e di valori e di culture domestiche: tutto ciò fanno del tuo senno un somigliante a un sodo e pigro deretano: poiché ottuso e indolente verso ogni "pensiero attivo", selvaggio, libero, leonino - "dragoniano"!

I palpiti del tuo cuore devono precedere le tue brame; i palpiti del tuo cuore devono diventare tutte frecce del desiderio e inseguire i tuoi sogni, fino a giungere là dove una meta e cento mete attendono di farsi bersaglio! Perciò tu stesso devi creare il fuoco che in te arde e con esso volerti bruciare e incenerire, e dalle tue stesse ceneri rinascere, come tu fossi la leggendaria Araba Fenice, dando origine al drago del tuo cuore! Oh, non senti già il suo alito di fuoco e il suo irresistibile scalpitio dentro di te? Persino nel profondo del tuo più ignoto anfratto onirico! Ma bada che il "sogno del drago" non è la sedia a dondolo di un'anima mezzo assopita e rannicchiata accanto al camino delle certezze ataviche, col capo ciondolante di quà e di là, come fosse il pendolo di un orologio che segna il tempo senza tempo di un istante che non và oltre un tic e tac, sempre identico a se stesso! Sappi, mio giovane amico, che ben desto è lo spirito pugnace che esplora l'attimo ed esperimenta se stesso inoltrandosi nel suo abisso più ignoto: proprio là, ove risiedono i mostri e gli enigmi e tutte le stranezze che non hai mai saputo chiamare per nome - forse non hai nemmeno mai voluto vedere i loro riflessi salire in auge dal tuo specchio interiore.

La prima esperienza del novizio drago è un audace e pericoloso volo sopra "l'abisso uomo": guardare là e al di là d'ogni orizzonte cognito senza fuggire al di quà di una rassicurante visione mascherata di certezza: appunto la coscienza atavica e tradizionale che fino ad ora non t'hanno permesso di andare oltre un millimetro dal tuo perimetro umano, troppo umano. Volar e sostar sopra l'abisso uomo lo può soltanto un drago. Pur tremando e provando le vertigini di tutti i paradossi onirici, reali e apparenti, esso non fugge, anzi vi precipita fin dentro le profonde viscere e, con l'ironia e il coraggio di chi conobbe tragedie e paradossi dell'anima, lotta contro se stesso, perché vuole domare i suoi mostri ed enigmi e superare tutti i suoi paradossi: poiché vuole altresì un io signore di tutti i suoi istinti. Tutto ciò ti appare immane e oltremodo difficile? Ah! Lo è! Eccome se lo è! Ma se vuoi diventare un vero spirito libero, al tuo cuore devi saper creare le ali e farlo volare coraggiosamente al di sopra di abissi, sogni e realtà e poi farlo diventare remingo in mondi noti e ignoti; andare verso luoghi inesplorati tra la notte, la mezzanotte e l'aurora: laddove iniziano tutte le danze dello spirito libero!

Che il tuo cuore, rifugio di caos e caso, sia dunque l'alcova di una nuova stella danzante! Cuor materno e paterno, dove ogni palpito sia figlio di un grande anelito. Dallo zero allo zenit: sia questo l'infinito che insegue il drago del tuo cuore!

 L'abitudine, come la Circe della felicità, può condurre a una visione distorta del nostro rapporto con la gioia. Quando ci abituiamo a rinunciare alla possibilità di vivere il momento con pienezza, rischiamo di confondere la felicità con un'illusione irraggiungibile. La felicità non è un traguardo da inseguire, ma una qualità da coltivare nell'attimo presente, libero da condizionamenti e aspettative razionali. Come il fanciullo che vive nel qui e ora, la felicità si trova nell'arte di lasciarsi sorprendere dal mondo, di saper cogliere le piccole sfumature della vita. La ricerca incessante di un appagamento futuro ci allontana dal presente, dove la vera ricchezza risiede: la felicità è un'emozione che nasce dal saper vivere intensamente l'attimo, senza paura di perderlo.

sabato 22 febbraio 2025

Dall'archivio di Giovanni Provvidenti. L'abitudine è la Circe della felicità?

 La stragrande maggioranza delle persone dicono che la felicità o è irraggiungibile oppure troppo effimera per essere riconosciuta e quindi colta; con un dire che è diventata una vera abitudine: forse perché ci si vuole convincere che la felicità è davvero irraggiungibile o effimera? E a chi mostra felicità lo si guarda quasi con patetico sospetto o paternalismo per non sentirsi addosso il peso di un sentimento reconditamente rancoroso: "tanto durerà poco! Che ne sa questo felice del mordi e fuggi della sua emozione! È un illuso perché la felicità è illusione, è speranza, è il giogo giostrale della mente quando fantastica". Siffatta figura retorica è molto consolatoria ... Di certo è che se ci si convince che tale conclusione sia vera, vera diventa. Forse è vero, la felicità è irraggiungibile o troppo effimera, ma è vero solo per loro.

Oh insomma, ci si dovrebbe disabituare alla troppa razionalità, alla troppa oggettività altrimenti tutto diventa relativismo e non prospettiva, e in mancanza di prospettive poetiche e di aneliti tutto diventa logico, razionale, matematico, algoritmico, relativo ad una presunta oggettività dei fatti: ma un pò di "poesia" e un pò di sano romanticismo non guastano mica l'intelletto! Allora si potrebbero cogliere tutte quelle nuances che la natura offre come scorci, che la vita offre come trasogni.

Perchè, solitamente, non si è felici? Perché le persone sono troppo abituate, troppo indaffarate a risolvere piccoli o grandi problemi esistenziali, quotidiani o di sistema, oppure troppo assuefatte ad insensati edonismi (alcool, droghe, acquisti fatti in modo convulsivo e senza criterio di vero bisogno, sì perché anche andar a far compere è diventato una sorta di edonismo), ci si procura insomma emozioni che durano tanto quanto un battito di ciglia; ed è per ciò che si ritiene la felicità qualcosa di effimero, fugace e la si lascia andare per così dire nell'attimo fuggente. Se invece si diventasse capaci di riappropriarsi del proprio tempo e dei propri sguardi e degli scorci che dinnanzi ci si stagliano - ah quante piccole cose si riuscirebbero a cogliere, a percepire! La felicità è fatta di cose "piccole" e semplici e non è affatto vero che è irraggiungibile o effimera, il limite è solo un convincimento autoindotto, il limite è ... un limite! Poiché promuove il senso dell'appagamento costante: la contentezza di ritiene che chi si accontenta gode. Ma se si vivesse magicamente il momento nemmeno ci si renderebbe conto del tempo, dell'attimo fuggente, del nichilistico edonismo e sapremmo cogliere le "occasioni" che l'attimo fuggente ci offre. L'attimo fuggente ce lo dobbiamo creare, non attenderlo come si attende un momento fortunato. L'attimo, invero, è tutta l'eternità che possiamo sottrarre al tempo e il tempo piegarlo al nostro volere. Infine la felicità non bisogna cercarla, inseguirla: più lo si fa più non la si raggiunge - come quel famoso paradosso di Achille e la tartaruga -, la felicità è saper vivere l'attimo, è l'attimo è l'eternità: una felicità senza fine!

Vivi l'attimo e sii simile al fanciullo: e di cosa ha più di tutto il fanciullo se non di vivere l'attimo?

venerdì 21 febbraio 2025

CHE COS'E' LA VITA?

 

Giancarlo Rizzo

11 febbraio alle ore 22:45  · 

Che cos’è la vita? Scienziati svelano un nuovo approccio filosofico-scientifico

Dall'infinitesimale al macroscopico, la vita si manifesta come un fenomeno di auto-organizzazione e di emergenza. Un nuovo studio suggerisce che questa proprietà fondamentale possa essere compresa attraverso il concetto di una cascata di 'macchine' che si auto-replicano, un'idea che collega il mondo molecolare alla complessità degli ecosistemi e che potrebbe fornire una chiave per comprendere la sua origine ed evoluzione

ByDénise Meloni 11 Febbraio 2025

Che cos'è la vita? Scienziati svelano un nuovo approccio filosofico-scientifico

La vita, con la sua straordinaria complessità e diversità, ha sempre rappresentato un enigma per la scienza. Un nuovo approccio suggerisce una chiave per svelare questo mistero: l’esistenza come una cascata di ‘macchine‘ che si auto-organizzano, un’idea che collega il livello molecolare alla biosfera e che potrebbe finalmente aiutarci a capire cosa significa essere vivi.

Che cos’è la vita? Scienziati svelano un nuovo approccio filosofico-scientifico

Un’idea ispirata da Leibniz

Questa visione rivoluzionaria è il frutto della collaborazione tra i professori Tsvi Tlusty dell’Ulsan National Institute of Science and Technology (UNIST) in Corea del Sud e Albert Libchaber della Rockefeller University di New York.

Ispirati dalle osservazioni del matematico Gottfried Leibniz nel XVII secolo, che vedeva i corpi viventi come “macchine nelle loro parti più piccole, all’infinito“, i due scienziati hanno sviluppato un modello concettuale che descrive la vita come una doppia cascata (quasi) infinita.

Questa cascata si estende per ben diciotto ordini di grandezza nello spazio e trenta nel tempo, collegando il microcosmo delle molecole e degli atomi al macrocosmo della biosfera. Al livello più elementare, troviamo le macchine molecolari, come le pompe ioniche e gli enzimi, che svolgono funzioni vitali all’interno delle cellule. Queste, a loro volta, sono costituite da sottomacchine ancora più piccole, in una gerarchia che sembra non avere fine.

La cascata però non si ferma qui. Le cellule si auto-organizzano in strutture più complesse, come tessuti, organi e popolazioni, che a loro volta interagiscono per formare ecosistemi e, infine, la biosfera nel suo complesso. L’idea chiave è che ogni livello di questa cascata è costituito da macchine che producono altre macchine, creando un ciclo continuo di auto-organizzazione e complessità.

Questo nuovo quadro concettuale offre un modo potente per comprendere la complessità della vita. Non si tratta solo di una metafora, ma di un vero e proprio modello scientifico che può essere utilizzato per studiare i sistemi viventi a diverse scale e per identificare i principi fondamentali che ne regolano il funzionamento.

La ricerca di Tlusty e Libchaber apre nuove prospettive sulla natura della vita e potrebbe portare a importanti scoperte nel campo della biologia, della medicina e dell’ingegneria. Comprendere l’esistenza come una cascata di macchine potrebbe aiutarci a sviluppare nuove terapie per le malattie, a progettare sistemi biologici artificiali e a comprendere meglio l’evoluzione della vita sulla Terra.

La nuova visione della vita come una cascata di macchine non è solo un’astrazione teorica, ma ha implicazioni concrete per la ricerca scientifica e per la nostra comprensione del mondo vivente. In biologia, il modello potrebbe fornire un quadro unificante per studiare i sistemi biologici a diverse scale, dalla singola molecola all’intero ecosistema.

In medicina, comprendere come le “macchine” biologiche funzionano e interagiscono potrebbe portare a nuove terapie per malattie come il cancro o le malattie autoimmuni. In ingegneria, ispirandosi alla natura, potremmo progettare nuove “macchine” biologiche artificiali con applicazioni in diversi campi, dalla produzione di energia alla bonifica ambientale. Infine, il modello potrebbe fornire indizi importanti sull’origine dell’esistenza sulla Terra e sulla sua evoluzione nel tempo.

La ricerca di Tlusty e Libchaber rappresenta un importante passo avanti nella nostra comprensione della vita. La loro visione innovativa e interessante potrebbe rivoluzionare il modo in cui studiamo i sistemi viventi e aprire nuove frontiere per la scienza e la tecnologia.

Il punto critico della vita: 1000 secondi e 1 micron

Come già accennato, la vita è un fenomeno complesso e affascinante che si manifesta su scale diverse, dal microcosmo delle molecole al macrocosmo della biosfera. Ma esiste un punto critico in questa cascata di eventi, un punto in cui il micro e il macro si incontrano e danno origine all’esistenza come la conosciamo?

Un recente studio suggerisce di sì: 1000 secondi e 1 micron.

Come abbiamo visto, l’esistenza può essere concettualizzata come una cascata di macchine che producono altre macchine. Questa cascata si estende per diciotto ordini di grandezza nello spazio e trenta nel tempo, collegando il livello molecolare a quello della biosfera. Ma c’è un punto in cui questa cascata si “concentra“, un punto critico che segna il passaggio dalla costruzione di macchine autoreplicanti minime all’emergere di società di tali macchine, che porteranno infine alla formazione di intere biosfere.

Questo punto critico corrisponde a 1000 secondi (circa 16 minuti) e 1 micron (un millesimo di millimetro). Queste sono le tipiche scale temporali e spaziali della vita microbica, un mondo brulicante di attività e interazioni. Ma perché proprio queste dimensioni e questo tempo?

Lo studio spiega le origini del punto critico basandosi su principi fisici e logici fondamentali. Identifica queste condizioni minime come necessarie affinché una macchina autoreplicantesi possa interfacciarsi con l’acqua salata, l’ambiente primordiale in cui la vita ha avuto origine. Questo punto critico segna l’evoluzione dalla costruzione di macchine autoreplicanti minime all’emergere di società di tali macchine. È il momento in cui le singole “unità” iniziano a collaborare, a formare strutture più complesse e a interagire con l’ambiente circostante. Questo passaggio è fondamentale per l’evoluzione della vita, poiché permette la creazione di ecosistemi e, infine, della biosfera.

“Questo lavoro getta le basi concettuali per lo sviluppo di linguaggi matematici che racchiudono i tratti distintivi della vita“, ha affermato il professor Tlusty: “Tali formalismi sono essenziali per costruire una teoria della vita“.

Conclusioni

L’articolo “Il punto critico della vita: 1000 secondi e 1 micron” non rappresenta solo un’aggiunta al corpus di conoscenze scientifiche, ma un vero e proprio spartiacque concettuale. Esso illumina un aspetto fondamentale dell’esistenza: la vita non come entità statica, bensì come un processo dinamico, una cascata ininterrotta di “macchine” autoreplicanti che si estende su scale spazio-temporali immense.

Lo studio è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences.

martedì 4 febbraio 2025

Carl Sagan

 

Osserva di nuovo quel puntino. Questo è qui. Questa è casa nostra. Questo siamo noi. Tutti quelli che ami, tutti quelli che conosci, tutti quelli di cui hai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la loro vita su quel puntino.

La somma delle nostre gioie e sofferenze, migliaia di religioni, ideologie, dottrine economiche, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e contadino, ogni coppia innamorata, ogni madre e padre, ogni bambino brillante, inventore ed esploratore, ogni insegnante di etica, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni "leader supremo", ogni santo e peccatore della storia della nostra specie hanno vissuto qui, su una piccola particella di polvere sospesa in un raggio di sole.

La Terra è una minuscola scena in un vasto teatro cosmico. Riflettiamo sui fiumi di sangue versati da generali ed imperatori per assicurarsi, in gloria e trionfo, il controllo temporaneo di una frazione di granello di sabbia. Riflettiamo sulle crudeltà infinite inflitte dagli abitanti di un angolo di quel puntino agli abitanti, quasi indistinguibili, di un altro angolo. Quanto spesso fraintendiamo, quanto ardentemente desideriamo ucciderci, quanto intensi sono i nostri odi.

Le nostre convinzioni, la nostra importanza immaginaria, l’illusione di un ruolo privilegiato nell’universo, sono ridicolmente meschine di fronte a questo puntino di luce pallida. La nostra Terra è solo una minuscola macchia solitaria nell’enorme oscurità cosmica che ci avvolge. In questo vasto vuoto, non c’è alcuna indicazione che qualcuno verrà a salvarci da noi stessi.

La Terra è l’unico mondo che conosciamo in grado di ospitare la vita. Proteggiamolo.

(Carl Sagan, commentando questa foto del nostro pianeta scattata nel 1990 dalla sonda Voyager 1, a una distanza di 6 miliardi di chilometri)