sabato 9 aprile 2011

Non possiamo e non dobbiamo adeguarci

Come abbiamo più volte detto stiamo andando verso la democrazia totale. Una forma di assolutismo, e totalitarismo, che si eserciterà in maniera completamente differente da come l'abbiamo finora conosciuta.
Sicuramente tutte le forme di egemonia hanno delle crepe, solamente saranno espunte dalla rappresentazione del reale e quindi sarà come se non fossero mai esistite. Una forma di silenziamento che, qualora ve ne fosse bisogno, avrà anche modalità crude e sbrigative.
Anche ora la dominanza ideologica perversa nel perverso gioco della sinistra contro la destra, nonostante personaggi dati per acquisiti in uno schieramento li si ritrovi improvvisamente nell'altro.
Pisapia contro la Moratti eccita la mente fragile di chi si ritiene antagonista, di sinistra o perfino comunista. Menti addomesticate o semplici opportunismi che fanno il gioco del sistema. Fasce sociali che sono rimaste estranee al progetto di unificazione ideologica vi sono, ma sono appunto marginali per via della rappresentazione del reale che il dominio esercita.
E' chiaro che questa cappa ideologica inquina l'idea stessa di percezione del reale e si rende invisibile anche agli occhi più esercitati nel vedere nell'oscurità.
Tutte le tensioni, le disaffezioni, la rabbia crescente e la voglia di cambiamento si scontrano con questa rappresentazione della realtà che è cosa ben diversa dalla realtà. La vita reale non passa attraverso i le manifestazioni d'impotenza o nei sit-in organizzati per incanalare la protesta ad uso e consumo della rappresentazione. Non corrispondono alle esigenze reali le risposte che vengono fornite dagli esigenti democratici, dai pacifinti o da coloro che si dicono comunisti. Non sono i sindacati nel loro complesso a fornire la risposta reale alle esigenze di garanzia del lavoro o alla possibilità di collocazione lavorativa nella società come viene prospettata dalla rappresentazione.
La rappresentazione non sta alla realtà quotidiana, ma per trovare una risposta politica bisogna per forza di cose sottostare alla rappresentazione. Nella realtà non vi è politica, perché tutti i politici sono funzionari della rappresentazione.
Allora la domanda che dobbiamo porci è come fare per riportare la politica nella realtà e distruggere una volta per tutte la rappresentazione.
Sicuramente il perdurare di questa situazione produrrà conflitti sociali che in qualche modo inclineranno la rappresentazione, ma a beneficiarne saranno le destre populiste
Per chi voglia in qualche modo tentare questo sforzo immane non deve avere paura dell'isolamento dal reale, ma cercare nella critica e nel rifiuto le condizioni necessarie alla refrattarietà ad adeguarsi.
In tutti i momenti storici vi sono finalità consapevolmente perseguite, che si raggiungono anche in modi inaspettati dagli stessi soggetti agenti. Per affrontare questo percorso ad imbuto che inevitabilmente, per come stanno i rapporti i di forza, finirà per stritolarci, dobbiamo leggere gli avvenimenti al di fuori della rappresentazione. Ma non basta. Bisogna in qualche modo, attraverso la ricostruzione storica, fornire una nuova interpretazione che dovrà essere esercitata fedelmente nella prassi quotidiana che è un giusto rapporto tra le azioni e le intenzionalità ad esse sottese.
Vi saranno livelli di consapevolezza, di coerenza e di responsabilità in tutti i soggetti coinvolti.
Stare nella rappresentazione esercitando un potere reale è una contraddizione necessaria ma non sufficiente.
Confutare il paradigma democratico, la difesa della costituzione o l'elogio della giustizia attraverso un discorso che non porti acqua al mulino della reazione, ma specificando che la democrazia è una semplificazione senza senso se non si sostanzia con chi detiene i mezzi produttivi, ovvero se non si eliminano le cause di dipendenza e sottomissione; che la difesa della costituzione è una presa in giro visto che non è mai stata attuata; che la giustizia è un semplice riflesso dei rapporti tra dominanti e dominati; tutto questo significa già di per sé votarsi alla marginalità. Marginalità necessaria ma non sufficiente.
Roberto Scorzoni

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