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giovedì 3 luglio 2025

La coscienza come ricerca e avventura

 Cosa significa, nella nostra epoca turbolenta e rumorosa, parlare di libertà interiore? Carl Gustav Jung, psichiatra e filosofo svizzero, ha offerto su questo tema una delle riflessioni più originali, universalmente valide e ancora sorprendentemente attuali. Jung ha affrontato la questione della coscienza come specchio della libertà interna dell’individuo, ponendosi a cavallo fra la metafisica, la filosofia della scienza e i primi orizzonti della fisica quantistica.

LA COSCIENZA COME RICERCA E AVVENTURA.

Jung considera la coscienza un processo in divenire, mai statico, teso continuamente verso una possibilità di integrazione e di liberazione dai vincoli inconsci. Jung chiama “individuazione” il percorso attraverso cui un soggetto (maschile o femminile) si emancipa dalle maschere sociali (persona) e dalle ombre interiori. Jung sostiene: “Diventare coscienti è un’avventura che comporta rischi, dolori e spesso un senso di solitudine.” (Jung, “Memorie, sogni, riflessioni”, 1961)

Per Jung la libertà interiore non nasce dalla negazione degli impulsi inconsci, ma dal loro riconoscimento. Questa lezione si esprime anche nei suoi scritti più filosofici e nei seminari condotti a Zurigo negli anni Venti e Trenta. Jung suggerisce al suo pubblico di “accettare il caos interiore come una risorsa. Afferma: “Ciò che non affrontiamo nella coscienza ci ritorna come destino.”

I VIAGGI DI JUNG.

Jung, uomo di profonda cultura tedesca e svizzera, trascorre lunghi periodi a Bollingen, sulle rive del lago di Zurigo. La sua casa-torre diventa un laboratorio di esperienze interiori: qui Jung scrive, dipinge, riflette, intaglia simboli sulla pietra. Un episodio noto: nel 1923, dopo la morte della madre, Jung si ritira a Bollingen per settimane. In quei giorni di solitudine egli avrebbe potuto annotare nei suoi diari una frase che riassumeva il suo pensiero del momento : “Solo chi affronta se stesso sotto la superficie può conoscere la libertà reale.”

Jung compie inoltre numerosi viaggi di esplorazione, sia geografica che interiore: negli Stati Uniti, in Kenya, in India. Nel 1938 incontra il filosofo indiano Sarvepalli Radhakrishnan. Assieme, discutono di coscienza universale e libertà spirituale. Radhakrishnan racconta che Jung vede la mente come una “porta tra il visibile e l’invisibile”.

COLLEGAMENTI CON LA METAFISICA E LA FISICA QUANTISTICA.

La visione di Jung non resta isolata. Jung dialoga con i filosofi della scienza come Wolfgang Pauli, premio Nobel per la fisica. Pauli, nel 1932, si rivolge a Jung per interpretare i suoi sogni e scoprire il senso profondo di alcune coincidenze. Il fisico e lo psichiatra scoprono una convergenza tra la psicologia dell’inconscio e la fisica quantistica. Pauli osserva che le particelle elementari sembrano “liberarsi delle leggi classiche”, sfuggendo alle costrizioni causali tradizionali: “L’atomo non è una cosa solida, ma una probabilità”, ripete Pauli.

Jung applica questo stesso paradigma alla coscienza. Per Jung, la libertà interiore non è solo rottura delle catene sociali, ma anche apertura all’indeterminato, simile alla libertà di una particella quantistica. Jung elabora il concetto di “sincronicità” dialogando con Pauli. Egli suggerisce che la psiche, come la natura, non sia vincolata alla semplice causalità lineare. Da qui, la libertà dell’individuo consiste nel “riconoscere il senso di ciò che accade”, anche quando sfida la logica razionale.

FILOSOFIA E SCIENZA DELLA COSCIENZA.

Il rapporto tra individuo e libertà attraversa anche la filosofia della scienza del Novecento. Jung si confronta con pensatori come Henri Bergson e William James. Bergson, nel suo "L’Évolution créatrice" (1907), sostiene che la coscienza è un flusso creativo, non riducibile a mere determinazioni fisiologiche. James, nel "Varietà dell’esperienza religiosa" (1902), parla della coscienza come pluralità di mondi.

Jung eredita da questi filosofi l’idea che la libertà interiore sia il risultato di una relazione dinamica con le forze del proprio inconscio.

Nel saggio "La struttura della psiche" (1928), Carl Gustav Jung sottolinea più volte la potenza dell'inconscio e il ruolo fondamentale della coscienza nell’"osservare", "regolare" e "integrare" i contenuti inconsci. In questo testo scrive: “Quanto più la coscienza riesce a penetrare negli abissi dell’inconscio, tanto più acquista estensione e profondità, e tanto più, per così dire, l’occhio della coscienza si fa vigile nell’oscurità…”

Così, la libertà non è mai un dato, ma un compito: la conquista quotidiana di un equilibrio instabile tra ragione e mistero.

LA LIBERTÀ INTERIORE OLTRE JUNG.

A distanza di oltre mezzo secolo dalla sua morte (1961), Jung continua a influenzare filosofi, neuroscienziati e pensatori. La sua lezione sulla libertà della coscienza viene citata da studiosi come Oliver Sacks, che interpreta i disturbi mentali come tentativi di autoregolazione della coscienza. La scuola junghiana di Zurigo, guidata da figure come Marie-Louise von Franz, approfondisce il rapporto tra simbolismo, sogno e libertà soggettiva.

Nel 1994, in una conferenza all'ETH di Zurigo, il filosofo Ervin Laszlo cita Jung, collegando la libertà interiore ai concetti di “quantizzazione della mente” e alla possibilità di “uscire dai binari causali”.

Il legame tra Ervin Laszlo, Carl Gustav Jung e i temi della coscienza, della libertà interiore si iscrive in una lunga tradizione di dialogo tra scienza, filosofia e psicologia. Durante la conferenza Ervin Laszlo affrontò il tema dei rapporti tra i paradigmi della fisica moderna (specialmente la meccanica quantistica) e i concetti di coscienza e libertà. In quell’occasione, Laszlo citò Jung per evidenziare come la libertà interiore dell’uomo possa essere concepita come una sorta di emancipazione dalle semplici determinazioni causali a cui la psiche, secondo una visione meccanicista, potrebbe essere soggetta.

Laszlo, noto per aver coniato l’espressione di “quantizzazione della mente” (quantization of mind), suggerisce che così come le particelle in fisica seguono probabilità anziché leggi deterministiche, anche la coscienza umana potrebbe non essere completamente soggiogata dalla causalità lineare. Per lui, "uscire dai binari causali" significa percepire un margine di libertà, proprio come insegna l’indeterminazione quantistica.

Jung aveva spesso riflettuto sul rapporto tra conscio e inconscio, e aveva accennato più volte alla possibilità che una coscienza più integrata sia meno schiava delle cause e più capace di scelta. In particolare Jung ha scritto “Sincronicità come principio acausale”, un testo nel quale la mente può esperire connessioni che non sono legate da catene di causa-effetto, ma da rapporti di senso e significato.

Nel ragionamento di Laszlo a Zurigo, viene proposto un parallelo tra la fisica quantistica e il funzionamento della mente: così come il comportamento delle particelle non può essere previsto con assoluta certezza, anche la mente umana, divenendo consapevole di sé, può assumere traiettorie nuove e imprevedibili.

La “quantizzazione” della mente sarebbe questa capacità di “scattare” su livelli diversi di coscienza, sfuggendo all’automatismo causale.

COSA SIGNIFICA "USCIRE DAI BINARI CAUSALI"?

Per Laszlo (e in parte per Jung), si tratta di:

- Superare un’esistenza determinata soltanto da cause esterne o abitudini inconsce.

- Accedere a una dimensione di senso, scelta, responsabilità,

- Riconoscere che la mente umana può influenzare se stessa e la propria direzione.

In sintesi, nella conferenza citata Laszlo collega Jung alla visione secondo cui la psiche umana può liberarsi dai vincoli del semplice determinismo, grazie alla consapevolezza e alla libertà interiore — un parallelismo suggestivo tra psicologia profonda e fisica dei quanti.

CONCLUSIONE.

Per Jung, la vera libertà è un processo di disvelamento, di incontro tra il noto e l’ignoto. La coscienza, come la materia quantistica, è permeata di indeterminazione e potenzialità. Ogni soggetto, maschile o femminile, è chiamato a riconoscere ed elaborare i propri limiti. In questa avventura, la scienza moderna, la filosofia e la metafisica non sono alternative, ma strumenti complementari del cammino interiore.

La lezione di Jung invita ancora oggi uomini e donne a coltivare la libertà dentro di sé: una libertà che non coincide con l’assenza di vincoli, ma con la capacità di vivere consapevolmente il mistero del proprio essere.

Bruno Del Medico