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giovedì 30 gennaio 2025

L'io: volontà di vita e di morte-(Giovanni Provvidenti)

 Chi non sa modellare la propria esistenza ad immagine e somiglianza del proprio io, è come se morisse ogni giorno, perché ogni giorno ci si trova in balìa di una depressione evidente o latente. L'io cioè ha bisogno di continui stimoli, interni ed esterni, di interventi fisiologici e a-fisiologici per rimanere attaccato alla vita, ha bisogno di desiderare insomma. Ma questa potrebbe apparire come semplice retorica filosofica. Sarò più esplicito.

Mettiamo che una persona decida di togliersi la vita, perché lo fa? è perché dentro di essa l'io non introverte più stimoli, gli è venuto meno il desiderio positivo, non di amare se stessa, bensì di amore per la vita, che ora vede come un'acerrima nemica, un ostacolo alla liberazione del suo spirito o della sua anima. Il desiderio di vivere non è semplicemente lo stimolo di esistere di per sè, bensì è desiderio di conoscenza, curiosità per il piacere fine a se stesso e di per se stesso, e il "piacere" del dolore: poiché persino il dolore procura in un certo senso piacere, ossia stimoli psicofisici, adrenalina: piacere e dolore sono le due facce della volontà di potenza. Quando la volontà di potenza viene meno allora affiora la volontà di impotenza ed è come se l'io si stesse spegnendo o fosse moribondo, poiché ha perduto la sua forza vitale. Se l'io non è più in grado di generare sogni, istinto, sentimenti, emozioni, pathos, non è più in grado di generare linfa vitale, di gestire l'Essere, ed è come se l'esistenza dell'intero universo gli pesasse addosso, lo schiacciasse continuamente, allora cerca di sopprimere se stesso, giacché così agendo annienterebbe ogni ostacolo tra sè e la "felicità", si libererebbe di ogni fardello esistenzale.

Si verifica ciò che io chiamo la "depressione dell'io", ed è questa che induce l'io a sopprimere se stesso, attraverso il suicidio fisico o metafisico: non sottovalutiamolo questo aspetto dell'io.

Per esempio: se una persona sa di essere malata terminale e cerca di lottare con tutte le sue forze per vivere, ad un certo punto, rendendosi conto che è una lotta inutile, una corsa inutile verso la vita, si lascia andare alla depressione e il suo io non produce più gli enti necessari per farle desiderare di vivere, allora si arrende e desidera solo di morire ed inizia la sua corsa verso la morte in cerca di "felicità": la felicità di essersi liberata del proprio male fisico, del proprio dolore fisico. Questo desiderio di morte può sembrare un riflesso o un impeto della volontà di potenza, ma in realtà, essendo un desiderio negativo o nichilistico, è pura volontà di impotenza.

Oppure se una persona si trova come fosse in forte stato di dipendenza di qualcosa o di qualcuno e questo qualcosa o qualcuno ora gli viene a mancare, il suo io và subito in stato depressivo e perde ogni interesse per la vita; capita alle persone che hanno costruito la loro esistenza intorno a un amore (o presunto tale); capita a quelle persone carcerate che sanno di dover affrontare una lunga esistenza privati della libertà fisica.

Capita a volte senza un apparente motivo, capita

ad un certo punto, capita e basta: chi può sapere una volta per tutte dei misteri della psiche e delle sue labirintiche intenzioni? 

Giovanni Provvidenti

sabato 25 gennaio 2025

La filosofia come commedia della verità

 

Dall'archivio di Giovanni Provvidenti.

Dopo Socrate il filosofo raramente è stato sognatore, un cuore tragico sospinto verso mete e miti da un afflatico romanticismo, il cui anelito fosse l'aire, lo slancio dato da un "istinto razionale", artistico nel pieno significato di arte e di estetica crepuscolare, di estasi dell'anima, quando l'anima diviene una vera e propria aurora dell'Essere. Insomma, il senso artistico del soggetto sognatore, perocchè il sogno dona agli istinti il senso drammatico della commedia e della liturgia dell'ego. Come se si volesse inseguire uno sconosciuto desiderio fuggito da un istinto ribelle, rivoluzionario; un desiderio fuggito da un sogno, e che vuole perseguire realtà e verità il cui principio sia null'altro che un riflesso onirico generato da un palpito che fugge dal cuore e si riversa magmatico nell'aurora dell'anima.

Chissà perché ci sono filosofi che pensano di dover essere ad ogni costo individui razionali, freddi, lucidi fino alla lucida follia dei sensi, logici, oggettivi e possessori del logos più veritiero del mondo, di più: possessori di tutte le realtà e verità del mondo! Altrimenti non vogliono credere e quando elogiano il dubbio mentono a se stessi, perché in realtà enunciano un mistificato necrologio... A meno che il filosofo non sia capace di diventare anche "poeta", allora il discorso cambia. Allora il filosofo "filosofeggia", cioè sogna, anela, vuole creare e, più che realtà e verità, aspira a creare commedie di scorci di panorami di realtà e verità; più che possibili futuri, attimi danzanti di eternità. Allora inventa i ditirambi coi quali imprime nelle parole il senso del dramma, del tramonto, la simmetria e la geometria dei segni, dei simboli, che lascia sì casualmente, ma anche volutamente, sparsi quà e là nei suoi discorsi; i suoi stessi discorsi assumono parvenza di drammaturgia. E fonda! Fonda la "sua scuola", i suoi discepoli, i suoi nuovi valori e principi archetipici, cui tutto il futuro dovrà fare i conti. I presocratici sono stati filosofi sognatori, poiché la loro filosofia era intrisa di una meravigliosa poetica. Per quanto sofisti, la loro tragicità li fece andare al di là dell'astrattismo teoretico, cui la logica della retorica e della dialettica non proponeva altro che l'eterno ritorno a una filosofia precedente, seppur trasfigurata in una presunta novità, allorché il sofismo dialettico susseguente ne mutava il contenuto sillogistico, cangiando la maschera in commedia; così ogni filosofo diventava maestro di un'altra maschera e commedia e di una nuova scuola del tragico. Purtroppo dopo Socrate la filosofia diviene un monolite, una fredda, logica razionalità, un vero e proprio nichilismo istintuale la qual volontà cognitiva era diventata oramai cognizione di causa di una altrettanto vera e propria dogmatica: brama di verità, di sapere, spesso mascherata di "opinione". Si elogiava ancora la tragedia, la commedia, il dubbio, ma guai ad afferrare per le corna il toro della verità e matarlo di santa ragione! Guai ad affermare che la loro commedia fosse oramai diventata noiosa, cioè ripetitiva e priva del fascino dualistico di Eros e Thanatos, Apollo e Dioniso; invero dell'istintualità più naturale che nell'epoca tragica dei greci trovava nella commedia la sua massima espressione - della commedia non solo teatrale, ma soprattutto della vita quotidiana -. Dopo Socrate dubitare della verità venne considerato pura pazzia. Atene facendo bere la cicuta a Socrate cercò di salvaguardare l'ultimo barlume di antico testamento ellenistico rimasto negli anfratti di qualche pensiero filosofico taletiano, anassimandriniano, eraclitiano; tuttavia Platone, con la sua Repubblica, diede al pensiero morente presocratico il colpo di grazia. Solo a partire dall'epoca illuministica della cosiddetta Rivoluzione Copernicana (che possiamo tranquillamente chiamare anche rivoluzione copernicana della filosofia) la filosofia ri-inizia a riprendersi il suo posto e il ruolo originario e preminente nella conoscenza pura, in quanto torna ad appropriarsi dei suoi specifici strumenti scientifico-teorici, che appunto gli erano propri nell'epoca presocratica. Fino ad arrivare a Nietzsche che con la sua ulteriore rivoluzione filosofica abbattè del tutto quel monumentale monolite di pensiero freddo e razionale, ridando alla tragedia il suo vigoroso, degno ruolo in commedia, fondando il teatro e l'anfiteatro della verità, mutando la verità nel luogo tragico ove il filosofo e la filosofia ritrovassero la loro "follia", il loro gioco e la fanciullezza del sogno, della metafora... della poesia. Personalmente mi sento erede di questa antica commedia, erede di questa antica filosofia come "commedia della verità".

 

 

 

 

lunedì 20 gennaio 2025

Il disinganno

 

Vedete quest’incredibile scultura? Il disinganno di Francesco Queirolo è una delle sculture più famose al mondo, ma ha una storia ancora più incredibile dietro.

Guardatela. C’è un uomo che sta lottando per liberarsi da una rete che lo imprigiona. Dà i brividi vero? È così morbida e realistica che non sembra possibile che sia fatto di marmo. Per secoli si credette che la sua incredibile leggerezza fosse opera dei poteri di un mago, il quale avrebbe adagiato sulla statua un vero e proprio drappo che si sarebbe marmorizzato attraverso un processo alchemico.

Ma cosa rappresenta? Ecco, la rete è il simbolo della menzogna, del peccato, di tutto ciò che ti imprigiona. Le verità che fai finta di non vedere. Le bugie a cui scegli di credere. Le persone a cui dai fiducia, anche quando non lo meritano. «Chi sa illudere gli uomini può facilmente diventare loro padrone, chi tenta di disilluderli è sempre loro vittima.» Chi parla con sincerità viene spesso frainteso e negli agoni politici il popolo dà la sua preferenza a chi invece lo seduce e lo lusinga. Costui riscuote sempre un grande successo perché sfrutta le speranze e le paure del suo uditorio; alimenta tali speranze con grandiose promesse, ma si tratta appunto di "illusioni".

La verità fa male per poco, ma una bugia fa male per sempre. L’uomo però, aiutato da un genio alato, sta lottando per liberarsi. Se guardate con attenzione, noterete in basso, ai piedi dell’angelo, un globo e un libro poggiato su di esso. Il libro rappresenta l’intelletto ma anche la speranza. Al suo interno sta scritto: «Qui non vident, videant», quelli che non vedono, vedranno.

Perché ci sono cose che sono catene: il «si è sempre fatto così», «lo fanno tutti», «non me lo merito», «magari domani», «vedrai che cambierà» e ci sono ci sono cose, tutto ciò che nutre la mente, accende il cuore, libera lo sguardo, che ti aiutano ad essere un po’ più libero. Un po’ più consapevole. Un po’ più sincero. Che ti aiutano a riconoscere le bugie per quello che sono: veleni. Catene. E a liberartene. Perché è per essere liberi che siamo nati.

Guendalina Middei




venerdì 10 gennaio 2025

IL TETRAFARMACO DI EPICURO

 “Non si è mai troppo vecchi o troppo giovani per essere felici. Uomo o donna, ricco o povero, ognuno può essere felice.”

Epicuro

La filosofia di Epicuro ha influito profondamente sul mondo ellenistico e sulla cultura romana. Per secoli, Epicureismo e stoicismo sono state le grandi Scuole più influenti del mondo antico. Epicuro, dopo aver a lungo studiato le opere di Platone e di Democrito, ha dato vita ad una propria Scuola.

Il filosofo visse gran parte della propria vita ad Atene, in una casa dotata di un grande giardino, frequentato da allievi ed amici: per questo il pensiero di Epicuro è chiamato “filosofia del giardino”.

L’obiettivo del filosofo era raggiungere la felicità intesa come “atarassia”, cioè liberazione dalle passioni di qualsiasi tipo, piacevoli o negative. Non è rimasto quasi nulla della grande produzione di testi di Epicuro: molto è andato perduto per la grande ostilità alimentata dalla Chiesa contro l’Epicureismo.

Tuttavia, alcune tracce nei papiri e l’opera del poeta e filosofo Tito Lucrezio Caro ci offrono preziose testimonianze del pensiero del filosofo.

Nella filosofia di Epicuro, assume un ruolo centrale il “sensismo”, ovvero la convinzione che la realtà sia esplorabile in modo completo attraverso i sensi, eleggendoli come misura della Verità e del Bene; Epicuro afferma la natura “atomistica” del mondo, composto di particelle in continuo movimento di unione e scissione; infine per il filosofo le Divinità sarebbero totalmente disinteressate alle questioni umane e confinati in un’altra dimensione, gli “intermundia”, con l’affermazione di un sostanziale ateismo.

Per Epicuro:

“È vano il discorso di quel filosofo che non curi qualche male dell'animo umano.”

Per raggiungere questo scopo, Epicuro individua quattro “grandi mali” che affliggono l’umanità e per ciascuno individua il “farmaco”, la medicina necessaria per affrontarlo. Si tratta della celebre metafora del “tetrafarmaco”, uno degli aspetti più noti del pensiero epicureo.

Secondo il filosofo, il primo grande male dell’umanità sarebbe “Paura delle Divinità e della vita dopo la morte”: per Epicuro, la natura delle divinità è perfetta e questo impedirebbe loro, paradossalmente, di interessarsi alle vicende umane; essi sarebbero “chiusi” nella loro perfezioni, collocati negli “intermundia”.

Il secondo grande male dell’umanità sarebbe la “paura della morte”: nella “Lettera a Meneceo”, Epicuro afferma che “il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo più noi.”. La paura della morte sarebbe quindi immotivata, in quanto impossibile da incontrare direttamente.

Epicuro individua il terzo male nella “mancanza del piacere”: per il filosofo, è necessario cogliere che “tra i desideri alcuni sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari, altri né naturali né necessari, ma nati solo da vana opinione.”. Per questo, per raggiungere la felicità, l’uomo dovrebbe trovare la serenità nella giusta soddisfazione di questi bisogni semplici.

Infine, il quarto grande male sarebbe il “dolore fisico”: per superarlo, Epicuro afferma che se il male è lieve, il dolore fisico è sopportabile, e non è mai tale da offuscare la gioia dell'animo; se è acuto, passa presto; se è acutissimo, conduce immediatamente alla morte, la quale non è che assoluta insensibilità. Per quanto riguarda i mali dell'anima Epicuro afferma che essi sono prodotti dalle opinioni fallaci e dagli errori della mente, contro i quali ci sono la filosofia e la saggezza.

La filosofia di Epicuro è un vero e proprio sistema di pensiero che, nel corso della storia, è stato prima avversato e rifiutato dalla Chiesa, per poi trovare nuovo spazio durante il Rinascimento e l’Illuminismo. Ancora oggi sono evidenti le assonanze tra l’Epicureismo e alcune pratiche meditative, che cercano nella pacificazione del pensiero e dei sensi una via per il benessere.

Da un punto di vista della natura del sapere, l’Epicureismo appare come un corpus teorico da abbracciare e praticare, una vera e propria filosofia nella quale inserire la propria vita e nel quale trovare delle “verità rivelate”; sotto quest’ottica si differenzia in modo radicale dal pensiero psicoanalitico, secondo il quale l’unica verità è quella soggettiva, che emerge dall’ascolto e dall’emergere delle formazioni dell’inconscio.

Per riprendere una celebre metafora freudiana, se la psicoanalisi opera "per via di levare", la filosofia epicurea agisce "per via di porre", come la psicoterapia.

Se allora la filosofia di Epicuro è un insieme di verità che come un farmaco offre le risposte alle sofferenze della vita, la psicoanalisi si segnala invece come una pratica che, invece di silenziare, punta a far emergere la verità inconscia e singolare nascosta nella sofferenza umana.



martedì 7 gennaio 2025

Dall'archivio di Giovanni Provvidenti. "La paura razionale"

 

La paura è pura necessità fisiologica poiché fa parte del sistema istintuale più operativo a livello biologico, sin quì è vero. Ma è anche una istintualità che abbiamo imparato ad affinare e a rendere in larghissima parte razionale, ciò riguarda noi esseri umani ma riguarda anche il mondo animale. Quel che oggi rimane di irrazionale, con riferimento al sentiment èmotionnel, è ben poca cosa rispetto alla nostra primordialità, ed è proiettato quasi esclusivamente ai "nuovi pericoli" a cui la scienza e la modernità ci sottopongono, ma quando questi nuovi pericoli avremo imparato a riconoscerli e a metabolizzarli, anch'essi diventeranno parte integrante della fisiologica necessità e diverranno anch'essi razionali.

La paura è certamente insita nell'animo umano, per questo è fisiologica e necessaria, perché ci preserva attraverso la prudenza, come ci ha sempre preservato. Il coraggio centra poco; il coraggio è una scelta e non serve per vincere la paura, bensì a sfidare il caso o il destino o se stessi, oppure uno status quo; la paura non la si vince col coraggio ma la si affronta con spirito pugnace, ed è la volontà di potenza che genera tale spirito quando un pericolo, reale o metafisico sfida, per così dire, l'istinto di conservazione, che è l'istinto più potente.

Il coraggio, dicevo, è puro spirito pugnace, non centra nulla con la paura. Si dice che senza paura non c'è coraggio, fosse vero il coraggio sarebbe una forma di ipocrisia; invece io penso che il coraggio sia una scelta. La paura è perciò una reazione biologica. La paura ai primordi dell'uomo era solo istinto, poiché l'uomo era nato e viveva in un mondo pieno di pericoli; col tempo tali pericoli li abbiamo guardati in faccia, li abbiamo valutati ed abbiamo imparato a riconoscerli, di conseguenza li abbiamo razionalizzati mutando l'istinto di paura in pura necessità, ed è questa che infine ci rende prudenti e ci dà la possibilità di difenderci. Ma attenzione, guai ad esorcizzare il pericolo o la paura, perché altrimenti addomestichiamo i sensi e li disarmiamo, facciamo cioè il gioco della "scienza" che ci dà un agio e sù quello ci sediamo e ci imprigriamo, spegnendo il sentore che quell'agio potrebbe diventare un precipizio.

La paura è dunque il sentimento più positivo (poiché lo abbiamo mutato in sentimento): non smarriamolo tra agi e ozi e stiamo attenti ad affidarci troppo alla scienza: la scienza odierna sta sempre più sopprimendo il nostro istinto di sopravvivenza e sta mutando la paura in panico - allora altro che di coraggio avremo bisogno!

Giovanni Provvidenti


domenica 5 gennaio 2025

Se alzate gli occhi al cielo

 La congiunzione tra la Luna e Venere è un aspetto molto significativo in astrologia, che si verificherà nell'epifania del 2025, ed è caratterizzata da una fusione di energie emotive e relazionali.

Astrologicamente:

La Luna rappresenta le emozioni, i bisogni interiori e la sfera della sicurezza emotiva, mentre Venere è il pianeta delle relazioni, dell'amore, della bellezza e dei piaceri sensoriali. Quando questi due corpi celesti si congiungono, l'energia risultante è un mix armonioso di affetto, desiderio di intimità, e una ricerca di bellezza e armonia nelle relazioni.

Nel contesto dell'epifania del 2025, questa congiunzione si manifesta in un cielo particolarmente favorevole per:

Rafforzare legami affettivi: Le relazioni, sia romantiche che familiari, sono al centro dell'attenzione. Questo è un momento perfetto per esprimere sentimenti, creare armonia e rafforzare la connessione con gli altri. Saranno favoriti i gesti di affetto sincero e le manifestazioni di amore.

Cercare bellezza e serenità: La congiunzione tra la Luna e Venere favorisce il desiderio di vivere esperienze piacevoli e di cercare la bellezza in ogni aspetto della vita. È una buona occasione per dedicarsi a momenti di cura di sé, esplorando arte, musica, o altre attività che nutrono il corpo e lo spirito.

Equilibrio emotivo: Questo aspetto aiuta a trovare un equilibrio tra il cuore e la mente. Le emozioni saranno più facili da comprendere e accettare, e la capacità di mostrare affetto sarà rafforzata, rendendo questo periodo ideale per risolvere conflitti o per consolidare le relazioni.

Effetti segno per segno:

Ariete: La congiunzione può portare maggiore serenità nelle relazioni personali. Sarà un buon momento per dimostrare affetto ai propri cari.

Toro: Sarà un periodo favorevole per riflettere sulle proprie emozioni, specialmente riguardo alla sfera affettiva. Un buon momento per fare chiarezza nei rapporti.

Gemelli: Il desiderio di stabilire connessioni sincere e affettuose sarà forte. Le emozioni saranno più trasparenti, rendendo più facile comunicare con gli altri.

Cancro: La congiunzione favorisce la cura di sé e la ricerca di conforto e confronto nelle relazioni. Saranno possibili momenti di maggiore intimità con il partner .

Leone: Potresti essere più incline a cercare l'armonia nelle tue relazioni professionali e personali. Sarà un buon periodo per investire in legami affettivi e per ottenere supporto dagli altri.

Vergine: L'aspetto favorisce il miglioramento della vita sociale e affettiva. Potresti sentirti più aperto a nuove esperienze emotive o romantiche.

Bilancia: Sarà un buon momento per riflettere sul proprio equilibrio emotivo, in particolare nelle relazioni intime. La congiunzione può portare maggiore comprensione e sostegno reciproco.

Scorpione: La congiunzione potrebbe portare maggiore serenità nelle relazioni con amici e colleghi. È un buon periodo per coltivare il lato affettivo e artistico.

Sagittario: Un buon periodo per esplorare relazioni romantiche o rafforzare i legami con persone che ti supportano. Potresti sentirti più ispirato ad esprimere la tua affettività.

Capricorno: La congiunzione favorisce la vita domestica e la sfera familiare. Potresti sentirti più emotivamente vicino ai tuoi cari, con un buon periodo per rafforzare legami affettivi.

Acquario: Un periodo positivo per esprimere i tuoi sentimenti e stabilire connessioni più intime con gli altri. Le relazioni romantiche sono particolarmente favoriti.

Pesci: L'energia di questa congiunzione porta una maggiore ricerca di piacere e bellezza nelle esperienze quotidiane. Sarai più ricettivo nei confronti delle emozioni degli altri, creando un'atmosfera di affetto.

Sintesi:

La congiunzione Luna-Venere dell'epifania 2025 arricchisce l'atmosfera con un'energia di amore, armonia e soddisfazione emotiva. È un periodo ideale per rafforzare legami affettivi, cercare bellezza nelle cose semplici e per vivere momenti di serenità con chi ci sta vicino. Ogni segno avrà l'opportunità di trarre beneficio da questa congiunzione, ma in particolare quelli che si concentrano su relazioni e intimità.

by KatyaPerego.



sabato 4 gennaio 2025

Mai rinunciare a se stessi: Rumi.


” Quando si attraversa un periodo difficile, quando tutto sembra opporsi a te… quando senti che non potresti sopportare un altro minuto, non mollare! Perché è quello il momento e il luogo in cui il destino cambierà.”

“Il dolore ti prepara alla gioia. E spazza via con violenza tutto quanto fuori dalla vostra casa, in modo che una nuova gioia riesca a trovare spazio per entrare. Scuote via le foglie gialle del ramo del tuo cuore, in modo che nuove foglie verdi possano crescere al loro posto. Strappa le radici marce, in modo che nuove radici nascoste al di sotto abbiano spazio per crescere. Qualunque sia il dolore che scuote il tuo cuore, cose di gran lunga migliori prenderanno il suo posto.”

”Danza, quando sei distrutto. Danza, se hai strappato le bende. Danza nel bel mezzo del combattimento. Danza nel tuo sangue. Danza quando sei perfettamente libero.”