martedì 23 agosto 2011

QUANDO IL SOGNO PUO' DIVENTARE REALTA'

Il Capitano Thomas Sankara è stato un leader molto carismatico, per tutta l'Africa Occidentale sub-sahariana. Cambiò il nome di Alto Volta ed è stato il 1° Presidente del Burkina Faso, e si impegnò molto in favore di riforme radicali per eliminare la povertà. Questi elementi combinati tra loro hanno contribuito a farlo considerare e soprannominare come "il Che Guevara africano".
Iniziò la carriera militare a 19 anni, nel 1966, e venne formato come ufficiale dell'esercito in Madagascar, dove assistette ad alcune rivolte nel 1971 e 1972.
Da giovane divenne molto popolare a Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, anche grazie all'attività di chitarrista in un gruppo musicale. Durante la presidenza del colonnello Saye Zerbo, formò insieme ad altri giovani ufficiali una organizzazione segreta chiamata Regroupement des Officiers Communistes (ROC), cioè Gruppo degli Ufficiali Comunisti.
Sankara divenne Segretario di Stato nel 1981. Il 21 aprile 1982 - in opposizione alla deriva anti-labour del regime - rassegnò le dimissioni.
Dopo un colpo di stato nel novembre 1982, che portò al potere Jean-Baptiste Ouedraogo, Sankara divenne Primo Ministro. Venne presto destituito dal suo incarico e messo agli arresti domiciliari in seguito alla visita di Jean-Christophe Mitterrand, figlio dell'allora presidente francese François Mitterrand.
L'arresto di Sankara e di altri suoi compagni causò una rivolta popolare, che sfociò in una e vera e propria rivoluzione guidata da egli stesso nel 1983 e divenne presidente dell'Alto Volta, il cui nome fu cambiato in Burkina Faso. L'obiettivo di Sankara era la cancellazione del debito internazionale: cancellazione ottenibile soltanto se richiesta all'unisono da tutte le nazioni africane. Non ebbe successo. Gli riuscì invece l'obiettivo di dare due pasti e 10 litri di acqua al giorno a ciascun abitante. Alla sua morte il Burkina Faso ripiombò nel dramma della povertà.
Sankara venne ucciso il 15 ottobre 1987 insieme a dodici ufficiali, in un colpo di stato organizzato da un suo ex compagno d'armi (e poi suo braccio destro),Blaise Compaoré con l'appoggio di Francia e Stati Uniti d'America.
« Parlo in nome delle madri che nei nostri Paesi impoveriti vedono i propri figli morire di malaria o di diarrea, senza sapere dei semplici mezzi che la scienza delle multinazionali non offre loro, preferendo investire nei laboratori cosmetici o nella chirurgia plastica a beneficio del capriccio di pochi uomini e donne il cui fascino è minacciato dagli eccessi di assunzione calorica nei loro pasti, così abbondanti e regolari da dare le vertigini a noi del Sahel.. »
(Thomas Sankara)
La sua politica rivoluzionaria si ispirò agli esempi di Cuba e del Ghana. Come Presidente, promosse la "Rivoluzione Democratica e Popolare". L'ideologia della rivoluzione venne da lui definita anti-imperialista nel suo Discorso di Orientamento Politico tenuto il 2 ottobre 1983.
Lottò contro la corruzione, promosse la riforestazione, l'accesso all'acqua potabile per tutti, e fece dell'educazione e della salute le priorità del suo governo.
In un discorso tenuto ad Addis Abeba in Etiopia, Sankara suggerì l'istituzione di un nuovo fronte economico africano che si potesse contrapporre a quello europeo e statunitense.
Soppresse molti dei privilegi detenuti sia dai capi tribali, sia dai politici, e attraverso dichiarazioni e gesti molto chiari, applicò con grande coerenza le sue idee. Ad esempio:
il suo governo incluse un grande numero di donne, condannò l'infibulazione e la poligamia, promosse la contraccezione. Fu il primo governo africano a dichiarare che l'AIDS era la più grande minaccia per l'Africa;
fece costruire centri sanitari in ogni villaggio burkinabé (l’Unicef definì la campagna di vaccinazione effettuata sui bambini, la più grande registrata nel mondo) e cantieri per opere idrauliche, creando un Ministero dell’Acqua;
Sankara e i suoi collaboratori viaggiavano sempre in classe economica e a ranghi ridotti nelle visite diplomatiche;
vendette la maggior parte delle Mercedes in forza al governo e proclamò l'economica Renault 5, l'automobile ufficiale dei ministri;
volle realizzare la "ferrovia del Sahel", una linea che collega Ouagadougou al confine con il Niger, nonostante molti economisti non lo ritenessero un progetto redditizio. Tale opera, successivamente ampliata, costituisce tuttora la principale via di comunicazione del Paese.


QUESTA STORIA CI INSEGNA QUANTO GLI EROI POSSANO ESSERE DI INTRALCIO AL POTERE SOCIO-ECONOMICO-POLITICO, SOPRATTUTTO, PERCHE' SONO IN GRADO DI RISOLVERE QUEI PROBLEMI CHE CONTINUANO A FARCI CREDERE IRRISOLVIBILI, MENTRE NON LO SONO AFFATTO. IMMAGINIAMO SOLTANTO PER UN ATTIMO... SE UOMINI COSI' AVESSERO UN CONSENSO POPOLARE A LIVELLO MONDIALE OGGI..ORA..IN QUESTO MOMENTO DI CRISI MONDIALE, ALLA QUALE CI STIAMO ABITUANDO, CREDENDO DI NON POTERLA RISOLVERE...PENSATE SE REALIZZASSIMO IL SOGNO DI SANKARA...

1)- CANCELLAZIONE DEL DEBITO PUBBLICO

2)- ABOLIZIONE DI TUTTI PRIVILEGI

3)- GIUSTIZIA SOCIALE E RIDISTRIBUZIONE DELLE RISORSE ECONOMICHE

BASTEREBBERO QUESTI 3 PUNTI PER INIZIARE UN NUOVO CAMMINO...MA E' DAVVERO UN SOGNO O E' INVECE L'UNICA REALTA' POSSIBILE ??? MI PIACE PORMI LE DOMANDE...MI FANNO CAPIRE MEGLIO E A VOI???( (Angela)

Notizie storiche raccolte dal sito Thomas Sankara





lunedì 15 agosto 2011

APPELLO ..DOBBIAMO FERMARLI


5 proposte per un fronte comune contro il governo unico delle banche
Siamo oltre le 1000 adesioni
Ci incontriamo il 1° ottobre a Roma
Per andare al blog dei commenti e delle proposte
E’ da più di un anno che in Italia cresce un movimento di lotta diffuso. Dagli operai di Pomigliano e Mirafiori agli studenti, ai precari della conoscenza, a coloro che lottano per la casa, alla mobilitazione delle donne, al popolo dell’acqua bene comune, ai movimenti civili e democratici contro la corruzione e il berlusconismo, una vasta e convinta mobilitazione ha cominciato a cambiare le cose. E’ andato in crisi totalmente il blocco sociale e politico e l’egemonia culturale che ha sostenuto i governi di destra e di Berlusconi. La schiacciante vittoria del sì ai referendum è stata la sanzione di questo processo e ha mostrato che la domanda di cambiamento sociale, democrazia e di un nuovo modello di sviluppo economico, ha raggiunto la maggioranza del Paese.
A questo punto la risposta del palazzo è stata di chiusura totale. Mentre si aggrava e si attorciglia su se stessa la crisi della destra e del suo governo, il centrosinistra non propone reali alternative e così le risposte date ai movimenti sono tutte di segno negativo e restauratore. In Val Susa un’occupazione militare senza precedenti, sostenuta da gran parte del centrodestra come del centrosinistra, ha risposto alle legittime rivendicazioni democratiche delle popolazioni. Le principali confederazioni sindacali e la Confindustria hanno sottoscritto un accordo che riduce drasticamente i diritti e le libertà dei lavoratori, colpisce il contratto nazionale, rappresenta un’esplicita sconfessione delle lotte di questi mesi e in particolare di quelle della Fiom e dei sindacati di base. Infine le cosiddette “parti sociali” chiedono un patto per la crescita, che riproponga la stangata del 1992. Si riducono sempre di più gli spazi democratici e così la devastante manovra economica decisa dal governo sull’onda della speculazione internazionale, è stata imposta e votata come uno stato di necessità.
Siamo quindi di fronte a un passaggio drammatico della vita sociale e politica del nostro Paese. Le grandi domande e le grandi speranze delle lotte e dei movimenti di questi ultimi tempi rischiano di infrangersi non solo per il permanere del governo della destra, ma anche di fronte al muro del potere economico e finanziario che, magari cambiando cavallo e affidando al centrosinistra la difesa dei suoi interessi, intende far pagare a noi tutti i costi della crisi.
Nell’Unione europea la costruzione dell’euro e i patti di stabilità ad esso collegati, hanno prodotto una dittatura di banche e finanza che sta distruggendo ogni diritto sociale e civile. La democrazia viene cancellata da questa dittatura perché tutti i governi, quale che sia la loro collocazione politica, devono obbedire ai suoi dettati. La punizione dei popoli e dei lavoratori europei si è scatenata in Grecia e poi sta dilagando ovunque. La più importante conquista del continente, frutto della sconfitta del fascismo e della dura lotta per la democrazia e i diritti sociali del lavoro, lo stato sociale, oggi viene venduta all’incanto per pagare gli interessi del debito pubblico che, a loro volta, servono a pagare i profitti delle banche. Di quelle banche che hanno ricevuto aiuti e finanziamenti pubblici dieci volte superiori a quelli che oggi si discutono per la Grecia.
Questo massacro viene condotto in nome di una crescita e di una ripresa che non ci sono e non ci saranno. Intanto si proclamano come vangelo assurdità mostruose: si impone la pensione a 70 anni, quando a 50 si viene cacciati dalle aziende, mentre i giovani diventano sempre più precari. Chi lavora deve lavorare per due e chi non ha il lavoro deve sottomettersi alle più offensive e umilianti aggressioni alla propria dignità. Le donne pagano un prezzo doppio alla crisi, sommando il persistere delle discriminazioni patriarcali con le aggressioni delle ristrutturazioni e del mercato. Tutto il mondo del lavoro, pubblico e privato, è sottoposto a una brutale aggressione che mette in discussione contratti a partire da quello nazionale, diritti e libertà, mentre ovunque si diffondono autoritarismo padronale e manageriale. L’ambiente, la natura, la salute sono sacrificate sull’altare della competitività e della produttività, ogni paese si pone l’obiettivo di importare di meno ed esportare di più, in un gioco stupido che alla fine sta lasciando come vittime intere popolazioni, interi stati. L’Europa reagisce alla crisi anche costruendo un apartheid per i migranti e alimentando razzismo e xenofobia tra i poveri, avendo dimenticato la vergogna di essere stato il continente in cui si è affermato il nazifascismo, che oggi si ripresenta nella forma terribile della strage norvegese.
Il ceto politico, quello italiano in particolare coperto di piccoli e grandi privilegi di casta, pensa di proteggere se stesso facendosi legittimare dai poteri del mercato. Per questo parla di rigore e sacrifici mentre pensa solo a salvare se stesso. Centrodestra e centrosinistra appaiono in radicale conflitto fra loro, ma condividono le scelte di fondo, dalla guerra, alla politica economica liberista, alla flessibilità del lavoro, alle grandi opere.
La coesione nazionale voluta dal Presidente della Repubblica è per noi inaccettabile, non siamo nella stessa barca, c’è chi guadagna ancora oggi dalla crisi e chi viene condannato a una drammatica povertà ed emarginazione sociale.
Per questo è decisivo un autunno di lotte e mobilitazioni. Per il mondo del lavoro questo significa in primo luogo mettere in discussione la politica di patto sociale, nelle sue versioni del 28 giugno e del patto per la crescita. Vanno sostenute tutte le piattaforme e le vertenze incompatibili con quella politica, a partire da quelle per contratti nazionali degni di questo nome e inderogabili, nel privato come nel pubblico.
Tutte e tutti coloro che in questi mesi hanno lottato per un cambiamento sociale, civile e democratico, per difendere l’ambiente e la salute devono trovare la forza di unirsi per costruire un’alternativa fondata sull’indipendenza politica e su un programma chiaramente alternativo a quanto sostenuto oggi sia dal centrodestra, sia dal centrosinistra. Le giornate del decennale del G8 a Genova, hanno di nuovo mostrato che esistono domande e disponibilità per un movimento di lotta unificato.
Per questo vogliamo unirci a tutte e a tutti coloro che oggi, in Italia e in Europa, dicono no al governo unico delle banche e della finanza, alle sue scelte politiche, al massacro sociale e alla devastazione ambientale.
Per questo proponiamo 5 punti prioritari, partendo dai quali costruire l’alternativa e le lotte necessarie a sostenerla:
1. Non pagare il debito. Bisogna colpire a fondo la speculazione finanziaria e il potere bancario. Occorre fermare la voragine degli interessi sul debito con una vera e propria moratoria. Vanno nazionalizzate le principali banche, senza costi per i cittadini, vanno imposte tassazioni sui grandi patrimoni e sulle transazioni finanziarie. La società va liberata dalla dittatura del mercato finanziario e delle sue leggi, per questo il patto di stabilità e l’accordo di Maastricht vanno messi in discussione ora. Bisogna lottare a fondo contro l’evasione fiscale, colpendo ogni tabù, a partire dall’eliminazione dei paradisi fiscali, da Montecarlo a San Marino. Rigorosi vincoli pubblici devono essere posti alle scelte e alle strategie delle multinazionali.
2. Drastico taglio alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra. Dalla Libia all’Afghanistan. Tutta la spesa pubblica risparmiata nelle spese militari va rivolta a finanziare l’istruzione pubblica ai vari livelli. Politica di pace e di accoglienza, apertura a tutti i paesi del Mediterraneo, sostegno politico ed economico alle rivoluzioni del Nord Africa e alla lotta del popolo palestinese per l’indipendenza, contro l’occupazione. Una nuova politica estera che favorisca democrazia e sviluppo civile e sociale.
3. Giustizia e diritti per tutto il mondo del lavoro. Abolizione di tutte le leggi sul precariato, riaffermazione al contratto a tempo indeterminato e della tutela universale garantita da un contratto nazionale inderogabile. Parità di diritti completa per il lavoro migrante, che dovrà ottenere il diritto di voto e alla cittadinanza. Blocco delle delocalizzazioni e dei licenziamenti, intervento pubblico nelle aziende in crisi, anche per favorire esperienze di autogestione dei lavoratori. Eguaglianza retributiva, diamo un drastico taglio ai superstipendi e ai bonus milionari dei manager, alle pensioni d’oro. I compensi dei manager non potranno essere più di dieci volte la retribuzione minima. Indicizzazione dei salari. Riduzione generalizzata dell’orario di lavoro, istituzione di un reddito sociale finanziato con una quota della tassa patrimoniale e con la lotta all’evasione fiscale. Ricostruzione di un sistema pensionistico pubblico che copra tutto il mondo del lavoro con pensioni adeguate.
4. I beni comuni per un nuovo modello di sviluppo. Occorre partire dai beni comuni per costruire un diverso modello di sviluppo, ecologicamente compatibile. Occorre un piano per il lavoro basato su migliaia di piccole opere, in alternativa alle grandi opere, che dovranno essere, dalla Val di Susa al ponte sullo Stretto, cancellate. Le principali infrastrutture e i principali beni dovranno essere sottratti al mercato e tornare in mano pubblica. Non solo l’acqua, dunque, ma anche l’energia, la rete, i servizi e i beni essenziali. Piano straordinario di finanziamenti per lo stato sociale, per garantire a tutti i cittadini la casa, la sanità, la pensione, l’istruzione.
5. Una rivoluzione per la democrazia. Bisogna partire dalla lotta a fondo alla corruzione e a tutti i privilegi di casta, per riconquistare il diritto a decidere e a partecipare affermando ed estendendo i diritti garantiti dalla Costituzione. Tutti i beni provenienti dalla corruzione e dalla malavita dovranno essere incamerati dallo Stato e gestiti socialmente. Dovranno essere abbattuti drasticamente i costi del sistema politico: dal finanziamento ai partiti, al funzionariato diffuso, agli stipendi dei parlamentari e degli alti burocrati. Tutti i soldi risparmiati dovranno essere devoluti al finanziamento della pubblica istruzione e della ricerca. Si dovrà tornare a un sistema democratico proporzionale per l’elezione delle rappresentanze con la riduzione del numero dei parlamentari. E’ indispensabile una legge sulla democrazia sindacale, in alternativa al modello prefigurato dall’accordo del 28 giugno, che garantisca ai lavoratori il diritto a una libera rappresentanza nei luoghi di lavoro e al voto sui contratti e sugli accordi. Sviluppo dell’autorganizzazione democratica e popolare in ogni ambito della vita pubblica.
Questi 5 punti non sono per noi conclusivi od esclusivi, ma sono discriminanti. Altri se ne possono aggiungere, ma riteniamo che questi debbano costituire la base per una piattaforma alternativa ai governi liberali e liberisti, di destra e di sinistra, che finora si sono succeduti in Italia e in Europa variando di pochissimo le scelte di fondo.
Vogliamo trasformare la nostra indignazione, la nostra rabbia, la nostra mobilitazione, in un progetto sociale e politico che colpisca il potere, gli faccia paura, modifichi i rapporti di forza per strappare risultati e conquiste e costruire una reale alternativa.
Aderiamo sin d’ora, su queste concrete basi programmatiche, alla mobilitazione europea lanciata per il 15 ottobre dal movimento degli “indignados” in Spagna. La solidarietà con quel movimento si esercita lottando qui e ora, da noi, contro il comune avversario.
Per queste ragioni proponiamo a tutte e a tutti coloro che vogliono lottare per cambiare davvero, di incontrarci. Non intendiamo mettere in discussione appartenenze di movimento, di organizzazione, di militanza sociale, civile o politica. Riteniamo però che occorra a tutti noi fare uno sforzo per mettere assieme le nostre forze e per costruire un fronte comune, sociale e politico che sia alternativo al governo unico delle banche.
Per questo proponiamo di incontrarci il 1° ottobre, a Roma, per un primo appuntamento che dia il via alla discussione, al confronto e alla mobilitazione, per rendere permanente e organizzato questo nostro punto di vista.
Vedi le firme che promuovono l'appello
Vedi le firme delle adesioni

giovedì 11 agosto 2011

QUANDO LA RIVOLTA DILAGHERA'

Solo stanotte dopo giorni d violenta rivolta sembra essere tornata la quiete a Londra...la causa??? E' stata davvero la morte di un ragazzo nero???La riflessione storica porterebbe a dire di no e che è stata la famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso...
Chi sa osare guardare con obiettività sa subito che i presupposti c'erano già...ma capita sempre più spesso di stupirci ogni volta, soprattutto nella civile Londra che viene data alle fiamme...
Come sempre accade la domanda di rito che porterebbe a tutte le spiegazioni...perchè??? viene tralasciata, il disagio di un'intera generazione è solo un particolare di poco conto,  per di più un disagio che sfocia con tale violenza come si può definirla da "CRIMINALI???"
Chi lo afferma non ha idea di cosa sta dicendo...
Adesso trasferiamoci dalle nostre parti, in quella Italia che tutti dicono addormentata, senza coraggio, indifferente...pensiamo per un momento alla stessa rivolta che si riversa per le strade di Roma o di altre città italiane.
Avremmo le stesse identiche risposte: stato di polizia che arresta e incarcera e il Carissimo Presidente del Consiglio che chiama tutti criminali...
Dov'è la differenza...non c'è perchè qui come lì i segnali ci sono, anni di sfruttamento e speculazioni che hanno creato miseria, disoccupazione ed emarginazione...oggi più che mai la misura è colma...nessuno può più dubitare che la corda si spezzerà...e travolgerà tutto e tutti...i veri criminali sono quelli che provocano le rivolte, quelli che di fronte ad un popolo che dissente usa il manganello e dimenticano che il popolo ha la sua sovranità e decide del suo destino e quando democraticamente non è possibile, lo strumento della rivolta trova la sua ragione di essere e nessuno ..dico nessuno...può arrogarsi il diritto di chiamare il popolo, che rivendica i suoi diritti, "CRIMINALE".(Angela)

domenica 7 agosto 2011

STATO IN DEFAULT MA L'UNICA PRIORITA' E' IL TAV

Lo Stato è in default, il governo è in ferie ma l’unica priorità è la Torino-Lione.
Evidentemente il governo non si comporta da buon padre di famiglia. Ma facciamoci una domanda: la Torino-Lione si farà? O meglio, ci sono certezze che si riesca a bucare?
Avere certezze è prerogativa di pochi, ed in questo caso nessuno può rispondere alle due domande nemmeno se si cominciasse a scavare la famosa galleria geognostica di Maddalena. Qualcosa di certo però è già scritto nei progetti. Ad esempio nelle carte progettuali si legge che questa è un’opera di enorme complessità tecnica sia nella realizzazione che nell’eventuale utilizzo. Si ammette peraltro che nelle eventuali gallerie una volta terminate, non sarebbe comunque possibile abbassare la temperatura al di sotto dei 32 - 33 gradi centigradi, in barba alle normative che ne consentono al massimo 30.
Che l’opera sia di straordinaria complessità d’altronde stava scritto già nel dossier di candidatura portato alla UE nel 2008 da Di Pietro, a quel tempo ministro delle infrastrutture.
Chiamparino, Fassino, Napoli e Maroni, destra e sinistra dicono che “quest’opera è irrinunciabile”. Sarà proprio così? La linea attuale è utilizzata al 30% della sua capacità. La galleria del Frejus è stata ribassata recentemente ad uso dei vagoni ingombranti, ma le merci non ci sono. Le gallerie tanto agognate dai si TAV vengono definite una priorità ma potrebbero (forse) essere pronte solo tra 35 anni. Tempi di realizzazione della grande opera combinati con l’utilizzo attuale ci danno di fatto una prima risposta: almeno per 30 35 la linea nuova non c’è e non serve. Sono tanti 35 anni... Sergio Chiamparino, “ultras del TAV”, se ne rende conto? Merci, non persone e le merci trasportate diminuiscono, mentre i convogli merci devono solo arrivare in tempo, non correre. Ok, si dirà negli ambienti favorevoli al TAV... noi pensiamo al futuro! Serve a creare occupazione! Va bene, ma a quale costo per ogni occupato? E poi è lavoro sicuro? Stabile? Utile? Porterà valore aggiunto? Di sicuro non è una priorità, lo dice perfino Don Ciotti in un video ma lo dicono anche gli industriali .
Anche qui i dirigenti dei partiti (PD in testa) quelli che qualcuno ha definito “teste cotonate” (ripensando probabilmente ai tempi del Re Sole), sembrano veramente parlare al di fuori di ogni contesto di realtà vissuta, quella realtà che si pone ogni giorno di fronte ai pendolari, agli operai, agli impiegati, ai commercianti, agli artigiani, agli industriali seri (quelli che hanno a cuore le sorti dei loro dipendenti e delle loro famiglie).
I politici di rango nobile vivono un mondo diverso dal nostro? Magari preferiscono sognare (facci sognare! Vi ricordate?), ma noi comuni mortali, moderni servi della gleba in questo regno dai mille sovrani continuiamo a farci una domanda: chi paga? La risposta è ormai più che chiara. Paga Pantalone, cioè i contribuenti. Infatti anche il piccolo contributo europeo alla Torino Lyon deriva dalle nostre tasse non dobbiamo dimenticarlo!
Dunque per avviare quello che Virano ha definito “il più grande cantiere europeo” si dovranno caricare più tasse sui lavoratori dipendenti, i pensionati, i commercianti onesti. Se i soldi non basteranno subiremo altri tagli alle Pubbliche Amministrazioni, alla sanità, alla scuola, ai trasporti pubblici... difficile capire cosa si potrebbe ancora tagliare, ma anche le “teste cotonate” del Re Sole applicavano lo stesso ragionamento, anche loro vivevano avulsi da ogni realtà, gabellando i sudditi per mangiare bignè e comprare la cipria.
Le malelingue, i reazionari, per dirla alla Chiamparino, affermano che l’unico buco sicuro che si riuscirebbe a fare è quello nei bilanci statali. Sarà vero? Per capirlo basta fare una semplice sottrazione: Ci sono le risorse per l’opera? NO. L’opera potrà essere ammortizzata? NO. Quando comincerebbe a funzionare se tutto andasse per il verso giusto come suppongono Chiamparino e Co? Ci vorrebbero 35 anni, durante i quali si spenderebbero miliardi senza incassare assolutamente nulla. Anzi, si fanno debiti con le banche, visto che i soldi non ci sono. Debiti che i nostri figli e nipoti saranno tenuti a rimborsare con gli interessi. Lasciamo perdere altri particolari non secondari della storia, è già abbastanza chiaro così il panorama futuro, senza fare alcuna moltiplicazione o divisione, congettura. Stiamo sui dati certi!
Chiamparino ed i si TAV questi calcoli semplicissimi non li sanno fare? Non può essere. Neppure al più rimbambito dei politici può sfuggire tutto ciò. Dunque ci deve essere dell’altro. Infatti la Torino-Lyon non serve ma la vogliono lo stesso! Dunque c’è il rischio concreto che la nuova linea sia solo uno strumento economico-politico-affaristico, che ha i trasporti come alibi ma non come scopo finale.
Ci potrebbe essere anche di peggio. Leggendo i progetti lo si intuisce e dopo la militarizzazione e la distruzione del sito archeologico di importanza nazionale aumentano i “cattivi pensieri”... Questo non può essere “solo” un fortino per il TAV (lo chiamano già “Fort Virano”), ci deve essere qualcos’atro, un qualche altro “interesse nazionale” da difendere lassù... troppa polizia, troppi carabinieri, finanzieri, forestali, mezzi militari degni dell’Iraq!
Ma allora a cosa serve? Il vero scopo di questo fortino lo scopriremo presto, ma per adesso tutto questo serve a far girare tanti soldi. In ogni caso a far girare più soldi che treni, più appalti che merci, più affari che viaggiatori, e sopratutto più debito a carico degli italiani, debito che come sempre sarebbe nelle mani delle grandi banche (che intanto da pubbliche sono diventate private). Si potrebbe continuare con l’analisi ma ci fermiamo qui, chi ha gli elementi giusti può continuare da solo, non è un rebus difficile da risolvere.
A questo punto una piccola divagazione, che divagazione non è: Roma Tiburtina, incendio. Danni enormi per RFI e per il Paese, qualcuno ha cercato di mettere in mezzo i NO TAV anche qui. Colpevoli di tutte le disgrazie d’Italia? Tutti antagonisti, Black Block, ex terroristi, commercianti abusivi di maschere antigas? Nessuno che si sia posto la domanda: come mai ci sono sempre tanti bambini ad accompagnare i NO TAV? Ah già, per farne degli scudi umani! Fin qui arriva la fantasia allucinata dei giornalisti di regime! Oppure più semplicemente non sarà che chi è contro il TAV è un buon padre di famiglia e non vuole che il futuro dei propri figli sia rubato? Chiamparino ed i suoi amici farebbero bene a domandarselo! Ma gli conviene? In un paese normale la risposta sarebbe si, ma questo Paese è ancora “normale”? Giudicate Voi: 29 luglio -"Credo che non ci sia nessuna ragione per contestare quest'opera. Mi auguro che la ragione prevalga"-, e' il commento del sindaco di Torino Piero Fassino a proposito delle proteste in Val di Susa. "Il corridoio 5 - ha spiegato - e' una grande vena di mobilita', di sviluppo e di investimenti e noi non possiamo perdere questa occasione".
Intanto un’occasione l’ha già persa l’ITALCOGE che dopo essersi accaparrata quasi tutti i lavori pubblici in valle compresi i cantieri della Maddalena, è riuscita a fallire lasciando anche altri lavori importanti per la valle incompiuti e gli operai in cassa integrazione. È questo il futuro immaginato da Chiamparino & Co per la valle di Susa? È questo il loro nuovo sogno? Noi ne abbiamo un altro e la maggioranza degli italiani anche.
Non basta controllare tutti i giornali, la gente comincia a svegliarsi.
La redazione: Ambiente Valsusa